omero sala
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venerdì 26 giugno 2015
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de senectute
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De senectute doveva intitolarsi questo film, e non La giovinezza, che – incarnata nei folgoranti glutei di miss universo – sfila solo per un attimo (come Anita nel fontanone di Trevi) davanti agli occhi miopi di Michael Caine (92 anni suonati) e a quelli da topo di Harvey Keitel (che assomiglia un po’ a Polanski e di anni ne ha solo 76).
Dopo Moretti (Mia madre) anche Sorrentino riflette sulla dissoluzione della vecchiaia e della memoria: il primo, che forse la sente incombente, cincischia nevrotico ed vanitoso; il secondo, che la prefigura lontana, filosofeggia desolato e fellineggia come al solito. Ma in ambedue c’è qualcosa di fasullo, di artificioso: viene da pensare che sia un vizio tutto italiano, degli autori italiani, quello di girare film per esibirsi e non per far vivere emozioni, di mandare messaggi al milieu degli intellettuali snob che si atteggiano a cinefili, di solleticare la corteccia cerebrale dei critici, di offrire argomenti ai giornalisti della pagina degli spettacoli, far litigare le giurie dei festival e fomentare le polemiche che fanno bene al botteghino.
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De senectute doveva intitolarsi questo film, e non La giovinezza, che – incarnata nei folgoranti glutei di miss universo – sfila solo per un attimo (come Anita nel fontanone di Trevi) davanti agli occhi miopi di Michael Caine (92 anni suonati) e a quelli da topo di Harvey Keitel (che assomiglia un po’ a Polanski e di anni ne ha solo 76).
Dopo Moretti (Mia madre) anche Sorrentino riflette sulla dissoluzione della vecchiaia e della memoria: il primo, che forse la sente incombente, cincischia nevrotico ed vanitoso; il secondo, che la prefigura lontana, filosofeggia desolato e fellineggia come al solito. Ma in ambedue c’è qualcosa di fasullo, di artificioso: viene da pensare che sia un vizio tutto italiano, degli autori italiani, quello di girare film per esibirsi e non per far vivere emozioni, di mandare messaggi al milieu degli intellettuali snob che si atteggiano a cinefili, di solleticare la corteccia cerebrale dei critici, di offrire argomenti ai giornalisti della pagina degli spettacoli, far litigare le giurie dei festival e fomentare le polemiche che fanno bene al botteghino.
Sorrentino, fra i cosiddetti grandi, non è il primo a cedere a questi impulsi: troppi registi (ma anche molti artisti, scrittori, compositori,…), dopo aver dato l’anima e essersi espressi in alcune prime opere geniali (ascoltando la creatività compressa che “ditta dentro”), una volta assaggiato il meritato successo, si sono lasciati gradualmente sedurre dalle sirene della presunzione sino a farsi fagocitare dagli ingranaggi della produzione per partorire quello che vuole il mercato (“internazionale” of course), quello che i consumatori si attendono, quello che la carriera impone.
Youth non si sottrae a questo meccanismo: per un’oretta svolazza a mezz’aria con quella dose di confusione che te lo fa sembrare alla ricerca disorientata di risposte sulla vita e sull’amore, sulla paternità e sull’arte, sulla dissoluzione dei legami e sull’inquietudine di chi sente vicina la fine. Poi arranca disorganico, delude le promesse e precipita pesantemente sotto il peso della sua esagerata artificiosità, eccessivo nei colori, sentenzioso nei dialoghi (che sono sostanzialmente un montaggio di monologhi, un’antologia dell’aforismo), triste nella sua consapevole e colpevole immodestia. Volendo parere un grande film, riesce a essere solo penosamente grosso, ingombrante, opulento, ponderoso, indigesto come un piatto con troppi ingredienti.
Volendo essere antinarrativo, riesce a essere confuso, soprattutto per l’eccessivo numero di sequenze oniriche (che, vabbè, sono inspiegabili per loro natura, ma sono tenute ad essere significative e organiche alla sia pur articolata complessità del discorso).
Volendo essere denso, diventa criptico per la fissazione nell’uso di messaggi subliminali (le simmetrie minimaliste degli interni, le esplosioni primaverili degli esterni, l’onnipresenza dell’acqua) e per le disseminate metafore (acuta quella della felicità, lontanissima per i vecchi, illusoriamente a portata di mano per i giovani, irraggiungibile per tutti).
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[+] michael caine
(di gabriella)
[ - ] michael caine
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patric
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domenica 28 giugno 2015
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grande sorrentino, piccola anima
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Grande fotografia, montaggio, grandi attori che sanno il mestiere (M. Kaine, H. Keitel, J.Fonda...), bei brani musicali ma dovrebbero essere proporzionati alla grandezza del messaggio che a mio avviso impazza nel film: benchè siano i personaggi inseriti in un ambiente da favola (un hotel a 5 stelle svizzero pieno di comforts di ogni tipo) non posssono comunque sfuggire al segno dei tempi che è lo stesso scorrere del tempo per l'uomo, cioè la vecchiaia. I due protagonisti, il compositore e il regista, si confrontano sul tema proponendo risposte esistenzialiste diverse, l'uno si rinchiude in sè stesso dicendosi in pensione e ritirato dalla vita, l'altro si prodiga con tutte l'energia rimastagli nella realizzazione di quello che crede il suo ultimo film che mai realizzerà perchè morirà suicida.
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Grande fotografia, montaggio, grandi attori che sanno il mestiere (M. Kaine, H. Keitel, J.Fonda...), bei brani musicali ma dovrebbero essere proporzionati alla grandezza del messaggio che a mio avviso impazza nel film: benchè siano i personaggi inseriti in un ambiente da favola (un hotel a 5 stelle svizzero pieno di comforts di ogni tipo) non posssono comunque sfuggire al segno dei tempi che è lo stesso scorrere del tempo per l'uomo, cioè la vecchiaia. I due protagonisti, il compositore e il regista, si confrontano sul tema proponendo risposte esistenzialiste diverse, l'uno si rinchiude in sè stesso dicendosi in pensione e ritirato dalla vita, l'altro si prodiga con tutte l'energia rimastagli nella realizzazione di quello che crede il suo ultimo film che mai realizzerà perchè morirà suicida. Il regista gioca con la bellissima fotografia in tutto il film mettendo bene in evidenza il segno del tempo, con una gustosa ed apperzzabile ironia, ma invia lo spettatore in un mondo (tutto del regista ) in cui non vì è speranza alla vecchiaia e allo scorrere del tempo che si rende crudele quando il vecchio si contrappone al giovane (vedi quando una bellissima donna, miss universo, passa accanto ai due protagonisti in piscina e sbatte in faccia sia a loro che allo spettatore le splendide forme che possiede solo per il momento...). Un minimo segno di speranza si intravede quando Fred, il compositore, torna sui suoi passi e decide infine di realizzare il concerto per la regina d'Inghilterra (chi l'avrebbe mai rifiutato un lavoro del genere?), mentre Mick, il regista, all'inizio vive la speranza di tornare a lavorare come regista mentre più tardi si fa sopraffare dall'annientamento di sè stesso dopo che ha appreso che l' attrice protagonista del suo prossimo ed ultimo film (J.Fonda) non avrebbe più lavorato per lui. Ho resistito fino alla fine nella visione del film, in fondo il film è fatto bene; fa male vedere gente che si alza ed va via, gente s.t. adulta. Eravamo al cinema di sabato, secondo giorno di proiezione, a vedere il film in non più di 60 persone, alla fine del film siamo rimasti in meno della metà, non piaceva a molti e questo è un brutto segno, la gente è andata a vedere il film perchè è di Sorrentino ed è stato candidato a Cannes allo scorso concorso, stroncato dalla critica. Sorrentino a mio avviso segue le tracce di Fellini nelle sue creazioni cinematografiche esagerate (vedi la controfigura di Maradona!) ma è lento nell'esporle e rappresentarle, a volte misterioso costringendo lo spettatote a voiaggiare con la sua mente sulle sue frequenze e a trovare spiegazioni a ciò che viene rappresentato. Il suo viaggio sembra essere uno "stream of consciousness" continuo, un'elaborazione di concetti vari trasposti in immagini, belle immagini, ma che non hanno una risposta in sè se non quella esistenzialista atea o agnostica e cominque priva di ogni speranza per l'uomo e per il suo essere. La stessa arte è senza speranza, il concerto che Fred realizza per la Regina è solo un rimediare a ciò che è stato della sua disastrosa vita familiare, del suo rapporto con la figlia. La vecchiaia può essdere a mio avviso una fonte di ricchezza per la giovinezza, la vecchiaia può essere un valore aggiunto nella vita di un uomo, al mondo vi sono tanti vecchi che creano, scrivono, si impegnano nel sociale, sorridono anche se sono più poveri dei vecchi di una volta, ma danno speranza a chi verrà dopo di loro. La giovinezza di oggi è allo sbando se non affonda le sue radici ed emozioni nella vecchiaia di oggi dell'umanità, quella saggia e costruttiva e che magari non frequenta nè si rinchiude in hotels a 5 stelle per stare in un finto e momentaneo paradiso che in realtà non è altro che l'inferno dell'esistenza umana se lo si considera un rifugio dell'anima. L'anima è sempre quella, rimane sempre giovane se la si alimenta con buoni valori e la vecchiaia del corpo non ha la vittoria su di essa se solo l'anima le impone la sua giovinezza e questo è il messaggio che un grande regista dovrebbe comunicare alle nuove generazioni ma anche all vecchie (Sorrentino non l'ha fatto nel suo utimo film nè su questo), solo così il mondo potrà essere migliore, solo così si potranno vincere le contrapposizioni e le diatribe di fede e tra credi, tra la civiltà cristiana occidentale ed islamica integralista, tra ricchi e i poveri, tra i proprietari ed nullatenenti, tra i fortunati della vita ed i meno fortunati. Auguri Sorrentino, bravissimo ma cerca di allargare un pò i confini della tua anima tanto quanto sai fare con la fotografia dei tuoi film.
Pat60
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onufrio
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lunedì 4 gennaio 2016
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la fonte della giovinezza
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Dopo lo straordinario (e meritato) successo de "La Grande Bellezza", il regista Sorrentino era atteso dietro l'angolo con il suo nuovo film "Youth"; lo stile rimane quello, Sorrentino mantiene fede alla propria tecnica ed allo stile ormai riconoscibile, ed anche in questo caso,seppur con sfumature diverse e meno addentrata nell'animo umano, la tematica è la giovinezza, una giovinezza perduta o ritrovata, analizzando la condizione dell'uomo colto, di spettacolo, passando dallo scrittore Gambardella per l'appuno, al maestro musicista Ballinger (Caine) ed al regista stile "Amarcord" felliniano, Boyle (H.Keitel). Il risultato che ne esce è senza dubbio inferiore a "La grande Bellezza", ma paragonare i film è sempre brutto, dunque possiamo dire che Sorrentino rimane fedele a se stesso e questo è un messaggio significativo nel percorso artistico del regista italiano.
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Dopo lo straordinario (e meritato) successo de "La Grande Bellezza", il regista Sorrentino era atteso dietro l'angolo con il suo nuovo film "Youth"; lo stile rimane quello, Sorrentino mantiene fede alla propria tecnica ed allo stile ormai riconoscibile, ed anche in questo caso,seppur con sfumature diverse e meno addentrata nell'animo umano, la tematica è la giovinezza, una giovinezza perduta o ritrovata, analizzando la condizione dell'uomo colto, di spettacolo, passando dallo scrittore Gambardella per l'appuno, al maestro musicista Ballinger (Caine) ed al regista stile "Amarcord" felliniano, Boyle (H.Keitel). Il risultato che ne esce è senza dubbio inferiore a "La grande Bellezza", ma paragonare i film è sempre brutto, dunque possiamo dire che Sorrentino rimane fedele a se stesso e questo è un messaggio significativo nel percorso artistico del regista italiano.
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totybottalla
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venerdì 24 marzo 2017
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vacanza di fine stagione!
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Un lussuoso albergo sulle Alpi svizzere è scenario di incroci di vite vissute, da vivere e da rimediare, Sorrentino imprime al suo lavoro una vena malinconica scegliendo una forma di dialogo essenziale e brillante, la saggezza, la cultura e il talento di Mick non servono più a ricordarglielo una strepitosa Jane Fonda (Brenda) che dice quello che nessuno vorrebbe sentirsi dire, e cinica come la vita, se ne va. Il film sembra uno specchio implacabile per tutti noi, la giovane miss che sfoggia il suo charme e il super campione ridotto in quel modo sembrano segnare gioie e dolori di un'esistenza imprevedibile, ottima prova corale degli attori, buone le tecniche di ripresa e bella la fotografia, mia valutazione: 3,5 stelle.
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Un lussuoso albergo sulle Alpi svizzere è scenario di incroci di vite vissute, da vivere e da rimediare, Sorrentino imprime al suo lavoro una vena malinconica scegliendo una forma di dialogo essenziale e brillante, la saggezza, la cultura e il talento di Mick non servono più a ricordarglielo una strepitosa Jane Fonda (Brenda) che dice quello che nessuno vorrebbe sentirsi dire, e cinica come la vita, se ne va. Il film sembra uno specchio implacabile per tutti noi, la giovane miss che sfoggia il suo charme e il super campione ridotto in quel modo sembrano segnare gioie e dolori di un'esistenza imprevedibile, ottima prova corale degli attori, buone le tecniche di ripresa e bella la fotografia, mia valutazione: 3,5 stelle. Saluti.
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dariolodi
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domenica 17 settembre 2017
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dispersivo
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Merita *** soprattutto per l fotografia e per l'ambientazione. La regia è sicura, ma la sceneggiatura regge poco, sviluppandosi, come fa, su più fronti, su più contenuti. Occorre una gran padronanza della storia (che non c'è, sostanzialmente) per renderla davvero interessante. Sorrentino maschera le disuguaglienze concettuali con richiami scaltri, con figure emblematiche, ma sotto si avverte un'incertezza narrativa per le troppe situazioni in ballo. Film crepuscolare con il crepuscolo abilmente dipinto. Attori all'altezza. Notevole la ricerca dell'essenzialità.
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alejazz
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lunedì 4 marzo 2019
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la giovinezza appartiene solo al passato?
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Fred (Michael Caine) e Mick (Harvey Keitel) sono ospiti di una struttura alberghiera situata presso le Alpi svizzere, un luogo ideale per riposarsi, riflettere o dedicarsi a qualcosa di importante e impegnativo. Sono avanti con l’età per cui i primi esami sul loro trascorso cominciano a presentarsi. Il primo è oramai rassegnato alla vecchiaia, convinto di avere acciacchi (es. problemi alla prostata) disseminati nel corpo, il secondo invece punta tutto sul suo probabile ultimo film.
Mentre il tempo scorre, essi sono circondati da giovani che invece hanno voglia di fare, sono spensierati e vivono senza tante preoccupazioni.
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Fred (Michael Caine) e Mick (Harvey Keitel) sono ospiti di una struttura alberghiera situata presso le Alpi svizzere, un luogo ideale per riposarsi, riflettere o dedicarsi a qualcosa di importante e impegnativo. Sono avanti con l’età per cui i primi esami sul loro trascorso cominciano a presentarsi. Il primo è oramai rassegnato alla vecchiaia, convinto di avere acciacchi (es. problemi alla prostata) disseminati nel corpo, il secondo invece punta tutto sul suo probabile ultimo film.
Mentre il tempo scorre, essi sono circondati da giovani che invece hanno voglia di fare, sono spensierati e vivono senza tante preoccupazioni. Ma la giovinezza appartiene solo al passato o può ripresentarsi anche quando si è in età avanzata?
Paolo Sorrentino ci regala un altro bel film dopo il successo hollywoodiano de La Grande Bellezza. Ha voluto porre un confronto di visioni della vita da parte dei giovani e dei meno giovani; quest’ultimi in particolare, lasciandosi alle spalle una buona fetta di passato, vivono ciò che resta con apatia e rammarico per le cose non fatte durante la loro giovinezza. Il giovane ha voglia di imparare e conoscere il nuovo, l’anziano che già sa e conosce utilizza la sua esperienza per aiutare il giovane.
Riprendendo una scena del film si può affermare che “I giovani vedono il futuro vicino, gli anziani vedono il passato lontano”
La giovinezza è dunque la protagonista indiscussa del film e appartiene al presente o al passato di ciascun personaggio. Figure eterogenee condividono lo stesso ambiente; il monaco tibetano che sin da giovane e per tutta la sua vita se ne sta in silenzio a meditare e a levitare (riuscendo alla fine). Vi è poi Maradona che paga gli effetti devastanti di una gioventù vissuta tra la fama, i vizi e le sostanze proibite. E infine la giovinezza rappresentata in carne ed ossa attraverso la bellezza di Miss Universo (Madalina Diana Ghenea) che incanta giovani e non.
Oramai Sorrentino ci abitua a film dove i coprotagonisti sono la scena e il momento; per questo motivo anche in “Youth” la fotografia ha un ruolo cruciale attraverso delle figure che restano immobili il regista napoletano riesce a descrivere con precisione i momenti trasformando realmente il video in una foto; ciò merito anche di un ritmo abbastanza lento che concede allo spettatore il tempo sufficiente per metabolizzare l’emozione che si vuole trasmette.
Infine, indiscusse le interpretazioni di tutti i principali attori. In particolare Rachel Weisz è riuscita a dare il giusto pathos al suo monologo fatto al padre durante la seduta di fango.
Consigliato: Sì a pubblico +13
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oz1984
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giovedì 21 maggio 2015
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una piacevole deriva estetica
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Una deriva estetica in cui, per ora, con piacere si annega quella di Sorrentino. Un cinema immaginifico per la solerzia con cui gratifica gli occhi, rinnovando una capacità di confezionare opere di pregiata fattura. Il suo occhio registico scorge il Bello ovunque, elevando ad estetica piena persino i corpi rugosi ammollo, le pance voluminose e i personaggi di spudorata finzione. Tutto è bello nel suo cinema, perché solo le cose belle “vanno raccontate” (ed evidentemente mostrate). Non si scorge un’increspatura, nè nell’ordito delle immagini né nella trama di parola. “Paolo sa sempre dove piazzare la macchina da presa” negando al cinema qualunque imprevisto, la natura esperenziale del set, la scintilla sporca ma sincera.
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Una deriva estetica in cui, per ora, con piacere si annega quella di Sorrentino. Un cinema immaginifico per la solerzia con cui gratifica gli occhi, rinnovando una capacità di confezionare opere di pregiata fattura. Il suo occhio registico scorge il Bello ovunque, elevando ad estetica piena persino i corpi rugosi ammollo, le pance voluminose e i personaggi di spudorata finzione. Tutto è bello nel suo cinema, perché solo le cose belle “vanno raccontate” (ed evidentemente mostrate). Non si scorge un’increspatura, nè nell’ordito delle immagini né nella trama di parola. “Paolo sa sempre dove piazzare la macchina da presa” negando al cinema qualunque imprevisto, la natura esperenziale del set, la scintilla sporca ma sincera. Tutto è squisitamente finto nella mise en scene compiaciuta e un po’ ruffiana, creazione che si diverte a costruire una storia fatta di aforismi altisonanti e perfetti (troppo) , sull’esistenza, sulla giovinezza, sulla creatività. Frasi da taccuino spinte sull’orlo della catarsi e poi furbamente risolte, in una battuta chiosata alla napoletana o in un carrello lento che avanza. Youth – La giovinezza esibisce, comunque, tutti i suoi pregi (e i suoi difetti. Esibiti tanto da divenire pregi anch’essi) e inconsapevole, inevitabilmente, fa emergere le falle della sua opera precedente. Il recupero del racconto, seppur costruito per associazione poetica di temi, e le minori velleità da “opera omnia” giovano al film e all’emozione, riscoprendone “l’importanza” perché, dopotutto, “sono tutto quello che abbiamo”. Una “leggerezza” di fondo, incarnata in risate generate dal grottesco sorrentiniano, che non toglie peso e riflessione al/nel tutto, ma piuttosto lo puntella e lo rende appetibile, senza grandi sotterfugi da vetrina, al palato americano. Una strizzata d’occhio al merket che il titolo e il cast hollywoodiano palesano subito. Da Caine a Keitel, da Weisz a Dano, fino a Jane Fonda (breve e intensissima), volti diversi di un unico bisogno, una ricerca di giovinezza, una rinascita artistica, creativa, vitale. Una fuga montana dalla vecchiaia biologica e quotidiana, dalla stanca di un presente vuoto, a cui ridare un senso, ritrovato in un massaggio, in una minzione soddisfacente, in una Miss Universo al vapore, in una canzone semplice; un albergo ibernante in cui trovare una ragione che polunghi il vagito della rinascita, per non tornare a finire. Tutto ringiovanisce. Tutto fa guardare tutto, un po’ più da vicino. ****
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[+] la forbitezza
(di angelo umana)
[ - ] la forbitezza
[+] x angelo umana
(di no_data)
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no_data
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venerdì 22 maggio 2015
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il trionfo dell'estetica contro il tempo che passa
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Youth è un film che affascina, commuove e sorprende. La cura del dettaglio estetico, a cui siamo stati abituati con "La grande bellezza", questa volta va di pari passo con una trama coinvolgente che esemplifica il dramma umano dell'incertezza del futuro e dei rimpianti del passato: in generale, il senso della vita. Ottima la prova degli attori, d'altronde tutti già affermati nel panorama internazionale. Fotografia esemplare nel ritrarre le splendide ambientazioni, senza mai togliere spazio ai personaggi. Sorrentino fa un passo avanti anche nella scelta della colonna sonora, azzeccatissima; essa stessa sembra partecipare attivamente alle scene, scandendo in ogni momento i sentimenti dei protagonisti ed amplificando le emozioni dello spettatore.
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Youth è un film che affascina, commuove e sorprende. La cura del dettaglio estetico, a cui siamo stati abituati con "La grande bellezza", questa volta va di pari passo con una trama coinvolgente che esemplifica il dramma umano dell'incertezza del futuro e dei rimpianti del passato: in generale, il senso della vita. Ottima la prova degli attori, d'altronde tutti già affermati nel panorama internazionale. Fotografia esemplare nel ritrarre le splendide ambientazioni, senza mai togliere spazio ai personaggi. Sorrentino fa un passo avanti anche nella scelta della colonna sonora, azzeccatissima; essa stessa sembra partecipare attivamente alle scene, scandendo in ogni momento i sentimenti dei protagonisti ed amplificando le emozioni dello spettatore. Ottimo film, ma non eccellente. Sono troppi i momenti in cui si palesano pedisseque citazioni di altri registi del passato e non: oltre alle scene oniriche felliniane, si nota un (ottimo) sincretismo nelle inquadrature, che troppe volte ricordano il suddetto Fellini, altre il Terrence Malick di "The tree of life", altre ancora Kubrick e Wes Anderson. Nel film, lo stesso Sorrentino, per bocca di Mick Boyle (interpretato da Harvey Keitel), afferma che il regista altro non è che un "ladro". L'artista premio Oscar, dunque, dopo Youth si afferma come eccellente manierista, mancando però dell'originalità propria dei registi che sono entrati a far parte della storia del cinema internazionale.
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giancampisi
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sabato 23 maggio 2015
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la leggerezza vs il presuntuoso intellettualismo
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Nonostante sia prerogativa di Sorrentino sparpagliare sulla scacchiera(il film) le pedine(personaggi,dialoghi ed immagini)un po' alla rinfusa,lasciando all'altro giocatore(lo spettatore)la libertà di riposizionarle liberamente,stavolta il regista lancia fin da subito un esplicito indizio per l'interpretazione del film. E lo fa attraverso uno dei primi dialoghi tra il protagonista,Michael Caine,e il giovane attore,per niente soddisfatto di aver interpretato Mr. Co,un banale robot.Michael Caine,che interpreta un musicista,noto presso il grande pubblico per aver composto "Simple song",dichiara che il semplice,quindi il banale,spesso è giusto,nonostante,erroneamente,potrebbe essere apprezzato di più il congetturare fine a se stesso,da cui discende una presunzione arida,inutile e vorticosa.
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Nonostante sia prerogativa di Sorrentino sparpagliare sulla scacchiera(il film) le pedine(personaggi,dialoghi ed immagini)un po' alla rinfusa,lasciando all'altro giocatore(lo spettatore)la libertà di riposizionarle liberamente,stavolta il regista lancia fin da subito un esplicito indizio per l'interpretazione del film. E lo fa attraverso uno dei primi dialoghi tra il protagonista,Michael Caine,e il giovane attore,per niente soddisfatto di aver interpretato Mr. Co,un banale robot.Michael Caine,che interpreta un musicista,noto presso il grande pubblico per aver composto "Simple song",dichiara che il semplice,quindi il banale,spesso è giusto,nonostante,erroneamente,potrebbe essere apprezzato di più il congetturare fine a se stesso,da cui discende una presunzione arida,inutile e vorticosa. Il film è pieno zeppo di elogi all'intuitività e alla semplicità:una massaggiatrice che non parla,poichè comprende tutto attraverso il primitivo senso tattile;un protagonista accusato di troppi silenzi,dato che,per sua stessa ammissione,comprende solo la musica,poichè in essa non c'è nulla da capire:"La musica c'è!";la vecchia attrice Brenda Morel,apprezzata esclusivamente per il suo innato talento,essendo che non hai mai studiato,avendo letto,nell'arco della sua vita,solo due libri,di cui uno era la sua autobiografia.In questa dialettica tra vecchiaia e "La giovinezza"Sorrentino scandaglia il suo animo,mettendo in scena il proprio alter ego,il regista,interpretato da Hervey Keitel,giungendo alla conclusione che,mettendo da parte il presuntuoso intellettualismo,"le emozioni non sono sopravvalutate.Sono l'unica cosa che abbiamo"."Levitano"così,giungendo a questa conclusione,il regista,il protagonista e il monaco tibetano,lasciato a meditare,per tutto il corso del film,nel giardino dell'hotel-spa,luogo in cui si srotola l'intima riflessione di tutti i personaggi. Eccezzionale.
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forsedomani
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domenica 24 maggio 2015
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inaccettabile
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Fotografia straordinaria. Attori straordinari. Punto. Fine del film. La storia dei due personaggi, anziani, che riflettono della loro vita era promettente. Ma è sempre superficiale. Come è possibile che il grande direttore d'orchestra, che non è disposto a suonare neanche per la regina per amore verso la moglie malata di mente, sia tormentato da un unico dubbio è cioè che l'amico 60 anni prima abbia fatto sesso con Glenda? È' credibile un figlio quarantenne che va dal padre e davanti al marito della moglie dica senza esitare che le preferisce la nuova fidanzata perché è' brava a letto? E poi uso sfrenato dell'assenza di audio per aumentare l'effetto emotivo che in realtà non si scatena mai, a differenza de "La grande bellezza".
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Fotografia straordinaria. Attori straordinari. Punto. Fine del film. La storia dei due personaggi, anziani, che riflettono della loro vita era promettente. Ma è sempre superficiale. Come è possibile che il grande direttore d'orchestra, che non è disposto a suonare neanche per la regina per amore verso la moglie malata di mente, sia tormentato da un unico dubbio è cioè che l'amico 60 anni prima abbia fatto sesso con Glenda? È' credibile un figlio quarantenne che va dal padre e davanti al marito della moglie dica senza esitare che le preferisce la nuova fidanzata perché è' brava a letto? E poi uso sfrenato dell'assenza di audio per aumentare l'effetto emotivo che in realtà non si scatena mai, a differenza de "La grande bellezza". Tutto rimane confinato in una glaciale superficialità.
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