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ONDA&FUORIONDA

I nuovi modelli di un paese che cambia.
di Pino Farinotti

In foto Rocco Papaleo.
Rocco Papaleo (66 anni) 16 agosto 1958, Lauria (Italia) - Leone.

domenica 8 luglio 2012 - News

Papaleo&Pannofino, gli eroi del momento
Lo spunto me lo ha dato un mio vecchio amico, Gianfranco, un producer pubblicitario che anni fa ha lasciato l'Italia con contratti in altri paesi, Usa, Germania, Olanda. È stato lontano quattro anni. Eravamo in piazza San Babila, a Milano, e ha visto l'immenso cartellone dell'Eni, con Rocco Papaleo testimonial. Lo strillo era (è) "Riparti con Eni, il modo migliore per essere vicini agli italiani è viaggiare con loro". Concetto che tutti noi abbiamo ormai chiarissimo, perché lo spot ci viene proposto con cadenza impietosa in tutte le fasce, su tutte le reti. Gianfranco, perplesso e memore di altre facce sui cartelloni, mi ha detto: "Io non darei mai retta a uno così... mi sembra proprio che le cose siano cambiate..."
Sono cambiate.
Una digressione. Il ruolo del testimonial, è notorio, è quello dell'identificazione. Gli alti budget della pubblicità hanno dato, storicamente, la possibilità alle aziende di assumere i più importanti divi del cinema. Solo alcuni nomi: Paul Newman, Marlon Brando, DiCaprio, Harrison Ford, Robert de Niro, Kevin Costner. Semplicemente i massimi divi in circolazione. L'immagine dettata da questa prima tornata era quella naturale che apparteneva a questi "fenomeni", cioè il grande sogno, personalità e fascino lontani dall'uomo della strada. Rappresentavano l'identificazione col sogno, alta. La seconda tornata, che portava divi della stessa qualità, presentava un'evoluzione. Chiamarli "testimonial" non era più esatto. Sono diventati la trasposizione del target; prelevati dallo star system, divenuti il vicino di casa (George Clooney nello spot Martini), il fidanzato alle prese con la propria ragazza (Ben Affleck: Gioielli Morellato o Brad Pitt: Gioielli Damiani), o il passeggero al quale ti ritrovi pigiato in metropolitana (Banderas: Deodoranti Lycia), Dustin Hoffman (Caffè Vergnano). Il filone del nazionalpopolare ha imperversato e trovato il suo miglior cliente nelle marche di telefonia. Alcuni nomi sono De Sica, Amendola, Abatantuono, Marcoré, Tognazzi. È indubbio che questa fase sia meno legata... al sogno.

Popolare
Papaleo trasmette un segnale popolare, il tizio normale che ha gli stessi tuoi problemi. Forse il termine più appropriato, mantenendo la radice, è "popolano". In realtà è colui che l'utente magari è, ma non vorrebbe essere, perché si sente persino migliore. Tuttavia è un segnale logico, direi congruo rispetto al momento. Rappresenta il Paese com'è in questa fase. La comunicazione si affianca a tutte le espressioni. A cominciare dalla politica. Non entro nei giudizi di merito, mi limito a registrare.
L'indicazione, costante, capillare, assillante, è che siamo un paese povero. I giovani senza lavoro, i consumi che crollano, i mercati fermi, le banche a rischio, i licenziamenti di massa, i tuoi risparmi che evaporano, l'omologazione dell'Italia a Paesi usciti dalla cerchia virtuosa che sono entrati nella fascia della povertà, come la Grecia, la Spagna. Senza contare l'aspetto peggiore: l'immagine di quasi tutti i politici, declassati, decadenti, estranei. Politici-indagati. E non è solo questione di "immagine". Lo è di sostanza. L'indicazione in questo senso è forte e pesante, quasi violenta. Certo può essere utile a tenerci allertati, ma è triste. Dunque, l'istantanea di un Paese povero, appunto. Alla quale si affianca, in automatico, quella di un Paese "brutto". L'Italia, il luogo del "bello", declassata a luogo del ... non bello, mettiamola così. Papaleo è un grande caratterista, lo cito nel ruolo di Nicola in Che bella giornata, accanto a Checco Zalone, dove offre una performance, breve, irresistibile. Recentemente la sua popolarità ha subito –sì, subito- un'impennata a Sanremo. Come spesso accade, una piattaforma così popolare e invasiva, ha creato un modello improprio e sproporzionato. Ha fatto di un "carattere" un protagonista. Un'immagine così ingigantita, sparata, nelle piazze e negli spot, rilancia esponenzialmente la povertà rozza e articolata detta sopra.

Amico
La citazione "Clooney"- ormai un amico della famiglia italiana, (Martini, Fastweb...)- mi suggerisce un focus, mi riporta a un altro carattere che comanda la comunicazione in questo periodo. Qualche mese fa la Rai fece un servizio dove si vedeva George Clooney nella sequenza di un film. L'attore possiede, nel doppiaggio, quella voce profonda e fascinosa. Poi Clooney venne sostituito dalla "voce" e si palesò il suo doppiatore, Francesco Pannofino. La differenza, nel volto e nel resto, era ... evidente, diciamo così. L'appeal, la classe, l'eleganza, la quasi nobiltà dell'originale non trovava davvero riscontro nella "voce". Pannofino è semplicemente l'opposto di Clooney. Ferma restando la sua grande qualità di doppiatore -memorabile il Tom Hanks di Forrest Gump- è, in chiave diversa, l'omologo di Papaleo: una popolarità letteralmente esplosa. Dopo aver dato corpo e volto a Nero Wolfe, il detective grosso&grasso creato da Rex Stout, Pannofino è diventato il testimonial eroe della Rai. Nella presentazione del palinsesto è stato il più inquadrato. Dovunque è ospite privilegiato. Durante i campionati europei di calcio è stato delegato come presenza Rai, a commentare le partite col professionista Mazzocchi. Palcoscenici vasti, sproporzionati.
Dunque: Papaleo-Eni, Pannofino-Rai. Significa lo Stato. Diventano loro il campione imposto, la rappresentazione "istituzionale" del Paese, le figure in cui specchiarsi. Dunque il promemoria del non bello, non eroico, non nobile. E, a ribadire, rilevo di nuovo la loro grande qualità di professionisti, l'eccellenza dei caratteri che però fuoriescono dal ruolo naturale, vengono sovradimensionati e imposti.

Crisi
Negli anni della famosa crisi del '29, tanto evocata di questi tempi, la comunicazione americana, da Hollywood a Broadway, dai giornali alla radio, su input dell'amministrazione creò modelli belli e buoni, sognati. Erano Gary Cooper e Tyrone Power, Greta Garbo e Rita Hayworth. Eri americano in difficoltà, povero, infelice, ma al cinema e sui magazine quelli ti sorridevano e ti incoraggiavano. E l'indicazione era "verranno tempi felici, abbi pazienza." E quei tempi vennero. Da noi non ti danno neppure quella speranza. A fronte di Cooper e Power, la proposta è i "Pa-Pa poveri". L'ho detto sopra "rassegnarsi". E invece no. Credo che il nostro Paese, pure in grande difficoltà, sia migliore, e più bello, dei modelli che il sistema –politica, comunicazione, cultura - intende venderci. Certo, gli americani avevano Roosevelt, noi... non lo abbiamo.
Un inciso. Leggo che Rocco Papaleo sta per pubblicare un romanzo,"Una piccola impresa meridionale." Dico che è inaccettabile. Ho già dedicato degli interventi alla concorrenza sleale, e volgare, dei televisivi che scrivono libri. Avventizi senza qualità che tolgono spazio ad altri con talento vero, ma privi di marketing e di spazi, tutti occupati dai televisivi. Gente che vuole sempre di più, che vuole tutto. Il romanzo di Papaleo, è già deciso, diventerà un film, e avrà grande distribuzione, e avrà grancassa. La scrittura, quella vera, è una disciplina nobile, un privilegio iniziale. Se fa parte della tua dotazione, non te ne accorgi a 53 anni.
Voglio concludere con un happy end, con un modello felice e di classe, molto vicino a un Clooney. Antonio Banderas è il nuovo testimone del Mulino bianco. È truccato per essere alla portata, famigliare, lì coi suoi biscotti, anche se non riesci a volgarizzarlo più di tanto. "A uno così dai retta". Non si tratta di uno "statale". Trattasi di Barilla, grande marchio e grande famiglia. Un privato. Naturalmente.

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