Il giovane favoloso |
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Un film di Mario Martone.
Con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco.
continua»
Biografico,
durata 137 min.
- Italia 2014.
- 01 Distribution
uscita giovedì 16 ottobre 2014.
MYMONETRO
Il giovane favoloso
valutazione media:
3,60
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Contaminazioni pericolosedi LBavassanoFeedback: 11094 | altri commenti e recensioni di LBavassano |
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giovedì 17 marzo 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Si lascia forse prendere un po’ troppo la mano, Mario Martone, nel terzo atto della tragedia leopardiana, ambientato nella sua Napoli, a rischio di qualche bozzettismo folcloristico di troppo, ma indubbiamente riesce splendidamente a comunicare un senso di liberazione, dopo la claustrofobia della sterminata quanto opprimente biblioteca paterna della prima parte, del matto e disperato studio volto a liberarsi dalle angustie di una mentalità comunque provinciale. Dopo la disillusione, nella seconda, derivata dalla conoscenza diretta della realtà dei salotti e delle accademie fiorentine, delle grandezze e miserie delle consorterie intellettuali. Un senso di liberazione che coincide con l’acme della tragedia, e con una discesa agli inferi nella carnalità popolaresca, e proprio qui, certo volutamente, il sublime poetico viene a coincidere con quel troppo di bozzettistico di cui dicevo, nella rischiosa contaminazione di Mann e Malaparte, del mito dell’ermafrodito con il folclore dei bassi e del femminiello. Ma un senso di liberazione che coincide anche con la piena espressione della parola poetica, limpidamente scandita, cui giustamente è affidato il finale. Rivisto ad un anno e mezzo di distanza, grazie alla riproposizione della Sala Pastrone e del Circolo Vertigo, a conclusione dell’ottima rassegna dedicata allo strepitoso Elio Germano, il film di Martone conferma gran parte dei propri meriti, a partire dal non aver preteso di spiegare il mistero del genio, a differenza di troppe, fin troppo celebrate, opere consimili, di non averlo voluto ridurre alla dimensione miseramente umana del pettegolezzo, del sublime visto attraverso il buco della serratura, in mutande. Ed il merito, difficilmente conciliabile con queste premesse, di aver saputo rendere vivo tale genio, nonostante la scelta di non sminuirlo, anzi, e nonostante lo scrupoloso rispetto nei confronti del dettato delle sue parole, rifuggendo da attualizzazioni banalizzanti. Mostra però anche qualche limite, oscurato dall’entusiasmo della prima visione, ma si tratta comunque di scelte precise, perseguite con coerenza mirabile anche se personalmente non pienamente condivisibili.
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