Youth - La giovinezza

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Un film di Paolo Sorrentino. Con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano.
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Titolo originale Youth. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 118 min. - Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna 2015. - Medusa uscita mercoledì 20 maggio 2015. MYMONETRO Youth - La giovinezza * * * 1/2 - valutazione media: 3,65 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Elogi e critiche per un capolavoro a metà Valutazione 3 stelle su cinque

di Giorpost


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lunedì 21 marzo 2016

In una clinica-albergo situata sulle Alpi svizzere, individui di eterogenea umanità, accomunati solo dal conto in banca, vi si recano periodicamente per recuperare fisico e spirito; tra essi spiccano Fred Ballinger e Mick Boyle, rispettivamente famoso compositore in pensione e regista di successo. Entrambi sull'ottantina ed amici da più di cinquant'anni, trascorrono le giornate a rivangare un passato fatto di amori, sesso e scelte contraddittorie, mentre riflettono a viso aperto sul tempo che scorre inesorabile. Le loro lunghe chiacchierate, immersi in un meraviglioso scenario di fondo, s'interrompono quando gli sguardi si posano ora sulla bellezza statuaria della voluttuosa (e mica tanto stupida) miss Universo, ora su di un entusiasta e spensierato ragazzo intento ad impennare con la sua bici su una stradina; fanghi e massaggi sono pretesti per poter approfondire la conoscenza di chi nell'hotel ci lavora, tra le proprie passioni ludiche e i sogni nascosti nel cassetto. La musica e le luci soffuse della sera, l'aria pomposa e il cielo ad un passo fluidificano i pensieri che mai sfociano in rabbia, nemmeno quando il figlio di Mick annuncia di aver lasciato la figlia di Fred per una popstar inglese “brava a letto”. Ma il passato ogni tanto ritorna e bisogna inevitabilmente farci i conti, finanche per chi ha all'attivo venti film, undici dei quali con protagonista la diva Brenda Morel la quale, ingrata e irriverente, si reca in Svizzera solo per piantare in asso sul più bello il regista che proprio il giorno prima aveva trovato uno stentato finale per il suo ultimo lavoro; e mentre Fred rifiuta di esibirsi per Sua Maestà la Regina, la figlia tradita Lena (Rachel Weisz) si accontenta di un banale e poco interessante scalatore di montagne fissato con gli orologi, passione che lo accomuna al leggendario ex giocatore "che tutti sanno essere mancino", anch'egli ospite del ricovero, preso dalla nostalgia del campione che fu ma ancora in grado di palleggiare persino con una palla da tennis, mentre la silente Anjelica si prende cura del suo piede sinistro.
Il finale, debole, mostra da un lato quanto la vita possa riservare ancora molte sorprese nonostante l'età avanzata e come sia possibile tornare sui propri passi, mentre dall'altro assistiamo all'improvviso ed inaspettato declino psicologico di chi fino a quel momento pareva fregarsene del tempo.

Paolo Sorrentino ha uno stile registico unico e la sua impronta è riconoscibile in ogni singolo frame, con una particolare meticolosità nei primi piani, nei quali ogni ruga o increspatura del volto appare come un gran canyon. Il suo punto di vista, sempre elegante e raffinato, potrà non piacere ma è difficile non riconoscerne gusto ed estetica; fatta la premessa, devo constatare che in quest'occasione il cineasta napoletano non mi ha del tutto convinto per quanto concerne la sceneggiatura: a mio modestissimo avviso i dialoghi e le storie di Youth (Ita - Fra - UK, 2015) non sorreggono a pieno una straordinaria opera d'arte registica e non consentono a due mostri della recitazione come Michael Caine e Harvey Keitel di esprimersi al meglio, se non dal punto di vista espressivo e della mimica, doti delle quali entrambi gli interpreti ne sono indiscussi padroni e che in questa pellicola portano a punte inarrivabili. L'impronta filosofica che Sorrentino ha voluto dare al suo settimo lungometraggio raggiunge livelli troppo sofisticati, sfiorando anche la ridondanza rispetto al lavoro precedente; eccessivi sono i “casi” trattati quando sarebbero bastati i due protagonisti e la citazione ironico-onirica (e profetica?) di Maradona, davvero deliziosa e romantica, invece di allargare lo sguardo, ad esempio, ad un attore in cerca d'ispirazione (Dano), che non aggiunge nulla. Così come, per quanto riguarda la colonna sonora (comunque stupenda), sarebbero bastate le esibizioni dei Retrosettes Sister Band, evitando di riproporre Lang e il vocal unsemble già sentito ne La grande Bellezza.
Poi, chiaramente, c'è un percorso parallelo fatto di sequenze sovrapponibili e scindibili dal resto, alcune delle quali mi hanno molto colpito, come l'amplesso nel bosco della coppia “muta”, di una bellezza raccapricciante e intensissima al tempo stesso, oppure quella della concomitante comparsa delle oltre cinquanta attrici che Mick ha lanciato nell'arco della sua carriera, tutte intente a mostrargli riconoscenza in un'allucinazione post-traumatica; quelle meno convincenti? L'ultima chiacchierata tra i due amici seguita dall'estremo gesto di Mick (troppo leziosa con un Fred eccessivamente distaccato) e la levitazione del monaco buddhista, che mi sa tanto di rivangata (fenicotteri al posto del monaco, terrazzo di Jep Gambardella invece della Svizzera...).

Ma è mia intenzione sottolineare che pur nutrendo riserve su dialoghi e plot, non significa che non ammiri l'opera; la sensazione, semmai, è che Sorrentino sia momentaneamente adagiato su se stesso, specchiandosi troppo nella sua indiscutibile bravura. Ho un consiglio, da umile seguace del grande cineasta: non sprecare il tuo meraviglioso talento, Paolo, devi rischiare, fare qualcosa di controcorrente. Mi piacerebbe molto vederti cimentare in un genere diverso come, ad esempio, la fantascienza, perché sei l'unico regista italiano che, oggi, ha un nome nel mondo, con stile unico e totale padronanza della macchina da presa (oltre ad aver “sposato” artisticamente un fenomenale direttore di fotografia quale è Bigazzi). La tua filosofia, applicata ad un'opera sci-fi (genere sempre troppo sottovalutato) sarebbe all'avanguardia, occorrerebbe “solo” trovare produttori coraggiosi. 
In conclusione, penso che l'Italia debba esser grata al regista premio Oscar non solo per la genialità che ci ha mostrato in questi primi 15 anni di carriera, ma per il semplice fatto che è l'unico regista nostrano che possiamo affiancare, senza per questo esser additati di campanilismo, ai grandi maestri anglo-americani. Sorrentino è un fenomeno, un patrimonio da coccolare e, comunque, sempre meglio un suo bel film che i soliti, appannati e ripetitivi super eroi dei miei stivali, anzi, del nostro Stivale.

Voto disgiunto: 10 a tecnica e stile; 8 a Keitel; 7 a Caine; 6+ per la sceneggiatura.

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