ilaria pasqua
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lunedì 20 ottobre 2014
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pura poesia
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Il film racconta la storia di Giacomo Leopardi. Inizia da tre bambini che giocano rincorrendosi in giardino, per poi entrare in una casa fredda e rigida dove il giovane poeta si formerà.
L'educazione dei genitori gli darà gli strumenti "materiali" per elevarsi, ma lo piegherà anche a una vita castrante, per lui ancora più penosa a causa del suo fisico fragile, che arriverà quasi a schiacciarlo.
La prima parte del film, tutta quella dell'infanzia e prima giovinezza, ci mostra con poche pennellate caratteri e luoghi, i primi turbamenti. Poi c'è un salto, un salto netto e ragionato, una scelta che ancora non so se condividere, ma sicuramente ne comprendo la necessità.
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Il film racconta la storia di Giacomo Leopardi. Inizia da tre bambini che giocano rincorrendosi in giardino, per poi entrare in una casa fredda e rigida dove il giovane poeta si formerà.
L'educazione dei genitori gli darà gli strumenti "materiali" per elevarsi, ma lo piegherà anche a una vita castrante, per lui ancora più penosa a causa del suo fisico fragile, che arriverà quasi a schiacciarlo.
La prima parte del film, tutta quella dell'infanzia e prima giovinezza, ci mostra con poche pennellate caratteri e luoghi, i primi turbamenti. Poi c'è un salto, un salto netto e ragionato, una scelta che ancora non so se condividere, ma sicuramente ne comprendo la necessità. Salta in avanti e taglia via l'infanzia dalla sua vita, un'infanzia che rimarrà come un fantasma attaccato alla sua pelle.
Giacomo a Firenze vive e si innamora, è sempre con l'amico Antonio Ranieri, e quando non è con lui vaga per la città, alla ricerca di una siepe da superare, proprio come quella che circondava casa sua e che gli impediva di guardar oltre, nonostante lo desiderasse con tutto se stesso.
Il Leopardi di Martone è struggente, è un uomo. Dietro al poeta c'è un uomo piegato dalla malattia e dall'animo di vetro, ma così lucido da far impallidire il mondo. Elio Germano è perfetto in questo ruolo, con la sua voce fina e l'ironia pungente avanza traballante in saloni di vecchi politici e letterati spocchiosi, per poi tornare libero all'aria aperta a contemplare l'infinito che gli è precluso.
Giacomo Leopardi è tratteggiato con grande sensibilità, e si stacca dalla letteratura mostrandosi in carne e sangue e sofferenza, e Elio Germano, bravo come non mai, si accartoccia sempre più su se stesso, e più si piega più desidera volare. Riesce nell'impresa interpretando un personaggio così difficile con grande tatto, forza, personalità e soprattutto sensibilità.
Recita spesso le sue poesie al cielo Leopardi, le sussurra all'aria, in immagini che sembrano immobili nel tempo, talmente belle ed evocative da sembrare quadri. Interpreta i versi senza urlarli, li interpreta come uomo nei momenti della sua vita in cui nascono spontaneamente come lava ardente.
Straziante la sua profonda infelicità, e quella malinconia che non l'abbandonerà mai e che tornerà continuamente, che sembra reclamare ogni suo verso. Ma è tanta anche la tenerezza, la dolcezza e la pietà con cui viene "creato" di nuovo da Elio Germano, senza mai piegare lo scorrere delle scene alla malattia, come lo stesso Leopardi che reclama: "Non attribuite al mio stato quello che si deve al mio intelletto", orgogliosamente alza la testa, nonostante la malattia lo costringa a trascinarsi per le strade. E la natura che prima o poi tutto toglie.
E Leopardi sembra un uomo di oggi incapace di stare al mondo come desidererebbe, torturato dalla sua infinita dannazione, e dalla sua capacità di guardare sempre oltre l'orizzonte, a inseguire il suo desiderio sempre vivo e impossibile di infinito.
In conclusione Il giovane favoloso è una scommessa vinta, un film di una poesia che commuove.
Recensione pubblicata in origine su: www.ilariapasqua.net
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(di siebenzwerg)
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silvano bersani
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lunedì 20 ottobre 2014
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il giovane favoloso sulla montagna incantata
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Perchè affrontare la poesia, l'opera, il pensiero di Leopardi e darlo in pasto agli spettatori svogliati di un sabato sera? Perchè cercare nel film stesso la ragione di un film che al solo pensiero doveva fare tremare le vene ai polsi di registi ben più scafati (o più avvezzi a modulare la qualità dell'opera con le esigenze del botteghino)? Perchè Martone è un autore, per nostra fortuna, che fonda il suo lavoro su solide basi letterarie (non a caso non gli sono estranee le tavole del palcoscenico teatrale), distillando opere di notevole consapevolezza e completezza.
Perchè affrontare la montagna Leopardi? Perchè forse non era mai stato fatto o tentato da nessun altro.
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Perchè affrontare la poesia, l'opera, il pensiero di Leopardi e darlo in pasto agli spettatori svogliati di un sabato sera? Perchè cercare nel film stesso la ragione di un film che al solo pensiero doveva fare tremare le vene ai polsi di registi ben più scafati (o più avvezzi a modulare la qualità dell'opera con le esigenze del botteghino)? Perchè Martone è un autore, per nostra fortuna, che fonda il suo lavoro su solide basi letterarie (non a caso non gli sono estranee le tavole del palcoscenico teatrale), distillando opere di notevole consapevolezza e completezza.
Perchè affrontare la montagna Leopardi? Perchè forse non era mai stato fatto o tentato da nessun altro. Perchè si sente nell'aria asfittica del nostro presente l'esigenza di parlare di poesia e in poesia. Come dice lo stesso giovane Giacomo al mentore Giordani: lo so sarei più oggettivo se scrivessi in prosa, ma quando affondo la luce del pensiero nel profondo del mio animo, allora mi viene più naturale parlare in poesia.
Ecco dunque la ragione di un'opera che ha il grande merito di essere filologicamente rigorosa, e fedele alla materia della narrazione sino al più crudele stoicismo, ma al contempo profondamente innovativa e contemporanea nei suoi moduli espressivi.
Il film, se un limite dobbiamo trovarlo, si fa prendere per mano da una sceneggiatura scabra e quasi documentaristica. La lente della macchina da presa indaga sugli aneliti del giovane Giacomo con spietata oggettività. Ma è veramente un difetto? Ricorda a volte i lungometraggi storici di Rossellini, dove volutamente la mano del regista si fa fredda e distante al cospetto di temi giganteschi. Ecco dunque sotto ai nostri occhi la trasformazione di Gregor Samsa-conte Giacomo da giovane fanciullo in mostriciattolo deforme, dipanando come da un gomitolo la complessità del pensiero e della poesia di Leopardi.
E veniamo a dire un altro nome, che volutamente lasciamo in fondo a queste righe: Elio Germano, gigantesco e maturo interprete, che presta il volto, la voce ed il corpo incondizionatamente ad un progetto senza dubbio difficile e arduo. Germano è probabilmente il vero vincitore di questo film. Non possiamo non rimarcare la grande ammirazione per una interpretazione veramente di grande spessore. Solo lui meriterebbe cinque stelle.
Uscendo dalla sala abbiamo un solo grande rammarico. Quale sarà la fortuna di questo film? Difficilmente collocabile al di fuori dei confini nazionali, destinato ad un pubblico che ha voglia di avventurarsi lungo la sintassi dei versi leopardiani. Chiedo una cortesia agli insegnanti di lettere: per favore, non portateci le classi.
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g_andrini
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lunedì 20 ottobre 2014
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lungo, ma godibile.
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E' un film particolare, si nota una ricercatezza notevole. L'essenza del Leopardi è trasmessa bene, il lato poeta è importante, ma conta anche il lato umano, nella vita di tutti i giorni. Leopardi non era virile, e questo gli causava molti problemi psicologici, come è ovvio che sia.
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natadiluglio
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domenica 19 ottobre 2014
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titolo da soap opera
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Mi dispiace se non sono in linea, e forse troppo critica, ma il film, visto poco fa, non mi è piaciuto affatto. Da un punto di vista di utilità culturale, benvenuto, dato che rianima una società caduta in una palude di ignoranza da far piangere ulteriormente il già afflitto Giacomo Leopardi. Soltanto sentire leggere, mormorare, declamare, le meravigliose poesie del nostro secondo Poeta ( qualcuno lo mette alla pari con il divino Dante), smuove quel macigno di indifferenza cinica, di ignoranza stratificata, e mi auguro che lo stesso turbamento che ho provato io, che potevo ripetere quei versi e continuarli, sia trasmesso anche agli sfortunati che non hanno conosciuto la Scuola "opprimente e nozionistica" che per mia fortuna ho conosciuto io.
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Mi dispiace se non sono in linea, e forse troppo critica, ma il film, visto poco fa, non mi è piaciuto affatto. Da un punto di vista di utilità culturale, benvenuto, dato che rianima una società caduta in una palude di ignoranza da far piangere ulteriormente il già afflitto Giacomo Leopardi. Soltanto sentire leggere, mormorare, declamare, le meravigliose poesie del nostro secondo Poeta ( qualcuno lo mette alla pari con il divino Dante), smuove quel macigno di indifferenza cinica, di ignoranza stratificata, e mi auguro che lo stesso turbamento che ho provato io, che potevo ripetere quei versi e continuarli, sia trasmesso anche agli sfortunati che non hanno conosciuto la Scuola "opprimente e nozionistica" che per mia fortuna ho conosciuto io. Leopardi andrebbe riscoperto, non "scoperto", andrebbe riconosciuto, non dovrebbe destare sorpresa, meraviglia, ma familiiare comprensione, e in un film proprio questa splendida opportunità ci deve essere data: di rivivere partecipando alla vicenda umana di un Grande. Purtroppo chi lo ha pensato e realizzato, ha perso di vista il senso della misura (anche nelle lungaggini, nel compiacimento delle pose e nell'esibizionismo formale), cucinando un Leopardi nevropatico, isterico, molto compreso nel roteare occhi e nel divagare in una mimica fantasiosa e oleografica. Non ci siamo. Benissimo che si ricostruisca una realtà che il grande poeta ci ha donato per sempre sia nelle opere che nella biografia, peraltro assai documentata storicamente. Malissimo che si faccia di questa sua vita un polpettone grondante querimonie e patetismo. Ben altro era Leopardi. Malato, gobbo, ma che si trascinasse carponi, che tremolasse e sbavasse, ma via!! Le sceneggiate napoletane al lupanare: ma che pessima idea, che cattivo gusto, che cosa inutile! Quante cose inutili, che mi hanno annoiata a morte, cosa più di tutte imperdonabile. La scelta degli aneddoti, dei fatti storici, potevano dirci che quel malato non era un piagnone, era un intellettuale stimato e dalle vaste frequentazioni, anche se ovviamente limitate dai noti fattori. Ed infine, in tutto il tempo che ci si è presi per fargli fare eterne camminate esteticamente pietistiche, smofie e dialoghi senza succo, dov'è finito l'atteso scenario del "sabato del villaggio", dove il rilevo all'icona Silvia, ridotta a qualche inquadratura e a una scena pesantemente mortuaria? Dove sono finite le ispirazioni, la vitalità del luogo, la vitalità stessa di uno dei maggiori creativi della nostra letteratura e storia? Un mortorio che non si meritava e non ci meritavamo. Sono dispiaciuta che i commenti siano encomiastici, sono dispiaciuta del successo, non di quello di botteghino: questo dimostra quanta fame di cultura questo popolo italico ancora porta dentro e quanto poca gliene sia stata fornita negli ultimi decenni. Mi dispiace che il successo venga dai critici, ne sono anzi costernata, come della conferma di una piaggeria ormai cieca e cronica, nonchè di un danno che temo irreversibile.
Anna Maestri
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zarar
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domenica 19 ottobre 2014
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dov'è il leopardi poeta?
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E' un film dignitoso e ben fatto, ma non totalmente convincente. La materialità sofferta di Giacomo, accentuata sino al grottesco, riscuoterebbe gli applausi del Tommaseo, suggerendo che - nonostante le appassionate dichiarazioni del poeta - la radice della sua filosofia e poesia stia proprio là dove si nega che sia. Alla fine del film è quella figura sempre più contorta, è quel viso deformato dalla sofferenza e dalla disperazione che ti restano ossessivamente in mente, e si sente il bisogno di andare subito a rileggersi il poeta per disintossicarsi. Voluta eterogenesi dei fini? Lo specifico filmico ha molti echi, più che una coerente originalità; l'impianto per quadri successivi è più teatrale che filmico.
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E' un film dignitoso e ben fatto, ma non totalmente convincente. La materialità sofferta di Giacomo, accentuata sino al grottesco, riscuoterebbe gli applausi del Tommaseo, suggerendo che - nonostante le appassionate dichiarazioni del poeta - la radice della sua filosofia e poesia stia proprio là dove si nega che sia. Alla fine del film è quella figura sempre più contorta, è quel viso deformato dalla sofferenza e dalla disperazione che ti restano ossessivamente in mente, e si sente il bisogno di andare subito a rileggersi il poeta per disintossicarsi. Voluta eterogenesi dei fini? Lo specifico filmico ha molti echi, più che una coerente originalità; l'impianto per quadri successivi è più teatrale che filmico. Il Leopardi delle Operette Morali è molto più presente del giovane favoloso dei Canti. E se è verissimo che il coerente materialismo del 'filosofo' è quello che colloca i Canti nella giusta dimensione, non può però soffocarli, come succede nel film. Le oscillazioni tra rigore filologico e una dichiarata libertà interpretativa sono bizzarre: a finezze documentarie grandi e piccole come le tante citazioni puntuali, il taglio della carne, il cinismo materno davanti alla morte, la collezione di autografi di Fanny, ecc. ecc., fa fronte una Silvia bianca e rossa come una figurina di presepe napoletano, improbabile candidata al "chiuso morbo", una Paolina Leopardi che avrà sognato per tutta la vita un fisico come quello della sua interprete, l'inutile discesa negli inferi del bordello napoletano. Tra i momenti di grazia la fuga da Recanati, la scena al Gabinetto Vieusseux,la terrazza con lo sfondo dello "sterminator Vesevo". Ottima la colonna sonora.
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mario nitti
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domenica 19 ottobre 2014
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un film che raggiunge i suoi obiettivi
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Volete un film allegro, per passare una serata serena, distensiva, senza troppi pensieri? Allora lasciate perdere, “Il Giovane favoloso” non fa per voi. Del resto come potrebbe? La storia è quella di di Giacomo Leopardi e, come gli rinfacciano durante il film molti interlocutori, i suoi testi sono un concentrato di pessimismo e non certo un inno alla speranza. Il regista Mario Martone imprime un ritmo lento, quasi solenne alla narrazione di una'avventura umana che un po’ tutti conoscono, utilizzando al meglio Elio Giordano, che incarna in modo efficace il protagonista, e tutti gli altri attori. La musica riesce a sottolineare, senza ricerca di eccessiva enfasi, sguardi, dialoghi ed eventi: la lettura di alcune poesie e pensieri di Leopardi è sapientemente distribuita così che il film non ne resta appesantito, ma arricchito.
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Volete un film allegro, per passare una serata serena, distensiva, senza troppi pensieri? Allora lasciate perdere, “Il Giovane favoloso” non fa per voi. Del resto come potrebbe? La storia è quella di di Giacomo Leopardi e, come gli rinfacciano durante il film molti interlocutori, i suoi testi sono un concentrato di pessimismo e non certo un inno alla speranza. Il regista Mario Martone imprime un ritmo lento, quasi solenne alla narrazione di una'avventura umana che un po’ tutti conoscono, utilizzando al meglio Elio Giordano, che incarna in modo efficace il protagonista, e tutti gli altri attori. La musica riesce a sottolineare, senza ricerca di eccessiva enfasi, sguardi, dialoghi ed eventi: la lettura di alcune poesie e pensieri di Leopardi è sapientemente distribuita così che il film non ne resta appesantito, ma arricchito. Ciascuno di questi frammenti sembra fatto apposta per essere proposto domani, con le nuove tecnologie, in un'aula scolastica. Nel complesso le quasi due ore e mezza delle pellicola non praticano sconti, richiedno concentrazione e attenzione, ma Martone riesce nella sfida, difficilissima, di illuminare qualche frammento del mistero di un’anima.
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maria67
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domenica 19 ottobre 2014
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film favoloso
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Film molto coinvolgente sentito commovente...finalmente un tilm italiano bello
Attore elio germano bravissimo
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gpistoia1939
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domenica 19 ottobre 2014
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giusto il titolo:giovane favoloso
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Aggiungo alla mia precedente critica: ha fatto bene il regista a intotolare il film "Il giovane favoloso" e non Giacomo Leopardi. Questo perchè il regista Mario Martone, non ha per nulla rispettata la biografia del nostro poeta, se non nella prima parte quando Leopardi è a Recanati. A Firenze vediamo un Leopardi assetato di amore e scavalcato dall'amico Ranieri presso i "famori" di Fanny. Un Leopardi strisciante, gobbo, curvo e meschino, povero Handiccapato in cerca di amore. Io non credo proprio che le cose stessero vosì. Non si può paragonare due dissgraziati fisici (intendo Loutrec) del quale infatti sappiamo di più perché più vicino a noi, come assetati a amore e SFIGATI con le donne.
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Aggiungo alla mia precedente critica: ha fatto bene il regista a intotolare il film "Il giovane favoloso" e non Giacomo Leopardi. Questo perchè il regista Mario Martone, non ha per nulla rispettata la biografia del nostro poeta, se non nella prima parte quando Leopardi è a Recanati. A Firenze vediamo un Leopardi assetato di amore e scavalcato dall'amico Ranieri presso i "famori" di Fanny. Un Leopardi strisciante, gobbo, curvo e meschino, povero Handiccapato in cerca di amore. Io non credo proprio che le cose stessero vosì. Non si può paragonare due dissgraziati fisici (intendo Loutrec) del quale infatti sappiamo di più perché più vicino a noi, come assetati a amore e SFIGATI con le donne. Non credo proprio che Leopardi avesse il chiodo fisso dell'amore femminile a tutti i costi. Penso che la freddezza e la durezza della madre abbiano fatto abbastanza nella mente e nella psiche del nostro da "subblimare" la mancanza di amore femminile con le sue poesie, con la sua filosofia, con la scrittura delle sue operette morali, con lo Zibaldone, con tutto quello che ha prodotto facendone il più grande poeta italiano romantico dell'800 e non solo dell'800, ma di oggi, dopo Dante. Un uomo così forte non va in giro a pietire "carezze" ed eventuale sesso. Martone nel suo film parla per se, non può parlare per Giacomo Leopardi, che sicuramente ha amato delle donne che non ha avuto, ma che non a strisciato certo a loro piedi. Quindi, diciamo: Il Leopardi di Martore, non certo il vero Leopardi. Un film ben recitato da Elio Gennaro, che si è calato in modo credibile nel personaggio. Ma se ha Venezia questo film non ha preso il premio, ci sarà pure un motivo?
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gpistoia1939
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domenica 19 ottobre 2014
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leopardi, uguale a toulouse lu trec?
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Belli i siti, bella la fotografia, accettabile la biografia di Leopardi fatta da Mario Martone, accettabile anche che le poesie vengano non recitate in versi dal protagonista, vero il fatto che Leopardi è stato veramente prigioniero di quel padre così severo e invadente. Ma da un certo punto in poi, quando si vuol far vedere Leopardi deformato dalla debolezza ossea, mi pare eccessivo far camminare l'attore come se fosse Toulouse Lutrec. Eccessivo, non era solo quello il problema fisico di Leopardi, negli ultimo anni dettava perché non ci vedeva più, e invece l'attore protagonista è sempre lì che recita con gli occhi SBARRATI.
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debboschi
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domenica 19 ottobre 2014
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l'anima poetica de il giovane favoloso
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Molteplici potevano essere i punti di vista da cui raccontare la vita di Giacomo Leopardi. Mario Martone ha scelto quello più intimista, più profondo e delicato, che, paradossalmente, è anche quello più controverso e coraggioso: il punto di vista dell'arte. La figura che anima lo schermo è quella del poeta Leopardi che, ad un certo punto della sua vita, decide di liberarsi dalla " vile prudenza che agghiaccia " ed uscire fuori, andare al di là del confine rappresentato dalle rigide convenzioni familiari, in modo particolare dal padre, ed andare incontro al mondo nell'unico modo possibile: vivendolo. Il desiderio di conoscenza è ciò di cui si nutre l'animo di un artista ed è ciò di cui il giovane Giacomo è affamato.
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Molteplici potevano essere i punti di vista da cui raccontare la vita di Giacomo Leopardi. Mario Martone ha scelto quello più intimista, più profondo e delicato, che, paradossalmente, è anche quello più controverso e coraggioso: il punto di vista dell'arte. La figura che anima lo schermo è quella del poeta Leopardi che, ad un certo punto della sua vita, decide di liberarsi dalla " vile prudenza che agghiaccia " ed uscire fuori, andare al di là del confine rappresentato dalle rigide convenzioni familiari, in modo particolare dal padre, ed andare incontro al mondo nell'unico modo possibile: vivendolo. Il desiderio di conoscenza è ciò di cui si nutre l'animo di un artista ed è ciò di cui il giovane Giacomo è affamato. E' una bramosia, la sua, che gli arde con ferocia nell'animo e che si scontra prepotentemente con i limiti fisici imposti dal suo corpo segnato dalla malattia. Quello che ne risulta è una conflittualità tangibile che, nella splendida interpretazione di Elio Germano, diviene coincidentia oppositorum, lasciando emergere il ruolo centrale assunto dal concetto di "armonia", che subentra, non a caso, a quello di "conflitto". Il volto di questo straordinario attore diviene un vero e proprio campo d'azione dell'espressività, il luogo teatro della sensibilità del poeta Leopardi. Il suo sguardo è il tramite attraverso il quale si entra in relazione con un eloquente "altrove": la dimensione dello spirito. La levità della sfera interiore dipinta sul volto di Elio Germano pare escludere, ma al tempo stesso compensare ed essere compensata dalla storpiatura del suo corpo, la quale impedisce di fare del poeta Leopardi un'entità estranea al mondo e alla sua materialità. Una doppia valenza, quella dell'astrattezza-materialità, che è il contesto stesso del film ed è messa in evidenza da un gioco di inquadrature che si avvale spesso dell'utilizzo della finestra, intesa nel suo doppio significato dei dentro-fuori, a simboleggiare la dimensione di una realtà "altra" che è quella dell'arte.
E' noto quanto sia difficile raccontare per immagini l'essenza della poesia, ma senza dubbio, in questo senso, "Il giovane favoloso" è opera da considerarsi perfettamente riuscita.
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