La ricerca di un assassino porta un detective sull'orlo della follia. Espandi ▽
György Fehér (1939-2002) è stato uno dei protagonisti della scena artistica e intellettuale ungherese a partire dagli anni Settanta, da noi pressoché sconosciuto. Dopo una lunghissima carriera soprattutto nella tv di stato, a inizio anni ’90 esordì nel cinema con
Twilight, fedelmente tratto da “La promessa” di Dürrenmatt. È un thriller dalla struttura libera e volutamente slabbrata, in cui un uomo smarrito si muove in un mondo anch’esso senza destinazione e dannato, dove la figura imperscrutabile di un assassino senza volto (un uomo nero, come viene raffigurato nel disegno di una delle vittime) si fa incarnazione del male assoluto. All’epoca premiato in vari festival ma poi dimenticato (e stroncato da critici oggi celebri…),
Twilight è diventato col tempo un cult introvabile, un classico del cinema dell’est Europa. Ora che finalmente
Twilight si può vedere nel suo splendore (e anche nel suo terrore, perché il suo passo è così indecifrabile da generare in chi guarda una sensazione di disagio…) lo si può considerare per quello che è: un prodotto del suo tempo incerto, un film anticipatore, un capolavoro.