Titolo originale | Szürkület |
Anno | 1990 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Ungheria |
Durata | 105 minuti |
Regia di | György Fehér |
Attori | Péter Haumann, János Derzsi, Judit Pogány, Kati Lázár, István Lénárt Gyula Pauer, Miklós B. Székely, László Németh, István Fogarasi, Pal Hetenyi, Zsuzsa Erdõsi, József Pethõ. |
Tag | Da vedere 1990 |
MYmonetro | Valutazione: 4,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento martedì 16 aprile 2024
La ricerca di un assassino porta un detective sull'orlo della follia.
ASSOLUTAMENTE SÌ
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In una zona remota delle montagne ungheresi, una ragazza viene trovata violentata e barbaramente uccisa. Del delitto è sospettato un venditore ambulante con precedenti penali per pedofilia, ma l'investigatore chiamato a indagare non crede alla colpevolezza dell'uomo e capisce da subito di trovarsi dentro un mistero. Dopo il suicidio dell'ambulante, l'investigatore trova un disegno della vittima che potrebbe suggerire l'identità dell'assassino e usa come esca una donna e sua figlia chiamandole in una stazione di servizio abbandonata...
Ispirato a "La promessa" di Friedrich Dürrenmatt, diretto da un collaboratore di Béla Tarr, presentato a Locarno nel 1990 e poi sparito nel nulla, il film ha conquistato nel tempo la fama di capolavoro introvabile, fino al restauro in digitale del 2023.
Regista teatrale, televisivo e alla fine della carriera anche cinematografico, attore, direttore della fotografia, drammaturgo e docente universitario, György Fehér (1939-2002) è stato uno dei protagonisti della scena artistica e intellettuale ungherese a partire dagli anni Settanta, da noi pressoché sconosciuto. Dopo una lunghissima carriera soprattutto nella tv di stato, a inizio anni '90 esordì nel cinema con Twilight, anticipando con il suo lavoro lo stile sospeso, misterioso, dai tempi dilatati e dagli spazi selvaggi dell'amico e consulente Béla Tarr, che da lì a poco avrebbe diretto uno dei suoi capolavori più noti e influenti, Satantango (1994). Twilight è fedelmente tratto da "La promessa" di Dürrenmatt, ed è un thriller dalla struttura libera e volutamente slabbrata, in cui un uomo smarrito si muove in un mondo anch'esso senza destinazione e dannato, dove la figura imperscrutabile di un assassino senza volto (un uomo nero, come viene raffigurato nel disegno di una delle vittime) si fa incarnazione del male assoluto. In un tempo di cambiamenti epocali, tra la fine del comunismo e l'inizio di una stagione di cambiamenti, il mondo di Twilight è letteralmente al tramonto, bloccato in un tempo senza fine e senza evoluzione. Il cupo ma affascinante bianco e nero della fotografia porta i personaggi - e con loro lo spettatore - in una zona grigia che replica una condizione collettiva d'insicurezza, mentre lo stile di Fehér alterna complesse carrellate e lunghe panoramiche, passa dal silenzio all'ossessivo utilizzo della musiche (un pezzo dei Popol Vuh scritto per il Nosferatu di Herzog) e crea in questo modo un'atmosfera magica e insieme maledetta: un incontro ideale tra il pessimismo storico di Béla Tarr e le fantasie poetiche Sokurov, altro grande maestro che solo da lì a poco avrebbe cominciato a farsi notare in tutto il mondo.
All'epoca premiato in vari festival ma poi dimenticato (e stroncato da critici oggi celebri...), Twilight è diventato col tempo un cult introvabile, un classico del cinema dell'est Europa che nemmeno la successiva regia di Fehér, Passion, presentato a Cannes nel 1998, riuscì a riportare in auge. Pare addirittura che l'uscita nel 2001 di La promessa di Sean Penn, anch'esso tratto da Dürrenmatt, abbia convinto il regista a desistere dal rimettere in circolo il suo lavoro, poco prima della morte avvenuta nel 2002. Ora che finalmente Twilight si può vedere nel suo splendore (e anche nel suo terrore, perché il suo passo è così indecifrabile da generare in chi guarda una sensazione di disagio...) lo si può considerare per quello che è: un prodotto del suo tempo incerto, un film anticipatore, un capolavoro.
György Fehér (1939-2002) è stato uno dei protagonisti della scena artistica e intellettuale ungherese a partire dagli anni Settanta, da noi pressoché sconosciuto. Dopo una lunghissima carriera soprattutto nella tv di stato, a inizio anni ’90 esordì nel cinema con Twilight, fedelmente tratto da “La promessa” di Dürrenmatt. È un thriller dalla struttura libera e volutamente slabbrata, in cui un uomo smarrito si muove in un mondo anch’esso senza destinazione e dannato, dove la figura imperscrutabile di un assassino senza volto (un uomo nero, come viene raffigurato nel disegno di una delle vittime) si fa incarnazione del male assoluto.
All’epoca premiato in vari festival ma poi dimenticato (e stroncato da critici oggi celebri…), Twilight è diventato col tempo un cult introvabile, un classico del cinema dell’est Europa. Ora che finalmente Twilight si può vedere nel suo splendore (e anche nel suo terrore, perché il suo passo è così indecifrabile da generare in chi guarda una sensazione di disagio…) lo si può considerare per quello che è: un prodotto del suo tempo incerto, un film anticipatore, un capolavoro.