10205747764127580@facebook
|
mercoledì 27 maggio 2015
|
emozione pura
|
|
|
|
Film che emoziona dall'inizio alla fine e ci lascia riflettere a qualsiasi età su quale sia per noi il reale concetto di giovinezza. Credo sia la capacità di stupirsi e di avere ancora voglia di scoprire qualcosa sul nostro futuro e la sintesi della teoria del fanciullino del Pascoli.
Un film da vedere e rivedere per scoprire ancora qualcosa di nuovo e di inatteso e quando finisce non si riesce a staccare gli occhi dallo schermo anche dai titoli di coda e con una certa delusione dentro perchè vorresti non finisse mai.
|
|
[+] lascia un commento a 10205747764127580@facebook »
[ - ] lascia un commento a 10205747764127580@facebook »
|
|
d'accordo? |
|
jacopo b98
|
venerdì 29 maggio 2015
|
una parola: bellissimo!
|
|
|
|
Il compositore e direttore d’orchestra in pensione Fred Ballinger (Caine) è in vacanza in un lussuoso albergo sulle Alpi svizzere. In questo hotel-Babilonia vi sono molti ospiti: il suo migliore amico Mick Boyle (Keitel), anziano regista che sta lavorando al suo capolavoro finale, sua figlia Lena (Weisz), reduce da un doloroso divorzio, un attore (Dano) di Hollywood, impegnato nel preparare il suo prossimo personaggio, e tantissimi altri. Tutti quanti vivono con disincantata monotonia le proprie esistenze, fatte di piccoli momenti, qualche futilità e tutti quanti, a loro modo invecchiano. Ma forse, per lo meno per Ballinger, questa sarà l’occasione per riscoprire una nuova giovinezza.
[+]
Il compositore e direttore d’orchestra in pensione Fred Ballinger (Caine) è in vacanza in un lussuoso albergo sulle Alpi svizzere. In questo hotel-Babilonia vi sono molti ospiti: il suo migliore amico Mick Boyle (Keitel), anziano regista che sta lavorando al suo capolavoro finale, sua figlia Lena (Weisz), reduce da un doloroso divorzio, un attore (Dano) di Hollywood, impegnato nel preparare il suo prossimo personaggio, e tantissimi altri. Tutti quanti vivono con disincantata monotonia le proprie esistenze, fatte di piccoli momenti, qualche futilità e tutti quanti, a loro modo invecchiano. Ma forse, per lo meno per Ballinger, questa sarà l’occasione per riscoprire una nuova giovinezza. Scritto e diretto dal regista, reduce dell’Oscar vinto per La grande bellezza, Youth è l’opera più intimista di Sorrentino, ma non meno ambiziosa del suo precedente film. La prima domanda che sorge al termine del film è: “È perfetto?”, no, probabilmente no, risponderemmo noi. La perfezione Sorrentino (forse) non l’ha ancora trovata, ma Youth ha una straordinaria qualità: è un vero piccolo grande capolavoro, nonché un film davvero bellissimo (e può piacere davvero a tutti, in generale: si tratta certamente di un film più accessibile rispetto al precedente di Sorrentino). È una straordinaria riflessione su ciò che significa diventare vecchi: tentare di vivere una perenne nuova giovinezza, con tutte le impossibilità di riafferrare una condizione purtroppo breve e caduca. Eppure, ci dice Sorrentino, la ricerca di quella giovinezza perduta (che di fondo era anche il tema della Grande bellezza) è l’unico modo che abbiamo di vivere, in quanto la giovinezza è l’unica condizione della vita che ci permetta di cogliere appieno la bellezza di quest’ultima. A suo modo non è un film facile, ma tutto sommato è un’opera che si fa seguire volentieri e cattura lo spettatore per tutta la sua durata. E che gioia vedere due interpreti monumentali quali M. Caine e H. Keitel affrontare di petto il tema a loro più vicino, la condizione in cui entrambi, loro malgrado, si trovano realmente. Le scene impagabili sono tante (una fra tutte: Caine che dirige la natura), i personaggi indimenticabili non si contano, a partire dai vari protagonisti. Certo, coloro che Sorrentino non lo amano forse non apprezzeranno nemmeno Youth (ed è un vero peccato: rappresenta l’occasione cinefila più strabiliante dell’anno), ma per i sorrentiniani (fra cui chi scrive si colloca orgogliosamente) sarà solo l’ennesima dimostrazione dello straordinario talento del loro beniamino. Formalmente eccellente: Sorrentino dirige con la solita classe e raffinatezza, e si avvale di collaboratori notevoli, in particolare il direttore della fotografia Luca Bigazzi e il musicista David Lang. Attori tutti memorabili, ma spendiamo due parole per dire che il migliore per noi è Harvey Keitel, che ci lascia davvero un testamento attoriale straordinario. Grande successo di pubblico, a compensare i mancati premi a Cannes 2015, dove è stato snobbato dalla giuria presieduta dai fratelli Coen.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a jacopo b98 »
[ - ] lascia un commento a jacopo b98 »
|
|
d'accordo? |
|
zarar
|
lunedì 1 giugno 2015
|
quadri di un'esposizione
|
|
|
|
Un anziano direttore d’orchestra e un suo vecchio amico regista, in una asettica e piuttosto sinistra SPA svizzera di lusso, popolata da personaggi con l’aria di naufraghi e automi e da fugaci visioni di giovinezza trionfante, vivono con triste autoironia le limitazioni della vecchiaia, in una presunta vacanza che dovrebbe rimettere in forma il primo, facilitare l’ultimo e cruciale impegno registico dell’altro. Il direttore d’orchestra è apatico, il regista è vagamente eretistico. Su di loro si abbattono proprio in questa circostanza due colpi negativi: l’unica figlia del direttore d’orchestra è abbandonata dal marito; l’attrice a cui il regista è legato da sempre e a cui sogna di far interpretare il suo film – quello definitivo della sua vita - rifiuta nettamente, rinfacciandogli per sovrappiù la sua vecchiaia.
[+]
Un anziano direttore d’orchestra e un suo vecchio amico regista, in una asettica e piuttosto sinistra SPA svizzera di lusso, popolata da personaggi con l’aria di naufraghi e automi e da fugaci visioni di giovinezza trionfante, vivono con triste autoironia le limitazioni della vecchiaia, in una presunta vacanza che dovrebbe rimettere in forma il primo, facilitare l’ultimo e cruciale impegno registico dell’altro. Il direttore d’orchestra è apatico, il regista è vagamente eretistico. Su di loro si abbattono proprio in questa circostanza due colpi negativi: l’unica figlia del direttore d’orchestra è abbandonata dal marito; l’attrice a cui il regista è legato da sempre e a cui sogna di far interpretare il suo film – quello definitivo della sua vita - rifiuta nettamente, rinfacciandogli per sovrappiù la sua vecchiaia. Il regista, che pure sembrava il più vitale, sente di non avere più futuro e si suicida; di fronte a questo shock, l’apatico direttore d’orchestra in modo piuttosto sorprendente si salva, per così dire: decide che invecchiare è comunque meglio che morire, che non va rifiutato quel tanto di futuro che resta, e che ciò è possibile se si accetta fino in fondo il proprio passato. Si fa una certa fatica a mettere insieme la storia raccontata, perché questa storia in sé non ha nessuna forza nel film, nonostante qualche coup de théatre (piuttosto grottesco, oltretutto) . Il dialogo non morde e – a parte qualche felice battuta tra i due vecchi amici - è palesemente, e si direbbe volutamente, banalizzato, convenzionale, recitato. Perché Sorrentino, come già ne “La grande bellezza”, sembra suggerire che le parole non dicono niente di significativo, solo le immagini parlano veramente. Ma come già nell’altro film, il miracolo non riesce : e non perché la macchina da presa non sia nella mano di un maestro, o perché gli attori non siano bravi, ma perché si tratta di una sequenza di scene autoreferenziali, quadri di esposizione: astratti o espressionisti, grotteschi o romantici o bucolici, iperrealistici o ambiguamente onirici, pieni di echi filmici, artistici o letterari, corredati di accompagnamento musicale supersnob. Sotto ogni scena possiamo immaginare un titolo che suggerisce simboli e significati a volontà e tutto l’autocompiacimento del regista. Ma sono slegati, disorganici e non bastano a creare un discorso. Dov’è il Sorrentino di “This must be the place?”
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zarar »
[ - ] lascia un commento a zarar »
|
|
d'accordo? |
|
maurizio d'anna
|
lunedì 15 giugno 2015
|
quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia
|
|
|
|
Un Sorrentino crepuscolare che non ti aspetti. Un indugiare malinconico sul trascorrere del tempo... i ricordi, i rimpianti.
Frasi memorabili fornite ai personaggi. Quadri surreali di rara bellezza. Musiche di forte suggestione emotiva. Contrappunti linguistici e narrativi raffinati. [+]
Un Sorrentino crepuscolare che non ti aspetti. Un indugiare malinconico sul trascorrere del tempo... i ricordi, i rimpianti.
Frasi memorabili fornite ai personaggi. Quadri surreali di rara bellezza. Musiche di forte suggestione emotiva. Contrappunti linguistici e narrativi raffinati.
Se solo si dilungasse meno in alcune scene, direi che l'appagamento del palato sarebbe totale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maurizio d'anna »
[ - ] lascia un commento a maurizio d'anna »
|
|
d'accordo? |
|
ricciottti
|
venerdì 24 luglio 2015
|
una delusione, metafore sbagliate.
|
|
|
|
Un film sulla vecchiaia di un autore appena maturo e certo non vecchio sconta subito questo. Un film con protagonisti di successo sconta un'aoreferenzialità che qui trovo imbarazzante. I due dati assieme ci danno un film che della vecchiaia non riesce a parlare e da questo la "giovinezza " proposta risulta vista in uno specchio deformato. La fotografia è bella, ma è quella di un luogo suntuosamente triste inserito, in un paesaggio di bellezza davvero modesta (anzi). Aforismi detti e personaggi come misteriosi aforismi trattati rispecchiano certo volutamente l'aristocratica visione della vita di Sorrentino ma lasciano un senso di vuoto che qui io ho percepito come banalità piutosto che come mistero.
[+]
Un film sulla vecchiaia di un autore appena maturo e certo non vecchio sconta subito questo. Un film con protagonisti di successo sconta un'aoreferenzialità che qui trovo imbarazzante. I due dati assieme ci danno un film che della vecchiaia non riesce a parlare e da questo la "giovinezza " proposta risulta vista in uno specchio deformato. La fotografia è bella, ma è quella di un luogo suntuosamente triste inserito, in un paesaggio di bellezza davvero modesta (anzi). Aforismi detti e personaggi come misteriosi aforismi trattati rispecchiano certo volutamente l'aristocratica visione della vita di Sorrentino ma lasciano un senso di vuoto che qui io ho percepito come banalità piutosto che come mistero. La vecchiaia è un'altra cosa, la gioventù è un'altra cosa, la vita è - di solito almeno - un'altra cosa, peggiore o migliore chissà, certo differente. Forse Sorrentino vorrebbe che così sia un giorno la sa vecchiaia, cioè intelligentemente risolta dalla catartica scelta finale di Fred, ma di solito non ci sono regine nel destino dei vecchi, né vere né metaforiche. A me sembra che il regista sia già un po' precocemente vecchio e la sua catarsi ambiziosa. A meno che non volesse cripticamente dirci che è Mick ad aver ragione, che il suo suicidio sia la scelta giusta, quando toccarsi non è più un'opzione dimenticata bensì perduta. Il suicidio come scelta catartica per gli altri piuttosto che per chi la fa e dopo non c'è più. A fine film mi son alzato pensando: meno male che è finito - e in fondo non era che un film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ricciottti »
[ - ] lascia un commento a ricciottti »
|
|
d'accordo? |
|
giorpost
|
lunedì 21 marzo 2016
|
elogi e critiche per un capolavoro a metà
|
|
|
|
In una clinica-albergo situata sulle Alpi svizzere, individui di eterogenea umanità, accomunati solo dal conto in banca, vi si recano periodicamente per recuperare fisico e spirito; tra essi spiccano Fred Ballinger e Mick Boyle, rispettivamente famoso compositore in pensione e regista di successo. Entrambi sull'ottantina ed amici da più di cinquant'anni, trascorrono le giornate a rivangare un passato fatto di amori, sesso e scelte contraddittorie, mentre riflettono a viso aperto sul tempo che scorre inesorabile.
[+]
In una clinica-albergo situata sulle Alpi svizzere, individui di eterogenea umanità, accomunati solo dal conto in banca, vi si recano periodicamente per recuperare fisico e spirito; tra essi spiccano Fred Ballinger e Mick Boyle, rispettivamente famoso compositore in pensione e regista di successo. Entrambi sull'ottantina ed amici da più di cinquant'anni, trascorrono le giornate a rivangare un passato fatto di amori, sesso e scelte contraddittorie, mentre riflettono a viso aperto sul tempo che scorre inesorabile. Le loro lunghe chiacchierate, immersi in un meraviglioso scenario di fondo, s'interrompono quando gli sguardi si posano ora sulla bellezza statuaria della voluttuosa (e mica tanto stupida) miss Universo, ora su di un entusiasta e spensierato ragazzo intento ad impennare con la sua bici su una stradina; fanghi e massaggi sono pretesti per poter approfondire la conoscenza di chi nell'hotel ci lavora, tra le proprie passioni ludiche e i sogni nascosti nel cassetto. La musica e le luci soffuse della sera, l'aria pomposa e il cielo ad un passo fluidificano i pensieri che mai sfociano in rabbia, nemmeno quando il figlio di Mick annuncia di aver lasciato la figlia di Fred per una popstar inglese “brava a letto”. Ma il passato ogni tanto ritorna e bisogna inevitabilmente farci i conti, finanche per chi ha all'attivo venti film, undici dei quali con protagonista la diva Brenda Morel la quale, ingrata e irriverente, si reca in Svizzera solo per piantare in asso sul più bello il regista che proprio il giorno prima aveva trovato uno stentato finale per il suo ultimo lavoro; e mentre Fred rifiuta di esibirsi per Sua Maestà la Regina, la figlia tradita Lena (Rachel Weisz) si accontenta di un banale e poco interessante scalatore di montagne fissato con gli orologi, passione che lo accomuna al leggendario ex giocatore "che tutti sanno essere mancino", anch'egli ospite del ricovero, preso dalla nostalgia del campione che fu ma ancora in grado di palleggiare persino con una palla da tennis, mentre la silente Anjelica si prende cura del suo piede sinistro.
Il finale, debole, mostra da un lato quanto la vita possa riservare ancora molte sorprese nonostante l'età avanzata e come sia possibile tornare sui propri passi, mentre dall'altro assistiamo all'improvviso ed inaspettato declino psicologico di chi fino a quel momento pareva fregarsene del tempo.
Paolo Sorrentino ha uno stile registico unico e la sua impronta è riconoscibile in ogni singolo frame, con una particolare meticolosità nei primi piani, nei quali ogni ruga o increspatura del volto appare come un gran canyon. Il suo punto di vista, sempre elegante e raffinato, potrà non piacere ma è difficile non riconoscerne gusto ed estetica; fatta la premessa, devo constatare che in quest'occasione il cineasta napoletano non mi ha del tutto convinto per quanto concerne la sceneggiatura: a mio modestissimo avviso i dialoghi e le storie di Youth (Ita - Fra - UK, 2015) non sorreggono a pieno una straordinaria opera d'arte registica e non consentono a due mostri della recitazione come Michael Caine e Harvey Keitel di esprimersi al meglio, se non dal punto di vista espressivo e della mimica, doti delle quali entrambi gli interpreti ne sono indiscussi padroni e che in questa pellicola portano a punte inarrivabili. L'impronta filosofica che Sorrentino ha voluto dare al suo settimo lungometraggio raggiunge livelli troppo sofisticati, sfiorando anche la ridondanza rispetto al lavoro precedente; eccessivi sono i “casi” trattati quando sarebbero bastati i due protagonisti e la citazione ironico-onirica (e profetica?) di Maradona, davvero deliziosa e romantica, invece di allargare lo sguardo, ad esempio, ad un attore in cerca d'ispirazione (Dano), che non aggiunge nulla. Così come, per quanto riguarda la colonna sonora (comunque stupenda), sarebbero bastate le esibizioni dei Retrosettes Sister Band, evitando di riproporre Lang e il vocal unsemble già sentito ne La grande Bellezza.
Poi, chiaramente, c'è un percorso parallelo fatto di sequenze sovrapponibili e scindibili dal resto, alcune delle quali mi hanno molto colpito, come l'amplesso nel bosco della coppia “muta”, di una bellezza raccapricciante e intensissima al tempo stesso, oppure quella della concomitante comparsa delle oltre cinquanta attrici che Mick ha lanciato nell'arco della sua carriera, tutte intente a mostrargli riconoscenza in un'allucinazione post-traumatica; quelle meno convincenti? L'ultima chiacchierata tra i due amici seguita dall'estremo gesto di Mick (troppo leziosa con un Fred eccessivamente distaccato) e la levitazione del monaco buddhista, che mi sa tanto di rivangata (fenicotteri al posto del monaco, terrazzo di Jep Gambardella invece della Svizzera...).
Ma è mia intenzione sottolineare che pur nutrendo riserve su dialoghi e plot, non significa che non ammiri l'opera; la sensazione, semmai, è che Sorrentino sia momentaneamente adagiato su se stesso, specchiandosi troppo nella sua indiscutibile bravura. Ho un consiglio, da umile seguace del grande cineasta: non sprecare il tuo meraviglioso talento, Paolo, devi rischiare, fare qualcosa di controcorrente. Mi piacerebbe molto vederti cimentare in un genere diverso come, ad esempio, la fantascienza, perché sei l'unico regista italiano che, oggi, ha un nome nel mondo, con stile unico e totale padronanza della macchina da presa (oltre ad aver “sposato” artisticamente un fenomenale direttore di fotografia quale è Bigazzi). La tua filosofia, applicata ad un'opera sci-fi (genere sempre troppo sottovalutato) sarebbe all'avanguardia, occorrerebbe “solo” trovare produttori coraggiosi.
In conclusione, penso che l'Italia debba esser grata al regista premio Oscar non solo per la genialità che ci ha mostrato in questi primi 15 anni di carriera, ma per il semplice fatto che è l'unico regista nostrano che possiamo affiancare, senza per questo esser additati di campanilismo, ai grandi maestri anglo-americani. Sorrentino è un fenomeno, un patrimonio da coccolare e, comunque, sempre meglio un suo bel film che i soliti, appannati e ripetitivi super eroi dei miei stivali, anzi, del nostro Stivale.
Voto disgiunto: 10 a tecnica e stile; 8 a Keitel; 7 a Caine; 6+ per la sceneggiatura.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giorpost »
[ - ] lascia un commento a giorpost »
|
|
d'accordo? |
|
stefano capasso
|
lunedì 5 dicembre 2016
|
riflessioni sul tempo
|
|
|
|
Fred e Mick sono due vecchi amici ottantenni, che si incontrano periodicamente in un hotel sulle alpi svizzere. Uno è stato un compositore e direttore d’orchestra, l’altro un regista di cinema. Un emissario della regina di Inghilterra tenta di convincere Fred a tornare sulle scene per dirigere una sua famosa piece mentre Mick sta cercando di portare a compimento il suo ultimo lavoro.
Paolo Sorrentino in un film di grande bellezza formale racconta la vecchiaia, e i desideri e le contraddizioni che si porta dietro. E’ un bel film, dove si alternano momenti di grande intensità narrativa ad altri di pura fantasia immaginativa. Un percorso di esplorazione dell’età che passa e che ha le sue peculiarità in ogni fase
|
|
[+] lascia un commento a stefano capasso »
[ - ] lascia un commento a stefano capasso »
|
|
d'accordo? |
|
rosaria conte
|
sabato 30 maggio 2015
|
bello senz'anima
|
|
|
|
Fotografia splendida, attori eccellenti. Belle scene, alcuni dialoghi convincenti, altri meno ("siamo solo comparse" sembra uscito da un esercizio mal riuscito di uno sceneggiatore debuttante").
Peccato che non ci sia il film. Urgenza di raccontare per immagini senza il racconto.
Quell'energia straordinaria, quella carica che esce dallo schermo nella Grande Bellezza qui manca, sembra esaurita. E allora immagini su immagini, alcune straordinarie. Un riassunto del novecento.
I temi ci sono tutti, l'amore, l'amicizia, il sesso, la vecchiaia, la solitudine, la morte, il suicidio, la malattia, e forse non ce n'e' nessuno. O forse si, uno c'e', la paura di non aver nulla da dire.
[+]
Fotografia splendida, attori eccellenti. Belle scene, alcuni dialoghi convincenti, altri meno ("siamo solo comparse" sembra uscito da un esercizio mal riuscito di uno sceneggiatore debuttante").
Peccato che non ci sia il film. Urgenza di raccontare per immagini senza il racconto.
Quell'energia straordinaria, quella carica che esce dallo schermo nella Grande Bellezza qui manca, sembra esaurita. E allora immagini su immagini, alcune straordinarie. Un riassunto del novecento.
I temi ci sono tutti, l'amore, l'amicizia, il sesso, la vecchiaia, la solitudine, la morte, il suicidio, la malattia, e forse non ce n'e' nessuno. O forse si, uno c'e', la paura di non aver nulla da dire. Questo per Sorrentino e' paura della morte. I vivi, son personaggi insulsi. Gli unici degni di un nome e un cognome, son prossimi alla morte. O si fanno fuori.
E infine, il coup de theatre: l'Urlo muto della povera Melanie. Non ne acevamo bisogno.
In conclusione, un film colto raffinato. Non sara' un film da intellettuali, ma ci assomiglia tanto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rosaria conte »
[ - ] lascia un commento a rosaria conte »
|
|
d'accordo? |
|
nino pell.
|
domenica 31 maggio 2015
|
dalla decadenza apatica alla rinascita interiore
|
|
|
|
Sorrentino si conferma regista particolare e geniale. La trama è ambientata in un tranquillo albergo che funge anche da centro benessere e nel quale trascorrono un periodo di villeggiatura alcuni anziani e anche alcune persone giovani, durante un loro momento di lunga pausa meditativa. In realtà, da una chiara ed evidente chiave di lettura, l'albergo rappresenterebbe un luogo metaforico in cui stazionano vari personaggi, intenti a tracciare un bilancio della loro vita e a riflettere sulle loro esistenze. La maggior parte di essi sono persone molto anziane e pertanto il loro spirito riflessivo si traduce per lo più in nostalgia di un passato ormai andato via e di un presente che lentamente scivola via, malinconicamente vissuto in uno stato di decadenza apatica.
[+]
Sorrentino si conferma regista particolare e geniale. La trama è ambientata in un tranquillo albergo che funge anche da centro benessere e nel quale trascorrono un periodo di villeggiatura alcuni anziani e anche alcune persone giovani, durante un loro momento di lunga pausa meditativa. In realtà, da una chiara ed evidente chiave di lettura, l'albergo rappresenterebbe un luogo metaforico in cui stazionano vari personaggi, intenti a tracciare un bilancio della loro vita e a riflettere sulle loro esistenze. La maggior parte di essi sono persone molto anziane e pertanto il loro spirito riflessivo si traduce per lo più in nostalgia di un passato ormai andato via e di un presente che lentamente scivola via, malinconicamente vissuto in uno stato di decadenza apatica. Tra i principali protagonisti della storia, abbiamo Fred (interpretato da un grande Michael Caine), un anziano compositore di musica, tristemente ricordato dalla gente comune per alcuni suoi brani più semplici e popolari, ma che comunque viene continuamente corteggiato, nel corso della sua villeggiatura, dalla visita di alcuni emissari della regina Elisabetta per un suo ritorno in scena, pregandolo di partecipare ad un grande concerto. Ma, a tali continue pressioni, il vecchio Fred insiste nel non accettare in quanto romanticamente ritiene che la cantante lirica proposta per il concerto non è all'altezza della propria moglie ormai ridotta ad uno stato vegetativo all'interno di un centro riabilitativo. L'unico che sembra avere ancora vigore e desiderio per la vita è l'altro anziano protagonista, Mick, il quale invece è stato un noto regista e si sta concentrando alla sua ultima pellicola avendo ingaggiato alcuni giovani attori. Sorrentino dimostra come sempre la sua geniale dualità stilistica tra amarezza e ironia in quanto non ci fa capire, nel corso delle battute di prova, se questo film di Mick è veramente particolare e originale oppure è vuoto e fiacco. Intanto il vecchio regista vuole assolutamente che ad interpretare il ruolo principale sia una vecchia attrice a lui molto cara, una certa Brenda, che egli ha lanciato al successo in passato grazie ad alcune pellicole da lui dirette. Ma, l'incontro tra i due personaggi sarà addirittura letale per il povero Mick, il quale, a seguito di un angustiante scambio di opinioni con Brenda, egli entrerà in un totale stato di disillusione e di crisi esistenziale nei riguardi del suo presente artistico, tanto da indurlo ad una scelta estrema. Tale triste episodio farà in modo che l'anziano compositore Fred, amico strettissimo di Mick, finalmente si risveglierà dal suo attuale "coma esistenziale" per una vigorosa rinascita interiore ritornando finalmente alla vita e partecipando al concerto auspicato. Questa pellicola di Sorrentino ha uno stile riflessivo, apparentemente sotto tono che inevitabilmente non possiamo non accostarlo, ad esempio, al suo recente film "La grande bellezza", ma con la differenza che man mano che si giunge alle sequenze finali, non possiamo non avvertire il suo senso di profondità e, appunto, di levitazione esistenziale.
Rivolgo, inoltre, i miei più sentiti complimenti al regista per la scelta della colonna sonora: da brani impreziositi di un pop rock denso, intellettuale e sofisticato (intervallati da un momento ironico caratterizzato dal brano romantico "Reality") alla bellissima composizione orchestrale della sequenza finale del film ed ancora l'eccellente brano di musica classica che accompagna i titoli di coda
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nino pell. »
[ - ] lascia un commento a nino pell. »
|
|
d'accordo? |
|
gabriella
|
venerdì 21 agosto 2015
|
la montagna disincantata
|
|
|
|
In un’opera d’arte la forma non può essere disgiunta dal contenuto : le disposizioni delle linee, del colore, della luce , dell’ombra, dei volumi e dei piani, per quanto incantevole come spettacolo, dev’essere anche intesa come portatrice di un significato che va aldilà del valore visivo; sosteneva lo storico d’arte Erwin Panofsky.
L’ultimo film di Sorrentino si addentra ancora una volta in peripezie visive, valorizzandole negli affondi di luce di Luca Bigazzi e si compiace della sua riconoscibilità stilistica, ma non riesce a incantare come è stato per “La grande bellezza”che è un film che racconta di un vuoto esistenziale e di una ricerca capace però di abitare un sogno in una Roma defraudata dal suo splendore.
[+]
In un’opera d’arte la forma non può essere disgiunta dal contenuto : le disposizioni delle linee, del colore, della luce , dell’ombra, dei volumi e dei piani, per quanto incantevole come spettacolo, dev’essere anche intesa come portatrice di un significato che va aldilà del valore visivo; sosteneva lo storico d’arte Erwin Panofsky.
L’ultimo film di Sorrentino si addentra ancora una volta in peripezie visive, valorizzandole negli affondi di luce di Luca Bigazzi e si compiace della sua riconoscibilità stilistica, ma non riesce a incantare come è stato per “La grande bellezza”che è un film che racconta di un vuoto esistenziale e di una ricerca capace però di abitare un sogno in una Roma defraudata dal suo splendore. L’ambientazione stavolta si sposta in un hotel svizzero ai piedi delle Alpi ( lo stesso di Thomas Mann nella Montagna incantata), Fred Ballister ( Michel Caine ) e Mich Boyle ( Harwey Keitel), sono amici di vecchia data e stanno trascorrendo un periodo di relax. Compositore in pensione il primo e regista il secondo col progetto di realizzare il suo film testamento e accarezzare l’idea di essere ricordato, i due ottantenni che si raccontano solo le cose belle, passano le giornate tra bagni e massaggi, osservano gli altri ospiti del resort, peccato che i loro discorsi più veri e autentici riguardano la prostata, tutto il resto è un corollario di aforismi preconfezionati , dialoghi pseudo intellettuali ( la breve conversazione tra Miss Universo e il giovane attore è stucchevole oltre che elementare), tutto scorre lento e immutato, diatribe con i figli con i quali non si è saputo creare un rapporto affettivo, sia Fred che MIch sono artisti e vivono della loro arte o di quello che ne è stato, è l’unica cosa che conoscono. L’età senile è un periodo di riflessione, di rimpianti, forse, l’unica via di fuga è la capacità di accettare le sfide della vita, così Fred decide di riprendere la bacchetta d’orchestra ( unico scatto in avanti anche se prevedibile nel finale), mentre Mich sceglie di uscire di scena. Non c’è molto da dire , non c’è una storia vera e propria e nemmeno ce la vuole raccontare , c’è troppa autoreferenzialità, per questo il film non levita e forse non ce ne accorgiamo, come il monaco buddistha che riesce a sollevarsi da terra e nessuno è presenteall’evento. Molto meglio l’albergo svizzero di “Le conseguenze dell’amore e la sua essenziale raffinatezza , devo dire bravi gli attori ( ma si sapeva, sono una garanzia) e le tre stellette sono per loro, specie a Harwey Keytel.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gabriella »
[ - ] lascia un commento a gabriella »
|
|
d'accordo? |
|
|