eskimo73
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lunedì 28 gennaio 2013
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lo stile tarantino si vede eccome...
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Devo dire che questo film mi ha impressionato positivamente, premetto che non sono un vero e proprio appassionato dei film di Tarantino, voglio consigliare questo Django in quanto gli attori sono stati eccezionali, ognuno con il suo modo di recitare, si vede che hanno dato il massimo della loro professionalità. Naturalmente emergono sia Leonardo Dicaprio (personaggio cattivo con complessi psicologici interessanti) che il superlativo Cristoph Waltz (cacciatore di taglie ma buon cuore), ma tutti i personaggi si sono ben delineati nel contesto della vicenda.
Naturalmente sparatorie e schizzi di sangue non mancano , ma fanno parte del gioco, secondo mè sono un ingrediente indispensabile nel film e rendono la storia ancora più avvincente.
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Devo dire che questo film mi ha impressionato positivamente, premetto che non sono un vero e proprio appassionato dei film di Tarantino, voglio consigliare questo Django in quanto gli attori sono stati eccezionali, ognuno con il suo modo di recitare, si vede che hanno dato il massimo della loro professionalità. Naturalmente emergono sia Leonardo Dicaprio (personaggio cattivo con complessi psicologici interessanti) che il superlativo Cristoph Waltz (cacciatore di taglie ma buon cuore), ma tutti i personaggi si sono ben delineati nel contesto della vicenda.
Naturalmente sparatorie e schizzi di sangue non mancano , ma fanno parte del gioco, secondo mè sono un ingrediente indispensabile nel film e rendono la storia ancora più avvincente.
Infine ritengo che il tema razziale sia stato reso efficacemente, cosa strana in un western come di solito noi lo concepiamo.
Andatelo a vedere!!!
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giugy3000
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giovedì 11 aprile 2013
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capolavoro?ni.
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Il grande Quentin non sbaglia un colpo. Era dal 2007 che aveva in mente questo scenario alla spaghetti western, forse proprio dopo aver visto e collaborato al remake giapponese che ne fece in primis Takashi Miike del film di Sergio Corbucci del 1966. Quest'ultima opera del cineasta è sì un tributo al genere che vide spiccare Franco Nero nel suo primo ruolo importante, ma è anche un azzeccatissimo pretesto per continuare quella che io chiamerei la "fase della violenza giustificata" nella filmografia tarantiniana.
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Il grande Quentin non sbaglia un colpo. Era dal 2007 che aveva in mente questo scenario alla spaghetti western, forse proprio dopo aver visto e collaborato al remake giapponese che ne fece in primis Takashi Miike del film di Sergio Corbucci del 1966. Quest'ultima opera del cineasta è sì un tributo al genere che vide spiccare Franco Nero nel suo primo ruolo importante, ma è anche un azzeccatissimo pretesto per continuare quella che io chiamerei la "fase della violenza giustificata" nella filmografia tarantiniana. Dopo "Grindhouse" proprio difatti risalente a quel fatidico anno 2007, Tarantino cambia registro e pare dar vita ad una trilogia (anche se del terzo film ancora nulla si sa al momento) sulla sua personale concezione di vendetta e rivalsa sui peggiori crimini della storia. Si passa dall'odio e dal sapore amaro delle peggio azioni per scopi sadici ed edonistici alla violenza non più fine a se stessa, dove i caratteri della vicende trasudano nella loro ferocia la più impagabile umanità. Sì, perchè "Inglorius Basterds" e "Django Unchained" sono legati, molto legati. Il razzismo e la discriminazione vengono affrontati in entrambi i risvolti delle più imperdonabili colpe mai commesse per mano umana: prima si parlava di ebrei e nazisti ora di americani bianchi e neri al tempo della schiavitù. E Tarantino si "diverte" e lo fa sapientemente facendoci riflettere al contempo, a porci davanti i suoi fantasiosi (ma nemmeno più di tanto) happy ending, dove chi non porta pietà verso il prossimo e non pensa di essere mai toccato dalla cattiva sorte,subirà le peggio conseguenze come nel più atroce dei contrappassi danteschi.
165 minuti che raccolgono "l'epopea" di Django, uno schiavo liberato grazie ad un colpo di fortuna dal Dr. King Schultz che pensa gli possa esser d'aiuto per portare a termine la sua ennesima missione come cacciatore di taglie e che dalla tratta degli schiavi poco gli importa, se non per ricavarne degli utili. Finito il breve periodo in cui Django al fianco del dottore si riscatterà emotivamente parlando e imparerà a sparare con la mano più veloce del Sud degli Stati Uniti a tutti i bianchi ricercati, comincia l'ardua ricerca di Brunhilda, la sua sposa lasciata in condizioni disumane a Calvin Candie, un uomo ingenuo e permaloso che non può certo conoscere le imprevedibili conseguenze di chi si sta inimicando.
Scenograficamente perfetto, senza sbavature, dal ritmo giusto (mai pedante e mai estremo), ottimamente recitato. I dialoghi di quest'ultima fatidica di Quentin sono tra i più incalzanti e meglio rusciti in tutta la sua carriera e una menzione speciale va a C.Waltz, che condivide con l'ex personaggio Hans Landa la similitudine di un'ottima parlantina spiazzante e sempre appropriata da far gelare il sangue, ma da cui si distanzia per esser stavolta decisamente più attento ai rapporti sociali finendo per esser a tratti perfino altruista e generoso! Si può gustare davvero di tutto nell'ottimo piatto di spaghetti western del regista di Knoxville: la giusta dose d'azione è amalgamata sapientemente alle lunghe inquadrature di soli dialoghi e alle scene amorose, Jamie Foxx è semplicemente straordinario e investe il suo personaggio di una complicitià unica con lo spettatore. Bravissimo come sempre (ma che lo dico a fare ormai più) anche il nostro solito Leo di Caprio, che calza il suo ruolo a pennello.
Musiche buone, mai ovviamente paragonabili a quelle mitiche di "Pulp Fiction", ma la black music di Jhon Legend spezzata dalle melodie di Morricone ed Elisa erano comunque un buon connubio.
...vi chiederete quindi perchè "solo" un voto come 8/9 e non 10 o addirittura 10 e lode. Onestamente è una questione che credo sia più a pelle che altro, nel senso che il film è realizzato benissimo e non stanca mai, ma mancano (a mio modestissimissimo avviso)colpi di scena un po' più pronuciati e forse forse qua e là sul finale avrei tagliato un buon quarto d'ora di sparatorie ripetute fino alla nausea. Non che sia un film piatto, assolutamente...ma se lo avessi guardato con l'apparecchio dell'elettrocardiogramma attaccato non credo che ne sarebbero usciti battiti accellerati ecco. Perfetto quindi...forse fin troppo?
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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djando unchained di tarantino - da non perdere
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Django (Foxx) è uno schiavo nero, viene liberato dal cacciatore di taglie King Shulz (Walz) con cui stringe un sodalizio professionale. Dopodiché, quando Shulz lo rende libero, decide di andare a liberare la moglie Broomhilda (Washington), tenuta schiava dal più razzista dei coltivatori razzisti, Calvin Candie (DiCaprio). Il cacciatore di taglie decide di aiutarlo ma sarà una dura lotta. Tarantino, dopo sette film di diverso genere, arriva a quello che, come non ha mai cercato di nascondere, gli è più caro: il western. Il risultato è ottimo, questo è innegabile, perfettamente in linea con il precedente Bastardi senza gloria,ma manca qualcosa.
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Django (Foxx) è uno schiavo nero, viene liberato dal cacciatore di taglie King Shulz (Walz) con cui stringe un sodalizio professionale. Dopodiché, quando Shulz lo rende libero, decide di andare a liberare la moglie Broomhilda (Washington), tenuta schiava dal più razzista dei coltivatori razzisti, Calvin Candie (DiCaprio). Il cacciatore di taglie decide di aiutarlo ma sarà una dura lotta. Tarantino, dopo sette film di diverso genere, arriva a quello che, come non ha mai cercato di nascondere, gli è più caro: il western. Il risultato è ottimo, questo è innegabile, perfettamente in linea con il precedente Bastardi senza gloria,ma manca qualcosa. Infatti, nelle due ore e quarantacinque minuti di durata non si riesce a trovare la genialità tipica del genio del Tennessee: ci sono delle ottime trovate certo, (il nome di Shulz è King proprio come Martin Luther King; il nome della moglie di Django è Broomhilda, una delle walkirie; il cognome del cattivo è Candy, che in inglese vuol dire dolce e si avvicina anche molto al suono di candid, candido; la comparsa di Franco Nero;…) ma è innegabile che le rivoluzioni della pellicola precedente manchino del tutto, il coraggio che Tarantino aveva mostrato, osando addirittura cambiare la Storia, non c’è più in tutta la sua dirompenza. Grandioso comunque “l’esplosivo” massacro finale. Il cast è sublime: Walz continua sulla linea dell’interpretazione di Bastardi senza gloria e DiCaprio (da Oscar) ci regala un cattivo magistrale. Oscar e Golden Globe a Tarantino per la sceneggiatura e a Walz per l’attore non protagonista.
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mirko77
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mercoledì 23 gennaio 2013
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la 'catarsi' americana
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Django Unchained è un buon film, ma è qualche spanna al di sotto di Bastardi Senza Gloria pur condividendone diversi aspetti, a cominciare dal tema cruciale della vendetta. Però se è vero che lo schiavismo è odioso tanto quanto il nazismo, è anche vero che per noi europei la 'catarsi' dell'annientamento di Hitler ha una maggiore presa. Tarantino, in Django, sembra quasi scusarsi con il popolo tedesco. Il suo co-protagonista, il Dr King Schultz è sì un prussiano cacciatore di taglie, ma ha una doppia morale: non sopporta le ingiustizie a danno degli indifesi, al contrario degli spietati assassini crucchi di Bastardi senza Gloria.
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Django Unchained è un buon film, ma è qualche spanna al di sotto di Bastardi Senza Gloria pur condividendone diversi aspetti, a cominciare dal tema cruciale della vendetta. Però se è vero che lo schiavismo è odioso tanto quanto il nazismo, è anche vero che per noi europei la 'catarsi' dell'annientamento di Hitler ha una maggiore presa. Tarantino, in Django, sembra quasi scusarsi con il popolo tedesco. Il suo co-protagonista, il Dr King Schultz è sì un prussiano cacciatore di taglie, ma ha una doppia morale: non sopporta le ingiustizie a danno degli indifesi, al contrario degli spietati assassini crucchi di Bastardi senza Gloria. Ho apprezzato molto il modo in cui Tarantino irride il Ku Klux Klan, altro tema spinoso della cultura americana. Django Unchained condivide con il suo diretto precedente anche diversi espedienti narrativi. Entrambe le sceneggiature hanno bisogno, ad un certo punto, di un'informazione acquisita quasi 'per caso',e che pone i protagonisti in una posizione di vantaggio: In Bastardi si tratta della scoperta che l'alto comando tedesco al completo si riunirà in un piccolo cinema francese per la visione di Orgoglio della Nazione, in Django della prigionia di Broomhilda proprio a Candyland. Nel corso dei film, questa posizone di vantaggio relativo verrà a cadere: per mezzo dell'intuito di Stephen che smaschera le intenzioni di Django, e per mezzo del comandante tedesco che intuisce la farsa cospiratoria dei bastardi nella taverna. Non mi sono piaciute alcune scelte musicali. Mi riferisco in special modo al rap, utilizzato in modo forse un po' troppo forzato. Ottime le interpretazioni dei soliti Di Caprio e Waltz.
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eugenio
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sabato 23 febbraio 2013
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il western alla tarantino
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Tarantino ritorna al cinema e lo fa con un genere da lui tanto amato in giovinezza. Lui stesso ha ammesso che il desiderio di girare il primo film fosse “scaturito” dalla visione di alcuni tra i western all’italiana più famosi di sempre come “Per un pugno di dollari” e “Ombre rosse”. In effetti, questa sua incursione nell’”arte del plagio” ha come protagonista quell’universo di “spaghetti-western” , di cowboy solitari e sudici, inespressivi o sprezzanti con il sigaro tra le labbra che hanno reso giustamente famoso il cinema.
La pellicola suona falsa sin dal titolo: “Django Unchained” ovvero Django libero, storia di una confusa caccia alle streghe e vendetta ambientata negli anni della guerra di secessione settant’anni prima della svastica scolpita in fronte di Landa (Inglourius bastards).
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Tarantino ritorna al cinema e lo fa con un genere da lui tanto amato in giovinezza. Lui stesso ha ammesso che il desiderio di girare il primo film fosse “scaturito” dalla visione di alcuni tra i western all’italiana più famosi di sempre come “Per un pugno di dollari” e “Ombre rosse”. In effetti, questa sua incursione nell’”arte del plagio” ha come protagonista quell’universo di “spaghetti-western” , di cowboy solitari e sudici, inespressivi o sprezzanti con il sigaro tra le labbra che hanno reso giustamente famoso il cinema.
La pellicola suona falsa sin dal titolo: “Django Unchained” ovvero Django libero, storia di una confusa caccia alle streghe e vendetta ambientata negli anni della guerra di secessione settant’anni prima della svastica scolpita in fronte di Landa (Inglourius bastards).
L’orizzonte geografico è - nel rispetto della tradizione western- identificabile in una non meglio precisa località in Texas all’alba della guerra civile dove lo spettatore è introdotto in medias res nel cuore della vicenda dal cacciatore di taglie di origine tedesca Schultz (C. Waltz) ex dentista, ora bounty-killer, alla ricerca dei fratelli Brittle, tagliagole e rapinatori di diligenze. Schultz dalla mente fredda e calcolatrice ma dalla imprescindibile ironia, si imbatte nel “diversamente schiavo” Django (Jamie Fox) incatenato dai negrieri e sottoposto a terribili angherie. E’ il classico duro poco propenso alle chiacchiere (le cicatrici sulla schiena sono più eloquenti di mille parole) arrabbiato e dal desiderio impellente di trovare la moglie Broomild, venduta come forza lavoro in una piantagione di cotone gestita dal mercenario-faccia d’angelo Calvin Candie (Di Caprio).
Storia comune, stile disgiunto e quasi psichedelico. Già perché il leit-motiv della pellicola potrebbe essere questo: la ricerca, confusa, in un territorio spazzato dagli yankee e devastato dalla diversità delle leggi discriminatorie e dalla barbarie dei negrieri di una donna. Un western che non si colloca sotto il grande cielo della tradizione avulso quindi da quello finemente tracciato nelle classiche pellicole di Ford, Leone, Corbucci e che basa il suo epicentro sulla disperata salvezza della moglie di Django - la Brunilde di Sigfried per un paragone forzato con il poema epico medioevale - al cui interno muovono trame e intrighi, sparatorie pirotecniche, virtuosismi barocchi e un’abbondante spruzzata di sangue condito dallo humour al vetriolo del mascellone Tarantino (che si permette anche di apparire come comparsa fatta saltare in aria dopo pochi minuti).
La strana coppia,lo schiavo "negro" e l'improbabile dentista bianco coinvolgono certamente nella loro lunga epopea lo spettatore che rimane affascinato dalla rievocazione di un west privo di retoriche e naturalmente violento carico di potenza visiva con personaggi vivi nel loro splendore di egocentrica malignità e spietato schiavismo mercenario. I tratti caratteristici di Tarantino sono presenti: urla di dolore, uomini spogliati dalla propria identità e dignità, violenze permeate dal gusto di sbalordire e autocompiacersi anche nella citazione di pellicole passate, ma è tutto qui.
“La storia bastarda” preconfezionata mostra un gioco delle parti pirandelliano non equilibrato in bilico tra sorveglianti e sorvegliati che si scrutano, si studiano e infine si ammazzano in una picaresca scena da “Iene”. Con una differenza notevole: il cinismo e la crudeltà dei tempi di Pulp Fiction o la splendida caratterizzazione di Jackie Brown sono una chimerica illusione. Kate Washington (Broomild) è fossilizzata nel suo ruolo di schiava quasi automa nelle mani di chicchessia, Calvin Candy (Di Caprio) risulta fin troppo buffonesco per essere vero mentre Cristopher Waltz e Samuel L. Jackson (il dentista e lo sciancato secondo di Calvin) sono gli unici veri interpreti sardonici e ben costruiti al punto giusto che rendono il prezzo del biglietto “ripagato” anche dal mosaico di musiche anni 70 con una chicca di Elisa diretta da Morricone. Troppo poco. Dovremmo abituarci?
Mezza stella in piu’ per lo spettacolo dei sensi; il cuore rimane, ahimè, spezzato da un proiettile vagante esploso da una Colt.
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regi1991
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venerdì 18 gennaio 2013
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meraviglia tarantiniana
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Django Unchained è una pellicola diretta dal regista e sceneggiatore Quentin Tarantino, che ci riporta al western all'italiana degli anni 60 70 i classici spaghetti western. Django, uno schiavo nero liberato da un dottore/cacciatore di taglie Schultz, lotta contro il potentissimo Calvin Candie per liberare sua moglie Broomhilda dalla schiavitù.
La grandezza di Tarantino sta nel produrre un film di rara bellezza come questo, che centra in pieno il genere western italiano senza perdere assolutamente il tocco di classe dello stile tarantiniano. Vengono trattati temi importanti e delicati come la schiavitù dei neri e la violenza, ma Tarantino sa bene come gestirli al meglio, non li rende pesanti perchè, con le sue immancabili gag che lo spettatore adora, rende tutto più piacevole, divertente e scorrevole.
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Django Unchained è una pellicola diretta dal regista e sceneggiatore Quentin Tarantino, che ci riporta al western all'italiana degli anni 60 70 i classici spaghetti western. Django, uno schiavo nero liberato da un dottore/cacciatore di taglie Schultz, lotta contro il potentissimo Calvin Candie per liberare sua moglie Broomhilda dalla schiavitù.
La grandezza di Tarantino sta nel produrre un film di rara bellezza come questo, che centra in pieno il genere western italiano senza perdere assolutamente il tocco di classe dello stile tarantiniano. Vengono trattati temi importanti e delicati come la schiavitù dei neri e la violenza, ma Tarantino sa bene come gestirli al meglio, non li rende pesanti perchè, con le sue immancabili gag che lo spettatore adora, rende tutto più piacevole, divertente e scorrevole. La regia è impeccabile, come anche la fotografia, la recitazione e soprattutto la musica, azzeccatissima in ogni istante. Impossibile non adorare il dottor King Schultz/Christoph Waltz, impossibile non ammirare la ormai già nota bravura di Di Caprio in personaggi come Calvin Candie che ricorda molto Howard Hughes in The Aviator, impossibile non tifare per il temerario nero libero Jamie Foxx/Django ed impossibile non complimentarsi con Samuel L. Jackson, il negriero di casa Candie. Tarantino realizza un western che tiene appiccicato il pubblico allo schermo per 165 scorrevolissimi minuti, e alla fine lascia tutti con un senso di soddisfazione, questo è CINEMA!
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madmax86
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mercoledì 25 settembre 2013
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omaggio allo spaghetti western in salsa tarantino
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Alzi la mano chi, ascoltando la musica finale del film, non ha pensato a Terence Hill sdraiato sulla lettiga trascinata dal suo fedele cavallo....
Se siete un fan degli spaghetti western come me avrete fatto sicuramente fatica ad associare quella stupenda musica fischiettata alle scena finale di Django. Perchè, Quentin, perchè ?! Va bene offrire citazioni ma riprendere una canzone così famosa per il finale del film mi è apparso eccessivo e fuorviante.... lasciatemi stare TRINITA' !!!!!
Dopo questo breve incipit passiamo ad analizzare il film.
Tarantino grande fan degli spaghetti western ha voluto omaggiare tale fase brillante del cinema italiano assemblando un film western in cui rientra un pò tutto e il contrario di tutto.
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Alzi la mano chi, ascoltando la musica finale del film, non ha pensato a Terence Hill sdraiato sulla lettiga trascinata dal suo fedele cavallo....
Se siete un fan degli spaghetti western come me avrete fatto sicuramente fatica ad associare quella stupenda musica fischiettata alle scena finale di Django. Perchè, Quentin, perchè ?! Va bene offrire citazioni ma riprendere una canzone così famosa per il finale del film mi è apparso eccessivo e fuorviante.... lasciatemi stare TRINITA' !!!!!
Dopo questo breve incipit passiamo ad analizzare il film.
Tarantino grande fan degli spaghetti western ha voluto omaggiare tale fase brillante del cinema italiano assemblando un film western in cui rientra un pò tutto e il contrario di tutto. Ecco.... ASSEMBLARE è la parola che calza a pennello per questo film perchè, se è vero che il titolo del film è ripreso dal film di Corbucci del 1966, che la musica principale del film è firmata dal grande Ennio Morricone, che alcune inquadrature in primo piano assomigliano a quelle di Sergio Leone, che c'è la presenza nel cast di Franco Nero (il vero Django) è altrettanto vero che le numerose scene splatter, la lunghezza e la bella fattura di alcuni dialoghi, la storia molto diversa dal Django di Corbucci, la frenetica sceneggiatura, rispecchia i canoni del film Tarantiniano.
Come in Kill Bill anche in Django la VENDETTA è la parola che risuona in tutto il film e che sinceramente rende piuttosto scontata la trama del film: L'uomo nero che da schiavo si ribella e diventa il paladino riuscendo a salvare la sua amata sposa dalle grinfie di un facoltoso, quanto crudele, proprietario terriero del Mississippi.
Il fatto è che Kill Bill era un capolavoro in cui la genialità di Tarantino ha raggiunto l'apice di creatività con scene che resteranno nella storia del cinema. Che alla fine morisse Bill era scontato… ma cavolo… l’ha fatto con stile !!! Django è un buon film ma che secondo me è relegato ad essere un bellissimo omaggio al cinema italiano da parte di Tarantino… nulla di più.
La sceneggiatura è bellissima e tipica tarantiniana: lunghi dialoghi ben congeniati alternate a scene adrenaliniche e mozzafiato. Mi piace molto il modo di scrivere di Tarantino tanto che cerco di ispirarmi a lui… Il problema è che il film ha 2 forti limiti: 1) il tema della Vendetta; 2) il tema della schiavitù, che non offrono a Tarantino l’opportunità di esprimere tutta la sua creatività cinefila. Il film sembra incanalato inesorabilmente verso un sentiero che porta inevitabilmente Django a salvare la sua principessa.
Bravi gli attori del film: Christoph Waltz e Samuel L. Jackson su tutti…. Di Caprio lo devono mettere in tutti i film, sarà anche bravo ma a me la sua presenza a volte mi disturba… soprattutto quando lo mettono a fare il ruolo del cattivo… postumi del Titanic.
In definitiva comunque il film è godibile anche se non è uno dei migliori di Tarantino. Da molti questo film è stato osannato… secondo me wester come "Lo chiamavano Trinità", "Per un pugno di dollari", "C’era una volta in America" ecc. sono capolavori inarrivabili che al giorno d’oggi possono essere tuttalpiù omaggiati come ha fatto Tarantino ma sicuramente non saranno scalzati ne oggi e ne mai da film come questo.
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[+] non ho capito...
(di brian77)
[ - ] non ho capito...
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moulinsky
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martedì 22 gennaio 2013
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tarantino incatenato
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E' imploso Tarantino, l'esito che tutti si aspettavano (temendolo, i fans; auspicandolo, i denigratori) senza neanche aver bisogno di prefigurarlo apparire sul set, imbolsito dall'agiatezza e dal successo - e sicuramente più a suo agio ormai se vita e arte coincidono nel privé di qualche B-night di L.A.: la scucchia strafatta tra le tettone di aspiranti starlette a consumare il suo sogno di ragazzo cesso e sfigato - come certi attori chiamati in scena sul finale di partita per svegliare dal torpore, in un soprassalto di bocche aperte e narici fischianti, l'ennesima riedizione della stessa sceneggiatura dove, ormai si è capito, cambiano i costumi e gli attrezzi di scena non le trovate pirotecniche, mentre le battute si ripetono stancamente, e non si ride nemmeno più, nel gigioneggiare degli attori che passano da un genere all'altro riproponendo la stessa maschera solo aggiustata da qualche tocco di parrucco e dalla star di turno (qui Di Caprio che fa il verso al pirata di Johnny Deep) che scambia il film come la sua occasione d'autore.
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E' imploso Tarantino, l'esito che tutti si aspettavano (temendolo, i fans; auspicandolo, i denigratori) senza neanche aver bisogno di prefigurarlo apparire sul set, imbolsito dall'agiatezza e dal successo - e sicuramente più a suo agio ormai se vita e arte coincidono nel privé di qualche B-night di L.A.: la scucchia strafatta tra le tettone di aspiranti starlette a consumare il suo sogno di ragazzo cesso e sfigato - come certi attori chiamati in scena sul finale di partita per svegliare dal torpore, in un soprassalto di bocche aperte e narici fischianti, l'ennesima riedizione della stessa sceneggiatura dove, ormai si è capito, cambiano i costumi e gli attrezzi di scena non le trovate pirotecniche, mentre le battute si ripetono stancamente, e non si ride nemmeno più, nel gigioneggiare degli attori che passano da un genere all'altro riproponendo la stessa maschera solo aggiustata da qualche tocco di parrucco e dalla star di turno (qui Di Caprio che fa il verso al pirata di Johnny Deep) che scambia il film come la sua occasione d'autore. Implode per saturazione Tarantino, di citazioni, di pomodoro, di strafottenza (la sua cifra stilistica), implode la sua idea di cinema incapace di liberarsi delle sue proprie catene, che ormai mastica se stesso, non crea, digerisce piuttosto, e quando è riuscito ha il fascino della chiazza di vomito sul tappeto buono di casa, mai di sangue perché il suo è sempre stato un dramma da cartoon (anche nelle Iene, il suo film migliore). Scivola sul western, e non è un caso (ci si sono impantanati già i Cohen, geni veri), perché il western meno di tutti si presta (pure Kubrick se n'è rimasto prudente alla larga) al gioco postmoderno che mescola alto e basso, dramma e commedia, suicida nel riproporre l'antinomia surclassata dalla storia che oppone Bene e Male, o Bianco a Nero, e funziona solo quando sospende programmaticamente l'incredulità (laddove è l'indiano e giammai il negro ad accollarsi le storture del mondo e il ruolo - per il pubblico catartico - del cattivo) o si fa parodia caciottara riaffermando con un ghigno i (dis)valori sui quali si afferma. Qui si rimane col bavaglio (è il momento più poetico del film, la sua resa forse, eroica comunque), come la misteriosa bandita che guarda l'arrivo del tridimensionale in soffitta su uno stereoscopio, e aspetti invano che una donna faccia girare una storia che non può più svoltare. Resta Broomhilda nell'ultimo fotogramma a imbracciare a cavallo il fucile, e siamo già tornati a Kill Bill.
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ledyna
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martedì 22 gennaio 2013
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qualcosa di più....
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Visivamente il film è perfetto, bei primi piani, buone scenografie, bella la fotografia, originale la storia, sceneggiatura coerente, ma...quel che manca è la profondità della stessa, pur essendo la durata del film molto lunga Tarantino non è riuscito a dire bene ciò che doveva. Il senso di vendetta di Django è una scivolata che accompagna il protagonista da un certo punto del film fino alla conclusione, ma non suscita nello spettatore lo stesso sentimento. L'antagonista cattivo, molto cattivo, dove è? Django da parte sua è un pò appiccicato con la colla, perchè è così determinato, perchè in un crescendo di fatica non diventa un vero pistolero assetato di vendetta? Come e dove finiscono i "corpi" degli uomini uccisi dai due bounty killer? Vuoti narrativi incisivi, spezzettano l'attenzione.
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Visivamente il film è perfetto, bei primi piani, buone scenografie, bella la fotografia, originale la storia, sceneggiatura coerente, ma...quel che manca è la profondità della stessa, pur essendo la durata del film molto lunga Tarantino non è riuscito a dire bene ciò che doveva. Il senso di vendetta di Django è una scivolata che accompagna il protagonista da un certo punto del film fino alla conclusione, ma non suscita nello spettatore lo stesso sentimento. L'antagonista cattivo, molto cattivo, dove è? Django da parte sua è un pò appiccicato con la colla, perchè è così determinato, perchè in un crescendo di fatica non diventa un vero pistolero assetato di vendetta? Come e dove finiscono i "corpi" degli uomini uccisi dai due bounty killer? Vuoti narrativi incisivi, spezzettano l'attenzione. Troppo marcato l'aspetto dello schiavismo relegato a più camminate con le catene e servitù nei campi o nelle case, tutto con una sensazione di lontananza emotiva, che non giova al film, bensì lo rende spento. Così, nella sua complessività, non ha la caratteristica dell' avventura tipica del genere western, dei personaggi forti nel carattere e nei costumi. Ho visto tutti i film di Tarantino e lo ritengo un ottimo regista, creativo e coraggioso nelle scelte, ma questo film non era alla sua altezza.
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[+] what?
(di paranoidandroid)
[ - ] what?
[+] la sepoltura dei morti ammazzati?
(di thecrow56)
[ - ] la sepoltura dei morti ammazzati?
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bartleby corinzio
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lunedì 21 gennaio 2013
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un film incatenato
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Se per i primi 45 minuti e forse anche un po' oltre il film conquista e diverte e soprattutto fa dannatamente ben sperare per uno sviluppo folgorante e così palesemente nelle corde di Tarantino (forse ho messo troppe E), il resto si impantana in una deludente inerzia. In 2 ore e 40 circa di durata direi che il meglio rimane in un terzo. Ossia la parte iniziale. Certo, qua e la ci sono cose accattivanti, più o meno, ricordi di quel guizzo tarantiniano cinefilo e godereccio ma soprattutto si ha l'impressione che il film si trascini, incatenato (per l'appunto) in un qualcosa.
Il cast è senza dubbio azzeccato.
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Se per i primi 45 minuti e forse anche un po' oltre il film conquista e diverte e soprattutto fa dannatamente ben sperare per uno sviluppo folgorante e così palesemente nelle corde di Tarantino (forse ho messo troppe E), il resto si impantana in una deludente inerzia. In 2 ore e 40 circa di durata direi che il meglio rimane in un terzo. Ossia la parte iniziale. Certo, qua e la ci sono cose accattivanti, più o meno, ricordi di quel guizzo tarantiniano cinefilo e godereccio ma soprattutto si ha l'impressione che il film si trascini, incatenato (per l'appunto) in un qualcosa.
Il cast è senza dubbio azzeccato. Christoph Waltz nel suo essere quasi favolistico è il personaggio e l'interpretazione che più mi ha convinto, Jamie Foxx fa all'incirca il minimo indispensabile, Leonardo DiCaprio è un villian ben donde convincente e Samuel L. Jackson è un interesantissimo corvaccio malefico. Però... Però il film non mi ha convinto per niente. Sarà perché la combinazione Tarantino-western faceva idealmente sfregare le mani e non solo. E invece...
E invece Django Unchained per me è un film che più che inciampare su sé stesso affonda, si impantana. Trovo sia, nella filmografia di Quentin, la sua pellicola più debole. Il che non vuol dire che sia un brutto film ma neanche questo gioiellino o addirittura un capolavoro.
Ha delle cose buone ma soprattutto ha molte cose negative (il siparietto Ku Klux Clan l'ho trovato davvero troppo siparietto. Sì, divertente ma anche forzato).
Ripeto, DiCaprio certo è ok, ma non esaltante. Meglio Samuel L. Jackson (doppiato malissimo rispetto alla sua eccezionale impostazione vocale data al personaggio) e ancor più incisivo Christoph Waltz che si trascina dietro un anonimo Jamie Foxx ma questo non mi è bastato. Non mi è bastata neanche la sapiente regia. Nell'ultima ora e mezza francamente io mi stavo annoiando a morte, sapendo già come sarebbe andata a finire. Anzi, più che noia direi delusione.
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