no_data
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mercoledì 22 ottobre 2014
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decisamente troppo rock per leopardi!
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Il giovane favoloso. Germano sì, ironico ed espressivo, bravissimo attore. Martone ed il suo film invece non mi hanno convinto. Fuori luogo in primis la sua definizione "un Kurt Cobain dell'Ottocento", ecco che forse quella personalissima e a mio parere, totalmente inopportuna idea rock Martone ha cercato di trasmettercela con il suo film, con quelle vesti ed ambientazioni forzatamente ottocentesche, eccessivamente ottocentesche, quasi carnevalesche. Luoghi comuni e forzature, la processione ed i dialoghi dei personaggi nel periodo napoletano fanno quasi sorridere. Totalmente innaturali. Film nel complesso guardabile, sarà anche per la bravura del protagonista, ma terribilmente scolastico.
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Il giovane favoloso. Germano sì, ironico ed espressivo, bravissimo attore. Martone ed il suo film invece non mi hanno convinto. Fuori luogo in primis la sua definizione "un Kurt Cobain dell'Ottocento", ecco che forse quella personalissima e a mio parere, totalmente inopportuna idea rock Martone ha cercato di trasmettercela con il suo film, con quelle vesti ed ambientazioni forzatamente ottocentesche, eccessivamente ottocentesche, quasi carnevalesche. Luoghi comuni e forzature, la processione ed i dialoghi dei personaggi nel periodo napoletano fanno quasi sorridere. Totalmente innaturali. Film nel complesso guardabile, sarà anche per la bravura del protagonista, ma terribilmente scolastico. Narra ciò che tutti sanno, non aggiunge nulla.
Ed in ultimo, non per ordine d'importanza, sbanca al botteghino.. Perdonate lo snobismo ma anche questo è eccessivamente rock per un film sulla vita di un grande poeta!
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reknick
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martedì 21 ottobre 2014
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un buon film da vedere a casa
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Il Giovane Favoloso è un film mediocre nel complesso ma alcune scene meritano di essere viste, così che, alla fine, il prezzo del biglietto non sembra del tutto buttato via. Di certo io una seconda volta non lo rivedrei. Credo che se l'argomento principale non riguardasse Giacomo Leopardi, beh, allora l'interessamento e l'attenzione dello spettatore cadrebbero dopo i primi 30 minuti. Questo film non stimola l'attenzione: troppe scene superflue e ripetitive che ne prolungano invano la durata e ti fanno domandare quando ancora è destinato a durare. Le musiche lasciano a desiderare soprattutto quando si accostano brani in lingua inglese a placide scene nella campagna recanatese dell' '800.
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Il Giovane Favoloso è un film mediocre nel complesso ma alcune scene meritano di essere viste, così che, alla fine, il prezzo del biglietto non sembra del tutto buttato via. Di certo io una seconda volta non lo rivedrei. Credo che se l'argomento principale non riguardasse Giacomo Leopardi, beh, allora l'interessamento e l'attenzione dello spettatore cadrebbero dopo i primi 30 minuti. Questo film non stimola l'attenzione: troppe scene superflue e ripetitive che ne prolungano invano la durata e ti fanno domandare quando ancora è destinato a durare. Le musiche lasciano a desiderare soprattutto quando si accostano brani in lingua inglese a placide scene nella campagna recanatese dell' '800. Inoltre manca nella regia una spinta innovativa che renda diverso questo film dai molti altri comunissimi. D'altro canto è da premiare la recitazione di Elio Germano che riesce a caratterizzare bene la figura di Leopardi, ora sciancato ora ironico, e ad attribuirgli un'evoluzione realistica nello svolgersi della trama. A mio avviso le parti più belle sono proprio le recitazioni delle poesie di Leopardi che fanno sognare (ma perchè non viene recitata A Silvia dacché è narrata la sua morte?). Interessante è il tentativo di dare rilievo alla giovinezza e all'adolescenza di Leopardi e di ricercare l'origine della sua anima solitaria e tormentata proprio nell'aspro ambiente familiare (qui Giacomo cresce come la ginestra sulla pietra del Vesuvio). Per lo spettatore l'immedesimazione in un personaggio dalla vita così travagliata non è facile- o almeno per me non lo è stato- ma se la compassione ha effetto allora la commozione e il pathos sono assicurati. Molti letterati o appassionati delle lettere andranno a vedere questo film- ed è giusto così- ma quanti di questi riusciranno a non confondere la grandezza del Leopardi poeta con la grandezza del film? Noi non confondiamole.
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pepito1948
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martedì 21 ottobre 2014
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la grande bellezza di leopardi
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Il manifesto con Leopardi capovolto non è solo una trovata pubblicitaria, peraltro di grande effetto, ma anche il preavviso che la figura del Giovane favoloso firmato Martone contraddice sia l’iconografia classica del poeta, ancorata a tutt’oggi al ritratto-disegno, accademico e senz’anima, eseguito da Luigi Lolli e ripreso da tutti i libri di letteratura e di studi leopardiani, sia l’impostazione del racconto in termini stilistici e di messa in scena.
Martone sviluppa il tracciato narrativo secondo diverse direttrici: la liberazione dalla gabbia di Racanati, -centro culturalmente polveroso dello Stato pontificio governato da prelati e istitutori ligi ai dettami delle gerarchie ecclesiastiche- prima attraverso l’evasione mentale verso un fuori immaginario conseguita con l’esplorazione bibliotecaria a lume di candela di quasi tutto lo scibile umano, poi mediante la fuga fisica verso le grandi città piene di nuovi fermenti intellettuali, sociali, letterari come Roma, Firenze, Napoli; la delusione verso i circoli portatori di innovative correnti di pensiero come la teoria dell’utile in economia, i fervori liberali, il romanticismo letterario e lo scetticismo nei confronti di dogmi propalati dalle elite preminenti come la riduzione della sommità del sapere umano al “saper la politica e la statistica”, nonché verso la religione e le sue serrature arrugginite; l’uso e l’affinamento della poesia come antidoto a tutto questo e come “illusione che non disillude”di una felicità oltre la storia, oltre le barriere dell’immaginario comune, oltre la crudeltà della natura perfida e spietata, che si è accanita senza tregua sul suo corpo; la ricerca inflessibile, nell’apparente dissintonia tra la sua visione senza speranza della vita e la spinta di un’inesauribile vitalità, dei piaceri minimi o sublimi, della bellezza in tutte le sue forme, dell’amore o comunque della sua idea, delle amicizie sincere, fruibili lontano dalla ricchezza, dalle elite borghesi, dalle più trite convenzioni sociali.
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Il manifesto con Leopardi capovolto non è solo una trovata pubblicitaria, peraltro di grande effetto, ma anche il preavviso che la figura del Giovane favoloso firmato Martone contraddice sia l’iconografia classica del poeta, ancorata a tutt’oggi al ritratto-disegno, accademico e senz’anima, eseguito da Luigi Lolli e ripreso da tutti i libri di letteratura e di studi leopardiani, sia l’impostazione del racconto in termini stilistici e di messa in scena.
Martone sviluppa il tracciato narrativo secondo diverse direttrici: la liberazione dalla gabbia di Racanati, -centro culturalmente polveroso dello Stato pontificio governato da prelati e istitutori ligi ai dettami delle gerarchie ecclesiastiche- prima attraverso l’evasione mentale verso un fuori immaginario conseguita con l’esplorazione bibliotecaria a lume di candela di quasi tutto lo scibile umano, poi mediante la fuga fisica verso le grandi città piene di nuovi fermenti intellettuali, sociali, letterari come Roma, Firenze, Napoli; la delusione verso i circoli portatori di innovative correnti di pensiero come la teoria dell’utile in economia, i fervori liberali, il romanticismo letterario e lo scetticismo nei confronti di dogmi propalati dalle elite preminenti come la riduzione della sommità del sapere umano al “saper la politica e la statistica”, nonché verso la religione e le sue serrature arrugginite; l’uso e l’affinamento della poesia come antidoto a tutto questo e come “illusione che non disillude”di una felicità oltre la storia, oltre le barriere dell’immaginario comune, oltre la crudeltà della natura perfida e spietata, che si è accanita senza tregua sul suo corpo; la ricerca inflessibile, nell’apparente dissintonia tra la sua visione senza speranza della vita e la spinta di un’inesauribile vitalità, dei piaceri minimi o sublimi, della bellezza in tutte le sue forme, dell’amore o comunque della sua idea, delle amicizie sincere, fruibili lontano dalla ricchezza, dalle elite borghesi, dalle più trite convenzioni sociali.
Il Leopardi del regista napoletano sfugge alla immobilità della rassegnazione, cade e si rialza sotto il peso crescente di malanni dovuti alla sua divorante precocità, di un sapere che aveva prosciugato nei pochi anni dell’infanzia e dell’adolescenza l’intera biblioteca di famiglia, e ne aveva fatto ben presto un abile filologo, filosofo, poeta, prosatore, traduttore in poesia di classici greci. Leopardi non vive la storia, proprio perché l’invincibile infelicità umana rende inutile ogni sforzo dei contemporanei verso il progresso delle idee, della politica, della società, ma è interessato a vivere i singoli sprazzi vivificanti come le bicchierate con i popolani, gli accessi trasgressivi negli antri infernali dei bordelli, gli affetti veri o (di)sperati, in attesa della fine (“invidio i morti, e solo con loro mi cambierei”, da Operette morali). La storia si affanna a scorrere, segue i suoi tracciati nella vana illusione di prospettive irreali ma non si eleva. Solo la poesia, cambiando dimensione, s’innalza e spazia nell’”oltre” senza limiti e senza disillusioni. Infatti Martone non fornisce riferimenti storici precisi, se non indirettamente (la pestilenza a Napoli) e sorvolando sugli eventi politici di quel periodo, per rimarcare il distacco del poeta dagli avvenimenti contemporanei. Il suo Leopardi scrive ininterrottamente, s’immerge nell’estro senza limiti della sua poesia che prorompe in tutta la sua potenza espressiva come se fosse un’eruzione di pensiero nel suo istantaneo traboccare, battibecca con gli intellettuali infastiditi dal suo catastrofismo umano ironizzando sulle loro contraddizioni (come può un popolo essere felice senza la felicità dei singoli individui?). Il suo Leopardi contempla l’ossimoro permanente di Madre natura che impone la sua ferocia (immaginata come un’enorme statua d’argilla con i tratti del volto della propria madre che si sgretola) ma offre anche una sconfinata ingannevole bellezza: i boschi, i laghi, il mare, la lava rossa del Vesuvio, il firmamento in una notte trapuntata di luci possono dare una felicità illusoria, ma è per questa consapevolezza che Leopardi è infelice pur assorbendo l’assorbibile. In questa ottica di lotta per la vita ma contro la sua inanità, il malfermo Leopardi assume una grandezza granitica, eroica, epica, che sfida l’insidia del tempo.
La poesia dei versi leopardiani “detti” (la “colonna poetica” che costituisce la spina dorsale emozionale del film), delle immagini piene di rumori, di autenticità, di vita, magnificamente ideate dagli autori, dell’alternarsi delle musiche moderne di Sasha Ring, morbidamente malinconiche,e quelle scolpite del classico Rossini, che accompagnano i due registri della dolorante vitalità e della mestizia, si espande in ogni angolo dell’opera dandole una preziosità luccicante a tutto campo, corroborata anche da un cast di altissimo pregio grazie alla perizia registica di un maestro che non manca mai di stupire, di sorprendere, di reinventare ed affascinare. Un’autentica grande bellezza.
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flyanto
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martedì 21 ottobre 2014
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un favoloso e toccante ritratto di leopardi
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Film in cui si racconta della biografia di Leopardi, dagli anni giovanili trascorsi a Recanati rinchiuso nella biblioteca paterna a studiare e leggere insieme ai due fratelli più giovani, oppresso dai genitori e da tutto l'ambiente provinciale e chiuso, a quella dei suoi soggiorni prima a Firenze in compagnia dell'amico Antonio Ranieri e poi a Roma e soprattutto a Napoli sempre con il fidato Ranieri, sino alla sua morte avvenute in una casa alle pendici del Vesuvio..
In questa sua ultima opera Mario Martone presenta il ritratto del poeta Leopardi in maniera molto fedele alle sue biografie riuscendo a dare di questo sfortunato ed eccelso poeta un'immagine molto vicina ed attinente a ciò che viene tramandato sia, appunto, dagli scritti biografici che soprattutto dalle sue opere stesse.
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Film in cui si racconta della biografia di Leopardi, dagli anni giovanili trascorsi a Recanati rinchiuso nella biblioteca paterna a studiare e leggere insieme ai due fratelli più giovani, oppresso dai genitori e da tutto l'ambiente provinciale e chiuso, a quella dei suoi soggiorni prima a Firenze in compagnia dell'amico Antonio Ranieri e poi a Roma e soprattutto a Napoli sempre con il fidato Ranieri, sino alla sua morte avvenute in una casa alle pendici del Vesuvio..
In questa sua ultima opera Mario Martone presenta il ritratto del poeta Leopardi in maniera molto fedele alle sue biografie riuscendo a dare di questo sfortunato ed eccelso poeta un'immagine molto vicina ed attinente a ciò che viene tramandato sia, appunto, dagli scritti biografici che soprattutto dalle sue opere stesse. Per raccontare ciò il regista napoletano ricorre anche alla descrizione, quanto mai minuziosa e precisa, dell'ambiente ristretto in cui Leopardi era nato ed aveva trascorso tutta la sua giovinezza: Recanati dove non solo la mancanza di una certa apertura mentale venne da lui avvertita e sofferta ma anche il ristretto, bigotto, austero ed anafettivo ambiente familiare non riuscì mai a costituire per lui una fonte di gioia e serenità. Nella prima parte del film viene così descritto l'ambiente geografico e soprattutto familiare e le scene molto ben girate e rappresentate ricordano moltissimo quelle di molte opere di Mauro Bolognini stesso. La seconda parte del film, invece, è incentrata tutta sul peggioramento dello stato di salute del poeta e sulle città, appunto Firenze, Roma e Napoli, e sugli ambienti letterari di queste che egli è stato solito frequentare venendo a contatto e confrontandosi con altri illustri intellettuali del tempo.
Ma il pregio maggiore di questa pellicola di Martone, a mio parere, non sta tanto nel racconto autobiografico in sè del giovane poeta, ma soprattutto nella scelta al fine di interpretare Leopardi dell'attore Elio Germano che qui si conferma essere uno dei più grandi talenti del cinema italiano contemporaneo. Egli riesce infatti a dare e soprattutto a comunicare allo spettatore l' anima inquieta ed altamente sensibile del poeta, il suo tormento interiore, unito anche a quello fisico, e la sua concezione disincantata e dolente, per non dire disperata, dell'esistenza.
Inoltre, reputo necessario aggiungere che varrebbe la pena di guardare il film solo per ascoltare i testi poetici leopardiani recitati in maniera eccelsa e toccante da Elio Germano, nel generale contesto peraltro inseriti perfettamente da Martone.
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joker 91
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martedì 21 ottobre 2014
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un giovane favoloso
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Il film di Martone è un grandissimo racconto storico letterario come non se ne vedevano da anni nel nostro cinema. Mario Martone mette la sua mano nei ricordi della nostra grande cultura oggi un po persa per strADA parlandoci del poeta forse più grande della storia(assieme a Dante) con un Germano mai cosi convincente come in questa pellicola,Il dolore e il realismo più che il pessimismo sono ben rappresentati nella pellicola attraverso un montaggio un ambientazione e una colonna sonora da capogiro. Il rapporto padre-figlio è senza sbavature con un Popolizio cattivivone ai livelli del murray abraham-salieri di Amadeus nelle espressioni. Il film nella seconda parte (dopo il racconto del rapporto famigliare nella prima) scorre via veloce raccontandoci la poesia,la poetica e la sofferenza mista a voglia di vita del poeta più grande di tutti i tempi,tuttavia il finale mi lascia con l'amaro in bocca.
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Il film di Martone è un grandissimo racconto storico letterario come non se ne vedevano da anni nel nostro cinema. Mario Martone mette la sua mano nei ricordi della nostra grande cultura oggi un po persa per strADA parlandoci del poeta forse più grande della storia(assieme a Dante) con un Germano mai cosi convincente come in questa pellicola,Il dolore e il realismo più che il pessimismo sono ben rappresentati nella pellicola attraverso un montaggio un ambientazione e una colonna sonora da capogiro. Il rapporto padre-figlio è senza sbavature con un Popolizio cattivivone ai livelli del murray abraham-salieri di Amadeus nelle espressioni. Il film nella seconda parte (dopo il racconto del rapporto famigliare nella prima) scorre via veloce raccontandoci la poesia,la poetica e la sofferenza mista a voglia di vita del poeta più grande di tutti i tempi,tuttavia il finale mi lascia con l'amaro in bocca.... avrei di gran lunga preferito osservarne la morte attraverso una musica soave con fuori campo la sua idea e i suoi messaggi al mondo. Un grande film con un grande attore,merita la visione
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cinemaria
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lunedì 20 ottobre 2014
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grande elio
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Ottimo film anche perchè piacevolmente divulgativo ( e la poesia di Leopardi è una delle cose per cui vale la pena di vivere). Elio Germano è il nostro migliore attore (tanto che io lo amo...),e oltre non poteva andare.Martone ha fatto un buon lavoro con una sola scena inutile , perciò scadente: il bordello napoletano e avrebbe dovuto dare maggiore spazio alla grandezza dell'intellettuale e filosofo ( magari a scapito di alcune scene napoletane ).
Cinemaria
[+] favoloso elio
(di maryka)
[ - ] favoloso elio
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fiorella b.
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lunedì 20 ottobre 2014
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favoloso
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bellissimo film, molto ben fatto due ore e mezzo che volano nonostante racconti la vita di Giacomo leopardi poeta non sempre capito e apprezzato quanto dovrebbe esserlo proprio perchè conosciuto solo attraverso gli studi scolastici. Con questo film si riesce a entrare nello stupendo mondo della letteratura di allora vista attraverso gli occhi di un ragazzo speciale come fu Giacomo Leopardi. Può essere certamente un film da far vedere alle scolaresche. Elio Germano è assolutamente FAVOLOSO
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pressa catozzo
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lunedì 20 ottobre 2014
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letteratura
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TRA DISCRETO E OTTIMO . Una occasione per i giovani di ritornare alla letura senza NN - KE - CIOE' - MBE - . una sintesi di come si esprimono molti giovani. Come qualsiasi opera può non piacere . Martone non ha voluto fare il riassuntino del poeta ma farci rivivere il bigottismo del rinascimento dove se non eri un credente devoto, eri eretico. Per gli scontenti si potranno rifare con altri film a basso contenuto calorico. W IL CINEMA SEMPRE che non ha necessità di critici ma di spettatori.
[+] rinascimento?????
(di bizantino73)
[ - ] rinascimento?????
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omegazero
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lunedì 20 ottobre 2014
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grandissimo germano
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Grandissimo Germano, non convincente la colonna sonora. Film meritevole, ma è troppo "finito" per racchiudere quell'anima infinita.
Sala piena: sarà che il pubblico desidera qualcosa di più di tanti film vuoti di sostanza che vengono presentati? Speriamo!
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deluso
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lunedì 20 ottobre 2014
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che delusione
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Mi chiedo che film abbiano visto quelli che lasciano commenti così entusiastici...o che Leopardi conoscono...quello che ne esce rappresentato da Martone è un pessimista che adora gelati e poco di più...che non si pone nesuno degli interrogativi esistenziali presenti in tutti i suoi canti, che non trasmette alcunchè della sua sconfinata sensibilità ed umanità; un personaggio mediocre, insulso, uno come tanti, un povero malato depresso tutto proteso alla fuga fisica. Dove sono i tormenti, i dialoghi tutti interiori, le riflessioni sul senso della vita? "Silvia" muore e lui ne rimane scioccato...peccato che quello sia stato per lui lo slancio di stupende riflessioni del tutto ignorate dal regista; così come per il Canto notturno, per il Sabato del Villaggio, la Quiete dopo la Tempesta, il Passero Solitario, gli slanci vitali in essi contenuti; tutto ignorato, come se la composizione di quei Canti fosse stato un accidente nella vita del poeta, come se le riflessioni e le domande in essi riportate non fossero stato il risultato di un lungo, malinconico, penoso e vissuto travaglio interiore che investiva la quasi totalità della sua esistenza.
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Mi chiedo che film abbiano visto quelli che lasciano commenti così entusiastici...o che Leopardi conoscono...quello che ne esce rappresentato da Martone è un pessimista che adora gelati e poco di più...che non si pone nesuno degli interrogativi esistenziali presenti in tutti i suoi canti, che non trasmette alcunchè della sua sconfinata sensibilità ed umanità; un personaggio mediocre, insulso, uno come tanti, un povero malato depresso tutto proteso alla fuga fisica. Dove sono i tormenti, i dialoghi tutti interiori, le riflessioni sul senso della vita? "Silvia" muore e lui ne rimane scioccato...peccato che quello sia stato per lui lo slancio di stupende riflessioni del tutto ignorate dal regista; così come per il Canto notturno, per il Sabato del Villaggio, la Quiete dopo la Tempesta, il Passero Solitario, gli slanci vitali in essi contenuti; tutto ignorato, come se la composizione di quei Canti fosse stato un accidente nella vita del poeta, come se le riflessioni e le domande in essi riportate non fossero stato il risultato di un lungo, malinconico, penoso e vissuto travaglio interiore che investiva la quasi totalità della sua esistenza...la sua grandezza lirica ed umana ridotta ad uno scontato pessimismo e a qualche sussulto di sarcasmo. Un film non brutto, peggio, mediocre, e la mediocrità è la qualità che meno si addice ad un genio come Leopardi.
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