michele voss
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martedì 24 settembre 2019
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il peggior tarantino
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Non ci vuole niente nel caso di Tarantino per essere definto "peggiore", perchè nessuno dei suoi film mi ha deluso.
E' quasi superfluo parlare di regia, intepretazioni, ambientazioni piuttosto che costumi (entrambe eccellenti), il cuore del film è la sceneggiatura e questa volta delude notevolmente.
Il film è anche abbastanza noioso, pochi i momenti davvero brillanti e divertenti, anche ripetitivo per cose già viste. Ma quello che fa scadere il film dopo oltre due ore è la parte finale di una pocchezza che mai ti saresti aspettato.
La storia è più che mai inconcludente, non hai visto un film sul Cinema, è forse una storia su Rick Dalton, ma alla fine si narra lo stravolgimento di un evento drammatico redendolo semplicemente grottesco.
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Non ci vuole niente nel caso di Tarantino per essere definto "peggiore", perchè nessuno dei suoi film mi ha deluso.
E' quasi superfluo parlare di regia, intepretazioni, ambientazioni piuttosto che costumi (entrambe eccellenti), il cuore del film è la sceneggiatura e questa volta delude notevolmente.
Il film è anche abbastanza noioso, pochi i momenti davvero brillanti e divertenti, anche ripetitivo per cose già viste. Ma quello che fa scadere il film dopo oltre due ore è la parte finale di una pocchezza che mai ti saresti aspettato.
La storia è più che mai inconcludente, non hai visto un film sul Cinema, è forse una storia su Rick Dalton, ma alla fine si narra lo stravolgimento di un evento drammatico redendolo semplicemente grottesco.
Aspettiamo il prossimo sperando che possa tornare ai suoi livelli degni della sua filmografia.
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rmarci 05
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martedì 24 settembre 2019
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il luogo dove tutto è possibile
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Dopo 4 anni di assenza dal grande schermo, Tarantino è finalmente tornato nella sua seconda casa, la sala cinematografica, e anche stavolta risulta al vertice dell’ispirazione. Infatti, la caratteristica più sorprendente di questo autore, che peraltro l’ha reso unico nel panorama cinematografico contemporaneo, è la sua straordinaria capacità di riproporre in contesti sempre diversi i suoi inconfondibili stilemi e di elevarli sempre di più film dopo film, a partire da Bastardi senza gloria, dando vita ad un percorso autoriale che sembra culminare proprio con C’era una volta a… Hollywood.
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Dopo 4 anni di assenza dal grande schermo, Tarantino è finalmente tornato nella sua seconda casa, la sala cinematografica, e anche stavolta risulta al vertice dell’ispirazione. Infatti, la caratteristica più sorprendente di questo autore, che peraltro l’ha reso unico nel panorama cinematografico contemporaneo, è la sua straordinaria capacità di riproporre in contesti sempre diversi i suoi inconfondibili stilemi e di elevarli sempre di più film dopo film, a partire da Bastardi senza gloria, dando vita ad un percorso autoriale che sembra culminare proprio con C’era una volta a… Hollywood. Nonostante esso non sia il miglior lavoro tra gli ultimi diretti dal regista, è forse l’opera che meglio contiene in sé l’essenza della poetica tarantiniana, ovvero il potere del Cinema. Per cui, dopo aver fatto un falò di nazisti (Hitler compreso) nel film sopracitato, dopo aver trucidato tutti gli schiavisti bianchi del Sud America in Django Unchained e dopo aver fatto piazza pulita tra i reduci della Guerra di Secessione Americana in The Hateful Eight, il regista americano sconvolge per la quarta volta la Storia Ufficiale (in questo caso Charles Manson e l’omicidio di Sharon Tate) con lo scopo di intavolare una sentita riflessione sulla natura favolistica del Cinema (da qui il titolo C’era una volta…), inteso come una gigantesca macchina illusoria creatrice di racconti salvifici e ottimisti, estremamente lontana dalla dura realtà ma proprio per questo capace di travalicarla per far evadere gli spettatori dal mondo che li circonda. Solamente al cinema, dunque, vediamo i perdenti avere una speranza di prendersi la rivincita su un mondo spietato e feroce. Solamente al cinema vediamo i buoni trionfare e i cattivi subire la giusta punizione. Solamente al cinema le vittime hanno la possibilità di farsi giustizia e di regolare i conti con i propri carnefici. Perché, secondo Tarantino, il Cinema (ed è qui la genialità del film) è il luogo dove tutti i sogni possono essere esauditi. Senza soffermarmi troppo sulla componente tecnica e visiva (comunque strabiliante), mi limito a dire che la ricostruzione della Hollywood del 1969 è talmente fedele, meticolosa e di una precisione chirurgica sotto qualsiasi punto di vista (abbigliamento, musica, acconciature, locali pubblici, abitudini…) che si riesce a riesumare alla perfezione quel periodo di profondo cambiamento dell’industria cinematografica che Tarantino ricorda con profondo affetto e con sincero amore, quel cinema che ha adorato e che ha ispirato non solo lui, ma intere generazioni successive di cineasti. Non si contano, quindi, le splendide citazioni a Sergio Leone e Sergio Corbucci, alle serie televisive poliziesche, al cinema di Roman Polanski, a James Dean e persino a Brian De Palma, il cui rimando a Scarface con Al Pacino risulta il più divertito e divertente tra tutti (la sua stessa partecipazione al film potrebbe essere considerata come un tributo alla Nuova Hollywood). In un’epoca di grande rivoluzione, dunque, il regista ci presenta i due protagonisti della storia, un attore in declino e la sua controfigura (DiCaprio e Pitt magnifici), desiderosi di raggiungere il successo nell’industria di Hollywood ma impotenti di fronte a un establishment ostile e impietoso che scarica chiunque non risponda più alle esigenze del mercato. Ma ciò che rende il loro rapporto realmente simbiotico è l’incapacità, da parte di entrambi, di accettare un cambiamento. La ciliegina sulla torta è sicuramente l’interpretazione di Margot Robbie nel ruolo di Sharon Tate, stella luminosa di una bellezza abbagliante destinata tragicamente a spegnersi sotto i colpi di coltello della “Manson Family”. In definitiva, e con qualche prolissità perdonabile, C’era una volta a… Hollywood non è solo un omaggio a un’epoca trascorsa e parzialmente dimenticata, e non si limita neanche a riflettere sulla Settima Arte, ma piuttosto preferisce andare oltre e configurarsi come una favola malinconica, intima e contemplativa, un viaggio immersivo e totalizzante all’interno del mondo dove tutto è possibile: il Cinema.
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pippo
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mercoledì 25 settembre 2019
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tarantino come piero manzoni
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come molti sapranno, Piero Manzoni era un artista (morto agli inizi degli anni 60) di geniale creatività che lo portò, ben presto, ad essere uno dei più acclamati della scena culturale di quegli anni. Ambiente culturale dallo stesso amato ma anche criticato e deriso come quando, all'apice della fama, inventò la famosissima m..... d'artista (contenuta in barattoli che ne precisavano il contenuto, la data di creazione ed il peso) il cui eloquente significato era: quando un artista è molto famoso qualunque m.... crei sarà sempre cosiderata dai ciritci un capolavoro. E così fu, tant'è che tali barattoli raggiunsero e tutt'ora hanno, prezzi astronomici.
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come molti sapranno, Piero Manzoni era un artista (morto agli inizi degli anni 60) di geniale creatività che lo portò, ben presto, ad essere uno dei più acclamati della scena culturale di quegli anni. Ambiente culturale dallo stesso amato ma anche criticato e deriso come quando, all'apice della fama, inventò la famosissima m..... d'artista (contenuta in barattoli che ne precisavano il contenuto, la data di creazione ed il peso) il cui eloquente significato era: quando un artista è molto famoso qualunque m.... crei sarà sempre cosiderata dai ciritci un capolavoro. E così fu, tant'è che tali barattoli raggiunsero e tutt'ora hanno, prezzi astronomici.
questo è il concetto che evoca il film di Tarantino, una vera m...., un film la cui trama non decolla, sempre in attesa di un colpo di genio che non arriva, esercizio di narcisismo con farciture di autocelebrazione ed eccessive citazioni che appesantiscono la visione ed a cui non giova l'ormai inutile crescendo finale. colonna sonora inferiore ai suoi normali standard.
Tarantino ha già dimostrato di saper fare molto di più, indubbio che tale scarso livello sia voluto, magari per stanare qualche critico ..... e farsi beffa (non sarebbe la prima volta) dei soliti, anche quì presenti, superesperti cinofili (licenza) che si sperticano in lodi e magnificenze
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gumbus
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lunedì 21 ottobre 2019
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permesso accordato
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In questo caso Tarantino si rivela conciliante tra le Americhe, quella del successo e quella nera della dannazione, divise dal doppio taglio di una società/economia che non offre una seconda possibilità e una attitudine alla psicosi tragicamente tipica. Ecco, Tarantino vuole riconciliare tutti e per farlo usa la mente, la memoria, la psiche del suo pubblico e ci riesce. Riesce questa volta ad unire, a riavvicinare i lembi di una storia nazionale ferita e lacerata come celebrato in "Heitfull eight". Riesce a restituire splendore, forza e bellezza all'utopia hippie, senza nascondere la stupidità e l'illlusione di quel movimento. Riesce con i mezzi stessi del proprio mito a ridare onore e ricostruire il sogno al mondo fragile e assoluto dello star system anni 60, colpito al cuore in nome di una idea fasulla e delirante, E lo fa nel rispetto di un mondo ormai tramontato che in fondo chiedeva un ririto diverso da quello che fu.
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In questo caso Tarantino si rivela conciliante tra le Americhe, quella del successo e quella nera della dannazione, divise dal doppio taglio di una società/economia che non offre una seconda possibilità e una attitudine alla psicosi tragicamente tipica. Ecco, Tarantino vuole riconciliare tutti e per farlo usa la mente, la memoria, la psiche del suo pubblico e ci riesce. Riesce questa volta ad unire, a riavvicinare i lembi di una storia nazionale ferita e lacerata come celebrato in "Heitfull eight". Riesce a restituire splendore, forza e bellezza all'utopia hippie, senza nascondere la stupidità e l'illlusione di quel movimento. Riesce con i mezzi stessi del proprio mito a ridare onore e ricostruire il sogno al mondo fragile e assoluto dello star system anni 60, colpito al cuore in nome di una idea fasulla e delirante, E lo fa nel rispetto di un mondo ormai tramontato che in fondo chiedeva un ririto diverso da quello che fu. E Tarantino lo costruisce artamente, affettuosamente, ma col permesso dello spettatore stesso. Permesso accordato. Il cinema è anche questo.
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jonnylogan
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domenica 26 gennaio 2020
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i fratelli dalton
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Sul finire degli anni ‘50 Rick Dalton è il protagonista di Bounty Law, serie western che pare potergli garantire una carriera di sicuro successo. Dieci anni dopo Rick, e la sua controfigura Cliff, vivono a Hollywood nel tentativo di rilanciare una carriera che a causa del calo d’interesse per il western sta precipitando nel dimenticatoio. Proprio per questo Rick vorrebbe avvicinare il regista Roman Polanski, che da poco si è trasferito con la moglie Sharon al 10050 di Cielo Drive, esattamente vicino alla sua villa.
Un tributo alla Città degli Angeli e al mondo del cinema che stava muovendo i primi passi verso un nuovo tipo di eroe.
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Sul finire degli anni ‘50 Rick Dalton è il protagonista di Bounty Law, serie western che pare potergli garantire una carriera di sicuro successo. Dieci anni dopo Rick, e la sua controfigura Cliff, vivono a Hollywood nel tentativo di rilanciare una carriera che a causa del calo d’interesse per il western sta precipitando nel dimenticatoio. Proprio per questo Rick vorrebbe avvicinare il regista Roman Polanski, che da poco si è trasferito con la moglie Sharon al 10050 di Cielo Drive, esattamente vicino alla sua villa.
Un tributo alla Città degli Angeli e al mondo del cinema che stava muovendo i primi passi verso un nuovo tipo di eroe. Non più personaggi senza macchia né paura ma controversi e pieni di incertezza. Fra i primi si poteva di certo annoverare Rick Dalton, un Leonardo Di Caprio che si agita nel sottobosco hollywoodiano a caccia di una fama che non è mai arrivata se non di striscio, e che nel breve volgere di due lustri è passato da essere una possibile promessa al simbolo del villain delle serie tv. Con lui l’inseparabile amico e stuntman Rick Dalton, Brad Pitt, non una semplice controfigura ma anche un sostegno sul quale poggiare i propri dubbi, frutto di un mestiere pieno di incertezze. Tarantino al solito confeziona ricostruzioni d’ambiente e personaggi che rasentano la maniacalità, unite a una colonna sonora selezionata con altrettanta certosina pazienza e una dose di ultraviolenza, come la definirebbe il protagonista di Arancia Meccanica, a condire il tutto. Trascinandoci sul finire dei ’60 e giocando con citazioni cinematografiche e serie tv di secondo piano, in un’eterna dichiarazione d’amore per il cinema che ha saputo formarlo, prima da appassionato e poi da regista adulto e pieno di talento. Gli eroi Tarantiniani questa volta però mancano il bersaglio, e l’undicesima pellicola del regista originario del Tennessee non sarà quindi ricordata fra le sue migliori, nonostante Di Caprio e Pitt riescono a diventare un duo perfettamente in sintonia e degno erede di Vince Vega e Jules Winnfield. Colpa di una sceneggiatura che purtroppo si spegne e trascina in due ore di party a bordo piscina ai quali partecipano star e starlette a caccia di scritture e gossip. Non bastano le ultime curve per rivalutare quindi una pellicola che nella vicenda finale riguardante la Manson Family vede solamente un appendice in cui narrare la definitiva perdita d’innocenza dei ‘60 e con loro la probabile fine della cultura hippy.
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peppy86
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martedì 28 gennaio 2020
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un film incompreso, purtroppo.
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È difficile descrivere la trama di questo film o il suo intreccio.
Se lo si approccia nel tentativo di cavarne fuori qualcosa alla Kill Bill o alla Bastardi senza gloria probabilmente si rimarrà delusi.
Once upon a time in Hollywood è un'esperienza d'altri tempi. Una lunga corsa in auto assieme alle star, gli stunt man e gli hippy di una Los Angeles soleggiata.
È quel piacevole torpore che ci avvolge alla fine di una lunga giornata di mezza estate. Un sereno tramonto che sa tanto di addio ad un tempo che non tornerà mai più.
Sedetevi comodi e scordatevi della velocità con la quale corre internet, dei suoi social network e della nevrosi ossessivo compulsiva dell'età moderna.
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È difficile descrivere la trama di questo film o il suo intreccio.
Se lo si approccia nel tentativo di cavarne fuori qualcosa alla Kill Bill o alla Bastardi senza gloria probabilmente si rimarrà delusi.
Once upon a time in Hollywood è un'esperienza d'altri tempi. Una lunga corsa in auto assieme alle star, gli stunt man e gli hippy di una Los Angeles soleggiata.
È quel piacevole torpore che ci avvolge alla fine di una lunga giornata di mezza estate. Un sereno tramonto che sa tanto di addio ad un tempo che non tornerà mai più.
Sedetevi comodi e scordatevi della velocità con la quale corre internet, dei suoi social network e della nevrosi ossessivo compulsiva dell'età moderna.
Fate finta invece di stare sdraiati su una bella cadillac, coccolati dal vento e bagnati da un buon margarita ghiacciato.
Tarantino ricorda inoltre allo spettatore che il cinema e la sua violenza non vanno mai presi sul serio. Spenti i riflettori del set ognuno torna per la sua strada: lo stunt man nella sua roulotte scassata, la star nella sulla villa lussuosa e tutti gli altri alle loro vite ordinarie.
Strumentalizzare i film per spiegare omicidi e atti di violenza è superficiale oltre che inutile.
Se c'è una critica che posso fare a questa pellicola è la vicenda da cui prende spunto: il massacro di Cielo Drive.
Si tratta di una vicenda di cronaca nera che vide convolti Roman Polanski e sua moglie Sharon Tate.
Per chi non conosce la vicenda sarà un po' dura comprendere la tensione o i momenti creepy del film, per non parlare del suo finale.
Non si tratta di un fatto storico, come quello che Tarantino cambia in Bastardi senza gloria, ma di un avvenimento macabro che si potrebbe non conoscere o ricordare.
Raccomando quindi di documentarsi un minimo a riguardo prima della visione di questa incantevole favola moderna.
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gbavila
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giovedì 30 gennaio 2020
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i nostri aquiloni
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All'inizio si stenta ad orientarsi, le varie finestre a cui ci affacciamo sembrano quadri di tempi passati, ma non lontani, in cui ci ritroviamo nella nostra infanzia (per chi ha gli anni di Tarantino). Un poco alla volta però questi quadri diventano aquiloni sgargianti che incantano richiamando nostalgie, vecchie fantasie che sempre più riconosciamo come più reali della realtà. I personaggi fantastici del cinema appaiono molto più veri di quelli che stanno intorno a loro superandoli in umanità e moralità. Come accade a noi, soffrono le loro sconfitte con quel senso di "occasioni perdute" ma che non ci fanno arrendere e smettere di camminare.
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All'inizio si stenta ad orientarsi, le varie finestre a cui ci affacciamo sembrano quadri di tempi passati, ma non lontani, in cui ci ritroviamo nella nostra infanzia (per chi ha gli anni di Tarantino). Un poco alla volta però questi quadri diventano aquiloni sgargianti che incantano richiamando nostalgie, vecchie fantasie che sempre più riconosciamo come più reali della realtà. I personaggi fantastici del cinema appaiono molto più veri di quelli che stanno intorno a loro superandoli in umanità e moralità. Come accade a noi, soffrono le loro sconfitte con quel senso di "occasioni perdute" ma che non ci fanno arrendere e smettere di camminare. Persino la delusione degli hippy, così idealizzati in un alone di sacro pacifismo, si rivelano sciocchi assatanati falsi e inconcludenti. Le pietre miliari della nostra storia recente si identificano in queste figure fantastiche che vengono dal cinema e che scopriamo come i nostri maestri di vita: ci hanno fatto diventare adulti e le loro miserie, sofferenze, fallimenti, li abbiamo vissuti con loro mentre ci indicavano i nuovi orizonti, i nuovi valori come l'amicizia, per esempio, che è la forza più grande che abbiamo a disposizione e che resiste alle intemperie della vita. Siamo testimoni attivi degli affetti che ci circondano e che volentieri abbracciamo, fino a quelli con i nostri animali domestici diventati specchi fedeli di ognuno di noi. Anche loro recitano con credibilità di cui va reso merito a Tarantino. Il bravissimo Di Caprio recita alla grande il ruolo del mediocre attore vanesio ma molto umano, piange slla sua grandezza che sempre più svanisce e che lo costringe a non essere più riconosciuto e trova conforto nella bambina di 8 anni (ma ne mostra dodici!) che è saggia e perspicace come lo sono solo i bambini prima che perdano la loro geniale spontaneità. Il cinema trionfa come un gigante buono che ci accompagna pedagogicamente nella vita raccontandoci chi siamo ma soprattutto chi dobbiamo essere e diventare. Qui l'imitazione non è più solo degli attori che fanno i cowboy e che sono esperti di cadute come il bravissimo Pitt, al gioco ci stiamo anche noi e questi maestri del cinema ci hanno fatto crescere e segnano con le loro vite le nostre pietre miliari che è bello ricordare di avere passato. Bellissimi i passaggi in cui le azioni recitative vanno in sincronia con quelle della vita attiva dei persoaggi, come in una recitazione continua che non distingue fra il fingere e l'essere. Grande film e grandi tutti gli attori diretti da un grande maestro a cui sempre più riconosciamo di dovergli molto.
Giuliano Bavila
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efrem
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lunedì 2 marzo 2020
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tarantino nella sua summa registica.
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C'era una volta a… Hollywood è un racconto sul cinema, su una Hollywood vista da Tarantino in modo sognante. E immergendosi nella storia di un attore e la sua controfigura che girano per la città e fanno incontri, e soprattutto assistono alla loro decaduta, racconta il cinema. La storia segue anche le vicende di Sharon Tate e Polanski, soprattutto di lei, che è come la felicità, la spensieratezza. La Tate interpretata magistralmente da una bellissima e sensuale Margot Robbie, che buca lo schermo con la sua bellezza di attrice. Poi ci sono altrettanto grandi Leonardo DiCaprio e Brad Pitt.
[+] ??peccato che oltre la tecnica ci sia il messaggio
(di noillusions)
[ - ] ??peccato che oltre la tecnica ci sia il messaggio
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dave san
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martedì 19 gennaio 2021
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love l.a.
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Il cinema che si racconta è già noto per film come Ave Cesare! dei Cohen. Tarantino però percorre un’altra strada. Non tesse una trama gialla, ma ricostruisce gli ultimi momenti di un fatto di cronaca nerissima. Decisamente modificandolo. Manson si scorge soltanto in una breve sequenza di perlustrazione. Per il resto Cliff Booth e Rick Dalton (Pitt e DiCaprio), occupano l'obiettivo da addetti ai lavori. Le rispettive storie si intrecciano a quella di Sharon Tate (Margot Robbie), tra party e passeggiate in auto, in una Los Angeles ospitale e solare. Una sequenza significativa la vede entrare a cinema per guardare il proprio film incontrando l'empatia del "consumatore".
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Il cinema che si racconta è già noto per film come Ave Cesare! dei Cohen. Tarantino però percorre un’altra strada. Non tesse una trama gialla, ma ricostruisce gli ultimi momenti di un fatto di cronaca nerissima. Decisamente modificandolo. Manson si scorge soltanto in una breve sequenza di perlustrazione. Per il resto Cliff Booth e Rick Dalton (Pitt e DiCaprio), occupano l'obiettivo da addetti ai lavori. Le rispettive storie si intrecciano a quella di Sharon Tate (Margot Robbie), tra party e passeggiate in auto, in una Los Angeles ospitale e solare. Una sequenza significativa la vede entrare a cinema per guardare il proprio film incontrando l'empatia del "consumatore". Sdraiata sulla poltrona assiste divertita insieme al pubblico. Rick Dalton cerca di far decollare la sua carriera interpretando personaggi canaglia nei Western, sino ad approdare alle produzioni Italiane. La sequenza in cui recita mirabilmente la sua parte in 'Lancer' lo ripaga dalla crisi che lo investe nel camerino, aggredendo le sue debolezze. Cliff Booth incontra una giovane hippie che lo conduce allo Spahn Ranch, dove porterà i saluti al vecchio amico George. L'atmosfera che accompagna la scena è lugubre e vagamente torbida. Malgrado il paesaggio rigoglioso e “agrituristico”, qualcosa di losco aleggia... Booth non ne sembra particolarmente scosso e conclude la sua visita replicando agli imprevisti. Diversamente dalle precedenti, questa pellicola sembra più un affresco. Illustra l’ambiente Hollywoodiano con disposizione confidenziale e nostalgica. Le vicende dei protagonisti vengono presentate con gusto faceto, utilizzando montaggi e punti di vista esplicitamente cinematografici. La trama e il ritmo narrativi sembrano forse meno accattivanti rispetto ai precedenti lungometraggi. In chiusura nondimeno, il regista convoglierà la sua vena più ‘pulp’, con una sequenza lisergica e sanguigna. Dopo che Dalton scaccia in malo modo gli hippie dello Spahn, questi tenteranno un’irruzione violenta. Pessima idea. Tra sigarette allucinogene, lanciafiamme e pitbull inferociti, il regista cala il sipario in rosso. Ci porta quindi in casa Polansky insieme a Dalton per trascorrere la serata. Se in Inglorious Basterds il cineasta offre un finale modernizzato, forse qui, adatta il contesto ai tempi. Spettacolarizzazioni a parte.
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cinephilo
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lunedì 23 settembre 2019
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un tarantino ripetitivo, poco originale
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Purtroppo mi ritrovo a dare la prima insufficienza ad un film del maestro Quentin. Nelle prime due ore il regista di Knoxville ci porta abbastanza bene (senza mai entusiasmarci davvero però) nel film dentro al film. Per tre quarti di pellicola infatti sembra di essere in un set di vari western tv show dove i nostri protagonisti (l'attore e la sua controfigura) ci trasportano dentro alla hollywood del 69' in una sequela di B-movie e serie tv western. Poi l'ultima mezz'ora si rivela davvero deludente con il classico finale ucronistico dove il maestro Quentin sovverte il corso della storia con poca creatività. Un film in cui traspare tutto l'amore di Tarantino per il cinema di quegli anni ma il maestro sembra anche aver esaurito idee e fantasia nel pilotare i destini dei suoi personaggi.
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Purtroppo mi ritrovo a dare la prima insufficienza ad un film del maestro Quentin. Nelle prime due ore il regista di Knoxville ci porta abbastanza bene (senza mai entusiasmarci davvero però) nel film dentro al film. Per tre quarti di pellicola infatti sembra di essere in un set di vari western tv show dove i nostri protagonisti (l'attore e la sua controfigura) ci trasportano dentro alla hollywood del 69' in una sequela di B-movie e serie tv western. Poi l'ultima mezz'ora si rivela davvero deludente con il classico finale ucronistico dove il maestro Quentin sovverte il corso della storia con poca creatività. Un film in cui traspare tutto l'amore di Tarantino per il cinema di quegli anni ma il maestro sembra anche aver esaurito idee e fantasia nel pilotare i destini dei suoi personaggi. I tempi di Pulp Fiction e Jackie Brown sono davvero lontani.
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[+] avrei dato una stella in più
(di paolp78)
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