Il giovane favoloso |
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Un film di Mario Martone.
Con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco.
continua»
Biografico,
durata 137 min.
- Italia 2014.
- 01 Distribution
uscita giovedì 16 ottobre 2014.
MYMONETRO
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E il naufragar m'è dolce in questo mare...
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mercoledì 7 gennaio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
IL GIOVANE FAVOLOSO (IT, 2014) diretto da MARIO MARTONE. Interpretato da ELIO GERMANO, MICHELE RIONDINO, MASSIMO POPOLIZIO, ANNA MOUGLALIS, VALERIO BINASCO, PAOLO GRAZIOSI, IAIA FORTE, SANDRO LOMBARDI, RAFFAELLA GIORDANO, EDOARDO NATOLI, FEDERICA DE COLA, ISABELLA RAGONESE
Presentato in concorso alla 71° Mostra di Venezia, l’ultimo film di Martone ha come cardine l’esistenza artistica e privata di uno fra i maestri della poesia italiana del XIX secolo, Giacomo Leopardi, interpretato da un superbo E. Germano, davvero in formissima. Il giovane Giacomo è un bambino di straordinaria intelligenza, che vive nella casa/biblioteca di Recanati insieme ai fratelli Carlo e Paolina, coltivando un complesso rapporto col padre Monaldo, nobile dai modi rigidi e severi, e con la madre Adelaide Antici, religiosa in modo ossessivo, che priva il figlio di un’infanzia felice e ricca di giochi. Insofferente alle ristrettezze di un ambiente così retrivo, Giacomo desidera allontanarsi dalle mura famigliari per dare libero sfogo alle sue esigenze intellettuali frequentando i circoli culturali di un’Italia ancora frammentata in ducati e regni e fuggendo anche fuori dallo Stato Pontificio. Nel corso della sua vita, conoscerà il letterato Pietro Giordani, col quale intratterrà una fitta corrispondenza epistolare, e l’intellettuale napoletano Antonio Ranieri, insieme a cui passerà gli ultimi anni della sua breve e tormentata esistenza nella città partenopea. A ventiquattro anni riesce finalmente a lasciare Recanati, ma la sua salute cagionevole lo obbliga a fermarsi a Firenze. Gli acciacchi e le malattie incalzanti a cui sarà soggetto lo renderanno, nel tempo, gobbo e quasi completamente cieco per un certo periodo. Si innamora, non ricambiato, della nobildonna Fanny Targioni Tozzetti, costruendo un triangolo amoroso fra lui, la donna e il migliore amico Ranieri, col quale condivide alloggio e salotti culturali continuando a comporre le sue opere in prosa e poesia, non sempre accolte però da una critica favorevole. Fra le vicende umane ed esistenziali del bravissimo poeta marchigiano, vengono ovviamente e obbligatoriamente introdotte le opere principali della sua immensa produzione letteraria: lo Zibaldone, l’Infinito, il poema La Ginestra, analizzato ed esplicitato in un finale oscuro e particolarmente magico. Dopo la parentesi risorgimentale di successo ottenuta con il supremo Noi credevamo, Martone fa di nuovo un salto nel passato italiano ripescando uno dei poeti italici più conosciuti all’estero e indubbiamente più capaci di sorprendere in maniera suggestiva l’animo umano con la sincerità dei sentimenti e il pessimismo cosmico che traspare dai suoi intensi versi. La carta vincente risulta, praticamente all’occhio, lo straordinario Germano, che anche nei minimi particolari riproduce la figura deforme e claudicante che sicuramente non si sarebbe mai addetta ad un uomo con una mente così multiforme, attiva e produttiva. Elogi anche a Riondino, che fa con brio e impegno il fedele compagno di ventura Antonio Ranieri, e al doppiatore M. Popolizio, che interpreta il tirannico e inflessibile conte Monaldo, padre odiato di Giacomo. Nel repertorio femminile, spiccano I. Ragonese nella parte della sorella Paolina (con cui Giacomo ebbe frequenti contatti grafici per lettera) e R. Giordano nelle vesti della madre Adelaide. Bellissime la fotografia e la scenografia che ricostruiscono tanto tra gli anfratti delle caverne napoletane quanto negli ambienti sfarzosi marchigiani e romani l’atmosfera lussuosa ma anche contraddittoria di un’epoca contraddistinta dalle battaglie per la libertà di un Paese ancora non unito e da patriottismi emergenti e spingenti ai quali Leopardi non fu indifferente, associandosi ad essi con un impegno sociale degno della sua levatura morale e artistica. Per scrivere la sceneggiatura, il regista Martone si è fatto appoggiare da Ippolita Di Majo. L’unica pecca di questo indiscutibile capolavoro di nicchia forse non adeguatamente apprezzato è con ogni probabilità l’eccessiva lunghezza, che affatica lo spettatore e gli fa perdere un po’ il senso della misura indispensabile per ammirare una biografia priva di agiografie e vissuta con la passione di chi ama la poesia e sa valorizzarla come merita, anche a distanza di secoli. E Giacomo Leopardi non è stato tradito né travisato: la sua raffigurazione, merito di attori, regista, sceneggiatori e collaboratori tecnici tutti insieme in un unico sforzo, appare decisamente veritiera e fieramente libera da manierismi e forzature. Premio Pasinetti al Festival di Venezia per Germano.
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