The Book of Boba Fett

Boba Fett, insieme a Fennec Shand, ha preso il controllo dell'impero criminale di Bib Fortuna - che un tempo era di Jabba the Hutt. Ma sul pianeta Tatooine ci sono molti interessi in campo, per l'estrazione e il traffico di una sostanza sabbiosa e arancione chiamata "spezia". Boba Fett, che fa spesso uso di una tanica di guarigione, ricorda il suo passato, ossia come è sopravvissuto alla gola del Sarlac e come aveva ritrovato se stesso e una nuova forma di onore insieme a una tribù di Tusken, alieni del deserto. Din Djarin nel mentre visita la saggia Armaiola per meglio comprendere la natura della darksabre, la spada di energia che ha vinto nel duello con Moff Gideon e che ha un importantissimo valore simbolico per la sua gente. Inoltre fa visita al piccolo Grogu, che però è molto impegnato dall'addestramento con Luke Skywalker.

A dispetto del titolo che fa pensare a un chiaro protagonista, The Book of Boba Fett è una serie bipartita tra due eroi e proprio per questo non riesce a dare il giusto respiro alla narrazione di nessuno di loro.

Un vero e proprio autogol, dove le prime quattro puntate sembrano promettere una storia tutta concentrata su Boba Fett - deludendo quindi il pubblico in attesa di nuove avventure del mandaloriano e di Grogu, ma per lo meno con una apparente convinzione di fondo - a cui segue una improvvisa inversione a U, dove tornano i beniamini che hanno rilanciato Star Wars.

È come se nemmeno i produttori ci avessero davvero mai creduto, in Boba Fett, e a un certo punto ci dicessero che avevano scherzato. La narrazione su Boba, che pure partirebbe bene per lo meno nei flashback, si sfalda sempre più, vittima di una costruzione trasandata che infatti si rivela usa e getta come un paravento. Il nadir del racconto nel presente su Tatooine arriva già nel terribile terzo episodio, in cui alla banda di Boba si uniscono dei giovani cyborg che sembrano usciti da una serie Disney Channel, con i loro innesti tecnologici super posticci, i costumi da cosplayer di quelli che non vincerebbero mai un concorso e le moto tipo lambrette fosforescenti.

Il punto più basso dei flashback è invece nella puntata successiva, dove in un attimo Boba Fett viene raggirato e tutta la situazione che si era costruita a fatica nelle puntate precedenti è cancellata con un colpo di spugna. Una scelta sconsiderata, che ha il solo scopo di non lasciare fili in sospeso nel passato per passare alla palla alle puntate con Din Djarin.

La sua prima puntata è molto lunga e non ha praticamente alcun rapporto con le quattro precedenti, solo alla fine dell'episodio Din riceve una proposta da Boba, ma passa comunque quasi tutta la puntata successiva in altre faccende affaccendato, in un vero e proprio ingorgo di fan service.

Nel sesto episodio tornano infatti, così de botto senza senso avrebbero detto gli sceneggiatori di Boris: Luke Skywalker, Grogu e pure Ahsoka, lo sceriffo Cobb Vanth e persino.... Cad Bane. Quest'ultimo è un alieno con il cappello e il look da pistolero, che fa smorfie da spaghetti western tra Clint Eastwood e Lee Van Cleef ed è emblematico di uno dei problemi del franchise. Ha infatti una lunga partecipazione alle serie animate di Star Wars, ma in versione live action non si era mai visto eppure entra in scena come se fosse il vero villain della serie, senza alcuna presentazione o spiegazione.

Per quanto abbia un'indubbia presenza scenica, il suo faccia a faccia con Boba Fett nell'episodio successivo è svuotato di premesse e dunque di pathos, perché il pregresso del personaggio si perde nella continuity dell'universo espanso di Star Wars ed è estrano a The Book of Boba Fett. Lo stesso discorso, anche se in forma più lieve, vale per Krrsantan, il wookie nero che arriva dai fumetti di Star Wars. E, se non fosse spoiler, si potrebbero citare i personaggi che invece sembrano promettere di avere un ruolo, ma poi la promessa è presto tradita.

In tutto questo ci sono anche cose buone, per esempio nella prima puntata i molti flashback senza dialoghi con Boba schiavo dei Tusken hanno un respiro epico che fa quasi ripensare a Conan il barbaro di John Milius, mentre lo scontro finale tra due mostri sfoggia a tratti la meraviglia artigianale delle creature di Ray Harryhausen. Il finale di stagione poi cita esplicitamente King Kong e vari duelli, per esempio quello del quinto episodio tra due mandaloriani, sono di buon livello. È una garanzia la colonna sonora, così come i titoli di coda con la concept art e il piccolo Grogu si dimostra al solito adorabile. Però la coesione non c'è, il respiro della racconto viene subito meno, e il fanservice ha un retrogusto più che mai cinico - nonostante la migliorata qualità del volto ringiovanito di Luke Skywalker.

La cosa più assurda era come questi limiti dovessero essere ben evidenti già in fase di soggetto, eppure si è andati avanti rischiando di bruciare la credibilità faticosamente riconquistata alla saga di Guerre Stellari con The Mandalorian. La strada della galassia lontana lontana continua insomma a essere accidentata da vari autosabotaggi, cadute di stile e sbandate di tono, a cui non può bastare la "pucciosità" irresistibile di Baby Yoda per tenere in piedi la baracca. Le prossime serie dovranno fare molto meglio di così... 