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Una vita al cinema: quando il regista si racconta in un film

Ferzan Ozpetek lo fa con Rosso Istanbul, ora in sala. Ma sono tanti i precedenti da non perdere. Da Fellini a Truffaut, da Scorsese a Linklater, ecco la nostra selezione.
di Emanuele Sacchi

Rosso Istanbul

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Tuba Büyüküstün (41 anni) 5 luglio 1982, Istanbul (Turchia) - Cancro. Interpreta Neval nel film di Ferzan Ozpetek Rosso Istanbul.
venerdì 3 marzo 2017 - Focus

"Beh, in un certo senso, non è autobiografica ogni cosa? Voglio dire, tutti noi guardiamo il mondo attraverso il nostro piccolo buco della serratura, no?". A pronunciare la frase è Jesse Wallace, il protagonista di Before Sunset e della trilogia di Richard Linklater iniziata con Prima dell'alba. Ed è innegabile che ci sia del vero. Raccontare significa quasi sempre introdurre qualche elemento del proprio vissuto; modellare, ripensare, riadattare a piacimento un ricordo, un incontro, un'ispirazione, prima vissuta e poi narrata. Ci sono alcuni casi in cui questo passaggio si fa esplicito, in cui la trasfigurazione attraverso un alter ego o una vicenda simile ma rielaborata dalla fantasia lascia il posto a un viaggio profondamente ed esplicitamente autobiografico. È il caso di Rosso Istanbul, in sala dal 2 marzo, in cui una situazione turbolenta come quella della Turchia, dopo il tentato colpo di stato del 2016, rappresenta l'occasione per un ritorno a casa di Ferzan Ozpetek.

Il regista torna alla Istanbul che aveva lasciato cinematograficamente nel 1997 con Il bagno turco - Hamam, prima, e per alcuni versi irripetibile, indagine del regista nella sessualità fluida di un luogo intimamente misterioso.
Emanuele Sacchi

Tratto dall'omonimo libro, scritto dallo stesso Ozpetek, Rosso Istanbul è l'occasione per guardare indietro ad altri sguardi rivolti allo specchio e al passato, espressi attraverso la pellicola.


ROSSO ISTANBUL: SCOPRI IL FILM
In foto una scena del film Rosso Istanbul.
In foto una scena del film Rosso Istanbul.
In foto una scena del film Rosso Istanbul.
 

Il film-simbolo della nouvelle vague, dedicato a uno dei più insigni studiosi di cinema, è anche il racconto della difficile infanzia del proprio autore. Il bambino costretto al furto e alla fuga da una situazione familiare insostenibile, che sogna Balzac e il cinema, è in parte lo stesso François Truffaut, che trova la forza di raccontarsi dopo che la vita ha finalmente riconosciuto il suo talento, di critico prima e di cineasta poi. Il ricordo personale si mescola in maniera inestricabile a quello cinematografico - passando anche da Zero in condotta di Jean Vigo - per dare vita a un titolo imprescindibile, che parla a ogni generazione.


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In foto una scena del film I 400 colpi.
In foto una scena del film I 400 colpi.
In foto una scena del film I 400 colpi.
 

Se in letteratura il romanzo autobiografico per eccellenza è "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, al cinema l'onore non può che appartenere a Federico Fellini. Amarcord, con quel titolo che ricorre al dialetto per meglio avvicinarsi al localismo dei ricordi d'infanzia, seziona vizi e virtù d'Italia durante gli anni che più hanno evidenziato le sue contraddizioni. Fellini costruisce una galleria di indimenticabili personaggi, tanto più veri quanto più sono pittoreschi ed eccessivi.


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In foto una scena del film Amarcord.
In foto una scena del film Amarcord.
In foto una scena del film Amarcord.
 

Quando non è il regista, il cattolico Scorsese, ma lo sceneggiatore, il calvinista Paul Schrader, a raccontarsi e a esorcizzare i propri demoni. Pur essendoci solo una componente minoritaria della vita di Schrader nel personaggio di fantasia di Travis Bickle, il racconto di questa è talmente forte e veridico da prevalere sul resto. Attraverso Bickle lo sceneggiatore e regista rivive un periodo di profondo disagio, caratterizzato da insonnia e irrequietezza, morale e spirituale. Le peregrinazioni notturne del tassista, le sue visioni di film porno, la sua incapacità di trovare senso e riposo, appartengono all'anima smarrita del suo creatore, che si consegna al caos di New York con il proprio portato di conflitti interiori.


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In foto una scena del film Taxi Driver.
In foto una scena del film Taxi Driver.
In foto una scena del film Taxi Driver.
 

Per Louis Malle il ricordo d'infanzia si accompagna al dolore inestinguibile della perdita. La rievocazione del collegio di Fontainebleau e di quel tragico 1944 è un'istantanea indelebile nella vita dell'autore: un ricordo così vivido che sembra di poter sentire nelle ossa il gelo di quella mattina di gennaio, in cui Jean viene portato via dalla Gestapo. Leone d'Oro alla Mostra di Venezia per un titolo che funge da perenne monito sulle vite direttamente o indirettamente spezzate dalla follia nazista.


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In foto una scena del film Arrivederci ragazzi.
In foto una scena del film Arrivederci ragazzi.
In foto una scena del film Arrivederci ragazzi.
 

Per molti è motivo di invidia l'adolescenza di Cameron Crowe, di certo ricca di esperienze sui generis. È un giovanissimo reporter per Rolling Stone, infatti, quando viene inviato in tour con gli Allman Brothers Band - gli Stillwater del film sono un incrocio di Allman Bros e Led Zeppelin - e vive dall'interno gioie e dolori del rock'n'roll anni '70. È il vissuto del regista, perdita della verginità inclusa, a rendere così vividi e credibili i colori vivaci con cui è ritratta l'ingenua e insieme tragica dissolutezza di Penny Lane, delle groupies e del carrozzone che accompagnava una rock band 70s.


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In foto una scena del film Quasi amici.
In foto una scena del film Quasi amici.
In foto una scena del film Quasi amici.
 

Quella dell'Iran è una storia che non viene mai raccontata abbastanza. Di come un Paese di così nobili tradizioni sia approdato, per colpe anche occidentali, alla barbarie del fondamentalismo sciita. In Persepolis la cronaca politica è lo sfondo su cui si dipana la vicenda della protagonista, autrice prima di una graphic novel autobiografica e quindi di un film, dallo stesso titolo, che del fumetto riprende disegno e stile narrativo. Oltre allo spirito sbarazzino della giovane protagonista, è l'abile mescolanza di mélo e racconto di formazione disneyano a rendere speciale Persepolis e universale la sua lezione sui pericoli di una società dominata dalla paura.


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In foto una scena del film Persepolis.
In foto una scena del film Persepolis.
In foto una scena del film Persepolis.

Non l'hanno visto in molti, se non forse per l'interpretazione di una splendida Brie Larson, poi approdata all'Oscar con Room. L'esperienza autobiografica di Destin Cretton si snoda su più livelli: parte dal suo lavoro in una comunità di recupero di ragazzi difficili per arrivare ad affrontare i propri demoni, dentro e fuori la narrazione. Il ritratto di Marcus e degli altri ragazzi, in bilico tra la disperazione e un difficile percorso di ritorno alla vita, è toccante nel suo sobrio verismo.


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In foto una scena del film Short Term 12.
In foto una scena del film Short Term 12.
In foto una scena del film Short Term 12.
 

Una fetta consistente della carriera di Richard Linklater è basata su elementi autobiografici, a partire dalla trilogia Before citata qui sopra. Sono d'altronde il tempo, le sue leggi a volte imperscrutabili, e il Texas, il suo luogo di origine, ad accomunare quel che è a volte è difficile da accostare nella sua filmografia. Ma più di ogni altro è Boyhood a veicolare frammenti dell'infanzia e dell'adolescenza del regista nella piccola Huntsville attraverso un'altra vita, quella di Ellar Coltrane, che cresce di fronte alla macchina da presa. Proprio come Doinel e Truffaut, ma in un unico film, composto da dodici cortometraggi, che sembrano catturare l'ordinaria quotidianità del momento, ma compongono l'opera più audace e radicale di questo scorcio di terzo millennio.


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In foto una scena del film Boyhood.
In foto una scena del film Boyhood.
In foto una scena del film Boyhood.

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