paolo assandri
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martedì 20 settembre 2011
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un kammerspiel sull'egoismo umano
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Un lento e inesorabile climax in picchiata verso l'umana indole, colta nei suoi lati più morbosamente vanitosi. Un cocktail di cinismo e ipocrisia che poco a poco emerge in tutti e quattro i protagonisti, grazie a interpretazioni da Oscar.
Waltz - Winslet sono i genitori di Zachary, reo d'aver colpito con un bastone Ethan, figlio della coppia Foster - C. Reilly, causandogli la rottura di due denti. Nel bel mezzo di Brooklyn, nell'appartamento dei genitori di Ethan, le due coppie s'incontrano per chiarire l'avvenuto. Sotto un'apparente serenità si nasconde in realtà un mondo di piccole acredini familiari, di manie narcisistiche e di goliardiche vanità.
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Un lento e inesorabile climax in picchiata verso l'umana indole, colta nei suoi lati più morbosamente vanitosi. Un cocktail di cinismo e ipocrisia che poco a poco emerge in tutti e quattro i protagonisti, grazie a interpretazioni da Oscar.
Waltz - Winslet sono i genitori di Zachary, reo d'aver colpito con un bastone Ethan, figlio della coppia Foster - C. Reilly, causandogli la rottura di due denti. Nel bel mezzo di Brooklyn, nell'appartamento dei genitori di Ethan, le due coppie s'incontrano per chiarire l'avvenuto. Sotto un'apparente serenità si nasconde in realtà un mondo di piccole acredini familiari, di manie narcisistiche e di goliardiche vanità. La prima impressione che si ha è che entrambe le coppie siano accomodanti: un lungo e ostinato pegno al convenevole viene pagato durante i primi venti minuti di film, nei quali sono solo piccole battute a far presagire la disputa. La polemica si fa però più aspra col passare dei minuti, fino ai limiti della rissa. La tensione è rotta magistralmente dagli autori con continuità ossessiva, con le telefonate al proprio collabolatore Walter da parte del papà di Zachary, avvocato di successo e con le simpatiche intromissioni telefoniche della nonna paterna di Ethan. Le alleanze durante il film mutano e così all'iniziale opposizione genitori vs genitori, per mezzo di una grottesca solidarietà sessuale, si va a creare una polarizzazione uomini vs donne, che sposta i termini del centenzioso dalla rissa tra figli adolescenti a generici e grotteschi stereotipi sociali e padagogici. Nel frattempo tutti si sono ubriacati col prezioso liquore del papà di Ethan e la comicità è mutata dal pungente humor dialogico della prima parte, ad una fisica e violenta comicità clownesca (i visi fatti rossi per l'ubriachezza non fanno che ricordare i nasi rubicondi dei pagliacci) nella seconda. Se a livello di testo poco è cambiato rispetto alla pieces teatrale da cui trae origine il film (tant'è vero che la stessa autrice Yasmina Reza collabora con Polansky alla sceneggiatura), a livello registico, la maestria è alta: un kammerspiel, un film da camera, di altissimo livello. Il senso claustrofobico che soprattutto la sequenza dell'ascensore lascia addosso allo spettatore è notevole. I personaggi appaiono ingigantiti dalle inquadrature e anche il testo sovente tende alla "bulimia dialettica" dei personaggi (in particolare è stordente l'eloquio di Jodie Foster). Scene d'interni così magistralmente riuscite ci fanno venire in mente capolavori di registi come Woody Allen e Hitchcock.
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linodigianni
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sabato 24 settembre 2011
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autodafè di libri, di idee, di persone
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Prendi due coppie e un figlio ciascuno.
Un figlio spacca i denti all'altro, perchè l'aveva chiamato spia.
La coppia col figlio/ vittima invita l'altra per mediare
La coppia col figlio aggressore cerca di coprire le cose
che non vanno tra i genitori e il figlio.
Il dramma da camera del titolo, Carnage-Carneficina
si avvia con colpi leggeri di fioretto scambiati
tra le due donne, fintamente progressiste.
L'avvocato intanto parla al telefono e denuncia
il suo cinismo e l'altro marito fa il buonista.
Poi, c'è il colpo di teatro.
Qualcosa succede, nella stanza, e si perdono le maschere
Inizia una battaglia senza esclusione di colpi, di tutti
contro tutti.
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Prendi due coppie e un figlio ciascuno.
Un figlio spacca i denti all'altro, perchè l'aveva chiamato spia.
La coppia col figlio/ vittima invita l'altra per mediare
La coppia col figlio aggressore cerca di coprire le cose
che non vanno tra i genitori e il figlio.
Il dramma da camera del titolo, Carnage-Carneficina
si avvia con colpi leggeri di fioretto scambiati
tra le due donne, fintamente progressiste.
L'avvocato intanto parla al telefono e denuncia
il suo cinismo e l'altro marito fa il buonista.
Poi, c'è il colpo di teatro.
Qualcosa succede, nella stanza, e si perdono le maschere
Inizia una battaglia senza esclusione di colpi, di tutti
contro tutti.
C'è anche un criceto, involontario protagonista
di questo splendido dramma da camera.
Se volete vedere questa bellssima opera teatrale
andate al cinema di Polanski, non ne sarete delusi
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(di weach )
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jaylee
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domenica 18 settembre 2011
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massacriamoci, ma civilmente
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Iniziamo con una nota, il titolo originale è God of Carnage (il Dio del Massacro, basato su un'affermazione di uno dei 4 protagonisti), passi che il titolo non venga tradotto in italiano per motivi di opportunità commerciale, o in questo caso -con tutta probabilità- religiosa, però a questo punto perché dare un titolo in inglese non suo?
Lasciando stare questa piccola nota polemica, e passando al film di per sé, la trama è semplice che più semplice non si può... un bambino ferisce un altro e i rispettivi genitori si incontrano per dirimere la questione in modo civile... tutto qua.
con eccezione dei titoli di testa e di coda, tutta l'azione si svolge nella casa di una delle coppie, lei bibliotecaria e scrittrice poco più che aspirante (Jodie Foster), lui commerciante di articoli per la casa (John C.
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Iniziamo con una nota, il titolo originale è God of Carnage (il Dio del Massacro, basato su un'affermazione di uno dei 4 protagonisti), passi che il titolo non venga tradotto in italiano per motivi di opportunità commerciale, o in questo caso -con tutta probabilità- religiosa, però a questo punto perché dare un titolo in inglese non suo?
Lasciando stare questa piccola nota polemica, e passando al film di per sé, la trama è semplice che più semplice non si può... un bambino ferisce un altro e i rispettivi genitori si incontrano per dirimere la questione in modo civile... tutto qua.
con eccezione dei titoli di testa e di coda, tutta l'azione si svolge nella casa di una delle coppie, lei bibliotecaria e scrittrice poco più che aspirante (Jodie Foster), lui commerciante di articoli per la casa (John C. Reilly). L'altra coppia è composta invece da un'analista finanziaria (Kate Winslet) ed un avvocato (Cristoph Waltz). Pur iniziando nel migliore dei modi, lo sviluppo della discussione degenererà irreversibilmente ed implacabilmente verso... il massacro (civile, beninteso).
Il film , tratto da una piece teatrale, appartiene alla miglior tradizione di film d'interni statunitense, quello a cui appartengono Americani e The Big Kahuna, per intendersi, con dialoghi serratissimi e interpretazioni assolutamente superlative.
Molto bello il suggerimento visivo del regista, dove inizialmente l'incontro si svolge sotto una specie di velatura, simbolo dell'ipocrisia delle nostre convenzioni, e successivamente i colori diventano più accesi, vividi... il vomito di una delle protagonista rappresenta la catarsi e l'inizio della (cruda) realtà. L'episodio dell'incidente tra i figli, diventa una scusa per parlare della condizione della civiltà occidentale, che per quanto sublimata in etichette e convenzioni (tra cui la legge), rimane solo il coperchio di una pentola di passioni e violenze in ebollizione, dove gli individui (soli) si alleano ora con l'uno ora con l'altro non per spirito di fratellanza, ma per aggredire il "diverso". Chi accetta questa condizione (i figli) vive serenamente il conflitto e le riappacificazioni, come se semplicemente fossero un alternarsi di necessarie stagioni, ed in definitiva, si adattano all'ambiente e lo accettano come un dato di fatto (il criceto, sperduto nel parco, ma finalmente fuori dalla gabbia).
Ottime le interpretazioni, con Waltz (quasi un nuovo Gene Hackman) adorabilmente insopportabile nella parte dell'avvocato blackberry-maniaco, e aperto sostenitore della onesta e naturale stato di ferocia degli esseri umani, e la Foster, inconcludente progressista buonista, che cerca di educare il mondo intorno a sé, e finta pacifista che di fatto è l'elemento scatenante e a più riprese del "massacro". Comunque molto buoni sia Reilly che la Winslet.
In definitiva, Carnage è probabilmente il miglior Polanski dei tempi recenti (vedi L'Uomo nell'Ombra e Oliver Twist), con una regia asciutta, ovviamente incentrata sui (magnifici) protagonisti, e, quando serve, claustrofobica. Non prende davvero posizione tra la naturale ferocia e l'ipocrita civiltà, piuttosto lo fa tra l'onestà dei ragazzi e le pretese dei genitori. I "grandi" si massacrano indipendentemente dalle loro (buone o cattive) intenzioni. Ma civilmente.
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olivia zilioli
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martedì 27 settembre 2011
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la mediocrità scampata di polanski
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Il nostro Polanski tributa di nuova grazia (e pubblico) il nobile teatro portandolo sul grande schermo. Carnage, sintetizzando, non è che la trasposizione della riuscita pièce teatrale di Jasmina Reza (Il Dio del Massacro) ove una semplice controversia infantile viene sdipanata da una società matura (rappresentata dagli attenti genitori) in un interno newyorkese. Non volendo sintetizzare, questo frizzante monoscena di 85 minuti ha in versione cinematografica una ricchezza nuova, aggraziata di particolari (difficilmente afferrabili in teatro). Una monografia di Bacon funge da rivelatore dell'inclinazione non così esilarante (come di istinto appaiono i brillanti dialoghi) dell'intera opera.
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Il nostro Polanski tributa di nuova grazia (e pubblico) il nobile teatro portandolo sul grande schermo. Carnage, sintetizzando, non è che la trasposizione della riuscita pièce teatrale di Jasmina Reza (Il Dio del Massacro) ove una semplice controversia infantile viene sdipanata da una società matura (rappresentata dagli attenti genitori) in un interno newyorkese. Non volendo sintetizzare, questo frizzante monoscena di 85 minuti ha in versione cinematografica una ricchezza nuova, aggraziata di particolari (difficilmente afferrabili in teatro). Una monografia di Bacon funge da rivelatore dell'inclinazione non così esilarante (come di istinto appaiono i brillanti dialoghi) dell'intera opera. Così come Bacon (“desidero distorcere l'oggetto ben oltre il suo aspetto quotidiano ma, nella distorsione, riportarlo ad una delineazione del suo aspetto, più profondo”) Polanski deforma i protagonisti al fine di smascherarne la vera essenza. Quattro personaggi (la borghese, l'impegnata, il mediocre, l'arrivista) impegnati ad essere a turno vittima o carnefice, giudice o incriminato, fino ad un epilogo che riassume i quesiti fondamentali dell'intera opera: la Beckettiana incomunicabilità, la solitudine (“la verità è che ogni uomo è solo”), l'inadeguatezza (“allora essere buona rende debole?”), l'indifferenza (“Darfur? … io credo nel Dio del Massacro”). Quattro caratteri sociali sì sviscerati (il vomito sul tavolo non è un espediente comico) da rientrare a pieno titolo nella metafora finale (si veda ultimo primo piano) in cui la società moderna non è che un criceto abbandonato sulla strada “spaventato dalla città ma pure incapace di sopravvivere nella giungla, suo habitat naturale”.
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max taylor
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giovedì 6 ottobre 2011
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carnage...ovvero il massacro dell'ipocrisia.
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Dal confronto civile al massacro verbale. E' questo il viaggio rappresentato nell'ultimo lavoro di Roman Polanski, tratto da una pièce teatrale di Yasmina Reza, che figura anche come co-sceneggiatrice. 79 minuti in real time che si svolgono nello stesso appartamento newyorkese dove due coppie di coniugi tentano di risolvere in modo "civile" e "maturo" il conflitto scatenato dai rispettivi figli, dal quale il rampollo dei padroni di casa è uscito con due incisivi rotti e il labbro tumefatto.
Finirebbe tutto bene se un caffè e una torta di frutta non trattenessero oltre il necessario i genitori dell'aggressore, "imprigionandoli" nel soggiorno che ben presto si trasforma nel ring di una battaglia senza esclusione di colpi, combattuta a suon di frecciate ed allusioni al vetriolo.
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Dal confronto civile al massacro verbale. E' questo il viaggio rappresentato nell'ultimo lavoro di Roman Polanski, tratto da una pièce teatrale di Yasmina Reza, che figura anche come co-sceneggiatrice. 79 minuti in real time che si svolgono nello stesso appartamento newyorkese dove due coppie di coniugi tentano di risolvere in modo "civile" e "maturo" il conflitto scatenato dai rispettivi figli, dal quale il rampollo dei padroni di casa è uscito con due incisivi rotti e il labbro tumefatto.
Finirebbe tutto bene se un caffè e una torta di frutta non trattenessero oltre il necessario i genitori dell'aggressore, "imprigionandoli" nel soggiorno che ben presto si trasforma nel ring di una battaglia senza esclusione di colpi, combattuta a suon di frecciate ed allusioni al vetriolo.
Opinioni e sentenze sgorgano imbrattando le apparenze, così come il vomito della signora Cowan impastriccia il vestito del marito e, soprattutto, i preziosi ed introvabili libri d'arte di miss Longstreet, donna delusa e disillusa che cerca rivalse nella vita con arie da intellettuale che non riescono a mascherare frustrazioni e insoddisfazioni ampiamente visibili oltre l'aspetto trascurato e vagamente dimesso.
Un telefonino squilla in continuazione, solo in apparenza stemperando i toni della discussione, ma in realta amplificando le tensioni e concedendo ai protagonisti il tempo di recuperare le energie come i pugili seduti all'angolo tra un round e l'altro.
Diretto con mestiere e interpretato da un cast stellare (tre premi Oscar su quattro...e scusate se è poco!), Carnage è una pellicola che scivola via senza cadute di ritmo, con dialoghi serrati e arguti. Una commedia sulle convenzioni sociali e il velo di ipocrisia che le ricopre, fino a quando uno scatto improvviso, un impeto di rabbia, non lo fa volar via...come i tulipani dal vaso sul tavolo nel soggiorno, nella scena finale del film.
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bella earl!
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lunedì 24 ottobre 2011
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un grandioso dramma da camera firmato polanski.
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- Non ne posso più di tutte queste stronzate buoniste -
In seguito ad un brutto litigio tra i rispettivi figli sfociato, poi, in una rappresaglia finita con due denti rotti da parte di uno e neanche un briciolo di rimorso da parte dell'altro i coniugi Cowan e Longstreet si ritrovano a casa di quest'ultimi per trovare un accordo sulla risoluzione della situazione. Una svolta inaspettata, però, fa prendere a tutta la situazione una brutta piega che sarà difficile risollevare..
Roman Polanski dirige con la maestria del grande regista questo dramma da camera ispirato dalla piéce teatrale di Yasmina Reza. Polanski si muove con abilità e agilità in questo dramma che prende due famiglia con una sceneggiatura solida (co-sceneggiata dalla stessa Reza) e il suo solito estro creativo.
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- Non ne posso più di tutte queste stronzate buoniste -
In seguito ad un brutto litigio tra i rispettivi figli sfociato, poi, in una rappresaglia finita con due denti rotti da parte di uno e neanche un briciolo di rimorso da parte dell'altro i coniugi Cowan e Longstreet si ritrovano a casa di quest'ultimi per trovare un accordo sulla risoluzione della situazione. Una svolta inaspettata, però, fa prendere a tutta la situazione una brutta piega che sarà difficile risollevare..
Roman Polanski dirige con la maestria del grande regista questo dramma da camera ispirato dalla piéce teatrale di Yasmina Reza. Polanski si muove con abilità e agilità in questo dramma che prende due famiglia con una sceneggiatura solida (co-sceneggiata dalla stessa Reza) e il suo solito estro creativo. Per il cast la scelta più che ovvia non poteva essere che attori capaci di incarnare bene l'essere del film e di rendere bene ogni forma e sfumatura del proprio personaggio; non per niente la scelta è ricaduta sulla grande Jodie Foster (premio Oscar per la parte del detective Clarice Starling ne Il Silenzio Degli Innocenti e per il ruolo di Sarah in Sotto Accusa), Kate Winslet (premio Oscar per aver interpretato Hanna Schmitz in The Reader), Christoph Waltz (premio Oscar per la completa e grande interpretazione di Hans Landa in Bastardi Senza Gloria) e John C: Reilly (candidato premio Oscar per il musical Chicago) quattro attori fenomenali che hanno dato vita a interpretazioni ricche di sfaccettature e complete in ogni loro piccola imperfezione. Un film senza tempo per gustare grande cinema targato Polanski.
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linus2k
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lunedì 19 settembre 2011
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...quel perbenismo di circostanza...
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Un litigio tra ragazzi, il chiarimento tra i rispettivi genitori, la voglia di superare la barbarie della violenza fisica con il civile e moderato confronto verbale tra persone educate.
Da questo punto parte l’ultimo film di Roman Polanski. Una piece teatrale, un film retto sul dialogo e confronto di qualche ora tra 2 coppie di genitori della borghesia medio elevata di New York. Un film fondamentalmente claustrofobico, teso, ansiogeno.. sin dall’inizio senti tensione nelle parole misurate, corrette, ritrattate, nelle espressioni affettate, di circostanza, nei silenzi imbarazzati… Una tensione che tiene fisso sulle poltrone, che angoscia e tiene in tensione per tutto il film, e che aumenta, momento dopo momento, dopo ogni tentativo di uscire, di chiudere il confronto, di prendere un ascensore senza mai riuscirci, e di ritorno nel salotto vedere la rabbia aumentare, il controllo venir meno, la parte peggiore di ognuno di loro prendere il sopravvento… e così l’animalista convinta, l’attivista per la pace in Africa, il maschio alfa dominante e l’avvocato senza scrupoli in carriera mostreranno tutte le loro miserie, i loro limiti, le loro infinite frustrazioni, la loro bieca mediocrità morale che tentano in ogni modo di nascondere nel perbenismo di circostanza…
Sopra di loro quel “Dio del massacro” invocato e ricordato e che ricorda molto da vicino nel nome e nel comportamento quell’Angelo Sterminatore di Buñueliana memoria, che li tiene bloccati al luogo ed alle loro miserie, e che li spoglia del perbenismo.
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Un litigio tra ragazzi, il chiarimento tra i rispettivi genitori, la voglia di superare la barbarie della violenza fisica con il civile e moderato confronto verbale tra persone educate.
Da questo punto parte l’ultimo film di Roman Polanski. Una piece teatrale, un film retto sul dialogo e confronto di qualche ora tra 2 coppie di genitori della borghesia medio elevata di New York. Un film fondamentalmente claustrofobico, teso, ansiogeno.. sin dall’inizio senti tensione nelle parole misurate, corrette, ritrattate, nelle espressioni affettate, di circostanza, nei silenzi imbarazzati… Una tensione che tiene fisso sulle poltrone, che angoscia e tiene in tensione per tutto il film, e che aumenta, momento dopo momento, dopo ogni tentativo di uscire, di chiudere il confronto, di prendere un ascensore senza mai riuscirci, e di ritorno nel salotto vedere la rabbia aumentare, il controllo venir meno, la parte peggiore di ognuno di loro prendere il sopravvento… e così l’animalista convinta, l’attivista per la pace in Africa, il maschio alfa dominante e l’avvocato senza scrupoli in carriera mostreranno tutte le loro miserie, i loro limiti, le loro infinite frustrazioni, la loro bieca mediocrità morale che tentano in ogni modo di nascondere nel perbenismo di circostanza…
Sopra di loro quel “Dio del massacro” invocato e ricordato e che ricorda molto da vicino nel nome e nel comportamento quell’Angelo Sterminatore di Buñueliana memoria, che li tiene bloccati al luogo ed alle loro miserie, e che li spoglia del perbenismo.
Polanski torna a tematiche a lui care, al confronto cinico e nevrotico già presente in “Cul-de-sac”, curando la fotografia e la regia in maniera egregia, con inquadrature precise, in cui gioca con le asimmetrie, con i riflessi, con i diversi piani tra i personaggi…
Le due coppie di attosi gli sono decisamente di aiuto per a perfetta riuscita di questo piccolo grande film: spaventosamente brave, in stato di grazia, dove spicca una Jodie Foster tesa, nervosa, puntuale, fino ad arrivare ad essere viscerale,ed una Kate Winslet sempre più convincente.
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robbby
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giovedì 22 settembre 2011
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non andate a vederlo, non merita nulla
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Carnage. Carneficina. Appena si leggono le locandine, gli attori presenti, i commenti delle riviste specializzate e non, si nutre l'impressione di essere prossimi a partecipare alla visione di un classico grande film di Hollywood. Invece, la strategia commerciale è tutta italiana. Polanski gira il film con un badget ridotto all'osso, ponendo i personaggi nel mezzo di dialoghi stucchevoli e su tematiche improbabili, al contempo cercando di far massimo profitto al botteghino. E gli spettatori, una volta in sala, si rendono conto della povertà di idee che dovranno subire. Comincia in modo improbabile, con una rappresentazione lampo dell'antefatto, sulla quale le due coppie di soggetti (una Foster mai vista recitare in modo così forzato, pessima prestazione) creano l'episodio conseguente e perdurante nel film: una prolissa, noiosissima e decisamente banale conversazione litigiosa.
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Carnage. Carneficina. Appena si leggono le locandine, gli attori presenti, i commenti delle riviste specializzate e non, si nutre l'impressione di essere prossimi a partecipare alla visione di un classico grande film di Hollywood. Invece, la strategia commerciale è tutta italiana. Polanski gira il film con un badget ridotto all'osso, ponendo i personaggi nel mezzo di dialoghi stucchevoli e su tematiche improbabili, al contempo cercando di far massimo profitto al botteghino. E gli spettatori, una volta in sala, si rendono conto della povertà di idee che dovranno subire. Comincia in modo improbabile, con una rappresentazione lampo dell'antefatto, sulla quale le due coppie di soggetti (una Foster mai vista recitare in modo così forzato, pessima prestazione) creano l'episodio conseguente e perdurante nel film: una prolissa, noiosissima e decisamente banale conversazione litigiosa. Sembra anche di rivivere quelle storie horror dove i soggetti non riescono mai ad uscire dall'habitat recitativo, tant'è che non c'è modo di convincere gli stessi ad uscire dall'appartamento, qualunque sia il rapporto che intercorra tra loro. La trama poi si svolge senza nessun lampo, con una dialettica scialba ed insignificante, farcita di demagogia e stupida retorica. E finisce in modo ancora più sciatto, con i personaggi dell'antefatto recuperati per dar luogo al finale a lieto fine. L'unica cosa che lo spettatore apprezza del film è la brevità, sarebbe stato un suicidio cinematografo allungarlo di anche soli cinque minuti in più. Voto: 0
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(di mara65)
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(di oilitta)
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ultimoboyscout
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domenica 30 ottobre 2011
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il dio del massacro da sempre ci governa.
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L'assenza di Polanski al Lido è stata quasi una presenza ma il regalo che ci ha fatto è di quelli indimenticabili. Vogliamo definirlo un capolavoro? ma si, il gioiello di cui ci ha omaggiati è un meccanismo a orologeria perfetto, levigato,, preciso, feroce ed esilarante, che però a Venezia non ha vinto nulla. Forse perchè i giurati avranno deciso che sarebbe stato inutile sprecare un premio per premiare un film che si premia da solo per le sue innate virtù. Apparentemente leggero e di semplice realizzazione è invece un film che in pochi avrebbero potuto fare: il controllo del set deve essere totale e la pressione sugli attori più che costante, alla ricerca del dialogo, dell'inflessione e dell'espressione perfetti, quei dettagli che in film così statici fanno la differenza.
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L'assenza di Polanski al Lido è stata quasi una presenza ma il regalo che ci ha fatto è di quelli indimenticabili. Vogliamo definirlo un capolavoro? ma si, il gioiello di cui ci ha omaggiati è un meccanismo a orologeria perfetto, levigato,, preciso, feroce ed esilarante, che però a Venezia non ha vinto nulla. Forse perchè i giurati avranno deciso che sarebbe stato inutile sprecare un premio per premiare un film che si premia da solo per le sue innate virtù. Apparentemente leggero e di semplice realizzazione è invece un film che in pochi avrebbero potuto fare: il controllo del set deve essere totale e la pressione sugli attori più che costante, alla ricerca del dialogo, dell'inflessione e dell'espressione perfetti, quei dettagli che in film così statici fanno la differenza. La cosa che però sconvolge è la naturalezza che i fantastici quattro lasciano trasparire. Strepitoso Waltz, sublime la Winslet, intensissima la Foster ma tra i tre litiganti Premi Oscar si eleva quello che non ti aspetti, quello che aveva suscitato tenerezza e aveva fatto dire : "chi è questo?" oppure "che c'entra questo?". A godere è proprio Reilly, il meno nobile tra i quattro protagonisti, eppure appare eccezionale, credibile e brillantissimo. Film che segna il tramonto dell'Occidente: prima nessuno dice nulla e non va bene, poi tutti dicono tutto e va persino peggio. La resa dei conti diventa una rissa generale in nome dei soldi, del sesso, del potere e del lavoro, tra sigari, whisky, vomito, torte, criceti, Darfur in un uomini contro donne, mariti contro mogli, alto contro medio borghesi, tutti contro tutti, con buona pace degli ospiti d'onore Ivanhoe e John wayne. Esilarante come detto ma sinistro e feroce, invidie, tensioni e ipocrisie sono i mali peggiori di cui la borghesia, vista dall'occhio attento e ipercritico del regista, è affetta e infetta, facendone emergere il lato violento e buio a scapito di quello pacifico e perbene che sembra prevalere solo nei primissimi minuti di visione. Tutto ciò finisce per risultare comicamente, irresistibile, aiutato dal testo teatrale da cui il film è tratto (i tempi sono chiaramente teatrali). Ma non siamo di fronte a semplice teatro filmato, piuttosto ad una vera, raffinatissima lezione di regia che lavora in prevalenza sugli attori, sullo spazio e su certi oggetti-simbolo. Risultato pulito, senza fronzoli o compiacimenti vari che rendono questa discesa negli inferi più profondi del perbenismo un'opera lucidissima e di classica perfezione. Acido e antiborghese a livelli estremi, dimostra come Polanski abbia raggiunto quote cinematografiche altissime, eccellenti, visto che ad occhio e croce non sbaglia un film dai tempi de "Il pianista", prometteva scintille d'autore e sono stati a dir poco fuochi artificiali. In effetti le promesse sono state tutte mantenute.
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(di jessy86)
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[+] a jessy86
(di riccardo76)
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gianluca bazzon
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lunedì 17 ottobre 2011
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la carneficina necessaria di polansky
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Carnage, trasposizione cinematografica di un’opera teatrale di Yasmine Reza, è un film complesso, scandito e ritmato da dialoghi a tratti alleniani, nevrotici e ironici allo stesso tempo.
A partire da un incontro formale tra due coppie, i Cowan e i Longstreet, i cui rispettivi figli, Ethan e Zackary, avevano avuto un battibecco sfociato in violenza fisica, prende forma un mosaico delle personalità umane, dei rapporti interpersonali al cui interno ritroviamo tutto il nostro mondo: la solidarietà maschile (che può scaturire semplicemente da una bottiglia di Single Malt e un sigaro) e quella femminile, il lavoro come espressione della propria persona e le differenze sociali, l’uomo dominante e quello sottomesso, l’accondiscendenza e la strafottenza, la buona e cattiva educazione.
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Carnage, trasposizione cinematografica di un’opera teatrale di Yasmine Reza, è un film complesso, scandito e ritmato da dialoghi a tratti alleniani, nevrotici e ironici allo stesso tempo.
A partire da un incontro formale tra due coppie, i Cowan e i Longstreet, i cui rispettivi figli, Ethan e Zackary, avevano avuto un battibecco sfociato in violenza fisica, prende forma un mosaico delle personalità umane, dei rapporti interpersonali al cui interno ritroviamo tutto il nostro mondo: la solidarietà maschile (che può scaturire semplicemente da una bottiglia di Single Malt e un sigaro) e quella femminile, il lavoro come espressione della propria persona e le differenze sociali, l’uomo dominante e quello sottomesso, l’accondiscendenza e la strafottenza, la buona e cattiva educazione.
Le numerose opposizioni innescano meccanismi automatici che sfociano ancora una volta nella violenza, seppur verbale. I “grandi” poi non sono cosi diversi dai piccoli. La differenza è che i grandi hanno accumulato e assunto infinite maschere e hanno modi di rapportarsi con gli altri più complessi e sofisticati (tanto da essere degni di essere raccontati): sanno come ferire, rabbonire o infastidire l’Altro in modo meno diretto ma non per questo inefficace.
Nel claustrofobico microcosmo della sala dei Longstreet assistiamo alle nostre battaglie quotidiane tra persone sì dotate di intelligenza e cultura ma prive di libertà: gli scontri e i non-scontri sembrano inevitabili e dettati da istanze ultra-umane nonché dall’istinto più che dalla razionalità.
Polansky sembra rappresentare la prigionia metaforica in cui viviamo, forte probabilmente dei suoi anni di reclusione in Svizzera. La sala-prigione dei Longstreet dove viene girata la quasi totalità del film, rappresenta insieme una limitazione geografica e il giusto luogo dove scovare l’estrema difficoltà di una convivenza civile.
Infine la carneficina del titolo da una parte è il risultato naturale di una conciliazione impossibile tra le persone, dall’altra allude ad un annientamento progressivo delle infinite maschere che ogni uomo indossa nella cosiddetta società “civile”.
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(di weach )
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