Titolo originale | The Mandalorian |
Anno | 2019 |
Genere | Fantasy, Fantascienza |
Produzione | USA |
Durata | 40 minuti |
Regia di | Dave Filoni, Deborah Chow, Rick Famuyiwa, Bryce Dallas Howard, Taika Waititi, Jon Favreau |
Attori | Pedro Pascal, Kyle Pacek, Brendan Wayne, Alexandra Manea, Tait Fletcher Bernard Bullen, Luis Richard Gomez, Jamal Antar, Carl Weathers, Werner Herzog, Omid Abtahi, Nick Nolte, Taika Waititi, John Beasley, Horatio Sanz, Gina Carano, Giancarlo Esposito, Sasha Banks, Rio Hackford, Emily Swallow, Mysti Rosas, Chris Bartlett, Aidan Bertola, Adam Pally, Mark Boone Junior, Amy Sedaris, Bill Burr, Temuera Morrison. |
MYmonetro | 3,55 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 20 aprile 2023
Le avventure di un pistolero solitario nella parte esterna della galassia, lontano dall'autorità della Nuova Repubblica. La seconda stagione sarà in streaming su Disney+ da venerdì 30 ottobre 2020. La serie ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, 12 candidature e vinto 7 Emmy Awards, 1 candidatura a Satellite Awards, 1 candidatura a Critics Choice Award, ha vinto un premio ai SAG Awards, 1 candidatura a Writers Guild Awards, 1 candidatura a Directors Guild, 1 candidatura a CDG Awards, 1 candidatura a Producers Guild, La serie è stato premiato a AFI Awards, 2 candidature e vinto un premio ai ADG Awards, 3 candidature e vinto 2 Critics Choice Super,
CONSIGLIATO SÌ
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Un mercenario senza nome e dal volto perennemente coperto da un casco, noto solo come il Mandaloriano, riceve dal gruppo di mercenari per cui lavora un incarico difficile e sgradevole: catturare, per gli ex imperiali, un misterioso cinquantenne. Finirà così per imbattersi in una piccola creatura della medesima specie di Yoda, il maestro Jedi, e infatti già in grado di usare la forza. Per proteggerlo dovrà rinnegare la sua professione e fuggire, di avventura in avventura, incontrando vecchie e ambigue conoscenze ma pure nuovi alleati.
I protagonisti tornano ad uno status quo simile all'originale ma manca il senso di un'epica di ampio e appassionante respiro
Recensione
di Andrea Fornasiero
Il Mandaloriano Din Djarin è in possesso della Darksaber, che ne farebbe il leader della sua gente, ma è anche caduto in disgrazia per essersi tolto l'elmo, infrangendo un dogma della sua fazione. L'Armaiola sostiene che esiste un solo modo di ritornare sulla Via, bagnarsi nelle acque di Mandalore, ma il pianeta è una distesa di rovine e secondo Bo Katan si tratta di un'impresa disperata. Accompagnato dal piccolo Grogu, Din Djarin si inoltra comunque tra gli abissi del pianeta perduto della sua gente e dà inizio a un percorso di redenzione, che investirà non solo lui ma tutto il suo popolo.
Con la terza stagione, The Mandalorian sposta l'attenzione dal bambino jedi al suo guardiano, infilandosi nelle sabbie della continuity della saga e uscendone solo alla fine di una stagione che, generosamente, si potrebbe definire di passaggio.
Le cose per The Mandalorian si erano già messe male durante la seconda stagione, con l'arrivo del personaggio di Bo Katan e lunghe discussioni sul credo dei mandaloriani e la complessa storia del loro pianeta, che difficilmente potevano appassionare il pubblico innamorato di "baby Yoda" e del tono della prima stagione della serie, fatta di brevi racconti episodici di frontiera, su un laconico cacciatore di taglie e il suo irresistibile bambino al seguito. Con The Book of Boba Fett, la saga del Mandaloriano è andata ulteriormente fuori strada, passando il testimone a un altro protagonista ma senza lasciarlo davvero al comando, e inserendo diverse puntate su Din Djarin e Grogu, in una narrazione estremamente dispersiva. Aveva avuto quasi un unico pregio: riavvicinare Grogu e Din Djarin, separatisi alla fine della seconda stagione per l'addestramento jedi del bambino con Luke Skywalker.
Non è bastato però a riportare la serie sui propri binari ideali, visto che restava da sbrogliare tutta la matassa del pianeta Mandalore, e la nuova stagione commette il grave errore di dedicare a questa storia quasi ogni episodio. C'è a dire il vero una puntata che se ne disinteressa completamente, ma si tratta di un'anomalia che ha per protagonista un personaggio a dir poco minore della serie, il Dottor Pershing, in passato fedele all'impero e ora in cerca di redenzione. Al suo fianco troviamo una misteriosa donna che sembra aiutarlo ma ha in realtà un piano tutto suo... che per altro non trova prosecuzione nella stagione se non per minimi accenni di dialogo con Moff Gideon, e che dunque sembra rinviato a future annate o forse agli spin-off come Ahsoka o persino uno dei nuovi film da poco annunciati, curato da Dave Filoni. Quest'ultimo, che era stato piuttosto presente nelle prime due stagioni della serie, ora ha chiaramente altro da fare: ha infatti sceneggiato di suo pugno tutti gli episodi di Ahsoka, oltre a continuare la supervisione delle serie animate.
Ciò significa che il timone è passato più o meno interamente in mano a Jon Favreau, ma senza il suo sodale qualcosa si è perduto: mancano sia il senso di un'epica di ampio e appassionante respiro, sia il gusto per racconti più brevi e compiuti. La puntata migliore è non a caso quella più autonoma, dove Din e Bo Katan si recano su un pianeta in cui vengono impiegati come una coppia di detective. Il cambio di tono e la solidità della formula da "buddy cop movie" salva l'episodio facendone una piacevole digressione, che della trama di Mandalore fa solo un pretesto. Aiuta che tra gli attori ci siano un cameo di Jack Black e di Lizzo, oltre che di Christopher Lloyd, a cui tocca però una parte ingrata, visto che il suo personaggio non ha un piano molto sensato.
Arrivare alla fine della stagione è insomma una fatica e oltre a vari dettagli che lasciano perplessi c'è un problema macroscopico: Grogu passa da essere allievo jedi a cui viene chiesto di meditare in riva al lago ad apprendista dei ben più bellicosi mandaloriani. Il risultato è persino inquietante e di cattivo gusto (considerato che i bambini soldato esistono purtroppo anche sul nostro mondo), con il piccolo che viene mandato in situazioni più o meno di guerra. In passato pure era successo a Grogu di trovarsi in pericolo, ma Din Djarin era lì a proteggerlo, ora invece è proprio lui a farsi accompagnare senza alcuna ragione su caccia in battaglia e nel mezzo di altre pericolose missioni. Una cosa che guasta la riconoscibilità umana del loro rapporto: non più un padre putativo che difende il figlioccio, ma un veterano che si fa aiutare da un bambino - dotato del dono della forza ma non di quello della parola...
La cosa più positiva di questa stagione, oltre agli effetti speciali e ai sempre ottimi titoli di coda con concept art, è che alla fine riporta i protagonisti a uno status quo simile a quello originale. Promette un eventuale proseguimento che torni alle radici della serie, ma l'incanto è stato incrinato e non sarà facile aggiustarlo.
Una stagione di passaggio che commette qualche passo falso ma conferma gli altissimi livelli della produzione
Recensione
di Andrea Fornasiero
Il mandaloriano Din Djarin ha ricevuto dal destino un difficile compito: riportare il misterioso bambino che ha preso in custodia all'ordine degli Jedi a cui appartiene. Gli Jedi sono però tradizionali nemici dei mandaloriani e quindi Din non sa da dove partire e vaga per la galassia in cerca di informazioni. Nel mentre Moff Gideon continua a tessere piani per usare lo stesso bambino, appartenente alla stessa razza del maestro Jedi Yoda, e riportare alla gloria quel che resta dell'Impero.
Ancora saldamente in mano a Jon Favreau e a Dave Filoni, The Mandalorian continua a raccontare il rapporto di paternità all'interno di una strana coppia, ma la serie quest'anno abbraccia anche pienamente la continuity della saga di Star Wars.
Il primo episodio riprende le atmosfere della stagione precedente, con un sapore da western e uno sceriffo leale. Vengono però subito introdotti elementi estranei al genere, con un tocco di fantasy in un nemico mostruoso e gigantesco, un vero e proprio drago. La seconda puntata si sposta in un pianeta ghiacciato e omaggia Alien (che del resto è diventata un'altra proprietà Disney). La terza occhieggia per un attimo ai Pirati dei caraibi e poi dà il via alla spirale della continuity, spiegando il ruolo della Dark Sabre, la spada sfoggiata da Moff Gideon alla fine della scorsa stagione. Il villain impugna un'arma simbolica per i mandaloriani, al punto che il possessore della spada può rivendicare il diritto al trono di Mandalore e riuscire così a riunire la propria specie. A Din tutto questo non sembra interessare, la sua missione è il bambino, ma il fatto che sia riluttante ad accettare il proprio destino non l'ha mai salvato dai giochi del caso.
Si tratta dunque di un'annata di passaggio, che consegna ai posteri lo struggente compimento dell'arco narrativo di "Baby Yoda" (di cui nel quinto episodio ci viene finalmente rivelato il nome) e introduce la trama che presumibilmente terrà banco nella prossima stagione. Ma in questa annata di The Mandalorian c'è molto di più, perché entrano in scena anche altri personaggi amatissimi della saga come Boba Fett e Ahsoka Kano, protagonista delle serie animate di Dave Filoni da cui proviene anche la mandaloriana Bo-Katan.
Tutto questo però snatura la serie, che si lascia alle spalle il respiro a metà tra il western e la saga di samurai (la prima stagione era praticamente una nuova versione della serie giapponese Samurai, nota anche con il titolo inglese Lone Wolf and the Cub) per incorporare sempre più elementi estranei. A volte l'operazione funziona e in particolare nell'episodio con Ahsoka le influenze del jidai-geki, il cinema ambientato nel Giappone medievale, sono ancora centrali, con tanto di duello tra maestre d'armi bianche (in versione laser o Beskar in fondo poco importa). Più spesso però sembra che The Mandalorian sia diventata la pista di lancio dei numerosi spin-off annunciati da Disney.
L'apice arriva in una sorta di deragliamento finale, dove l'arco narrativo del protagonista e dei suoi alleati finisce travolto da un'operazione di puro fan-service. Rientra in scena uno dei personaggi più amati di Star Wars con una sequenza chiaramente ispirata all'epilogo di Rogue One con Darth Vader. Quella però era un'appendice, un extra che mandava il pubblico più appassionato in visibilio ma che nulla toglieva alla storia principale, qui invece siamo dalle parti del deus ex-machina, oltretutto rovinato dalla scelta di ringiovanire digitalmente l'attore e di non farlo neppure bene. Quando il climax emotivo ci mostra come molto più umani il soldato che non toglie quasi mai il casco e l'animatronic, rispetto a un attore che sembra una statua di cera fatta di pixel, qualcosa è andato storto.
In generale il cast è del resto il vero limite di The Mandalorian, con attrici piuttosto monocordi quali Gina Carano, Katee Sackhoff e Ming Na-Wen e con Temuera Morrison che carica così tanto la sua voce roca da sembrare Lego Batman. Finché questi personaggi erano secondari e di poche parole, in vicende dall'essenzialità quasi zen, non era un vero problema, ma quest'anno si parla molto di più e pure i dialoghi non sempre sono all'altezza.
La regia è sua volta altalenante: se la puntata di Filoni con Ahsoka è un gioiellino, così come la première di Favreau con Timothy Olyphant, gli ultimi episodi brillano meno, con l'eccezione degli energici scontri a fuoco inscenati da Robert Rodriguez. Il finale quest'anno tocca a Peyton Reed e vuoi per l'ambientazione meno originale tra i soliti corridoi di una base, vuoi per l'eccesso di trama da smaltire, si tratta di una puntata che fa amaramente rimpiangere la chiusura firmata l'anno prima da Taika Waititi.
The Mandalorian rimane comunque una produzione straordinaria, un investimento produttivo ancora più ingente rispetto al primo anno, e superata una stagione chiaramente segnata da mandati editoriali la speranza è che il Mandaloriano riprenda il suo cammino da lupo solitario.
Una serie che centra tutti gli obiettivi, dalle atmosfere western alla tenerezza di Baby Yoda
Recensione
di Andrea Fornasiero
Un mercenario senza nome e dal volto perennemente coperto da un casco, noto solo come il Mandaloriano, riceve dal gruppo di mercenari per cui lavora un incarico difficile e sgradevole: catturare, per gli ex imperiali, un misterioso cinquantenne. Finirà così per imbattersi in una piccola creatura della medesima specie di Yoda, il maestro Jedi, e infatti già in grado di usare la forza. Per proteggerlo dovrà rinnegare la sua professione e fuggire, di avventura in avventura, incontrando vecchie e ambigue conoscenze ma pure nuovi alleati.
Già passata alla storia per aver dato al mondo l'animatronic più adorabile di sempre, ossia "Baby Yoda", The Mandalorian recupera l'anima western della prima parte del primo Guerre Stellari e senza sbavature racconta una storia dal respiro classico.
Basta del resto il tema musicale di Ludwig Göransson, davvero un gioiello di atmosfere da western d'antan, per inquadrare il taglio di The Mandalorian, i suoi tempi, i suoi silenzi, i suoi spazi aperti e pure i suoi personaggi. Emblematico per esempio Kuill, l'allevatore di Ugnaught, ossia enormi bestie aliene, che con la voce di Nick Nolte esprime la saggezza e pure il rammarico del vecchio West, dilaniato da una recente guerra come era stato per la guerra civile americana. Infatti Kuill cerca in una vita rurale e appartata un po' di pace se non di redenzione per il suo ruolo nel conflitto, che di cicatrici ne ha lasciate anche in chi stava dalla parte giusta, la Resistenza, come Cara Dune interpretata da Gina Carano. È lei l'elemento al tempo stesso classico e moderno, pistolera disillusa ma pure implicitamente alfiera della parità di genere, anche perché combatte meglio del protagonista e ha spalle larghe quanto lui con addosso l'armatura. Armatura che per altro il Mandloriano non si toglie mai, tanto che in alcune puntate il "protagonista" Pedro Pascal ha messo davvero solo la voce, lasciando il resto agli stuntman e alle controfigure, al contrario di Gina Carano che invece arriva dalle MMA e nelle scene d'azione ci mette la faccia. Nonostante non lo si veda in volto, però, il Mandaloriano è un personaggio azzeccatissimo, perfetto contraltare agli occhioni di Baby Yoda: insieme formano una coppia che riecheggia quella di Samurai, ossia il manga e la serie Tv "Lupo solitario con bambino", dove il ronin Itto Ogami si accompagnava al figlio Daigoro.
La principale differenza non è nella tecnologia o nei buffi alieni del mondo di Star Wars, bensì nel fatto che qui entrambi siano oltreumani: un bambino alieno e un umanoide che non si toglie il pesante casco. Eppure la dinamica tra loro risulta la più umana immaginabile, un rapporto tra padre e figlio efficace anche per il senso del pericolo che comportano le avventure con un pargolo così piccolo. È infatti impossibile non avere a cuore la sorte di "Baby Yoda", sia perché lo si vorrebbe sempre in scena per meravigliarsi della sua "recitazione", sia perché è così minuto da scatenare il basilare istinto di proteggerlo anche nel pubblico. Sugli istinti suscitati da "Baby Yoda" la serie marcia infatti senza pudore, arrivando persino a una sorta di pornografia del sentimento infantile nella puntata in cui i bambini umani lo circondano, giocano con lui e piangono quando deve andarsene. Ossia esattamente le stesse emozioni che si vuole i bambini provino per il giocattolo prossimamente in commercio, un attaccamento assoluto. La "cuteness" del piccino è usata in modo così manipolatorio e ruffiano che sarebbe riprovevole, se non fosse prima irresistibile. "Baby Yoda" è un diabolico parto di marketing e merchandising, una macchina da meme subito diventata virale, e su di lui si staranno già scrivendo tesi in sociologia e comunicazione. A rendere questi momenti digeribili e deliziosi c'è la loro rarità e il loro inserimento in una cornice apparentemente semplice, ma in realtà piuttosto rigorosa, che rispetta le atmosfere del western con la modernità necessaria a una costosa serie Tv del 2020. Una serie che non butta i soldi in faccia allo spettatore e anzi tiene per la puntata finale, diretta da Taika Waititi, tutte le scene più spettacolari, guadagnate da una costruzione modulare dove personaggi ed elementi introdotti negli episodi precedenti arrivano a chiudere il cerchio. Del resto la scrittura della serie è di Jon Favreau, che con la Disney e le sue strutture narrative ha ormai un ottimo rapporto, e buona parte del credito autoriale va anche a Dave Filoni, che ne ha diretto il primo episodio ed è ben rodato sulle strutture narrative pulite ed efficaci dell'animazione televisiva di Star Wars. Gli episodi di The Mandalorian infatti sono più brevi di quelli delle serie drammatiche standard e questo perché non sono infarcite di sottotrame o sovrappopolate di protagonisti, ma rimangono all'essenziale, senza perdere mai di vista l'obiettivo di arrivare a un climax alla fine della puntata. Aiuta poi che gli episodi siano impreziositi da attori come Werner Herzog, Carl Weather (il mitico Apollo Creed di Rocky), Giancarlo Esposito nei panni del villain finale e altri caratteristi televisivi molto solidi quali Mark Boone Junior (Sons of Anarchy) e la comica Amy Sedaris. Perfetta per gli appassionati di Guerre Stellari così come per il pubblico delle famiglie che costituisce il target primario della piattaforma Disney+, la serie ha centrato tutti i suoi obiettivi con la precisione di un vero... mandaloriano!
La prima serie tv in live action della saga di Star Wars
Overview di Andrea Fornasiero
Il dodici novembre è arrivata finalmente in America Disney+, la piattaforma streaming che porterà nelle case direttamente via Internet i Classici Disney oltre a contenuti Pixar, National Geographic, Marvel e ovviamente Star Wars. Proprio a Guerre Stellari è toccato l'onore e l'onere più importante, quello di aprire le danze con la prima serie originale: The Mandalorian.
Ideata da Jon Favreau, che dice di aver voluto realizzare un western sotto steroidi, The Mandalorian vede alla regia del primo episodio Dave Filoni, già autore delle serie animate di Star Wars degli ultimi anni: Star Wars: The Clone Wars, Star Wars Rebels e Star Wars Resistance.
Da una parte c'è quindi la novità della prima serializzazione "televisiva" in Live Action della saga cinematografica per eccellenza e dall'altra la continuità con il meticoloso svolto in Tv per guadagnare nuovi e più giovani fan a Star Wars. Filoni, che nel curriculum vanta anche la prima stagione dell'apprezzatissima Avatar: The Last Airbender, è una scelta vincente e parteciperà anche alla scrittura della serie (sua infatti la sceneggiatura del quindi episodio).
Delle otto puntate previste per la prima annata, distribuite settimanalmente e quindi ignorando il modello "binge watching" di Netflix, ben sei saranno scritte da Favreau in persona, che del resto si era già cimentato nel mischiare western e sci-fi in Cowboys & Aliens. Il restante episodio, il sesto, sarà invece firmato dal fumettista e sceneggiatore Christopher Yost insieme al regista della puntata, l'afroamericano Rick Famuyiwa. La diversity la farà da padrona dietro la macchina da presa, dove oltre a Filoni e Famuyiwa si cimenteranno l'asiatica Deborah Chow, Bryce Dallas Howard per la prima volta alle prese con la regia di un progetto di questa portata e il neozelandese Taika Watiti, che ha partecipato alla serie anche come "voice actor" del droide IG-11, visto nel primo episodio e immediatamente amato dai fan.
Il protagonista di The Mandalorian è invece Pedro Pascal, ma non lo vedremo in volto tanto presto visto che il personaggio rifiuta tenacemente di togliersi l'elmo anche quando è tra amici. È invece immediatamente riconoscibile, anche grazie all'inconfondibile accento, Werner Herzog nei panni di uno spietato trafficante che si avvale dei servizi del cacciatore di taglie al centro della serie. Herzog in questi giorni ha parlato benissimo della sua esperienza sul set, spiegando che la tecnologia messa a disposizione dalla Industrial Light & Magic permetteva agli attori di recitare non circondati dal green screen, come ormai di consueto per la fantascienza, bensì da un sistema che gli consentiva di vedere lo scenario in cui erano immersi i loro personaggi. Herzog ha detto che The Mandalorian è il ritorno del cinema alla sua forma migliore, una chiara risposta trasversale sulla polemica Scorsese v. Marvel che non accenna a placarsi.
Oltre a Herzog, si è visto nel pilot anche il mitico Apollo Creed di Rocky, Carl Weathers, nei panni di Greef Karga, l'uomo che assegna le taglie ai membri della gilda di cacciatori cui appartiene il mandaloriano. Inoltre è già entrato in scena l'alieno Kuill, una sorta di burbero ma pacifico allevatore con la voce di Nick Nolte. Nelle puntate a venire faranno poi la loro comparsa, con parti sostanziose, Gina Carano, nelle vesti della mercenaria ed ex ribelle Cara Dune, e Giancarlo Esposito, ex membro dell'impero la cui vita è stata radicalmente trasformata dalla caduta di Palpatine e Darth Vader. Avrà inoltre un ruolo da ospite la ex star di Marvel Agents of Shield Ming Na-Wen, che sarà l'assassina Fennec Shand.
Nella prima puntata The Mandalorian ha decisamente convinto sia la critica sia soprattutto il pubblico, a cui non dev'essere sembrato vero di poter vedere Star Wars in Tv, in una versione per altro più simile alla saga originale e al coté western del primo capitolo (evidente anche nella colonna sonora) rispetto a tutti i film che sono venuti in seguito.
Si aggiunga lo straordinario livello della produzione, dove non c'è un dettaglio fuori posto e tutto è curato nei minimi particolari, con un mix di computer graphic, scenografie e pure pupazzi. E non mancano momenti classici: dal saloon popolato anche di alieni, al mostro gigante da cui fuggire, fino a un colpo di scena finale che lascia con il fiato sospeso in attesa del prossimo episodio. La mira di The Mandalorian, a giudicare da questo pilot, pare davvero perfetta!
Due stagioni per 16 episodi, che lascio ai migliori filologi inserire nel flusso narrativo dell'universo Star Wars, ma che chiaramente è una trade d union tra la serie animata "La Guerra dei Cloni" e i film veri e propri della saga. Jon Favreau e Dave Filoni seguono il progetto, affidando la regia di qualche episodio a registi noti come: Robert Rodriguez, Peyton Reed e Taika Waititi tra gli altri. Vai alla recensione »
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