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Mamma mia! e i suoi antenati (Seconda parte)

E alla fine arriva Mamma mia!, eredità degli antenati musicali: bisnonni, nonni e padri, tutta gente felice.
di Pino Farinotti

Poco è cambiato dagli anni Cinquanta: sentimenti e gesti fasulli. Cinque stelle
Meryl Streep (Mary Louise Streep) (74 anni) 22 giugno 1949, Summit (New Jersey - USA) - Cancro. Interpreta Donna nel film di Phyllida Lloyd Mamma Mia!.

lunedì 6 ottobre 2008 - Focus

Poco è cambiato dagli anni Cinquanta: sentimenti e gesti fasulli. Cinque stelle
Negli anni Cinquanta, la Metro produsse una serie di musical che non erano solo canzoni con contorno, ma commedie di qualità con musica di qualità. Magnifica evoluzione. L'eroe era Gene Kelly. Un Americano a Parigi e Cantando sotto la pioggia sono opere d'arte generale. Fecero scuola, che non sarebbe tanto importante, ma dispensarono gioia, che è più importante. E continuano. Gli autori si accorsero che si potevano applicare contenuti importanti, "seri", anche a un film musicale.
È sempre bel tempo è la storia di tre reduci che si separano nel '45 e decidono di ritrovarsi dieci anni dopo. Chissà se si saranno integrati? Gli eroi di quel cinema dietro la macchina furono Minnelli e Donen. Quest'ultimo (Cantando sotto la pioggia, 7 spose per 7 fratelli, lo stesso È sempre bel tempo) era un inventore. A 25 anni teneva a bada caratteri come Kelly, Astaire e Charisse, gente abituata ad aver ragione, a fare di testa propria. Il musical di quella stagione è di livello artistico altissimo, direi insuperato. "Cantando" non è solo un'opera leggera, ma un titolo che ha contribuito al salto di qualità e di definizione del cinema, da evasione ad arte: Donen&Kelly, non solo Renoir&Gabin, Bergman-Von Sydow, Fellini&Mastroianni, e pochi altri. Del resto a dire che il talento di Gene Kelly equivale a quello di Nureiev è stato Bejart, uno che se ne intendeva.

Il record
Un segnale interessante arriva nel 1965 quando un musical compie un'impresa che sembrava impossibile, batte il record di incassi di Via col vento. Si tratta di Tutti insieme appassionatamente, di Robert Wise. Il musical scritto da Rogers & Hammerstein vinse l'Oscar e divenne un fenomeno in quasi tutto il mondo, il "quasi" si riferisce all'Italia che ancora una volta diffidò delle canzoni nei film. Il titolo ebbe da noi solo un buon successo. Oscar richiama qualcosa di significativo. Il massimo riconoscimento di tutto il cinema toccò il musical molte volte. Quel premio dovrebbe conciliare qualità e spettacolo. In nome della paternità dell'unica forma artistica tutta-e-solo-americana (il musical, come ho scritto sopra), Hollywood diede il premio assoluto a Un americano a Parigi ('51), Gigi ('58), West Side Story ('61), My Fair Lady ('64), Tutti insieme appassionatamente ('65), Oliver ('68). Ed è legittimo che dal 1968, anno della svolta sociale, il musical fosse ritenuto un genere "frivolo", fuori dal contesto impegnato della cultura dominante. Così bisogna arrivare al 2002 per rivedere un musical insignito dell'Oscar, Chicago, di Rob Marshall. Ma in quel lungo interregno i film musicali assunsero un ruolo comunque importante. Se li presenti con una canzone puoi permetterti argomenti importanti, diventi credibile proprio perché non ti prendi troppo sul serio. La musica ti offre dunque un alibi leggero, oltre a un impatto sentimentale quasi irresistibile. Un po' come il dialetto, prendiamo il napoletano, che ti fa passare argomenti che in italiano apparirebbero scontati o demagogici.
Riprendendo, da lontano, il tema di "Romeo e Giulietta", West Side Story poneva il problema dell'integrazione dell'America del 1961, la stagione di Luther King. Musical "seri&rivoluzionari" si susseguirono in quegli anni, e ciascuno portava la sua indicazione. Nel '73 Jesus Christ Superstar, diretto da Norman Jewison, rivede certi rapporti fra l'umano e il divino davvero fondamentali. L'autore dei testi Tom Rice contesta la figura di Gesù, reso ambizioso e quasi isterico e reinterpretando certi atti si allontana poeticamente e coraggiosamente dal dogma. Esemplare è la vicenda di Giuda, un attore nero, che si ribella a Gesù che ha segnato il suo destino unilateralmente, senza dargli la possibilità di scelta. Il tema è abnorme, visitato da 2000 anni di teologia. Eppure il cinema (il musical) lo "risolve", valendosi delle licenze e della spregiudicatezza che lo caratterizzano.

Culto-trash
Nel '75 irrompe The Rocky Horror Picture Show. Piccolo spunto casuale, che diventa culto-trash-sessual-liberatorio, aggressivo manifesto unisex post sessantottino. Un'opera diversa e geniale, che fa testo è del 1978, Grease, che riporta il genere all'attenzione del pubblico largo e giovane, anche se si tratta di una rivisitazione. La vicenda vive in un'atmosfera da anni Cinquanta. John Travolta vi immette gli opportuni movimenti pelvici utili per aggiornare il prodotto e per il marketing. Un'indicazione: nello scorrere dei titoli finali, in caratteri piccoli, veloci, quasi nascosti, si legge Gene Kelly.
A tanti anni di distanza dai quei titoli dell'età dell'oro, se volevi far ballare e cantare, era ancora a lui, eroe inventore, che ti dovevi rivolgere.
All That Jazz ('79) è un altro titolo rilevante, per evoluzione. Bob Fosse rappresenta qualcosa di diverso nel genere, l'erotismo e il nudo e una coreografia ambigua e "fisica", con figure sessuali quasi esplicite. Lui che aveva ballato il tip tap nei famosi musical degli anni cinquanta. Fosse è un altro che ha indicato una svolta, un precursore.
Saranno famosi ('80) è un altro primo motore. Probabilmente il film che ha generato più produzioni. Trattasi di didattica buona: i giovani che frequentano l'accademia artistica e otterranno in proporzione al talento. Il film di Alan Parker è un prodotto perfetto: modelli, canzoni (la famosa "Fame") , ballo, giuria, parabole, e ha generato la serie televisiva, con gli stessi personaggi del film, di enorme successo. Molti film di culto giovanile hanno quella derivazione, come Flashdance e Save the last dance. Un'emanazione latina di Fame è la spagnola Paso adelante, ottimo prodotto distribuito ovunque. E non si può, per analogia, non citare un figlio degenere, il programma Amici di Maria De Filippi.

Personale
Con Fratello, dove sei? (2000) ho qualcosa di personale. Gli ho attribuito 5 stelle 21 anni dopo Apocalypse Now, dunque un film perfetto, anomalo, ma musical, con alcune delle più belle canzoni country americane che accompagnano una storia piena di metafore da uno spunto eroico, l'Odissea, con interpreti impeccabili e la genialità dei Coen quando erano geniali. Film che porta felicità.
Moulin Rouge (2001): un clip infinito che rimescola immagini, deliri e musica in un contenitore che gira continuamente su se stesso. Media di durata delle sequenze, tre secondi. Certo, c'è Nicole Kidman.
Nel 2002 Rob Marshall dirige Chicago. Storia antica in chiave frenetica, con una colonna quasi memorabile. Con due grandi attrici, Zellweger e Zeta-Jones che sembrano uscite da una vecchia scuola, scuola di "allora", perché fanno tutto alla perfezione, recitazione, canto e ballo.
Un benemerito tentativo di recupero della grande qualità lo si deve al postmoderno De-Lovely (2004), una biografia di Cole Porter. Il regista Winkler ricrea alla perfezione l'epoca di Porter, gli anni tra i Venti e i Cinquanta. Ma, l'uomo che ha composto alcune delle più belle canzoni del Novecento, ha trovato tiepida accoglienza nel cinema di oggi, dove la qualità, e la storia, anche le più nobili, non bastano come richiamo per le generazioni che vanno al cinema.
E poi The Producers (2006), grande sceneggiatura e musiche adeguate. Deriva da un classico comico Per favore non toccate le vecchiette di Mel Brooks, dunque parte bene. E tanti mix fra vecchio e nuovo, con Uma che fa un po' Marilyn e un po' Rita. Io non sono qui, di Todd Haynes, del 2007, appartiene alla famiglia, allargata, degli evocatori di mito. In questo caso Bob Dylan, rappresentato attraverso simboli e facce diverse, un film che si prende a cuore la poetica sociale piuttosto che le canzoni, comunque un "episodio" sofisticato e intelligente. Un altro "evocatore" è Across the Universe, (2007) al quale, nella formula, Mamma mia! assomiglia sospettosamente... alla ricerca del genitore perduto. Rispetto al film con gli Abba, "Across" è portatore di minore felicità, ma portatore, con tutto il rispetto per gli Abba, dei Beatles.
Il filo d'oro si srotola ed ecco, alla fine arriva Mamma mia!, eredità degli antenati musicali: bisnonni, nonni e padri, tutta gente felice. E poco è cambiato, il pensiero è lo stesso, adulto e adolescente, il gesto è quello dei cartoni, i sentimenti sono fasulli come i colori del web. Com'è fasullo il cinema più bello. E niente di politicamente corretto. Cinque stelle.

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