Mi dispiace se non sono in linea, e forse troppo critica, ma il film, visto poco fa, non mi è piaciuto affatto. Da un punto di vista di utilità culturale, benvenuto, dato che rianima una società caduta in una palude di ignoranza da far piangere ulteriormente il già afflitto Giacomo Leopardi. Soltanto sentire leggere, mormorare, declamare, le meravigliose poesie del nostro secondo Poeta ( qualcuno lo mette alla pari con il divino Dante), smuove quel macigno di indifferenza cinica, di ignoranza stratificata, e mi auguro che lo stesso turbamento che ho provato io, che potevo ripetere quei versi e continuarli, sia trasmesso anche agli sfortunati che non hanno conosciuto la Scuola "opprimente e nozionistica" che per mia fortuna ho conosciuto io. Leopardi andrebbe riscoperto, non "scoperto", andrebbe riconosciuto, non dovrebbe destare sorpresa, meraviglia, ma familiiare comprensione, e in un film proprio questa splendida opportunità ci deve essere data: di rivivere partecipando alla vicenda umana di un Grande. Purtroppo chi lo ha pensato e realizzato, ha perso di vista il senso della misura (anche nelle lungaggini, nel compiacimento delle pose e nell'esibizionismo formale), cucinando un Leopardi nevropatico, isterico, molto compreso nel roteare occhi e nel divagare in una mimica fantasiosa e oleografica. Non ci siamo. Benissimo che si ricostruisca una realtà che il grande poeta ci ha donato per sempre sia nelle opere che nella biografia, peraltro assai documentata storicamente. Malissimo che si faccia di questa sua vita un polpettone grondante querimonie e patetismo. Ben altro era Leopardi. Malato, gobbo, ma che si trascinasse carponi, che tremolasse e sbavasse, ma via!! Le sceneggiate napoletane al lupanare: ma che pessima idea, che cattivo gusto, che cosa inutile! Quante cose inutili, che mi hanno annoiata a morte, cosa più di tutte imperdonabile. La scelta degli aneddoti, dei fatti storici, potevano dirci che quel malato non era un piagnone, era un intellettuale stimato e dalle vaste frequentazioni, anche se ovviamente limitate dai noti fattori. Ed infine, in tutto il tempo che ci si è presi per fargli fare eterne camminate esteticamente pietistiche, smofie e dialoghi senza succo, dov'è finito l'atteso scenario del "sabato del villaggio", dove il rilevo all'icona Silvia, ridotta a qualche inquadratura e a una scena pesantemente mortuaria? Dove sono finite le ispirazioni, la vitalità del luogo, la vitalità stessa di uno dei maggiori creativi della nostra letteratura e storia? Un mortorio che non si meritava e non ci meritavamo. Sono dispiaciuta che i commenti siano encomiastici, sono dispiaciuta del successo, non di quello di botteghino: questo dimostra quanta fame di cultura questo popolo italico ancora porta dentro e quanto poca gliene sia stata fornita negli ultimi decenni. Mi dispiace che il successo venga dai critici, ne sono anzi costernata, come della conferma di una piaggeria ormai cieca e cronica, nonchè di un danno che temo irreversibile.
Anna Maestri
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