nanni
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lunedì 25 maggio 2015
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youth
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YOUTH
In un esclusivo hotel svizzero, tra vecchie glorie disfatte dello sport ed attori rampanti in cerca di ispirazione
Mick , vecchio e famoso regista che sta lavorando a quello che sarà il suo ultimo film/testamento morale ,
e Fred, altrettanto vecchio, famosissimo direttore d’orchestra convinto di non aver più nulla da dire e da
fare , trascorrono un soggiorno di vacanza confrontandosi sul tempo passato e che passa.
Attori a parte Sorrentino, rimanendo un po’ troppo sulla superficie della sua riflessione sulla vecchiaia ,
impedisce ai protagonisti di cogliere le tante sfaccettature che generano la crisi con quella particolare
condizione .
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YOUTH
In un esclusivo hotel svizzero, tra vecchie glorie disfatte dello sport ed attori rampanti in cerca di ispirazione
Mick , vecchio e famoso regista che sta lavorando a quello che sarà il suo ultimo film/testamento morale ,
e Fred, altrettanto vecchio, famosissimo direttore d’orchestra convinto di non aver più nulla da dire e da
fare , trascorrono un soggiorno di vacanza confrontandosi sul tempo passato e che passa.
Attori a parte Sorrentino, rimanendo un po’ troppo sulla superficie della sua riflessione sulla vecchiaia ,
impedisce ai protagonisti di cogliere le tante sfaccettature che generano la crisi con quella particolare
condizione .
Nulla ci dice del perché, per esempio, il rapporto con il tempo che passa e la consapevolezza della fine,
sorprenda i vecchi impreparati oggi più di ieri .....................
................nulla , per esempio, della responsabilità che, alle nostre latitudini, il cosiddetto edonismo reganiano
Illudendoci di essere diventati tutti immortali, renda meno sereno ed equilibrato, casomai fosse possibile ,
il rapporto con l’approssimarsi della fine condannandoci, perciò, o al rimpianto o alla depressione……
……………….nulla sull’esasperante pratica della chirurgia estetica /pillola di eterna giovinezza …….......…...
......nulla sull’esorcizzazione scientifica dell’idea di morte attraverso la rimozione di ogni forma esteriore del lutto.....
………nulla sul fatto che oggi si muore al riparo di ogni possibile sguardo……etc.....etc.....ect…e chi più ne ha più ne metta…
Con il suo stile esasperatamente ampolloso, che si sostituisce alla sostanza della narrazione, Sorrentino ci
suggerisce semplicemente che, citando il sempre verde Claudio Baglioni, la vita è adesso e, purtroppo,
poco altro.
Onestamente, ci saremmo aspettati qualcosa di più.
Ciao Nanni
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zenos
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martedì 26 maggio 2015
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la (grande?) giovinezza sprecata.
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Mentre ero rimasto affascinato dal capolavoro che ha valso l'oscar a Sorrentino, nel suo ultimo lavoro manca completamente questa meraviglia. Tranne alcune scene che devo dire mi hanno molto colpito, il film in generale l'ho trovato abbastanza banale. In alcuni momenti pare sia stato diretto da tre diverse persone. Alcune scene non si legano ad altre. È un classico esempio di un film "vorrei ma non posso". Peccato. I lavori di Sorrentino mi sono sempre piaciuti ma questo film l'ho davvero trovato troppo forzato, in particolare modo sprecato. La fotografia in alcune scene è spettacolare mentre in altre rasenta la bruttezza. Sono rimasto molto deluso. Altra cosa: troppo lungo, ci sono dei tempi morti davvero esasperanti.
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Mentre ero rimasto affascinato dal capolavoro che ha valso l'oscar a Sorrentino, nel suo ultimo lavoro manca completamente questa meraviglia. Tranne alcune scene che devo dire mi hanno molto colpito, il film in generale l'ho trovato abbastanza banale. In alcuni momenti pare sia stato diretto da tre diverse persone. Alcune scene non si legano ad altre. È un classico esempio di un film "vorrei ma non posso". Peccato. I lavori di Sorrentino mi sono sempre piaciuti ma questo film l'ho davvero trovato troppo forzato, in particolare modo sprecato. La fotografia in alcune scene è spettacolare mentre in altre rasenta la bruttezza. Sono rimasto molto deluso. Altra cosa: troppo lungo, ci sono dei tempi morti davvero esasperanti. Manca totalmente di ritmo, di verve. Confido nel futuro lavoro.
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catcarlo
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martedì 26 maggio 2015
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youth
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(Sarebbero tre stelle e mezza)
E’ oramai chiaro a tutti che la cifra stilistica di Sorrentino è il barocco. Se è del regista il fin la meraviglia, non si può prescindere da un’esperienza sensoriale che sia quanto più intensa possibile: ecco allora una parte visiva davvero sontuosa accompagnata da musiche azzeccate che riescono a moltiplicarne l’effetto. Sfruttando la brillante fotografia di Luca Bigazzi, il regista napoletano dissemina tutto il film di inquadrature memorabili, sfruttando bene il contrasto fra la linearità e la luce del panorama montano messe a confronto con gli ambienti vecchio stile che caratterizzano gli interni del grande albergo un po’ malandato in cui si svolge gran parte della vicenda: i ‘quadri’ dell’esposizione sorrentiniana variano così dalle nature morte con persone – la sauna, la piscina, l’amore comprato – ai paesaggi in cui la bucolicità alpina brilla nel verde dei prati e nel bianco delle nevi.
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(Sarebbero tre stelle e mezza)
E’ oramai chiaro a tutti che la cifra stilistica di Sorrentino è il barocco. Se è del regista il fin la meraviglia, non si può prescindere da un’esperienza sensoriale che sia quanto più intensa possibile: ecco allora una parte visiva davvero sontuosa accompagnata da musiche azzeccate che riescono a moltiplicarne l’effetto. Sfruttando la brillante fotografia di Luca Bigazzi, il regista napoletano dissemina tutto il film di inquadrature memorabili, sfruttando bene il contrasto fra la linearità e la luce del panorama montano messe a confronto con gli ambienti vecchio stile che caratterizzano gli interni del grande albergo un po’ malandato in cui si svolge gran parte della vicenda: i ‘quadri’ dell’esposizione sorrentiniana variano così dalle nature morte con persone – la sauna, la piscina, l’amore comprato – ai paesaggi in cui la bucolicità alpina brilla nel verde dei prati e nel bianco delle nevi. La colonna sonora di David Lang sottolinea la storia con una delicata, malinconica classicità alternandosi con gusto, come abitudine del regista, a brani provenienti dall’universo pop-rock (inclusa la fascinazione per l’orrido): spunta anche un (bel) rifacimento di ‘Reality’, ma lo spazio maggiore è appannaggio di Mark Kozelek che, in una scena, interpreta se stesso. L’uomo dietro i Sun Kil Moon segue David Byrne e Venditti nella raccolta di figurine musicali di Sorrentino, qui rafforzata anche dalla violinista Viktorija Mullova e dal soprano Sumi Jo: una tendenza all’accumulo che, spesso e volentieri, non dà un particolare valore aggiunto. Del resto, l’impressione di sovraccarico è sempre presente nei film del regista, con tanti argomenti che si intrecciano grazie anche all’introduzione di numerosi personaggi secondari a volte solo abbozzati: ecco allora che alla meditazione sulla vecchiaia si uniscono il rapporto fra padri e figli, la riflessione sul passato, il motore della creatività e la sua stasi, il desiderio come base dell’arte e della voglia di andare avanti nella vita più varie ed eventuali. Il tutto grava su una storia assai esile: in un hotel di lusso sulle Alpi svizzere Fred, direttore d’orchestra a riposo, e Mick, regista che tenta disperatamente di rimanere in attività, entrambi anziani, passano le vacanze rievocando sovente il passato comune. Il primo è al limite dell’apatia che ne accentua una certa anaffettività, mentre il secondo si circonda di giovani alla ricerca di linfa vitale: l’abbandono della figlia del primo da parte del materialissimo pargolo del secondo increspa appena le acque, consentendo di esternare qualche vecchio rancore prima che una serie di piccoli eventi portino i due personaggi principali a incrociare gli stati d’animo. Tutto qui, ma è impossibile raccontare le mille deviazioni che tagliano la strada e, quasi come in Pynchon, prendono per un attimo la scena per poi venire dimenticate, come l’attore colto tormentato dall’idea di venire ricordato solo per l’interpretazione di un supereroe (vedi alla voce ‘Birdman’) o l’omaggio all’idolo Maradona per non parlare del monaco buddista oppure di Miss Universo che, almeno, è indispensabile per la scena in un certo senso riassuntiva riportata anche nel manifesto. A parte gli scambi di battute tra Fred e Mick e a qualche spruzzo di umorismo acido, i dialoghi sono spesso stilizzati allo stesso livello delle immagini, ma alla fine le frasi ad effetto sono, anch’esse in eccesso oltre a rivelarsi a volte di una certa banalità: così, ripensando al film a mente fredda (ovvero lontano dalla fascinazione della messa in scena) si finisce per pensare che si tratti di un lavoro non del tutto riuscito, in cui ai difetti propri del regista non si contrappone il mirabile equilibrio presente ne ‘La grande bellezza’. Ciò non toglie che, nel buio della sala, le emozioni non manchino perché – tanto vale ribadirlo – Sorrentino è bravo con la macchina da presa: a confermarlo basterebbero gli echi felliniani della scena che celebra le ‘donne’ di Mick e il crescendo emotivo della sequenza finale spezzata però da un’immagine-coltellata che neanche Dario Argento. In più c’è un signor cast, tutto internazionale (il film è stato recitato in inglese, come già ‘This must be the place’) e sicuramente in sintonia col progetto: la classe di Michael Caine nei panni di Fred (con una pettinatura che ricorda parecchio Jep Gambardella) , il dinamismo di Keitel come Mick, la bella e brava Rachel Weisz, un Paul Dano che sorprende in positivo e la breve apparizione di Jane Fonda che non nasconde le rughe e assomiglia sempre più al padre. Il risultato è un lavoro meno riuscito del predecessore, ma che, pur tra eccessi di ambizione e qualche scivolata, sa regalare momenti di grande cinema e due ore di intrattenimento che, malgrado l’argomento non facile, non fa percepire il tempo che passa.
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iuras
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giovedì 28 maggio 2015
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superare i rimpianti
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Può vedersi quasi come un personaggio del film il "tempo", che scandisce la vita di ogni uomo dalla adolescenza alla vecchiaia .Il dizionario inglese da del termine "youth" la seguente definizione : the "state" or "time" of beeing Young , che , a mio avviso, si adatta meglio del termine italiano "giovinezza" al significato più profondo del film.La prima parte del film ci introduce nel mondo triste,dolente,angoscioso della vecchiaia con immagini,atmosfere,figure e luoghi resi magistralmente in modo quasi chirurgico , che culminano con quellla straziante rappresentazione di una serie di persone seminude che sembrano in decomposizione, allineate su una griglia nel giardino dell'albergo nella illusoria speranza o tentativo di poter , con la cura del corpo, arrestare l'inesorabile passare del tempo.
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Può vedersi quasi come un personaggio del film il "tempo", che scandisce la vita di ogni uomo dalla adolescenza alla vecchiaia .Il dizionario inglese da del termine "youth" la seguente definizione : the "state" or "time" of beeing Young , che , a mio avviso, si adatta meglio del termine italiano "giovinezza" al significato più profondo del film.La prima parte del film ci introduce nel mondo triste,dolente,angoscioso della vecchiaia con immagini,atmosfere,figure e luoghi resi magistralmente in modo quasi chirurgico , che culminano con quellla straziante rappresentazione di una serie di persone seminude che sembrano in decomposizione, allineate su una griglia nel giardino dell'albergo nella illusoria speranza o tentativo di poter , con la cura del corpo, arrestare l'inesorabile passare del tempo.E' nella seconda parte del film (meno lenta della prima che era stata appositamente voluta per creare quella atmosfera che caratterizza la vecchiaia) che il regista , crearta tale atmosfera , quasi ci impone una riflessione sulla possibilità che anche nella vecchiaia riviva lo " stato" o il "tempo" della giovinezza. Ad ognuno la propria risposta all'interogativo.Film bellissimo ;probabilmente a Cannes sono prevalse considerazioni di altro tipo . GIBI
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antonio tramontano
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sabato 30 maggio 2015
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la caducità umana secondo sorrentino
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Paolo Sorrentino è un genio contemporaneo, un autore che ha creato un suo stile esclusivo, che riconosci già dai primi 20 secondi, quando osservi, in primo piano, il volto di una timida cantante concentrata sul suo pezzo ed incurante del pubblico che la circonda.
Al suo settimo film, il grande regista comprende che non è semplice riproporre una sceneggiatura perfetta, equilibrata e strabiliante per originalità, così assume le sembianze di un pittore. Le sue pennellate sulla tela cinematografica trasmettono emozioni che toccano le corde del nostro inconscio e non lasciano, di certo, indifferente chi è particolarmente sensibile al suo stile. Attraverso atmosfere che ricordano splendidi dipinti di Edward Hopper, si muove una miriade di personaggi, essi riflettono, in modo conscio ed inconscio, sul loro passato e sul tempo che resta ancora da vivere.
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Paolo Sorrentino è un genio contemporaneo, un autore che ha creato un suo stile esclusivo, che riconosci già dai primi 20 secondi, quando osservi, in primo piano, il volto di una timida cantante concentrata sul suo pezzo ed incurante del pubblico che la circonda.
Al suo settimo film, il grande regista comprende che non è semplice riproporre una sceneggiatura perfetta, equilibrata e strabiliante per originalità, così assume le sembianze di un pittore. Le sue pennellate sulla tela cinematografica trasmettono emozioni che toccano le corde del nostro inconscio e non lasciano, di certo, indifferente chi è particolarmente sensibile al suo stile. Attraverso atmosfere che ricordano splendidi dipinti di Edward Hopper, si muove una miriade di personaggi, essi riflettono, in modo conscio ed inconscio, sul loro passato e sul tempo che resta ancora da vivere. Tra questi un commovente Harvey Keitel ed un superbo Michael Caine, due amici di vecchia data che, nell’incantevole location alpina, tra passeggiate, saune ed una buona dose di ironia, affrontano il problema del divenire. Il primo è un regista che unisce alla nostalgia del passato la volontà di creare ancora, l’orgoglio di sentirsi vivo in qualità di artista. Il secondo, ex compositore e direttore d’orchestra, ha rinunciato alla sua attività immergendosi in una sorta di distacco dal mondo. Un’opera sul tema della caducità umana dove non mancano perfette allegorie ed omaggi al cinema, all’arte, ed a personaggi reali dalla vita travagliata come Diego Armando Maradona. Colpisce con forza proprio la rappresentazione grottesca di quest’ultimo: un uomo che aveva dato un senso alla propria vita regalando gioia ed intrattenimento con la più superficiale delle magie, quella del calcio, si ritrova drammaticamente obeso, non autosufficiente, ma con lo spirito di un bambino. La forza dell’immaginazione gli permette di rifugiarsi in quello che era, nell’illusione e convinzione di essere stato un soggetto fuori dall’ordinario, un Dio, proprio come viene definita la Miss mondo al suo ingresso in piscina sotto gli sguardi curiosi ed impotenti di Fred e Mick. Bellezza devastante e prosperità, un frutto che sembra, oramai, proibito ai due. Sublimi coreografie musicali, che accompagnano tutte le fasi salienti dell’opera, si alternano armoniosamente a dialoghi spesso ironici ed efficaci, ma altre volte più piatti, alla ricerca di una citazione pre-stampata che sa un po’ di retorico. Poi c’è la giovinezza, incarnata nella persona di una giovane massaggiatrice dalla bellezza ancora acerba, che privilegia il contatto umano alle parole. Si rifugia spesso nella sua stanza e balla, con l’aiuto di un gioco virtuale dà speranza a sogni nascosti e riservati, ben consapevole di avere ancora tanto da vivere. Ma proprio il tempo, fino a che permette all’uomo di esserci, può regalare la speranza di vivere ancora momenti idilliaci, ed è così che il vecchio Fred Ballinger può trovare, ancora, nell’arte musicale, la sua giovinezza.
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silvano bersani
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domenica 31 maggio 2015
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la morte in engandina
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Stranamente Sorrentini viene avvicinato a Fellini. Ad una osservazione superficiale potrebbe anche apparire così. Eppure continuo a pensare che nel cinema di Sorrentino c'è molto, molto di più e di diverso.
Mentre La Roma della Grande Bellezza era un luogo molle, incrostato di significati e di odori, questo film è ambientato in una beauty farm nelle Alpi svizzere. E' un luogo quasi astratto, siderale, una perfetta macchina per riparare corpi e menti afflitte dal male di vivere o, il che è peggio, dal male di aver vissuto, o di non aver vissuto, perchè tanto a questo punto non fa poi differenza. Non è un albergo di lusso: nella sua perfezione è quasi una macchina, un sanatorio, un lager, il tavolo anatomico di uno spietato anatopatologo dello spirito.
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Stranamente Sorrentini viene avvicinato a Fellini. Ad una osservazione superficiale potrebbe anche apparire così. Eppure continuo a pensare che nel cinema di Sorrentino c'è molto, molto di più e di diverso.
Mentre La Roma della Grande Bellezza era un luogo molle, incrostato di significati e di odori, questo film è ambientato in una beauty farm nelle Alpi svizzere. E' un luogo quasi astratto, siderale, una perfetta macchina per riparare corpi e menti afflitte dal male di vivere o, il che è peggio, dal male di aver vissuto, o di non aver vissuto, perchè tanto a questo punto non fa poi differenza. Non è un albergo di lusso: nella sua perfezione è quasi una macchina, un sanatorio, un lager, il tavolo anatomico di uno spietato anatopatologo dello spirito. Il rimando che viene in mente (strano che nessuno l'abbia colto) è più alla Montagna Incantata di Mann. E non a caso certe scene del film, certi passaggi, certi dialoghi, rimandano direttamente al Visconti della Morte a Venezia. Perchè in fondo è questo di cui si tratta: di una lunga meditazione sulla vita nel momento in cui diventa sempre più corta, della giovinezza, nel momento in cui viene a mancare, delle passioni non certo sopite, ma dolorosamente interiorizzate nel momento in cui l'orologio biologico dice che il tempo è scaduto, e delle passioni stesse è consentito cogliere o il rimorso o il rimpianto. E questa è la vera crudeltà del film, perchè se la sceneggiatura è lieve, se i dialoghi sono intessuti di una bella ironia molto britannica, il confronto tra corpi giovani e levigati, anche quando inconsapevoli, e la devastazione che il tempo ha lasciato sugli altri corpi, questi si, purtroppo, anche troppo consapevoli, è di una cattiveria quasi insopportabile.
Sugli aspetti formali del film molto ci sarebbe da dire. Cominciamo da quelle che ritengo possono essere unanimemente condivisibili. Grandi, grandissimi interpreti, sia i due protagonisti maschili, sia la sorprendente Rachel Weisz. Grande anche il cameo di Jane Fonda. (Ma dietro ad un grande interprete c'è sempre la mano di un grande regista). Ci vuole una assoluta consapevolezza del mezzo per condurre lunghi monologhi con inquadratura fissa in primo piano. Altri autori, per molto meno, sarebbero stati massacrati dalla critica e dal pubblico. Eppure a Sorrentino viene sempre rimproverato l'opposto contrario, e cioè la rindondanza di immagine.
Una grande ammirazione anche per la fotografia, asciugata, sobria, ma che non rinuncia mai alla pienezza espressiva del mezzo.
E poi c'è lui, Sorrentino. Come dicevano altri, se a qualcuno Sorrentino non piace non c'è proprio mezzo per convicere del contrario. Il suo perfezionismo formale è spesso motivo di riserve. Io dico solo, sommessamente: se leggo un libro mi piace che sia scritto con un buon linguaggio, se ascolto un disco mi piace che il suono sia pulito e ricco di dinamica, se vedo un film apprezzo se lo sforzo compositivo dell'immagine è parte del processo artistico creativo. E le inquadrature di Sorrentino sono una vera festa per gli occhi. Forse giova ricordarlo: lo specifico cinematografico è appunto: narrazione attraverso le immagini.
Poi qualcuno si è rammaricato per la dura sorte riservato al film dai fratelli Cohen a Cannes. La loro cifra espressiva è talmente divergente da quella di Sorrentino che francamente avremmo dovuto stupirci del contrario.
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[+] una festa per gli occhi
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jackmalone
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lunedì 1 giugno 2015
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la conquista della gioventù
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Se nella vita di ognuno la gioventù sembra scontata e non la si apprezza abbastanza finchè non diventa un ricordo, la vecchiaia é un dono che non è concesso a tutti.Nemmeno un grande direttore d'orchestra o un regista famoso hanno fatto cose tanto meritevoli o tanti atti di generosità nella loro vita da meritare di invecchiare, per di più in buona salute.La maggior parte delle persone che hanno avuto il dono di invecchiare sprecano questa opportunità; in genere si diventa egocentrici , irascibili,ipercritici verso i figli e verso la gioventù, in genere solo per invidia.Il film sembra suggerire che la gioventù, come attitudine a guardare il mondo e gli altri con ingenuità ,ottimismo e spirito propositivo è una conquista che forse si può realizzare solo ad una certa età quando le passioni sono placate e si dovrebbe aver raggiunto un accettabile equilibrio.
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Se nella vita di ognuno la gioventù sembra scontata e non la si apprezza abbastanza finchè non diventa un ricordo, la vecchiaia é un dono che non è concesso a tutti.Nemmeno un grande direttore d'orchestra o un regista famoso hanno fatto cose tanto meritevoli o tanti atti di generosità nella loro vita da meritare di invecchiare, per di più in buona salute.La maggior parte delle persone che hanno avuto il dono di invecchiare sprecano questa opportunità; in genere si diventa egocentrici , irascibili,ipercritici verso i figli e verso la gioventù, in genere solo per invidia.Il film sembra suggerire che la gioventù, come attitudine a guardare il mondo e gli altri con ingenuità ,ottimismo e spirito propositivo è una conquista che forse si può realizzare solo ad una certa età quando le passioni sono placate e si dovrebbe aver raggiunto un accettabile equilibrio. Anche la scelta estrema del regista sembra dettata dalla razionalità e non emoziona più di tanto. ciò che emoziona tanto in questo film non si trova nei drammi personali: la ragazzina che si prostituisce , il famoso calciatore dalla vita sregolata , la moglie demente chiusa in un ospizio , é nei paesaggi immortalati dalla maestria fotografica e nella musica sublime che, essendo una cosa del tutto inutile alla vita dei comuni mortali, più di tutto dà un significato alla vita stessa. Una delle emozioni più grandi che il film ci regala è il concerto dei campanacci delle inconsapevoli mucche al pascolo e dello stormo degli uccelli in volo che sembra un applauso.
E' bello vedere che gli italiani sanno fare le cose proprio bene quando si impegnano!
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artal
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mercoledì 10 giugno 2015
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la grande giovinezza
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Youth di Paolo Sorrentino
La giovinezza è guardare qualcosa trovandolo intensamente vicino, la vecchiaia è l'esatto opposto, è la memoria che fa capricci, è un lento andare verso il lontano.
Un direttore di orchestra ormai in pensione si trova a fare i conti con l'amore per la musica cui ha sacrificato quasi tutto, dal rapporto con la moglie a quello con la figlia, coinvolta e sconvolta dalla fine del suo matrimonio. Un regista si dedica alla stesura della sua ultima opera coadiuvato da un gruppo di giovani sceneggiatori. Un attore si dedica alla creazione del personaggio che dovrà liberarlo dal ruolo commerciale che lo ha reso famoso e per finire trova spazio anche la partecipazione di una miss universo in grado di solleticare pruriti agli spettatori ignari della sua nuda bellezza.
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Youth di Paolo Sorrentino
La giovinezza è guardare qualcosa trovandolo intensamente vicino, la vecchiaia è l'esatto opposto, è la memoria che fa capricci, è un lento andare verso il lontano.
Un direttore di orchestra ormai in pensione si trova a fare i conti con l'amore per la musica cui ha sacrificato quasi tutto, dal rapporto con la moglie a quello con la figlia, coinvolta e sconvolta dalla fine del suo matrimonio. Un regista si dedica alla stesura della sua ultima opera coadiuvato da un gruppo di giovani sceneggiatori. Un attore si dedica alla creazione del personaggio che dovrà liberarlo dal ruolo commerciale che lo ha reso famoso e per finire trova spazio anche la partecipazione di una miss universo in grado di solleticare pruriti agli spettatori ignari della sua nuda bellezza. Il tutto ambientato in una Svizzera primaverile dalle blue cime.
C'è un'antipatia verso Sorrentino che male si lega con l'Opera, un'antipatia per il regista, non certo per l'uomo, perchè il suo modo di raccontare le cose, lo spazio della narrazione ed il tempo della trama, sono borghesi e perbenisti come una scena bucolica in cui non trovano spazio le rivolte contadine, gli allevatori sporchi di sudore e la sporcizia che l'uomo ha in se e produce. È un'antipatia legata al suo sguardo da salotto buono, così lindo e così ricercato da sembrare innaturale. Eppure c'è qualcosa di nuovo, qualcosa che non si trova altrove, c'è un'innovazione di fondo che non si vedeva dai tempi di Fellini, una costruzione delle sequenze che ha del rivoluzionario: perchè il film è costruito sulle immagini e per queste. Può sembrare una banale ovvietà, invece è l'appunto più evidente che si possa fare a questo film, perchè sono le immagini, le inquadrature, le luci e la fotogafia ad importare. Tutto il resto no. Non ha importaza, nessuna, la sceneggiatura, a tratti insignificante e senza alcuno spessore; non hanno importanza i dialoghi, sciatti e a tratti grotteschi ridotti ad un semplice riempitivo, qualcosa per interrompere il susseguirsi delle inquadrature; non ha importanza la storia e nessuna importanza ha la trama che a tratti pare di una sconcertante stupidità. Chi sta dietro la macchina da presa, il cameramen, lo sceneggiatore ed il soggettista, potrebbero pure non esserci. Eppure, e qui sta il colpo di genio, è un cinema innovativo, è qualcosa che dicevamo di non vedere da tanti anni, un modo di rendere il cinema il posto per le immaggini e nient'altro, come se di nuovo linguaggio si parlasse, come se ci si trovasse di fronte ad una nuova concezione di cinema e questo a discapito dell'antipatia che suscita una simile consapevolezza. Gli attori, magistrali e dalla potenza scenica non indifferente, rendono piacevole la visione. Michael Caine è un portento, Harvey Keitel è un degno compromesso tra i ricordi che suscita ed i capelli spolverati di bianco, Rachel Weisz formidabile.Tutto questo idillo però non dura che per una ottantina di minuti a fronte dei 138 circa. Perchè sul dialogo in cui trova spazio una insensata Jane Fonda, è forte la voglia di alzarsi e andare via per poi magari tornare proprio prima della fine, quando l'ennesima inutile scena non è che una conferma di quanto fosse sufficente interrompere il film e trattarlo come un documentario, uno di quelli sulla natura con gli animali. Voto 6.
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ginux85
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lunedì 22 giugno 2015
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la vecchiaia secondo paolo
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C'è tanto di tante cose in questo nuovo film del regista Paolo Sorrentino.
Tanti sono i protagonisti. Due quelli principali: Fred, malinconico, cinico direttore d'orchestra in pensione, altezzoso e rassegnato al declino impostogli dall'età veneranda, interpretato da un Michael Caine sostanzialmente perfetto. Diverso ma altrettanto riuscito l'amico Harvey: anch'egli anziano, ma energico e combattivo regista che, nella febbricitante ricerca dell'inquadratura giusta, appare degna controfigura dell'amico. Prima della fine il film ci farà ricredere sul destino di entrambi.
Accanto a questi, molti altri personaggi sono memorabili.
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C'è tanto di tante cose in questo nuovo film del regista Paolo Sorrentino.
Tanti sono i protagonisti. Due quelli principali: Fred, malinconico, cinico direttore d'orchestra in pensione, altezzoso e rassegnato al declino impostogli dall'età veneranda, interpretato da un Michael Caine sostanzialmente perfetto. Diverso ma altrettanto riuscito l'amico Harvey: anch'egli anziano, ma energico e combattivo regista che, nella febbricitante ricerca dell'inquadratura giusta, appare degna controfigura dell'amico. Prima della fine il film ci farà ricredere sul destino di entrambi.
Accanto a questi, molti altri personaggi sono memorabili. Stupendo il finto Maradona: palleggiatore abilissimo seppur grasso e sempre a rischio asfissia. Bello l'alpinista: barbuto, silenzioso, espressivo. Allusivo il personaggio della figlia, di una fragilità quasi ineludibile, a dispetto dell'età, non più giovane.
Accanto a quelli in carne e ossa, alcuni temi sono protagonisti indiscussi non meno evidenti degli attori.
In primis il passato. Tutto nel film esiste in antitesi con il proprio passato: affrontare, superare quando anche solo non dialogare con il passato, assume per (quasi) tutti i personaggi le sembianze di un rebus senza via d'uscita. Il passato, ineludibile, cancella e sopprime; di qui l'angoscia pressante per ciò che si dimentica e che sparisce, perso probabilmente per sempre. Come ogni lieto fine impone, il film propone la più logica soluzione al problema.
Le emozioni.
Al di la dei successi terreni, delle gioie e dei dolori, degli amore e dei tradimenti. Oltre e a dispetto di tutto ciò, restano importanti e davvero preziose solo le emozioni, che la vita ci ha dato, e inaspettatamente continua a darci. Il dolore per la perdita della persona amata. La bellezza conturbante di una formosa Miss Mondo. Il dolore lancinante di un abbandono. I suoni armoniosi della natura, e il sogno ad occhi aperti che questi inducono. Perspicaci e ricorrenti, le emozioni irrompono persino in un'austera coppia di coniugi muti; improvvisamente travolti da una passione scatenata in una cornice bucolica.
Vicenda e attori sono ambientati in un “non luogo”: lussuoso ma freddo, isolato, austero e sfuggente. Un lussuoso hotel svizzero, incastonato tra delle montagne di struggente bellezza; ed è facile vedere negli idillici panorami delle Alpi svizzere, un contraltare ai due principali protagonisti, problematici e quasi “sporchi”: non cattivi in se, piuttosto “consunti”, come segnati da vite lunghe e piene di successi, quanto di segreti e ombre, come le vite delle persone potenti (e a volte anche dei comuni mortali) sanno essere.
Un po' come anche ne La grande bellezza, tutto questo “tanto” a tratti genera un po' di confusione. Il “disordine creativo” a cui Sorrentino un po' ci aveva abituati nelle suo opere precedenti, trova in questo film, prosieguo naturale. Ma dopo tutto questo è il minimo della pena a fronte delle tante qualità di quest'opera.
Il film è emozionante, pieno di ispirazioni, arricchito con alcune citazioni colte che lasciano il segno nello spettatore medio; (dirette: Novalis. Indirette: La Montagna incantata di T.M. con la relativa introspezione e spaccati sociali).
Intelligenti e profondi molti dei dialoghi, (banale qualche altro); ancora migliori alcuni lunghi silenzi che accompagnano i panorami. Di una bellezza sorprendente alcune riprese; assolutamente originale e bellissima la colonna sonora.
In sintesi un film non comune, da vedere con attenzione, che ci conferma, qualora ce ne fosse bisogno, quanto Sorrentino sia un regista non solo bravo ma anche che ha tanto da dire e da dare al nostro cinema.
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stefano67
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venerdì 26 giugno 2015
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sorrentino ancora grande
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GRANDE CINEMA QUELLO OFFERTO DA SORRENTINO - DOPO UN FILM PERFETTO COME "LA GRANDE BELLEZZA" NON ERA FACILE....
CAST DI ALTISSIMO QUALITA' CON UNA RECITAZIONE ALL'ALTEZZA (TRANNE KEITEL FORSE FUORI RUOLO). CAMEO DI JANE FONDA STRAORDINARIO.
DIALOGHI DI SPESSORE CHE SUPPORTANO RAPPORTI UMANI COMPLESSI (SCUSATE SE E' POCO...) CON GRANDE SENSIBILITA' - UNA VISIONE-VISIONARIA MOLTO FELLINIANA MA ORIGINALE.
DA VEDERE E RIVEDERE. SENZA IL MINIMO DUBBIO.
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