Il regista più controverso e sottovalutato della Nuova Hollywood.
Brian De Palma ha lasciato un'eredità fondamentale a tutti noi: quella di essere stato il primo cineasta postmoderno del cinema americano.
Mentre i cosiddetti "movie brats" degli Anni Settanta, afferenti alla "scuola newyorkese", si crogiolavano nella loro educazione cinematografica, nessuno lo faceva in modo così esplicito come De Palma, perché riferirsi visivamente e oralmente al folklore della Settima Arte può essere una prassi in tempi odierni, ma farlo in quel decennio, sollevava interrogativi su come elaborare il cinema del passato per crearne uno adatto a quell'epoca.
Oggetto di dibattito per critici, pubblico e produttori, De Palma prende infatti ispirazione da numerosi Maestri. I suoi primi esperimenti risentono dell'influenza di Jean-Luc Godard, mentre per attingere ad alcune trame ha raccolto ciò che poteva dai film di Michelangelo Antonioni e dell'amico -coppola/24909/">Francis Ford Coppola. Ma ci sono anche Sergej Michajlovic Ejzenštejn e tanto tanto tanto Alfred Hitchcock (anche se non si fa alcun favore continuando a paragonarlo al grande Re della Suspense, visto che, per la maggior parte dei suoi detrattori, l'argomentazione principale è sempre che sia un suo imitatore, anziché un innovatore).
Nel suo periodo di massimo splendore, che è durato fino agli Anni Novanta, è stato etichettato come una versione di Scorsese più commerciale, andando incontro solo sporadicamente al successo nel botteghino, salvo poi non riuscire più ad adattarsi allo stile attuale e quindi allontanandosi relativamente dalla popolarità, ma non senza portarsi dietro un notevole seguito di fans, primi tra tutti i Cahiers du Cinéma, che ancora decantano il dispiegamento di ogni strumento a sua disposizione (effetti speciali, illuminazione, taglio dell'inquadratura) per adottare le prospettive, spesso vertiginose, dei suoi personaggi. I Cahiers sono stati infatti i primi ad ammettere, coraggiosamente, che Hitchcock raramente avrebbe mosso la sua macchina da presa nel modo sinuoso che De Palma usa e trovano le sue influenze più nelle opere di Orson Welles e di Stanley Kubrick, che in quello del cineasta inglese.
E mentre i più cominciano a ricordarlo solo per fenomeni inaspettati della cultura pop come Scarface, lui ritorna nel 2007 con una pellicola brutale, castigatrice e antibellica, che narra delle atrocità compiute dai soldati americani in Iraq, con uno stile di regia che usa un collage d'avanguardia, fatto di filmati fly-on-the-wall e video in streaming simulati da siti internet. Un lavoro formidabile di un cinema al passo coi nuovi media, che tenterà di replicare in altri lavori successivi, andando però incontro a difficoltà di produzione che sviliranno ogni suo sforzo.
Intrigante e discusso, permeato da un'eccelsa abilità tecnica e da un'inquietante attitudine alla manipolazione visiva, si è distinto per il costante contrasto tra ciò che è autentico e ciò che appare illusorio, in una carriera caratterizzata da un'alternanza tra thriller sofisticati e pellicole ad ampio respiro commerciale, che gli hanno garantito l'apprezzamento delle grandi case di produzione, compromettendo solo alla fine della sua carriera l'enorme cifra stilistica.
La sua filmografia, per questo motivo, può essere suddivisa in due grandi filoni: da un lato, i suoi thriller raffinati e sinistri e dall'altro i film più mainstream. Spesso ha preferito dirigere in sequenza opere appartenenti allo stesso genere, salvo poi cimentarsi in un genere differente, per poi ritornare al genere precedente, suscitando accese polemiche a causa della violenza esplicita (che derivava principalmente dal vedere suo padre, un chirurgo ortopedico, eseguire operazioni sui suoi pazienti) e di temi definiti controversi (la pornografia, l'omosessualità, il transessualismo) profondamente in contrasto con la società americana benpensante e borghese, che ha tentato più volte di sottovalutarlo e svalutarlo.
Dimostrando una certa attrazione non solo per l'esplorazione della duplice natura della copia e dei doppi, ma anche per il tema della possessione (che si tratti di un killer travestito o di un disturbo dell'identità, De Palma sembra costantemente orientato dall'idea di impossessarsi della vita di qualcun altro), si impone come un autore scomodo, ma corteggiato dalle grandi produzioni per la sua visione audace. Astuto e intelligente grazie a una saturnina personalità, ha sempre mantenuto in vita il suo istinto di sopravvivenza nell'industria hollywoodiana e, con quella, anche l'idea che il cinema debba principalmente affascinare, stupire e trasportare lo spettatore in luoghi inesplorati della mente umana. Un gioco cinematografico che ha reso l'arte del racconto visivo più ricca e stratificata.
Lo stile
Dal punto di vista stilistico, Brian De Palma è celebre per l'uso di angolazioni peculiari e composizioni visive singolari. Spesso incornicia i personaggi sullo sfondo con prospettive inclinate e utilizza la tecnica dello split-screen (a partire da Dionisio nel '69) per mostrare eventi simultanei mentre, per enfatizzare la tensione, ha invece impiegato movimenti di macchina circolari e panoramiche complete a 360°.
Lenti movimenti di camera, lunghe sequenze senza interruzioni e riprese millimetricamente coreografate costituiscono la firma del suo linguaggio cinematografico. Utilissimo anche il ralenti per amplificare la suspense e l'impatto emotivo del racconto.
Un virtuosismo non convenzionale e in anticipo sui tempi, che trasformano i suoi titoli in vere e proprie capsule temporali dalle intuizioni supreme e dalle risonanze inaspettate.
Gli studi
Nato nel 1940 a Newark, figlio minore di un chirurgo ortopedico e di una casalinga, Brian De Palma cresce nella comunità italo-americana di Filadelfia, assieme ai suoi due fratelli maggiori ma, a differenza dei suoi coetanei, non frequenta scuole cattoliche. I suoi genitori, infatti, disgustati dall'ipocrisia della morale religiosa del cattolicesimo, preferiranno iscrivere i loro figli a scuole quacchere o protestanti, facendoli poi diplomare alla Friends' Central School.
Segnato da un rapporto conflittuale con il padre, che aveva scoperto intrattenere una relazione extraconiugale, durante la sua adolescenza, arriva a compiere gesti di forte aggressività contro la coppia fedifraga. Si apposta, li spia e li pedina, registrando i loro incontri e mostrandoli al resto della famiglia (oltre che all'uomo stesso) ma, non contento del risultato (sperava in un ravvedimento paterno), arriva a minacciare di uccidere l'altra donna.
Nonostante questo, è uno studente modello. Appassionato di tecnologia e scienze, passa il suo tempo costruendo computer. Saranno questo tipo di studi a spingerlo verso la fisica, la matematica e addirittura il russo alla Columbia University, laureandosi proprio nella prima materia nel 1962.
Tra una sessione di studio e l'altra, diventa un cultore di Orson Welles e di Alfred Hitchcock, venerando opere come Quarto potere e La donna che visse due volte. Si abbona a riviste di cinema e diventa membro di Cinema 16, una società cinematografica di New York, fondata da Amos e Marcia Vogel, specializzata in pellicole sperimentali (dove per l'appunto proietterà proprio i suoi primi lavori).
Iscrittosi poi al Sarah Lawrence College, segue un corso di teatro, laureandosi anche in questa disciplina (sarà il primo studente maschio laureato di quel corso) nel 1964. Seguendo le indicazioni del suo maestro di recitazione, Wilford Leach, studia le filmografie di Albert e David Maysles, di Michelangelo Antonioni, di Andy Warhol e di Jean-Luc Godard che saranno basilari nella formazione delle sue prime opere.
I corti
Prime opere che sono rappresentate da una manciata di cortometraggi realizzati a partire dal 1960: Icarus (1960); 660124: The Story of an IBM Card (1961); Woton's Wake (1962); Jennifer (1964); The Responsive Eye (1966, vero e proprio reportage sulla serata di inaugurazione della mostra sulla Optical Art omonima tenuta presso il MOMA di New York nel 1965); Show Me a Strong Town and I'll Show You a Strong Bank (1966); e Bridge That Gap (1969). Titoli fondamentali per comprendere l'evoluzione del suo stile registico e della sua filmografia, dove cominciò, già da universitario, a sperimentare nuove tecniche visive e narrative, che poi sarebbero diventate le caratteristiche distintive dei suoi lungometraggi. Per esempio, in Woton's Wake, mostra già la sua predilezione per il thriller psicologico e l'uso di movimenti di camera dinamici, mentre in documentari come The Responsive Eye, esplora la percezione visiva, un tema che approfondirà attraverso l'uso innovativo della fotografia e del montaggio.
Le prime pellicole
Nel mezzo, gira il suo primo lungometraggio (co-diretto con il suo mentore Wilford Leach e con la sua compagna di classe Cynthia Munroe), Oggi sposi (1963) con Robert De Niro, Jill Clayburgh e Jennifer Salt, che però finirà nelle sale cinematografiche solo nel 1969, dopo il successo di Ciao America!.
La storia di un giovane che tenta di sedurre (senza successo) la sua futura moglie la notte prima delle nozze, prendendo poi una decisione drastica, lo porterà a rendersi conto di saperne di più sulla regia cinematografica di quanto ne sappia il suo insegnante e lo spingerà verso quella che è considerata la sua prima e vera opera di debutto: Murder à la Mod del 1968, che non desterà alcun interesse nel pubblico e nella critica. Mistery godardiano sperimentale a basso budget, uscito in pochissime sale, è stato girato su pellicola in bianco e nero da 16 mm e narra di una modella che ruba denaro e gioielli a un amico, con l'intenzione dividerli col suo fidanzato, ma che viene invece uccisa in uno snuff movie. Definito "il primo e il peggior film di Brian De Palma", viene accantonato per la tecnica registica troppo grezza.
L'Orso d'Argento
Andrà invece incontro a un grande successo Ciao America! (1968), sempre con De Niro. L'opera vince l'Orso d'Argento al Festival di Berlino del 1969 e diventa persino meritevole di un sequel con Hi, Mom! del 1970.
Dietro la pomposa immagine della società americana descritta dal presidente Lyndon B. Johnson, s'intrecciano le storie di tre personaggi: un voyeur che filma le ragazze che si spogliano davanti alle finestre, un ragazzo che si fa passare per omosessuale pur di non essere arruolato per il Vietnam e, infine, un tizio ossessionato dal complotto dietro la morte di John Fitzgerald Kennedy. Una critica satirica e caustica al finto perbenismo e ai presunti valori statunitensi che diventa una vera e propria perla del suo periodo giovanile. L'America, per De Palma, è costituita da ragazzi "non conformi", tallonati e ossessionati dalle istituzioni, in un film deliberatamente privo di intreccio, che mira unicamente a colpire i suoi bersagli, avvalendosi di nuove regole cinematografiche e del comico e farsesco linguaggio dell'assurdo.
Riprendendo il personaggio di Jon Rubin che, reduce dal Vietnam, tenta di reinserirsi nella vita civile della New York del 1967 in Hi, Mom!, e intraprende una carriera di regista di filmetti porno voyeur e poi di attore in una compagnia teatrale underground, fallendo miseramente in entrambi i fronti, realizza un'altra pellicola molto stravagante che denuncia l'America come impietosa e vuota nazione occidentale.
Negli Anni Settanta, lavora al documentario sperimentale Dionisio nel '69, basato sull'opera teatrale omonima, cui seguirà Impara a conoscere il tuo coniglio (1972), incentrato su un ragazzo che, stanco della monotonia della sua vita, tenta la strada del prestigiatore. Qui, avrà l'occasione di dirigere quello che lui considera uno dei suoi miti: Orson Welles.
Il filone thriller
Nel 1973, arriva l'ottimo Le due sorelle. Thriller grazie al quale il giudizio della critica su De Palma aumenta notevolmente. Famoso perché ogni scena del film è un omaggio a sequenze dei più famosi film di Hitchcock, racconta la storia di una giornalista che assiste al brutale omicidio di un uomo da parte della sua vicina di casa ed è decisa a trovare le prove perché possa essere incriminata. Il tema del voyeurismo si sposa ancora una volta con uno stile che privilegia curiosi punti di ripresa, incontrando l'interesse del grande pubblico.
Tre anni più tardi, aggiunge un altro importante tassello a questo genere con Obsession - Complesso di colpa interpretato dal Premio Oscar Cliff Robertson e con le musiche del mitico Bernard Herrmann (autore delle colonne sonore di Hitchcock). Molto simile a La donna che visse due volte, è noto per l'ambientazione e lo sviluppo piuttosto anticonvenzionali, usati per descrivere le torbide e misteriose vicende intorno alle tragiche conseguenze di un rapimento. Molto raffinato da un punto di vista tecnico, riesce a imprimere ambigue atmosfere in un intrigo sospeso sul tema del doppio.
Ancora più incisivo e apprezzato dagli spettatori (nonostante le polemiche per la rappresentazione negativa della comunità transgender) sarà Vestito per uccidere (1980), che non è solo uno slasher eseguito con la precisione di una rasoiata, ma un thriller immerso nelle fantasie psicologiche della sua eroina condannata alla morte (Angie Dickinson) e nella grintosa realtà dell'aiutante del protagonista (Nancy Allen). Un sogno-incubo colmo di brucianti desideri scanditi da uno stile visivo così operistico che la regia è più simile a una coreografia. Vantando il fantasioso impatto del surrealismo e rimanendo astutamente osservante sulla vita newyorkese Anni Ottanta, il film rende il cineasta un maestro pop satirico, che si rifiuta rigidamente di predicare accuse sulla libertà sessuale e abbraccia invece una totale mancanza di inibizione, il tutto con la musica del fido Pino Donaggio. Mostrando un forte erotismo fin dall'inizio, l'autore si rivela appieno, realizzando scene intense e imperdibili. Sequenze guidate senza pietà da una tensione mozzafiato.
Andrà invece incontro a un flop quello che è da tutti considerato il suo capolavoro: Blow Out (1981). Un film che illustra definitivamente che con De Palma, come con qualsiasi artista cinematografico di talento, la verità sul suo lavoro è spesso più ricca e sfuggente della sua affermazione di intenti. Ispirandosi al tema della costruzione e della decostruzione, Blow Out parte dall'indagine di un tecnico del suono cinematografico che vuole dimostrare che il fatale incidente automobilistico di un governatore è stato in realtà una vera e propria esecuzione politica. Ogni elemento di questa pellicola porta la firma personale di De Palma e diventa una questione di vita o di morte per lo spettatore. Prendendo il via come una parodia di un porno horror softcore, termina con il ritratto di un uomo intrappolato nella sua stessa tecnologia, quando un urlo reale viene sfruttato all'interno di una colonna sonora, continuando il ciclo di sofferenza dell'eroe. Considerato erroneamente un thriller di serie B, è in realtà una pellicola d'autore, brillante e dall'eccellente regia, curata nei minimi dettagli, fin dall'utilizzo delle bellissime musiche di Donaggio e dalle ottime inteprertazioni di Nancy Allen e John Travolta.
Nel 1984, si aggiuge Omicidio a luci rosse, che lo impone definitivamente come Maestro del Thrilling. Con un budget molto basso e un nuovo commento musicale di Donaggio, sospeso tra l'horror e un giallo di serie B dalla tensione costante, gioca ancora una volta con il voyeurismo. Stavolta, a spiare è un attore claustrofobico che, proprio per questa sua tormentata paura, non riesce a trovare un ingaggio e assiste impotente prima a un furto e poi a un delitto compiuti sulla stessa persona, una misteriosa e bellissima donna. Complicato, denso, molto attento al gioco di incastri che creano effetti di suspense eccellenti, Omicidio a luci rosse è uno dei suoi titoli più riusciti nel genere, anche se molto lontano dalle atmosfere ansiogene di Vestito per uccidere.
Rientrerà nel thriller nel 1992 con Doppia personalità, interpretato da John Lithgow e considerato anche questo un capolavoro nascosto. Seguendo ancora una volta lo stile hitchcockiano, impressiona i fans per l'inquietudine che una metamorfosi trascina con sé, anche se alcuni critici non sembreranno particolarmente colpiti dalla storia, considerata sgangherata e implausibile, e svileranno il regista che, secondo la loro opinione, "gira a vuoto", sbandando e rendendo eccessivamente oscuro il tutto.
Sei anni più tardi, ci riproverà con l'imperfetto Omicidio in diretta, dove Nicolas Cage interpreta un poliziotto corrotto che deve risolvere l'omicidio del Segretario della Difesa durante un incontro di pugilato. Sfortunatamente, il film non riceve recensioni molto positive (viene etichettato come deludente e poco plausibile), anche se l'uso della steadycam è eccellente tanto quanto le musiche di Ryuichi Sakamoto.
Nel 2002, continua il suo percorso nella tensione con Femme fatale, un noir ricco di elementi hitchcockiani, in cui la protagonista, membro di una banda di ladri di gioielli, sfrutta la morte di una donna che le somiglia per uscire dal mondo del crimine. Con una sensualità spiccata e un'ottima chimica tra Rebecca Romijn e Antonio Banderas, ma forse a causa dell'ambiguità del contenuto e della struttura narrativa a cornice, il film incontra recensioni divisive, anche il pubblico lo innalza a ennesimo cult per le fascinazioni che richiamano Veronika Lake, il tema della dark lady come rifrazione americana del noir francese, le atmosfere oniriche alla Mulholland Drive e l'uso della macchina da presa a dir poco passionale.
Purtroppo, non centrerà il segno nemmeno il promettente Black Dahlia del 2006, con Josh Hartnett, Aaron Eckhart, il Premio Oscar Hilary Swank, la divina Fiorna Show e Scarlett Johansson. Basato sulla storia vera dell'omicidio irrisolto della Dalia Nera, accaduto nella Los Angeles del 1947 e raccontato nel romanzo poliziesco-hard boiled "Dalia Nera" di James Ellroy, il film ha il merito di avere sequenze da antologia, confermando la bravura accademica di De Palma, ma non ha quell'oscurità graffiante e lucida dei suoi titoli precedenti, anche se contiene la giusta dose di ambiguità. Opinione comune è che potesse essere il titolo dell'anno, ma si è invece rivelato un'occasione del tutto mancata, azzoppata dalle troppe sottotrame e da una drammaturgia sbilenca. A nulla servono le scenografie di Dante Ferretti e la fotografia di Vilmos Zsigmond che ricostruiscono la Vecchia Hollywood degli Anni Trenta e Quaranta. L'intrigo del giallo non funziona e l'effetto è quello di una regia che diventa splendido e raffinato contenitore, ma vuoto di quelle argute e perverse psicologie che hanno reso il suo cinema così magnetico.
Dodici anni dopo, arriva Passion, remake del francese Crime d'amour (2010), con Rachel McAdams e Noomi Rapace. Un Eva contro Eva tinto da manovre di potere e spietata ricerca del successo, che spingerà due donne (una potente donna d'affari e la sua facilmente influenzabile protetta) a farsi la guerra mentre scivolano in vortice di seduzioni e manipolazioni reciproche.
La pellicola passa del tutto inosservata, mentre sarà considerata "dimenticabile" anche Domino (2019), forse uno dei film più difficili da realizzare per Brian De Palma, che si è trovato a sostenere enormi problemi con la produzione, non particolarmente convinta da questo Intrigo internazionale moderno, in cui un agente di polizia danese si trova invischiato in una caccia all'uomo, in questo caso un affiliato a una cellula dell'ISIS. Pur dimostrando di non aver perso la mano che dirige la cinepresa, il soggetto e lo script sono prevedibili e banali e non sono degni della sua fama.
Il filone mainstream
Ma De Palma è ricordato principalmente per Scarface (1983), primo tra i film mainstream che appartengono al suo secondo filone assieme ad altri importanti titoli. Sebbene sia il remake del film omonimo del 1932 di Howard Hawks, ha superato il suo predecessore diventando un classico dei gangster movies e un capolavoro imprescindibile nella sua filmografia. La pazzesca interpretazione di Al Pacino, volutamente eccessiva, è leggendaria, mentre quella di Michelle Pfeiffer è iconica. Un film che non ha bisogno di presentazioni e che ha rappresentato il suo più grande successo di pubblico. La storia di Tony Montana (riscritta da Oliver Stone e musicata da Giorgio Moroder) e della sua scalata all'impero del traffico di droga di Miami ha fatto epoca, anche se la critica lo ha massacrato come "spettacolo di bassa macelleria", del tutto irrealistico e kitsch.
Molto più sobrio, ma non meno feroce, The Untouchables - Gli intoccabili (1987), un gangster movie basato sulla storia vera della squadra investigativa, antesignana dell'FBI, che si riunì per incriminare Al Capone durante il Proibizionismo. Kevin Costner, Sean Connery, Robert De Niro e Andy Garcia si riuniscono sotto l'occhio del regista per lavorare a un film d'autore purissimo, che raccoglie il teso omaggio alla mitica scena del massacro sulle scale di Odessa nella Corazzata Potëmkin. De Palma usa la lotta contro il crimine e la corruzione, ma soprattutto l'amicizia di coraggiosi agenti (lo script è di David Mamet) per realizzare un'altra pellicola dura e violenta, con una notevole insistenza sulla crudeltà dei particolari.
Particolari crudeli che ritroveremo anche nel difficile e antibellico Vittime di guerra (1989) con Michael J. Fox e Sean Penn, un film ispirato a un episodio vero, avvenuto durante la guerra del Vietnam, che affronta le conseguenze del conflitto per un sensibile ed emotivo soldato, costretto a essere testimone delle atrocità che i suoi commilitoni commettono contro i vietcong.
Nello stesso filone, troviamo anche Il falò delle vanità (1990), interpretato da Bruce Willis, Tom Hanks e Melanie Griffith e basato sull'omonimo bestseller di Tom Wolfe che, malgrado la serietà della storia (un tentativo di rapina che diventa il caso giuridico-giornalistico dell'anno), si rivela essere un flop senza precedenti. Realizzato con un'enorme somma di denaro per l'epoca (47 milioni di dollari), incassò pochissimo, sia per le critiche negative dei recensori, che trovavano il film eccessivo nel registro grottesco, sia per il passaparola negativo del pubblico, che non apprezzava i personaggi. In più, la regia di De Palma rifletteva le intenzioni del film: barocca, esuberante e fastidiosa.
Andrà meglio Carlito's Way (1993) con Al Pacino e Sean Penn, tratto dal romanzo omonimo del giudice newyorkese Edwin Torres, che narrava il tentativo di rifarsi una vita di un leggendario gangster. Si è davanti a uno dei film più amati da De Palma, che combina al meglio le sue abilità dietro la macchina da presa e l'adeguatezza della trama. Una pellicola quasi "tradizionale" per i suoi standard, ma con il valore aggiunto di un'emotività è quasi tenera. Sebbene alcuni critici trovino lo script banale e sciatto firmato da David Koepp, i grandi pregi della buona mano di De Palma colmano le drammatiche lacune della storia.
Si butterà poi nella spy story action con Mission: Impossible (1996), basato sull'omonima serie tv che avrà un enorme successo al botteghino e darà luogo a una saga cinematografica di tutto rispetto. Seguendo le vicende dell'agente della CIA, Ethan Hunt, De Palma manovra la suspense e la distinzione del falso dal vero in un gioco di fumi e specchi della cinepresa a dir poco eccelsi, sebbene sacrificando lo spessore psicologico.
Telecinesi e musical horror
All'inizio della sua produzione, De Palma lavora anche ad altri generi, alcuni di questi commistionati tra loro come il cult Il fantasma del palcoscenico (1974), un musical horror rock con Jessica Harper, simile a The Rocky Horror Picture Show, dove viene parodiata non solo la scena della doccia di Psyco, ma anche le prime scene del Gabinetto del Dottor Caligari e dell'Infernale Quinlan. La storia combina "Il fantasma dell'Opera" di Gaston Leroux e il "Faust" con la cultura Anni Settanta e, inconsapevolmente, influenza anche le sottoculture moderne (la maschera/armatura di Griffith del manga "Berserk" è un omaggio esplicito al personaggio principale di quest'ora e lo sono anche i costumi indossati per anni dai Daft Punk). Il botteghino e la critica furono molto deboli, ma il film divenne un punto di riferimento cinematografico e in seguito un riconosciuto capolavoro.
Ancora più successo ebbe Carrie - Lo sguardo di Satana (1976), che rese famosa Sissy Spacek nei panni di una liceale dalle letali facoltà telecinetiche. Basato sul romanzo "Carrie" di Stephen King, è noto per essere un dramma sociale ai confini del paranormale, morboso, sinistro, ma trascinante.
Segue sullo stesso sentiero Fury (1978) con Kirk Douglas e Amy Irving. Anche qui, una ragazzina scoprirà di avere poteri psichici come la telecinesi e le percezioni extrasensoriali, ma verrà utilizzata come potenziale arma.
Con un enorme salto fino al 2000, prende in mano anche la fantascienza con Mission to Mars, pellicola con il Premio Oscar Tim Robbins, su un equipaggio di astronauti della NASA che atterrano su Marte per indagare sulla misteriosa fine di un altro gruppo di colleghi. Un film abbastanza buono e di grande intensità visiva, che conferma come De Palma riesca a essere a suo agio persino con generi di puro intrattenimento, creando le giuste atmosfere e nobilitandoli attraverso i non pochi riferimenti artistici.
Le commedie
Due le commedie da lui firmate: Home Movies - Vizietti familiari (1979) e Cadaveri e compari (1986).
Nel primo film, uno studente di cinematografia decide di realizzare un film riprendendo se stesso e i suoi familiari, scoprendo vizi e segreti di ognuno di loro. Un'opera surreale, un film nel film sul rapporto tra cinema e vita, che va a ripescare anche quelli che sono i ricordi familiari della sua adolescenza, tra padri adulteri e madri sofferenti.
La seconda commedia, che si fregia della presenza di Danny DeVito e di Harvey Keitel (ma che si rivelò un fiasco al botteghino) per interpretare due delinquenti di piccolo calibro di Jersey City che, a causa di un errore, sono costretti a tentare di eliminarsi a vicenda, è un titolo comico-satirico non del tutto riuscito.
Il Leone d'Argento
Nel 2007, dopo anni di lavoro, arriva uno dei premi più prestigiosi della sua carriera: il Leone d'Argento al Festival del Cinema di Venezia per la migliore regia grazie a Redacted. Realizzato con un basso budget sotto forma di finto documentario, il film affronta criticamente la guerra di Iraq, ispirandosi a un vero caso di stupro e omicidio che un gruppo di soldati americani perpetrarono su una ragazza irachena. Quanto mai attuale, Redacted porta alla riflessione non solo sulle brutalità delle guerre, riallacciandosi al suo primo film antibellico, ma sottolinea l'importanza della condivisione in rete e dei canali d'informazione in una narrazione visiva che sceglie di comporsi di filmati catturati dai circuiti di videosorveglianza, da clip postate online e da stralci di riprese amatoriali. Uno sguardo voyeuristico sulle vite degli altri che dimostra quanto l'uomo possa essere un animale crudele. Tagliente, geniale e atroce, De Palma dà uno dei colpi di coda più importanti della sua carriera, riservando l'ultimo pugno allo stomaco degli spettatori e della critica e lasciando loro una delle più importanti lezioni di cinema: un regista è un occhio che spia il vero per poi traslarlo nel falso, così come fa ogni uomo nel momento in cui tenta di raccontare ciò che ha visto, rendendolo autentico.
Video musicali
Brian De Palma è stato il regista del videoclip della canzone "Relax" dei Frankie goes to Hollywood e di "Dancing in the Dark" di Bruce Springsteen.
Scrittore
Nel 2018, De Palma ha pubblicato il suo romanzo d'esordio in Francia "Les serpents sont-ils nécessaires?", co-scritto con Susan Lehman.
Vita privata
Brian De Palma conosce sul set di Carrie - Lo sguardo di Satana l'attrice Nancy Allen, che sposa nel 1979 e con la quale rimane legato fino al 1983, facendola diventare la protagonista di molte delle sue pellicole dell'epoca.
Una volta conclusa questa unione, sposa la produttrice Gale Anne Hurd nel 1991, dalla quale ha la sua prima figlia. Anche questo matrimonio, però, termina con un divorzio dopo solo due anni.
Nel 1995, sposa invece l'attrice Darnell Gregorio, dalla quale ha una seconda figlia, l'attrice Piper De Palma. Il nome è in onore di Piper Laurie, attrice con la quale De Palma aveva lavorato in Carrie - Lo sguardo di Satana e che gli rimase amica fino alla dipartita nel 2023. Purtroppo, anche la relazione con la Gregorio finisce con un terzo divorzio nel 1997.