Melancholia |
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Un film di Lars von Trier.
Con Charlotte Gainsbourg, Charlotte Rampling, Stellan Skarsgård, Alexander Skarsgård.
continua»
Fantascienza,
Ratings: Kids+16,
durata 130 min.
- Danimarca, Svezia, Francia, Germania 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 21 ottobre 2011.
MYMONETRO
Melancholia
valutazione media:
3,54
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L’Apocalisse è donnadi the mikeMaisterFeedback: 1543 | altri commenti e recensioni di the mikeMaister |
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domenica 13 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non mi dilungherò sulla trama, non ci sono abbastanza battute: la fine del mondo concreto è affrontata tramite la psicoesperienza di due sorelle, Justine e Claire. La fine, tema trattato e rimuginato più e più volte, in questo scenario ha una veste allegorica sorprendente: non è solo lo schianto di Melancholia con la Terra, che corrisponde ad ovvietà, ma la vera fine di cui Trier ci vuol parlare alberga nella mente umana, alberga in Justin prima, in Claire dopo, con effetti sinergici ma del tutto dissimili. Justine (Kirsten Dunst) è empaticamente prigioniera della Terra, vive in lei il disagio dell’umanità e ne soffre, soffre a tal punto che tramuta la sua depressione in pazzia, platealmente chiaro durante la sua festa di matrimonio. Come per la natura umana, anche lei è fragile, anzi, forse lei lo è in potenza, visto il suo ambiguo ma corretto legame col pianeta; il nipote la chiama amorevolmente “zietta spezzacciao”, chiaro ossimoro che contrappone un nomignolo virulento ad un soggetto del tutto iniquo e vittima di se stesso. Ma questo non è che uno dei primi indizi allegorici che ci estraderanno verso la soluzione. Questa zietta, Justine, secondo il nipote ha il potere di costruire le grotte, un potere paradossale visto che le grotte sono tra le poche manifestazioni naturali che l’uomo non può emulare, e questo vuol significare Genesi: secondo Trier, e secondo me, Justine sarebbe una specie di Deus ex machina, ed è lei stessa a farcelo capire quando alla fine dice di “sapere le cose”. Ma la creazione della grotta non può non essere anche una manifestazione dell’incombente tramonto della razza umana, dove grotta sta per natura, e creazione sta per distruzione. Justine è caos calmo, destinata ad implodere nelle strette maglie della sua psiche. Claire (Charlotte Gainsbourg) è caos progressivo, destinato ad esplodere come il resto del mondo. Claire è la normale manifestazione fenomenologica della paranoia. Ossessionata da Melancholia, arriva ad acquistare dei medicinali per espirare anzitempo ed indolore, scelta ipocritamente dissuasa dal marito, mente fortemente scientifica e razionale ma, come tale, incapace di tollerare un macroscopico insuccesso, l’errato calcolo dell’orbita melancholiana. Il gesto che seguirà è palese, ma del tutto imbiasimabile. La natura è rappresentata nel film in diversi momenti, ma il più importante sarà sicuramente l’immensa veranda di casa Claire, una veranda inquadrata sempre frontalmente con i soggetti in secondo rilievo, a simboleggiare appunto il primato della natura su tutto. La scena conclusiva, il famigerato finale ad effetto, vale il prezzo del biglietto, un vero capolavoro artistico. La regia si è dilettata in più stili di ripresa, ma all’occhio attento dello spettatore non sarà mancato di notare che talune riprese hanno una veste quasi amatoriale, con frenetici tagli di ripresa e inquadrature sobbalzanti. La fotografia ha optato per dei contrasti forti, sempre molto marcati nei momenti in cui le parole lasciavano la parola (scusate) ai colori. Trier è stato bravo, efficace, forse un po’ lento, ma efficace. E, arrivati alla conclusione, si evince che la sua fine del mondo, la sua fine del tutto, è donna, abilmente simboleggiata da un’ottima Kirsten Dunst. E lo è non perché è Justine la protagonista, ma perché lo è la sua fragilità, la sua complessità, la sua finitudine; in una parola, la sua essenza. Oltretutto, l’uomo è stato esiliato sulla Terra grazie ad Eva, ed è qui che si risolve tutto.
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