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ennas
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martedì 28 ottobre 2014
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il giovane favoloso e i leopardi
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Tre ragazzi, due maschi e una femmina, si rincorrono in un giardino: il più “grande” ha il capo cinto da un serto di alloro. La scena di apertura di “Il giovane favoloso” di Martone mi ricorda subito qualcosa. Quello splendido ragazzo biondo e snello l’ho già visto al cinema. E’ simile, direi uguale al giovane Tadzio, il bellissimo adolescente del film “La morte a Venezia” di Luchino Visconti.
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Tre ragazzi, due maschi e una femmina, si rincorrono in un giardino: il più “grande” ha il capo cinto da un serto di alloro. La scena di apertura di “Il giovane favoloso” di Martone mi ricorda subito qualcosa. Quello splendido ragazzo biondo e snello l’ho già visto al cinema. E’ simile, direi uguale al giovane Tadzio, il bellissimo adolescente del film “La morte a Venezia” di Luchino Visconti.
E’ un omaggio del regista Martone ad un genio della vecchia guardia del cinema italiano? Oppure un richiamo simbolico e letterario : creatività-bellezza-poesia-amore-morte, temi di fondo anche per un’opera ambiziosa e impegnativa come questo “giovane favoloso”? Forse entrambe le cose o questa può essere soltanto una mia idea sulle suggestioni alla base del progetto del regista. Certamente io non mi aspettavo di vedere in questo film il “vero” Leopardi bensì un Leopardi immaginato e proposto da un regista di oggi. Che ha avuto certamente coraggio a maneggiare e proporre un personaggio complesso da far tremare anche maestri più navigati ed esperti di regia.
La prima parte del film ha quasi un ritmo documentaristico: l’infanzia e la giovinezza a Recanati, in un ambiente chiuso e repressivo ma anche aristocratico ed esclusivo.
Diversi elementi rendono efficace l’atmosfera del film: una sceneggiatura accurata (aver potuto girare in luoghi originari è fondamentale, casa Leopardi in primis) una fotografia molto bella e suggestiva, una buona colonna sonora, un’ottima prestazione degli attori, anche non protagonisti.
E’ nel proseguire del film che, a mio parere l’efficacia si inceppa : la regia e la prestazione pur lodevole di Elio Germano non riescono a fare del “giovane favoloso” un personaggio a tutto tondo: una fisicità problematica posta sempre più in primo piano va a scapito dell’insieme del personaggio, rendendone poco incisivo il tentativo di attualizzarlo anche attraverso aspetti accennati, (ad es. l’omosessualità latente nel suo rapporto con Ranieri, l’individualismo pessimista
ma anche aristocratico).
La personalità complessiva anziché approfondirsi evapora ed il “giovane favoloso” e il contesto del film assumono contorni macchiettistici.
Stando ai dati positivi del botteghino un pregio indotto di questo film è secondo me, far ricordare, riscoprire o scoprire agli spettatori il loro Leopardi: chi lo studiato di malavoglia, chi l’ha amato oppure odiato, chi l’ha dimenticato o non lo ha conosciuto.
Se avverrà questa circolazione di adrenalina letteraria ( che forse sarebbe piaciuta anche al vero Leopardi) dovremo rallegrarcene vivamente,anche qualora avessimo trovato, come me, il film , un po’ noioso.
Al “giovane favoloso” si riconoscono pregi e difetti e gli spettatori che hanno visto il film, avranno
il piacere, per suo tramite, della riscoperta: i loro Leopardi. A ciascuno il suo.
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adelio
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martedì 28 ottobre 2014
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un leopardi raccontato con il 3, il 2 e con l’1
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Guardare seduti in una comoda poltrona il film d Martone su Leopardi è una delizia, è un piacere che raggiunge un buon numero di ricettori dell’umana cultura attraverso molteplici espressioni artistiche tutte presenti ne “il giovane favoloso”. Parliamo di fotografia, di musica, di cinematografia, di linguaggio filosofico e naturalmente di poesia.
Non importa stabilire se trattasi di documentario o trasposizione nel contemporaneo di una vita sofferta, sacrificata ma altamente spirituale di un “ragazzo” prodigio di mestiere Poeta e Letterato.
Importa, guardando il film, cogliere il “sentire” del Poeta, il travaglio dell’Uomo, la superficialità della Società.
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Guardare seduti in una comoda poltrona il film d Martone su Leopardi è una delizia, è un piacere che raggiunge un buon numero di ricettori dell’umana cultura attraverso molteplici espressioni artistiche tutte presenti ne “il giovane favoloso”. Parliamo di fotografia, di musica, di cinematografia, di linguaggio filosofico e naturalmente di poesia.
Non importa stabilire se trattasi di documentario o trasposizione nel contemporaneo di una vita sofferta, sacrificata ma altamente spirituale di un “ragazzo” prodigio di mestiere Poeta e Letterato.
Importa, guardando il film, cogliere il “sentire” del Poeta, il travaglio dell’Uomo, la superficialità della Società.
In questa lettura saltano agli occhi alcuni “trucchi” cinematografici giocati su una numerazione dalla sequenza inesorabile “tre” (3), “due” (2) e “uno” (1) che il Regista vuole accompagnino l’intera vita di Leopardi e ne condizionino il pensiero filosofico (benché storicamente reputato minore e troppo condizionato dal vissuto personale).
Il Poeta/Letterato nell’espressione del proprio ruolo e nell’evoluzione artistica è costantemente gravato dal numero “3”, quando interferenti col mondo esterno.
Il film inizia proprio con i tre fratelli, ognuno di loro (Giacomo compreso) sembrano rappresentare gli effetti della “Natura” quella Natura che Leopardi vive in tre distinte fasi e in tre Città diverse (quasi fossero Tesi, Antitesi e Sintesi)…la natura buona e amica (periodo giovanile del fanciullino in Recanati)…la natura cattiva e nemica (periodo della consapevolezza in Firenze)….la natura come riscoperta dell’uomo e del vivere in gruppo (periodo della passionalità in Napoli). Tre sono le evoluzioni della sua opera poetica. Il tre perseguita il Poeta e Filosofo…. sono in tre quando studia, sono in tre quando subisce reprimende per le sue idee politico/morali … sono in tre quando si cimenta da Genio come linguista classico e….ahimè sono in tre quando corteggia (mai corrisposto) delle avvenenti “signore”.
Quando Giacomo, l’eterno giovane, vive l’imperativo categorico di liberarsi dal dovere di essere Artista e Poeta … tenta la fuga ed esce l’uomo…esce il numero “2” ….emerge la distonia tra anima e corpo … si lega ad una amicizia (Ranieri) che lo accompagnerà per tutta la vita … Leopardi è affascinato dall’animalità dell’amico, degli uomini, di una città come Napoli colma di contraddizioni…ma in questa fase importante della sua vita di uomo artista …storpio, deforme, sofferente ..scopre la passionalità, il piacere e fors’anche la sessualità omosessuale. Questa è la fase del conflitto interiore….è la ricerca intima di un equilibrio impossibile….di un’agognata felicità umana.
Arriva poi la morte, e quando si muore …si muore soli, abbandonati…. in solitudine come il numero “1”…idealmente come “la ginestra” che solitaria sino all’ultimo istante di vita, conquista e afferma la propria esistenza contro tutto e contro tutti…. da soli si affronta il giudizio degli uomini che si esprimerà su ciò che siamo stati…su il Leopardi Uomo, Poeta e Filosofo.
Stupende le ambientazioni…un encomio particolare alla colonna musicale che simbolicamente passa da brani classici (nelle fasi del “3” – armonia nell’espressione artistica esteriore) a brani psichedelici (nelle fasi del “2” – distonia nel conflitto interiore).
Film gradevole e sicuramente da non perdere..anche per rinfrescare qualche romantico ricordo del periodo Liceale attraverso una commovente lettura di stupendi pezzi di poesia leopardiana.
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[+] ottima recensione
(di luisavalli)
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no_data
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martedì 28 ottobre 2014
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leopardi oltre la siepe?
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Al di là del riferimento scontato ai "polverosi programmi liceali", quasi come sparare sulla croce rossa, l'autrice della recensione dimostra di non conoscere affatto il pensiero di Leopardi. Afferma infatti che il poeta "sapeva guardare oltre il confine 'che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude', mentre è proprio il contrario: Leopardi esclude volutamente il mondo che sta oltre la siepe, per concentrarsi sulle sensazioni, le immagini e la vista interiore, che gli permettono di provare il piacere dell'immaginazione poetica. Insomma, Leopardi non era affatto un rivoluzionario per la sua epoca, anzi era un conservatore, e lo sapeva benissimo: oggi sarebbe un antirenziano convinto.
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Al di là del riferimento scontato ai "polverosi programmi liceali", quasi come sparare sulla croce rossa, l'autrice della recensione dimostra di non conoscere affatto il pensiero di Leopardi. Afferma infatti che il poeta "sapeva guardare oltre il confine 'che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude', mentre è proprio il contrario: Leopardi esclude volutamente il mondo che sta oltre la siepe, per concentrarsi sulle sensazioni, le immagini e la vista interiore, che gli permettono di provare il piacere dell'immaginazione poetica. Insomma, Leopardi non era affatto un rivoluzionario per la sua epoca, anzi era un conservatore, e lo sapeva benissimo: oggi sarebbe un antirenziano convinto.
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nino pell.
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lunedì 27 ottobre 2014
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interessante capolavoro biografico; grande germano
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Questa volta il regista Martone regala alla storia del Cinema italiano un assoluto capolavoro contemporaneo. Questa pellicola, che narra le fasi salienti della vita del poeta e compositore Giacomo Leopardi, trasmette in noi spettatori la positiva sensazione di una fluida e suadente scorrevolezza dei contenuti, nonostante che si tratti di un film biografico della durata di circa due ore e venti minuti. In particolare l'interpretazione dello straordinario attore Elio Germano, nel ruolo del poeta Leopardi, ci risulta così aderente alla sensibilità e all'animo introspettivo del protagonista, soprattutto nei momenti di riflessione poetica in cui egli decanta nella sua mente i suoi preziosi poemi, resi per sempre immortali nella storia della Letteratura italiana, riuscendo a farci immedesimare nei suoi pensieri ed a capire il suo estremo senso di malinconia, ma allo stesso tempo, caratterizzato da una rara dolcezza.
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Questa volta il regista Martone regala alla storia del Cinema italiano un assoluto capolavoro contemporaneo. Questa pellicola, che narra le fasi salienti della vita del poeta e compositore Giacomo Leopardi, trasmette in noi spettatori la positiva sensazione di una fluida e suadente scorrevolezza dei contenuti, nonostante che si tratti di un film biografico della durata di circa due ore e venti minuti. In particolare l'interpretazione dello straordinario attore Elio Germano, nel ruolo del poeta Leopardi, ci risulta così aderente alla sensibilità e all'animo introspettivo del protagonista, soprattutto nei momenti di riflessione poetica in cui egli decanta nella sua mente i suoi preziosi poemi, resi per sempre immortali nella storia della Letteratura italiana, riuscendo a farci immedesimare nei suoi pensieri ed a capire il suo estremo senso di malinconia, ma allo stesso tempo, caratterizzato da una rara dolcezza. Il regista Martone suddivide in questa sua opera cinematografica la storia di Leopardi in 3 momenti importanti della sua vita, rappresentati dai tre luoghi che più hanno segnato l'esperienza umana e artistica del protagonista: gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza vissuti nella casa di Recanati, caratterizzati da un'educazione ferrea e rigida dei genitori e dove il nostro Leopardi ha sviluppato la sua cultura grazie alla vasta biblioteca di famiglia, scrivendo, tra l'altro,le sue prime opere; la fase intermedia della vita del poeta vissuta a Firenze, nella quale Leopardi viene letto soprattutto dal punto di vista politico e per questo viene emarginato; infine la città di Napoli in cui Leopardi ha vissuto gli ultimi anni della sua vita e dove, nella città di Torre del Greco, egli compone "La Ginestra" sui cui versi si conclude in maniera enfatica e superlativa questo autentico capolavoro cinematografico del regista Martone. Decisamente meritevole di essere premiato sia come miglior film della stagione e sia come migliore interpretazione da parte del grande e unico Elio Germano.
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flyanto
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lunedì 27 ottobre 2014
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un favoloso e toccante ritratto di leopardi
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Film in cui si racconta della biografia di Leopardi, dagli anni giovanili trascorsi a Recanati rinchiuso nella biblioteca paterna a studiare e leggere insieme ai due fratelli più giovani, oppresso dai genitori e da tutto l'ambiente provinciale e chiuso, a quella dei suoi soggiorni prima a Firenze in compagnia dell'amico Antonio Ranieri e poi a Roma e soprattutto a Napoli sempre con il fidato Ranieri, sino alla sua morte avvenute in una casa alle pendici del Vesuvio..
In questa sua ultima opera Mario Martone presenta il ritratto del poeta Leopardi in maniera molto fedele alle sue biografie riuscendo a dare di questo sfortunato ed eccelso poeta un'immagine molto vicina ed attinente a ciò che viene tramandato sia, appunto, dagli scritti biografici che soprattutto dalle sue opere stesse.
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Film in cui si racconta della biografia di Leopardi, dagli anni giovanili trascorsi a Recanati rinchiuso nella biblioteca paterna a studiare e leggere insieme ai due fratelli più giovani, oppresso dai genitori e da tutto l'ambiente provinciale e chiuso, a quella dei suoi soggiorni prima a Firenze in compagnia dell'amico Antonio Ranieri e poi a Roma e soprattutto a Napoli sempre con il fidato Ranieri, sino alla sua morte avvenute in una casa alle pendici del Vesuvio..
In questa sua ultima opera Mario Martone presenta il ritratto del poeta Leopardi in maniera molto fedele alle sue biografie riuscendo a dare di questo sfortunato ed eccelso poeta un'immagine molto vicina ed attinente a ciò che viene tramandato sia, appunto, dagli scritti biografici che soprattutto dalle sue opere stesse. Per raccontare ciò il regista napoletano ricorre anche alla descrizione, quanto mai minuziosa e precisa, dell'ambiente ristretto in cui Leopardi era nato ed aveva trascorso tutta la sua giovinezza: Recanati dove non solo la mancanza di una certa apertura mentale venne da lui avvertita e sofferta ma anche il ristretto, bigotto, austero ed anafettivo ambiente familiare non riuscì mai a costituire per lui una fonte di gioia e serenità. Nella prima parte del film viene così descritto l'ambiente geografico e soprattutto familiare e le scene molto ben girate e rappresentate ricordano moltissimo quelle di molte opere di Mauro Bolognini stesso. La seconda parte del film, invece, è incentrata tutta sul peggioramento dello stato di salute del poeta e sulle città, appunto Firenze, Roma e Napoli, e sugli ambienti letterari di queste che egli è stato solito frequentare venendo a contatto e confrontandosi con altri illustri intellettuali del tempo.
Ma il pregio maggiore di questa pellicola di Martone, a mio parere, non sta tanto nel racconto autobiografico in sè del giovane poeta, ma soprattutto nella scelta al fine di interpretare Leopardi dell'attore Elio Germano che qui si conferma essere uno dei più grandi talenti del cinema italiano contemporaneo. Egli riesce infatti a dare e soprattutto a comunicare allo spettatore l' anima inquieta ed altamente sensibile del poeta, il suo tormento interiore, unito anche a quello fisico, e la sua concezione disincantata e dolente, per non dire disperata, dell'esistenza.
Inoltre, reputo necessario aggiungere che varrebbe la pena di guardare il film solo per ascoltare i testi poetici leopardiani recitati in maniera eccelsa e toccante da Elio Germano, nel generale contesto peraltro inseriti perfettamente da Martone.
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sylviuccia
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domenica 26 ottobre 2014
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film senza poesia
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Niente di più di quello che si sapeva sulla vita di Leopardi, un Elio Germano inadatto ad entrare nell'animo, un film di maniera, di buona fotografia, stereotipato, scolastico. Mi sono annoiata, aspettavo continuamente quel quid che mi facesse enozionare o comprendere fino in fondo .Non è arrivato, il film finisce senza convincere. Un film che racconta ma non trasmette poesia
[+] privo di emozioni e poesia
(di polda)
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no_data
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domenica 26 ottobre 2014
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poesia e sensibilità.
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Martone sviluppa il film con un crescendo di sensibilità poetica, oltre che drammatica. Momenti di pura poesia sono quelli della declamazione dell' Infinito e delle altre poesie nel momento della loro ideazione. Elio Germano rende interpreta con grande bravura il dramma di un giovane uomo estremamente sensibile, che vede il proprio corpo diventare sempre più deforme e preda della sofferenza, e si sente escluso o trattato con affettazione dagli altri. Amo molto Leopardi e credo che questo film contribuisca alla conoscenza della sua personalità.
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gaeta59
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domenica 26 ottobre 2014
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emozione mancata
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Del Leopardi poeta è rimasto ben poco, il film non riesce quasi mai a creare simbiosi tra lo spettatore e l'universo interiore del grande recanatese. I momenti emozionali sono davvero pochi: sarebbero stati molti di più se si fosse dato più spazio alle sue meravigliose poesie, come sarebbe stato logico e per nulla scontato. Perchè Martone ci ha privati del pathos di A Silvia e del mondo del Sabato del villaggio piuttosto che della Quiete dopo la tempesta? Perché ha banalizzato l'inizio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia facendo recitare le prime parole da Giordani come fosse una filastrocca?
La rappresentazione scelta da Martone è tutta esteriore scivolando via via nel macchiettismo persino stucchevole.
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Del Leopardi poeta è rimasto ben poco, il film non riesce quasi mai a creare simbiosi tra lo spettatore e l'universo interiore del grande recanatese. I momenti emozionali sono davvero pochi: sarebbero stati molti di più se si fosse dato più spazio alle sue meravigliose poesie, come sarebbe stato logico e per nulla scontato. Perchè Martone ci ha privati del pathos di A Silvia e del mondo del Sabato del villaggio piuttosto che della Quiete dopo la tempesta? Perché ha banalizzato l'inizio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia facendo recitare le prime parole da Giordani come fosse una filastrocca?
La rappresentazione scelta da Martone è tutta esteriore scivolando via via nel macchiettismo persino stucchevole.
Ci attendevamo dal film ben altri aneliti.
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gaeta59
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domenica 26 ottobre 2014
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emozione mancata
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Del Leopardi poeta è rimasto ben poco, il film non riesce quasi mai a creare simbiosi tra lo spettatore e l'universo interiore del grande recanatese. I momenti emozionali sono davvero pochi: sarebbero stati molti di più se si fosse dato più spazio alle sue meravigliose poesie, come sarebbe stato logico e per nulla scontato. Perchè Martone ci ha privati del pathos di A Silvia e del mondo del Sabato del villaggio piuttosto che della Quiete dopo la tempesta? Perché ha banalizzato l'inizio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia facendo recitare le prime parole da Giordani come fosse una filastrocca?
La rappresentazione scelta da Martone è tutta esteriore scivolando via via nel macchiettismo persino stucchevole.
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Del Leopardi poeta è rimasto ben poco, il film non riesce quasi mai a creare simbiosi tra lo spettatore e l'universo interiore del grande recanatese. I momenti emozionali sono davvero pochi: sarebbero stati molti di più se si fosse dato più spazio alle sue meravigliose poesie, come sarebbe stato logico e per nulla scontato. Perchè Martone ci ha privati del pathos di A Silvia e del mondo del Sabato del villaggio piuttosto che della Quiete dopo la tempesta? Perché ha banalizzato l'inizio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia facendo recitare le prime parole da Giordani come fosse una filastrocca?
La rappresentazione scelta da Martone è tutta esteriore scivolando via via nel macchiettismo persino stucchevole.
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domenica 26 ottobre 2014
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emozione mancata
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Del Leopardi poeta è rimasto ben poco, il film non riesce quasi mai a creare simbiosi tra lo spettatore e l'universo interiore del grande recanatese. I momenti emozionali sono davvero pochi: sarebbero stati molti di più se si fosse dato più spazio alle sue meravigliose poesie, come sarebbe stato logico e per nulla scontato. Perchè Martone ci ha privati del pathos di A Silvia e del mondo del Sabato del villaggio piuttosto che della Quiete dopo la tempesta? Perché ha banalizzato l'inizio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia facendo recitare le prime parole da Giordani come fosse una filastrocca?
La rappresentazione scelta da Martone è tutta esteriore scivolando via via nel macchiettismo persino stucchevole.
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Del Leopardi poeta è rimasto ben poco, il film non riesce quasi mai a creare simbiosi tra lo spettatore e l'universo interiore del grande recanatese. I momenti emozionali sono davvero pochi: sarebbero stati molti di più se si fosse dato più spazio alle sue meravigliose poesie, come sarebbe stato logico e per nulla scontato. Perchè Martone ci ha privati del pathos di A Silvia e del mondo del Sabato del villaggio piuttosto che della Quiete dopo la tempesta? Perché ha banalizzato l'inizio del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia facendo recitare le prime parole da Giordani come fosse una filastrocca?
La rappresentazione scelta da Martone è tutta esteriore scivolando via via nel macchiettismo persino stucchevole.
Ci attendevamo dal film ben altri aneliti.
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