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domenica 24 maggio 2015
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non raggiunge la sufficienza!
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ANALISI
La pellicola non ha saputo sfruttare quella che sarebbe stata una sceneggiatura già fatta, corrispondente ai pensieri de “Lo Zibaldone”, “Le Operette Morali” e de “I canti” i quali vengono anche poco citati o sono completamente inesistenti nel film. La vita di Leopardi non è agganciata a questi scritti ma nel lungometraggio si può sicuramente cogliere la preoccupazione della sua situazione fisica. Anche per quanto riguarda le poesie queste sono poche: manca, ad esempio, la nota “A Silvia” nel momento della morte dell’amata e alla quale si aggiunge un’allucinazione del poeta dove questa apre gli occhi nella bara.
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ANALISI
La pellicola non ha saputo sfruttare quella che sarebbe stata una sceneggiatura già fatta, corrispondente ai pensieri de “Lo Zibaldone”, “Le Operette Morali” e de “I canti” i quali vengono anche poco citati o sono completamente inesistenti nel film. La vita di Leopardi non è agganciata a questi scritti ma nel lungometraggio si può sicuramente cogliere la preoccupazione della sua situazione fisica. Anche per quanto riguarda le poesie queste sono poche: manca, ad esempio, la nota “A Silvia” nel momento della morte dell’amata e alla quale si aggiunge un’allucinazione del poeta dove questa apre gli occhi nella bara. Lo stesso vale per “Il dialogo di un islandese con la Natura”, dove quest’ultima si presenta sottoforma di statua di roccia che si sgretola, perde pezzi e nello stesso momento parla al protagonista.
Quasi mai appaiono colori vivaci nel periodo che si svolge a Recanati, quasi a sottolineare l’oscurità e la malinconia che regnano sovrane in questo triste paese. Le ambientazioni originali, le decisioni di svolgere le riprese nelle città dove veramente Leopardi ha trascorso le diverse fasi della sua vita hanno reso il tutto più realistico. La colonna sonora è varia: sono presenti momenti con musiche classiche che accompagnano, per esempio, la proclamazione della poesia “L’infinito” e momenti con quelle moderne, soprattutto del compositore berlinese Apparat, pseudonimo di Sascha Ring, che formano un forte ma ben riuscito contrasto con le scene tragiche e tristi.
Il film è molto lento e presenta numerosi buchi nella sceneggiatura (come il salto di 10 anni nella prima parte e l’inspiegabile assenza di fasi importantissime nella vita del poeta come il ritorno a Recanati corrispondente alla riscoperta della vena poetica).
Elio Germano interpreta Giacomo Leopardi. Sicuramente un personaggio difficilissimo in cui calarsi, nel quale si deve fingere di avere un così grave problema fisico. Leopardi è devastato dal fatto che non incontrerà mai la sua anima gemella e che, soprattutto, non incontrerà mai l’amore (reciproco) e il vero senso della vita.
Michele Riondino interpreta Antonio Ranieri. Questo è il migliore amico di Leopardi e nonostante le numerose differenze che questi due personaggi presentano rimangono uniti fino alla fine. Ranieri è un uomo bello, affascinante e seducente mentre Leopardi è gobbo e non attrae nessuno. Ranieri vive l’attimo e Leopardi pensa in grande e guarda sempre al futuro o alle conseguenze che potrebbe portare un’azione, cosa che non fa l’amico.
Massimo Popolizio interpreta Monaldo Leopardi. Il padre di Giacomo, interessato solo allo studio di quest’ultimo e dei suoi fratelli. Persona meno fredda della moglie che in alcuni momenti si presenta anche vicino al primogenito ma si dimostra fedele a questo solo quando lui obbedisce.
Anna Mouglalis interpreta Fanny Targioni Tozzetti. Il secondo amore di Giacomo che però da lei non viene ricambiato. Ha una storia con Antonio Ranieri al quale, quando è costretta a salutarlo, gli elenca le differenze tra lui e l’amico Leopardi. Alla fine di questa conservazione si dimostrerà anche arrabbiata o in qualche modo offesa rifiutando il bacio sulla mano di Ranieri come gesto di saluto e uscendo dalla sala senza girarsi indietro.
Valerio Binasco interpreta Pietro Giordani. Il personaggio che potrebbe essere considerato come una sorta di fonte di ispirazione per Leopardi ma che alla fine si rivela solo come un accompagnatore alle feste.
Edoardo Natoli e Isabella Ragonese interpretano rispettivamente Carlo e Paolina Leopardi. Sono i fratelli del protagonista a cui rimangono sempre attaccati sentimentalmente. In una delle scene più belle del film, il saluto ai fratelli da parte di Leopardi prima del tentativo di fuga, si può comprendere il bene reciproco che questi tre personaggi provano l’uno per l’altro ma che nonostante questo Carlo e Paolina decidano di lasciarlo andare perché comprendono anch’essi che Recanati non è il posto adatto a lui.
Raffaella Giordano interpreta Adelaide Antici. La madre fredda e incapace di trasmettere calore umano a Leopardi che compare poco nel film nonostante sia un personaggio molto interessante.
Paolo Graziosi interpreta Carlo Antici. E’ il fratello della madre di Giacomo, quindi suo zio. Personaggio presente maggiormente nella prima parte del lungometraggio, le sue caratteristiche sono quelle di un uomo autorevole.
Federica De Cola interpreta Paolina Ranieri. E’ la sorella di Antonio Ranieri e nell’ultimo periodo di vita di Giacomo Leopardi si trasferisce da loro e aiuta il poeta con i suoi scritti.
Iaia Forte (nome d’arte di Maria Rosaria Forte) interpreta la signora Rosa, la padrona di casai di Napoli: temendo che Leopardi sia malato di colera, non affitta volentieri ai due amici la casa, si comporta in modo burberoe lo stesso poeta la sogna mentre scassina la loro camera per rubare oggetti da una cassetta. E’ sospettosa che la malattia di Giacomo sia contagiosa e per questo a paura a far alloggiare lui e il suo amico in una delle sue stanze.
Molti di questi attori hanno già lavorato con il regista Mario Martone nel film “Noi credevamo”, come Michele Riondino, Valerio Binasco o Edoardo Natoli.
Il film è ambientato nell’arco di vita di Giacomo Leopardi, anche se non finisce con la sua morte.
La lingua usata nei dialoghi e’ molto vicina a quella utilizzata nelle opere del poeta e, dopo un iniziale spaesamento, questa scelta favorisce l’inserimento delle poesie nel racconto del film.
COMMENTO
Prima di iniziare l’analisi vorrei preannunciare che va riconosciuto il merito a Mario Martone di aver portato sul grande schermo la vita di un poeta come Giacomo Leopardi ma che questo progetto sarebbe potuto essere elaborato in modo migliore e quindi ha mancato una grande occasione di portare agli spettatori quello che veramente è il messaggio che Giacomo Leopardi, a suo tempo, voleva far intendere. Detto questo, inizio l’analisi.
Come ho già scritto nell’analisi, la sceneggiatura è piena di buchi e si concentra molto sulla situazione fisica precaria del protagonista tralasciando la proclamazione di numerose poesie che forse in alcuni momenti sarebbero state più appropriate. Infatti sono presenti, per essere un film sul poeta Giacomo Leopardi, poche rappresentazioni poetiche (manca, ad esempio “A Silvia”) mentre viene troppo sottolineata la condizione fisica del protagonista, insistendo sulla sua gobba e aggiungendo un particolare elemento: il bastone. Questo rappresenta la vecchiaia e perciò fa comprendere, in modo abbastanza esagerato, che Leopardi si sente vecchio in un’età dove non dovrebbe essere così.
La colonna sonora e il linguaggio sono i fattori più belli e interessanti secondo me della pellicola. Li ho messi insieme perché bisogna considerare, come scritto nell’analisi, la colonna sonora come una base musicale e il linguaggio e i dialoghi in generale come il testo della canzone, poetico e gradevole ma, in questo caso, troppo lungo e approfondito.
Se si fossero tagliati anche solo 30 minuti di film sarebbe stato molto più gradevole. In questo modo lo spettatore si annoia, anche perché il ritmo è lento.
Io avrei approfondito più personaggi al posto di alcune delle numerose scene dove Leopardi cammina pensieroso, come la madre Adelaide Antici, personaggio sicuramente interessante per le sue caratteristiche di madre fredda e la figura di Silvia, che è veramente poco trattata nel film e che forse meriterebbe un po’ più di minuti, essendo il primo amore di Leopardi e forse l’unico dove ci sia un interesse quasi reciproco.
Elio Germano dà vita ad un’interpretazione per la quale vi è un termine inglese adatto: “overacting”. Questo vuol dire che lui “esagera” la recitazione dando troppa espressione al personaggio pur mantenendo una forte emotività. Nella prima parte del film Germano appare anche bravo, ma continuando la visione si nota questa sua caratteristica anche dal fatto che mantiene la stessa faccia per tutta la durata della pellicola, non cambiando mai l’espressione ma esagerando l’unica che è capace di recitare.
Michele recita normalmente senza presentare né alti né bassi, così come Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Raffaella Giordano, Paolo Graziosi, Federica De Cola e Iaia Forte
L’interpretazione di Edoardo Natoli e Isabella Ragonese non brilla per originalità mentre quella di Paolo Graziosi è corretta senza nessun picco anche se trovo il suo personaggio inutile nella storia.
“Il dialogo di un islandese con la Natura”, dove quest’ultima si presenta sottoforma di statua di roccia che si sgretola mi è sembrato molto in stile “La storia infinita (1984)”, dove anche in questo vi erano due statue le quali mentre parlavano al protagonista cadevano in pezzi.
Le luci sono una conseguenza dell’emozione che si vuole trasmettere al pubblico e, per esempio, se la scena è malinconia la luce sarà opaca e scura anche se in più parti sono presenti forti contrasti.
Il film ha riscosso un grande e inaspettato successo segno che questa figura rappresenti per gli italiani il “supereroe” nazionale, mentre per me rappresenta solo un grande esponente della letteratura italiana e romantica mondiale.
VOTO: 5 1/2
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xerox
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giovedì 7 maggio 2015
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che emozione!...
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Che emozione vedere Leopardi in un film! Il poeta più amato (e ahimè "sopportato" per motivi scolastici) da tutti i giovani studenti che lo leggono per forza a scuola, ma poi per diletto nella maturità. Elio Germano in questo film è un Leopardi semplicemente.... PERFETTO! Che grande attore che è!!! Ma tutto il cast è assolutamente convincente, a partire da Ranieri/Riondino. Bellissimi anche tutti gli scorci di questa Italia "minore" che si vedono nel film, a partire da Recanati. Quanto è bello il nostro Paese! Non dovremmo dimenticarcene mai! Guardate la terrazza di Torre Del Greco... Curiosità prosaica che resta irrisolta nella biografia è se il sommo poeta sia mai riuscito a conoscere l'amore fisico.
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Che emozione vedere Leopardi in un film! Il poeta più amato (e ahimè "sopportato" per motivi scolastici) da tutti i giovani studenti che lo leggono per forza a scuola, ma poi per diletto nella maturità. Elio Germano in questo film è un Leopardi semplicemente.... PERFETTO! Che grande attore che è!!! Ma tutto il cast è assolutamente convincente, a partire da Ranieri/Riondino. Bellissimi anche tutti gli scorci di questa Italia "minore" che si vedono nel film, a partire da Recanati. Quanto è bello il nostro Paese! Non dovremmo dimenticarcene mai! Guardate la terrazza di Torre Del Greco... Curiosità prosaica che resta irrisolta nella biografia è se il sommo poeta sia mai riuscito a conoscere l'amore fisico. Penso che a scuola ce lo saremo chiesti TUTTI! Sul personaggio Leopardi, naturalmente, non c'è da dire nulla... E' un gigante così immenso (direi Infinito!) che ognuno ci trova qualcosa di suo. Leopardi è un pezzo di Italia, come il tricolore, come la cappella Sistina, come la Gioconda...
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jayan
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domenica 29 marzo 2015
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l'opera "favolosa" di mario martone!
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Lo considero il miglior film di Mario Martone, senza togliere valore agli altri. Un'opera "favolosa", "Il Giovane Favoloso" offre un'interpretazione unica e originale del Leopardi. Elio Germano offre il massimo come interprete del poeta. Gli altri attori, la fotografia, la sceneggiatura e principalmente la regia sono eccellenti. Un film da vedere assolutamente... e da rivedere. Martone riesce a penetrare nell'animo sensibile di Leopardi e lancia il suo urlo di dolore al mondo e la sua ricerca di un mondo veramente felice, al di là dei rigidi schemi in cui versava la società di allora. Un grido rivoluzionario per quell'epoca, un messaggio ancora valido ai giorni nostri.
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Lo considero il miglior film di Mario Martone, senza togliere valore agli altri. Un'opera "favolosa", "Il Giovane Favoloso" offre un'interpretazione unica e originale del Leopardi. Elio Germano offre il massimo come interprete del poeta. Gli altri attori, la fotografia, la sceneggiatura e principalmente la regia sono eccellenti. Un film da vedere assolutamente... e da rivedere. Martone riesce a penetrare nell'animo sensibile di Leopardi e lancia il suo urlo di dolore al mondo e la sua ricerca di un mondo veramente felice, al di là dei rigidi schemi in cui versava la società di allora. Un grido rivoluzionario per quell'epoca, un messaggio ancora valido ai giorni nostri. Molti non hanno compreso che il cosiddetto "pessimismo" di Leopardi è la ricerca di una fuga dal dolore in cui versa il mondo, solo che lui non ne ebbe gli strumenti per uscirne.
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onufrio
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venerdì 27 marzo 2015
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il poeta pessimista
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In quest'opera Martone riesce nell'intento di riesumare il compianto Giacomo Leopardi e di farcelo vedere come tutti i libri lo descrivono, un poeta dai versi brillanti la cui malsalute vi si accanì contro sin dalla giovanissima età. Elio Germano si trasforma passo dopo passo, stravolto dalle malattie che il poeta di Recanati ha subito; un percorso che parte dalla natia Recanati sotto le amorevoli grinfie del padre, per poi approdare a Firenze e a Napoli col caro amico Antonio Ranieri; e proprio in quel di Napoli si vede un Leopardi più positivo e allegro, nel suo piccolo, l'aria partenopea fa bene al corpo e alla mente, ma nulla può di fronte ai tormentati e continui malori.
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In quest'opera Martone riesce nell'intento di riesumare il compianto Giacomo Leopardi e di farcelo vedere come tutti i libri lo descrivono, un poeta dai versi brillanti la cui malsalute vi si accanì contro sin dalla giovanissima età. Elio Germano si trasforma passo dopo passo, stravolto dalle malattie che il poeta di Recanati ha subito; un percorso che parte dalla natia Recanati sotto le amorevoli grinfie del padre, per poi approdare a Firenze e a Napoli col caro amico Antonio Ranieri; e proprio in quel di Napoli si vede un Leopardi più positivo e allegro, nel suo piccolo, l'aria partenopea fa bene al corpo e alla mente, ma nulla può di fronte ai tormentati e continui malori. Il film trasmette una tristezza increbile, Leopardi esprime compassione, Germano ne coglie i tratti ed il regista ne coglie lo spirito.
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sabrina lanzillotti
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venerdì 13 marzo 2015
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il lato umano del grande poeta
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Ci troviamo a Recanati e la gioventù di Giacomo Leopardi (Elio Germano) non è delle più felici. Il ragazzo ha un’intelligenza fuori dal comune, vive a stretto contatto con i libri della biblioteca familiare, ma non ha un buon rapporto con il padre Monaldo (Massimo Popolizio), di ideali molto conservatori. Ben presto la situazione comincia a star stretta a Leopardi e la voglia di libertà presto prende il sopravvento, spingendo il giovane ad allontanarsi dalla casa paterna. Provato da una salute cagionevole, Giacomo si reca a Firenze, dove conosce Antonio Ranieri (Michele Riondino) e Fanny Targioni Tozzetti (Anna Mouglalis), di cui si innamora. Dopo diverse vicissitudini, si trasferisce con l’amico a Napoli, alle pendici del Vesuvio, a causa dell’epidemia di colera che attanaglia la città.
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Ci troviamo a Recanati e la gioventù di Giacomo Leopardi (Elio Germano) non è delle più felici. Il ragazzo ha un’intelligenza fuori dal comune, vive a stretto contatto con i libri della biblioteca familiare, ma non ha un buon rapporto con il padre Monaldo (Massimo Popolizio), di ideali molto conservatori. Ben presto la situazione comincia a star stretta a Leopardi e la voglia di libertà presto prende il sopravvento, spingendo il giovane ad allontanarsi dalla casa paterna. Provato da una salute cagionevole, Giacomo si reca a Firenze, dove conosce Antonio Ranieri (Michele Riondino) e Fanny Targioni Tozzetti (Anna Mouglalis), di cui si innamora. Dopo diverse vicissitudini, si trasferisce con l’amico a Napoli, alle pendici del Vesuvio, a causa dell’epidemia di colera che attanaglia la città.
La breve vita del poeta e scrittore Giacomo Leopardi, amato e odiato dagli studenti di tutta Italia, viene trasposta sul grande schermo dal coraggioso Mario Martone. Coraggioso perché non è facile effettuare una trasposizione cinematografica di un grandissimo autore italiano senza cadere nello stile della fiction. Il regista ha invece la capacità di far rivivere il Leopardi, trasportandolo nel nostro tempo e abbandonando la dimensione letteraria. Lo stile del film è quasi teatrale ed evoca un realismo inquieto. La colonna sonora ricalca perfettamente lo struggente orrore interiore che prova il protagonista, egregiamente interpretato da Elio Germano. L’attore riesce ad affrontare ed estraniare il complesso animo del poeta, mostrando allo spettatore la sensibilità leopardiana e, allo stesso tempo, effettuando un percorso emotivo crescente, sempre sopra le righe. Un Leopardi raccontato con grande tenerezza, senza scendere nella pietà per i suoi difetti fisici e anzi evidenziando la sua forza d’animo e la voglia di rivalsa attraverso un intelletto fuori dal comune. Un film che tutti dovrebbero vedere, una biografia scorrevole ed appassionante che riporta il grande poeta nel nostro secolo, invitando a guardare oltre le apparenze e a sentirsi parte dell’infinito.
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pier delmonte
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mercoledì 11 marzo 2015
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al posto di due ore di italiano!
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Il mio divertimento e’ la letteratura e il mio divertimento mi distruggera’, ecco un Leopardi ribelle, antisistema, un Leopardi che non ricordavo ( sono andato a scuola tanto tempo fa!), un film storico e biografico, quindi non voglio di certo sbilanciarmi, non ne ho le competenze, e’comunque gradevole seguire questo ometto che con la forza della parola, e non solo, vuole percorrere la vita. Fotografia, tempi, costumi sono ok, non me ne vogliano i prof di italiano ma consiglierei loro di dotarsi di schermo e dvd e farlo vedere ai loro allievi al posto delle due ore filate di lezione.
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fabio1957
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martedì 10 marzo 2015
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sopravvalutato
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Leggendo le recensioni, sembra di trovarsi di fronte ad un capolavoro,invece personalmente, al di là del fatto che la vita di Leopardi è sicuramente depositaria di grandi spunti riflessivi, su uno dei più grandi poeti della lettratura italiana,ho provato comunque una sensazione di tedio,l'interpretazone di Elio Germano è superlativa, ma il film non decolla.E' come se rimanesse impigliato nelle rime di Leopardi, che non credo declamasse ad ogni piè sospinto e anche solitariamente come succede nel film.Insomma il personaggio è decisamente romanzato, ingolfato nella sua stessa verve letteraria.Notevole e lodevole lo sforzo del regista, ma il film di Martone non è dei più memorabili.
Decisamente sopravvalutato
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dave san
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lunedì 2 marzo 2015
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genio italico
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Un film sul Nostro richiama inevitabilmente le scolaresche, oltre a un folto pubblico. Parlare del Leopardi in Italia è come parlare del Bardo in Gran Bretagna. Non si tratta inoltre di un film didascalico. La storia ruota attorno ad un uomo eccentrico, suo malgrado. La colpa sembra essere un fisico gracile, in una persona di grande ingegno. Un uomo che se non fosse per questa croce, sarebbe abile a vivere. Diversamente e/o similmente a tanti spleeners europei. Questa scelta, infonde alla pellicola un ritmo interessante. Il Nostro è una persona naturalmente carismatica, capace di assaporare incontri e tavolate. Un salottiero piuttosto abile. Consapevole del suo “dosso” e per questo, fuggito dalla rocca paterna.
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Un film sul Nostro richiama inevitabilmente le scolaresche, oltre a un folto pubblico. Parlare del Leopardi in Italia è come parlare del Bardo in Gran Bretagna. Non si tratta inoltre di un film didascalico. La storia ruota attorno ad un uomo eccentrico, suo malgrado. La colpa sembra essere un fisico gracile, in una persona di grande ingegno. Un uomo che se non fosse per questa croce, sarebbe abile a vivere. Diversamente e/o similmente a tanti spleeners europei. Questa scelta, infonde alla pellicola un ritmo interessante. Il Nostro è una persona naturalmente carismatica, capace di assaporare incontri e tavolate. Un salottiero piuttosto abile. Consapevole del suo “dosso” e per questo, fuggito dalla rocca paterna. Un intellettuale propenso alla ricerca. Incatenato fisicamente a questa, più di quanto fosse clinicamente raccomandabile. Di fronte all’abuso patito, Leo risponde con ironia caustica e brama di mondo. Come certe personalità menomate nell’aspetto, ma con indole ribelle, rivoluzionaria, vitale; tutto insieme. Senza rinunciare per di più a una performance de ‘La ginestra’ che ricorda quasi una lettura beat. Si ritrae comunque una figura di riferimento del Bel Paese, a tratti modernizzata e storicamente plausibile. Grande tutto il cast che infonde convivialità ai personaggi, come da nostra tradizione teatrale e cinematografica.
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epassp
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sabato 28 febbraio 2015
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mal recitato
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Non mi ha né entusiasmato né coinvolto. Bella la fotografia, ma troppo prolisso. L'attore protagonista o è stato mal individuato (ricordava Ayrton Senna) o ha mal recitato: si vedeva fin troppo bene che era un soggetto perfettamente in salute che mal interpretava un personaggio cagionevole. Sono mancati anche il coinvolgimento poetico e turbe sentimentali del poeta.
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degiovannis
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giovedì 22 gennaio 2015
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a difesa della verità
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Il film di Martone dà il meglio di sé quando fa parlare Leopardi con i suoi versi o le sue riflessioni sulla vita e sull'uomo. Suggestive, anche se prevedibili, le scene che vedono protagonisti L'Infinito o La Ginestra con le straordinarie inquadrature del Vesuvio in eruzione. Martone riesce comunque a trasmettere emozioni, facilitato in questo dalla azzeccatissima interpretazione di Germano. L'attore è davvero riuscito ad impadronirsi della sensibilità del poeta, sicché alla fine del film nessuno potrebbe immaginare un Giacomo diverso dal suo. Il palazzo Leopardi di Recanati d'altronde si presta perfettamente a ricreare le scene della vita quotidiana del poeta: le sue aspirazioni, le sue inquietudini, i suoi primi amori, le sue prime delusioni (la fuga scoperta dal padre) sembrano farci partecipare come se si verificassero effettivamente sotto i nostri occhi.
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Il film di Martone dà il meglio di sé quando fa parlare Leopardi con i suoi versi o le sue riflessioni sulla vita e sull'uomo. Suggestive, anche se prevedibili, le scene che vedono protagonisti L'Infinito o La Ginestra con le straordinarie inquadrature del Vesuvio in eruzione. Martone riesce comunque a trasmettere emozioni, facilitato in questo dalla azzeccatissima interpretazione di Germano. L'attore è davvero riuscito ad impadronirsi della sensibilità del poeta, sicché alla fine del film nessuno potrebbe immaginare un Giacomo diverso dal suo. Il palazzo Leopardi di Recanati d'altronde si presta perfettamente a ricreare le scene della vita quotidiana del poeta: le sue aspirazioni, le sue inquietudini, i suoi primi amori, le sue prime delusioni (la fuga scoperta dal padre) sembrano farci partecipare come se si verificassero effettivamente sotto i nostri occhi. Tutto è reso con sobrietà perché Martone giustamente non indulge molto sui conversari noiosi del tempo, già noiosi per il giovane Giacomo. Semmai è la napoletanità del regista a dilagare un po' quando ci si sofferma alquanto a lungo su aspetti della vita napoletana che hanno a che fare più con la realtà di oggi che con quella che deve aver interessato Leopardi a suo tempo (ved. scena del lupanare). Comunque il film resta molto ben diretto e le due ore e venti scorrono agevolmente tra un pubblico di giovani accorsi numerosissimi a testimonianza del fatto che Leopardi sa parlare soprattutto a loro. Più affronta il dolore, più lo sterilizza e sublima nella grande poesia ed è questo il miracolo che continua a renderlo così attuale.
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