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dal film La meglio gioventù (2003)
Camilla Filippi Sara Carati
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Benedetta dal piccolo schermo, Camilla Filippi è una giovane attrice italiana dalla perversa chioma rossa. Molto zuccherosa, si è inserita con classe nel genere più sicuro, quello della fiction.
Debutto nel piccolo schermo
Debutta inizialmente in televisione, partecipando nel 1998 nella miniserie Costanza di Gianluigi Calderone con Monica Guerritore, Enzo De Caro, Ricky Tognazzi e Veronica Logan, passando poi a Valeria medico legale di Gianfrancesco Lazotti con Claudia Koll, Giulio Base e Massimo Ciavarro.
Compagni di scuola
L'esordio davanti alla macchina da presa avviene invece con il lungometraggio horror The House of Chicken (2001) di Pietro Sussi, con Ilaria Stagni, Marzia Ubaldi e Luca Ward. Successivamente, entra nel cast della miniserie Compagni di scuola (2001) con Massimo Lopez, Paolo Sassanelli, Rosanna Banfi, Valeria Valeri e che avrà il pregio di lanciare nuovi volti come Brando De Sica, Raffaello Balzo, Carlotta Miti, Samuela Sardo, Laura Chiatti, Cristiana Capotondi e Riccardo Scamarcio.
I film e i film tv
Dopo aver interpretato il ruolo di Sara Carati in La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana con Luigi Lo Cascio, Adriana Asti, Sonia Bergamasco, Maya Sansa e Fabrizio Gifuni, arricchisce il suo curriculum con titoli come: Ora o mai più (2003); Prima dammi un bacio (2003); La vita che vorrei (2004) e Amatemi (2005). Nel 2005, porta a teatro "La forma delle cose" di Neil LaBute con la regia di Marcello Cotugno, poi torna al piccolo schermo con De Gasperi, l'uomo della speranza (2005) di Liliana Cavani; Il capitano (2005); La notte breve (2006); Il vizio dell'amore (2006), Le ragazze di San Frediano (2007) e La scelta di Laura (2009). A seguire, negli ultimi anni, la si trova in Figli delle stelle di Lucio Pellegrini (2010), Febbre da Fieno (2011) di Laura Luchetti, La vita facile, sempre di Lucio Pellegrini e Il giorno in più, di Massimo Venier, con Fabio Volo e Isabella Ragonese. Lavora con Massimiliano Bruno in Viva l'Italia (2012), e recentemente si cimenta spesso con opere indipendenti (Amori elementari, Banana, In fondo al bosco).
"Forse è vero. Forse potrebbe sembrare un film vagamente misogino". La nuova commedia di Lucio Pellegrini, La vita facile, ha diviso il pubblico e lui lo sa. Perché una metà del cielo, quella che (al cinema) non porta ancora i pantaloni, ieri è uscita dalla sala un po' meno contenta dell'altra. "Il film si focalizza sui personaggi di Favino e Accorsi, perché è la loro amicizia che volevo raccontare – ha detto Pellegrini a margine della conferenza stampa romana - Capisco che il personaggio di Vittoria Puccini possa innervosire, che sia difficile empatizzare con una dark lady viziata, capricciosa e pariolina. Ma questo è un film di maschi".
Anche in conferenza stampa i mattatori sono Pierfrancesco Favino e Stefano Accorsi. Irresistibile il primo, spalla sorprendentemente vivace il secondo, invisibili le donne: la Puccini che si limita a trovare la sua dark lady "buffa e divertente, un po' manipolatrice e un po'ragazza fragile", e la sempre più brava Camilla Filippi, capace di dare corpo al carattere più involuto, madre e santa donna "la cui consapevolezza serve a far risaltare la natura complessa degli altri".
Storia d'amore e amicizia tra medici, impegnati in un ospedale del Kenya settentrionale, per Pellegrini "il film non fa retorica sul mondo africano. Mi interessava l'Africa come teatro in cui far emergere per contrasto le caratteristiche di questi uomini così profondamente italiani. Personaggi sfaccettati, complessi e anche negativi". Favino dribbla con eleganza l'inevitabile paragone con la vecchia commedia all'italiana, "un ritorno sociologicamente preoccupante – dice – perché se ancora oggi continuiamo a rappresentare italiani simpatici e farabutti, vuol dire che forse siamo proprio così". Il clima da spogliatoio, che ha regalato al film ottimi momenti di improvvisazione, si respira anche dal vivo. Vola qualche battuta sul calcio, Favino lancia stoccate alla Roma, squadra del cuore, e l'emigrante Accorsi ricorda gli insulti dei francesi "subito dopo i maledetti Europei". Applausi a fine conferenza, il team funziona, il film è benedetto in chiusura dal produttore Domenico Procacci. La sala si svuota e Pellegrini resta accanto alla moglie, Camilla Filippi, impegnata in un'intervista. "Il prossimo film – promette sottovoce, e c'è da credergli – lo faccio con un cast tutto al femminile. Una storia di donne, che tocchi temi che il nostro cinema, purtroppo, non riesce ancora a raccontare".
Prima di andare in vacanza Canale 5 propone La scelta di Laura, una fiction che parla di ospedale e amore, una via di mezzo tra la professionalità del celebre E.R. e gli intrighi del più recente e famoso Grey's Anatomy. Ad interpretarla, accanto a Giorgio Pasotti, il dottor Fabio Moreno, l'interessante duo femminile: Camilla Filippi (Rebecca) e Giulia Michelini (la Laura del titolo), due specializzande alle prime armi, ma con armi differenti: arrogante la prima, molto più ingenua la seconda. Diretta da Alessandro Piva, la serie prevede dodici episodi a cominciare da mercoledì 17 giugno in prima serata. Due donne così diverse che si completano e crescono, sia professionalmente sia umanamente, in un contesto prettamente maschile aiutate dalla loro forza di volontà. Alla vigilia di questa nuova storia abbiamo chiesto a Camilla Filippi di parlarci della serie, del suo personaggio e un po' di lei che da piccola già sapeva che avrebbe fatto l'attrice.
“L’emergenza sanitaria che ci ha portati a festeggiare il nostro compleanno lontano dalle date tradizionali – dicono Giorgio Gosetti, Marina Fabbri e Gianni Canova (delegato IULM) – ci priva del contatto diretto col pubblico e con la sala, ma ci offre modelli diversi d’incontro che intendiamo sperimentare con la grande comunità degli appassionati, a partire dalla fantastica giuria popolare del Premio Caligari realizzato insieme agli studenti del campus di IULM”.
Il fil rouge di un’edizione che prende volutamente il via nella giornata internazionale della donna è certamente il prepotente affacciarsi del talento femminile nel mondo del noir: autrici, personaggi, storie che cambiano radicalmente il punto di vista e che hanno quest’anno un riferimento nel centenario della nascita di Patricia Highsmith.
In quest’edizione è naturale quindi partire da una riflessione sull’evoluzione del noir al femminile con alcune scrittrici come Gabriella Genisi, Margherita Oggero, Grazia Verasani, Rosa Teruzzi, Antonella Lattanzi, Francesca Serafini, Nicoletta Vallorani.
Ma al Noir in Festival incontreremo anche: il vincitore del Raymond Chandler Award (l’irlandese John Banville); la regista-rivelazione del decennio, Jennifer Kent (The Nightingale); due maestri dell’eccesso visuale come Kurosawa Kiyoshi e Brian Yuzna; la regina del giallo scandinavo, Camilla Läckberg; la “madre” di Pedra Delicado, Alicia Giménez-Bartlett; tre campioni del noir italiano come Roberto Costantini, Maurizio De Giovanni, Gianrico Carofiglio e un outsider d’eccezione come Nicola Lagioia; due protagonisti internazionali (Charlotte Link e Anthony Horowitz). E nel gran finale della serata dedicata ai premiati dell’anno, due autori che hanno legato la loro storia al Noir in Festival, dal lungometraggio d’esordio (Piano 17) fino a uno dei titoli più attesi dell’anno (Diabolik): i Manetti Bros.
Sei i film internazionali in concorso tra cui la giuria (Carlo Degli Esposti, Camilla Filippi, Gianluca Maria Tavarelli) assegnerà il Black Panther Award al miglior film; sei anche i film italiani del 2020 scelti per il Premio Caligari e giudicati dalla giovane giuria di 90 studenti IULM e amanti del cinema, guidata da Claudio Giovannesi; cinque gli eventi speciali fuori concorso tra cui l’atteso Fulci Talks di Antonietta De Lillo con una esplosiva “autobiografia uncut” del maestro del cinema di genere, Lucio Fulci, l’autore a cui il Noir in Festival dedica il suo omaggio con cinque titoli diventati di culto.
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