Lei |
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Un film di Spike Jonze.
Con Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Rooney Mara.
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Titolo originale Her.
Drammatico,
durata 126 min.
- USA 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 13 marzo 2014.
MYMONETRO
Lei
valutazione media:
4,09
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La realtà virtuale si stancherà di noidi Giulia MazzarelliFeedback: 205 | altri commenti e recensioni di Giulia Mazzarelli |
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martedì 25 novembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In un futuro molto prossimo - appena il tempo di tornare al pantalone a vita alta e di ridurre i dispositivi digitali alle dimensioni dei tappi per le orecchie - Theodore si guadagna da vivere scrivendo lettere per conto terzi.
Stanco di nutrire il tempo libero con i ricordi legati alla ex moglie, Theodore acquista OS1, un sofisticato sistema operativo in grado di simulare una coscienza: non è che una voce, ma è programmata per adattarsi alle esigenze dell'acquirente e per raggiungere stati di consapevolezza via via superiori. Samantha fa così ingresso nella vita di Theodore riuscendo in breve tempo ad appagare ogni suo bisogno, passando dal ruolo di segretaria a quello di amica, confidente, amante.
Il tema dell'intelligenza artificiale è antico quanto il cinema, ma "Her" sonda orizzonti meno remoti: Samantha è la pronipote di Siri (assistente vocale di iPhone e iPad), depurata dalla meccanicità della pronuncia e in grado di evolversi autonomamente senza dover attendere la creazione di un ulteriore sistema operativo. Appartiene insomma ad un futuro verosimile, per quanto non imminente. Come verosimile è lo scenario umano che Jonze ci descrive, un mondo animato da milioni di monadi, ognuna assorbita dal suo piccolo universo autosufficiente, perché per ognuna ha prevalso la rinuncia a mettersi in gioco e il ricorso ad una realtà surrogata.
Su queste premesse Jonze innesta il tema romantico del desiderio di umanità: come alcuni suoi antenati cinematografici - ma da una condizione di partenza ancora più svantaggiata, visto che non ha alcun supporto fisico -, Samantha vorrebbe provare ciò che provano gli esseri umani. Vorrebbe nutrire sentimenti veri, ricordare, provare nostalgia, fare l'amore. La sua voce rappresenta l'unica concessione di tipo sensoriale alla relazione con Theodore, ma diventa il veicolo per vivere con lui esperienze che si avvicinano a quelle reali con un margine strettissimo di approssimazione.
Lo spettatore segue le emozioni di entrambi attraverso le espressioni del viso di lui e le modulazioni di voce di lei, sul crinale di quel patto con la finzione cinematografica dal quale rischia però di precipitare proprio nei momenti di maggior pathos: la scena in cui Theodore e Samantha fanno l'amore - resa da una dissolvenza in nero che rimane nel nero, abitato da sole voci, a rappresentare quel regno conquistato insieme, in cui il puro piacere e i suoni che esso produce sono le uniche realtà ammissibili - quella non-scena rischia di sgretolarsi come sabbia, di svelare l'artificio, di rigettare chi guarda al suo stato di spettatore seduto in sala.
Ma forse a non funzionare non è il film, né la prova degli attori, ma la resistenza in noi di quel sistema di valori che ci fanno ancora ridere (per fortuna) di un pic-nic in cui il quarto commensale è uno smartphone.
Ci consola la speranza, ventilata dal film, che sarà infine la realtà virtuale a stancarsi di noi.
Da vedere esclusivamente in lingua originale.
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