immanuel
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sabato 17 settembre 2011
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un giovevole psicodramma
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Il signor Cowen dice di credere nel "dio del massacro". Discorrendo con la signora Longstreet sulla natura violenta dell'uomo, egli afferma che l'essere umano, dopo aver ondeggiato per molto tempo tra la prevaricazione (il massacro) e il diritto, solo alla lunga ha conosciuto il prevalere del secondo, Giungendo a conclusioni vichiane, nega l'anima inoffensiva del "buon selvaggio" roussoniano e conferisce all'uomo una fisionomia istintivamente violenta e distruttrice. Se Polanski non credesse nel "dio del massacro" non avrebbe intitolato il film "carneficina", evocando scenari pulp, e non avrebbe inscenato uno spietato psicodramma, una patetica, sguaiata, meschina tragedia dell'isterismo, della schizofrenia umane.
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Il signor Cowen dice di credere nel "dio del massacro". Discorrendo con la signora Longstreet sulla natura violenta dell'uomo, egli afferma che l'essere umano, dopo aver ondeggiato per molto tempo tra la prevaricazione (il massacro) e il diritto, solo alla lunga ha conosciuto il prevalere del secondo, Giungendo a conclusioni vichiane, nega l'anima inoffensiva del "buon selvaggio" roussoniano e conferisce all'uomo una fisionomia istintivamente violenta e distruttrice. Se Polanski non credesse nel "dio del massacro" non avrebbe intitolato il film "carneficina", evocando scenari pulp, e non avrebbe inscenato uno spietato psicodramma, una patetica, sguaiata, meschina tragedia dell'isterismo, della schizofrenia umane. Dopo aver inizialmente dato mostra della coerenza dell'"etichetta" e del loro perbenismo, decisi a ricomporre fittiziamente un'amicizia e un'armonia tra famiglie rotta dopo il litigio tra i propri filgi, poco a poco nelle coppie iniziano a farsi strada, a venire estrisecati (come se non fossero già serpeggiati nella mente infida di ognuno) i rancori, i pregiudizi, le ostilità, le invidie. Sentimenti subdoli affermerà qualcheduno "perbene". Slanci istintuali, frutti di un solipsismo rovinoso, del tutto umani piuttosto. Una bipolarità, una doppiezza, proprie di ciascuno, Dalle beghe assurde e dalle conflittualità riusciamo a trarre le ubbie, i disagi, le incomprensioni, dall'acrimonia covata sotto la cenere di un cupo quieto vivere, di una complice mutua sopportazione di uno iato coniugale, peraltro non occultabile, veniamo a sapere delle pusillanimità, delle viltà, dell'atonia untuosa proprie di tutti, Preferiamo continuarcene a rimanere indifferenti, senza sapere che tutto ciò prima o poi viene al pettine. Nulla di ciò che riguarda i nostri vissuti più penosi, le nostre nevrosi, assurde manie, tristi speranze, desideri inconfessabili può essere lasciato nell'ombra, tutto viene o può venir fuori -quandanche si cerchi di assolvere se stessi o si inquisisca il vicino minaccioso e incombente (lama pronta a cacciarsi nelle carni, subdola) per come siamo trincerati nel nostro mediocre egotismo- alla luce di una realtà turbata e frenetica. Del resto, "homo homini lupus".
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(di johnny1988)
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lisa casotti
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venerdì 25 novembre 2011
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questo massacro s’ha da fare
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Il rischio era di annoiarsi (so che a qualcuno è risultato pesante) come è possibile che avvenga con le trasposizioni cinematografiche di testi teatrali (Il dio del massacro di Yasmina Reza), tanto più se tutto il racconto si svolge in poco più di una stanza: salotto, cucina, salotto, pianerottolo, salotto, bagno, salotto di casa Longstreet, dove i genitori di Ethan accolgono i coniugi Cowan per un confronto civile su un incidente “incivile”, per cui Zachary, figlio undicenne dei Cowan, ha rotto i due incisivi di Ethan, il piccolo Longstreet.
Un film girato in interni, dunque (due settimane di prove prima del ciak, per arrivare già preparati alle riprese), tranne un prologo e un epilogo di due minuti scarsi l’uno.
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Il rischio era di annoiarsi (so che a qualcuno è risultato pesante) come è possibile che avvenga con le trasposizioni cinematografiche di testi teatrali (Il dio del massacro di Yasmina Reza), tanto più se tutto il racconto si svolge in poco più di una stanza: salotto, cucina, salotto, pianerottolo, salotto, bagno, salotto di casa Longstreet, dove i genitori di Ethan accolgono i coniugi Cowan per un confronto civile su un incidente “incivile”, per cui Zachary, figlio undicenne dei Cowan, ha rotto i due incisivi di Ethan, il piccolo Longstreet.
Un film girato in interni, dunque (due settimane di prove prima del ciak, per arrivare già preparati alle riprese), tranne un prologo e un epilogo di due minuti scarsi l’uno.
Un’ora e venti di durata, perché il rischio, in questi casi, è appunto quello di infastidire lo spettatore e perché il film è la trasposizione fedele della pièce teatrale (a parte il finale più ottimistico); un tempo che mi è sembrato troppo breve, perché mi sono divertita e sarei rimasta un giorno intero ad ascoltare quei quattro – e che quartetto! – che, alla fine, si dicono di tutto, sviscerando quello che hanno dentro – tra cui la pochezza delle loro convinzioni – fino ad affermare, a turno, che quello – della presa d’atto – è stato il giorno più brutto della loro vita.
Ci si immedesima nei personaggi, con i loro vizi e le loro debolezze, che – alla resa dei conti (in senso letterale) – diventano quasi virtù, in quanto umani. Nell’isteria di Penelope (Jodie Foster) e nella frustrazione sentimentale di Nancy (Kate Winslet). Nel qualunquismo di Michael (John C. Reilly) o nell’arrivismo di Alan (Christoph Waltz). O, se siamo così fortunati o così ipocriti da non rispecchiarci in almeno uno dei personaggi, di sicuro in loro possiamo ritrovare i tratti di qualcuno a noi vicino.
Unica nota stonata – anzi, meglio definirla stridula – il doppiaggio della povera Jodie Foster il cui personaggio, una petulante intellettuale di sinistra, già dall’inizio non brilla per simpatia e, ancor meno, per merito/demerito della voce che la doppia. Non appena apre bocca, è immediato pensare: devo andarlo a vedere in lingua originale (anche se, per i fitti dialoghi, non dev’essere una passeggiata). Inoltre, pare che nel doppiaggio molto si perda: anche perché si gioca sulla differenza di accento (che in italiano si annulla) per rimarcare la diversa appartenenza di classe sociale della due famiglie.
E forse proprio perché sarei rimasta ad ascoltarli per ore il finale mi è parso mozzato. Sospeso, okay, ci sta, perché vista la situazione che si crea non si può andare a parare da nessuna parte, ma avrei fatto pronunciare alla Winslet mezza frase in più per smorzare l’effetto mannaia.
Ad ogni modo questa carneficina (Carnage) s’ha da fare e sarà per puro gusto personale, ma a me le trasposizioni cinematografiche di testi teatrali mi sembrano il più delle volte (8 donne e un mistero, La cena dei cretini…) esperimenti ben riusciti.
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riccardo tavani
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venerdì 30 settembre 2011
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la caverna tra le pareti di casa
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La scena si svolge tutta all'interno di un sobrio appartamento di Brooklyn. Ci sono, però, un antefatto e una conclusione completamente esterne, dentro un'identica inquadratura fissa, compresa tra due alberi del parco e lo sfondo del fiume. L'elemento naturale esterno è quello da cui scaturisce il dramma interno e, sembra dire Polanski, è un elemento fisso, inamovibile, non aggirabile. Nello spazio compreso tra quei due tronchi d'albero due adolescenti vengono a diverbio. Uno dei due ha un lungo ramo in mano e lo molla sulla faccia dell'altro, rompendogli due incisivi. Dentro questa aperta e chiusa parentesi naturale si svolge un classico “dramma da camera”, o “kammerspiel”, con la più classica delle unità aristoteliche di tempo, di luogo e di azione.
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La scena si svolge tutta all'interno di un sobrio appartamento di Brooklyn. Ci sono, però, un antefatto e una conclusione completamente esterne, dentro un'identica inquadratura fissa, compresa tra due alberi del parco e lo sfondo del fiume. L'elemento naturale esterno è quello da cui scaturisce il dramma interno e, sembra dire Polanski, è un elemento fisso, inamovibile, non aggirabile. Nello spazio compreso tra quei due tronchi d'albero due adolescenti vengono a diverbio. Uno dei due ha un lungo ramo in mano e lo molla sulla faccia dell'altro, rompendogli due incisivi. Dentro questa aperta e chiusa parentesi naturale si svolge un classico “dramma da camera”, o “kammerspiel”, con la più classica delle unità aristoteliche di tempo, di luogo e di azione. I signori Longstreet – Penelope e Michael –, genitori del ragazzo che ha avuto la peggio, ricevono nel loro appartamento i signori Cowen – Nancy ed Alan, per cercare di risolvere civilmente l'incidente e riportare la pace tra i ragazzi. Due incisivi rotti, con delle seccanti complicazioni gengivali, non è proprio roba da poco, da risolvere con due battute, tante scuse, un arrivederci e grazie. E d'altronde ogni volta che i Cowen fanno per andare via o escono addirittura sul pianerottolo, stanno entrando nell'ascensore per scendere, qualcosa li riporta prepotentemente dentro. Non si può sfuggire all'appartamento sobrio di Brooklyn, ovvero alla caverna primordiale le cui pareti abbiamo arredato con eleganza, ma che pur sempre una caverna rimane. Ancora aristotelicamente, possiamo dunque dividere il dramma in tre atti. Il primo è quello dell'esibizione, dello sfoggio delle sembianze, dei modi, delle parole civili. Il secondo quello della messa in crisi dello svelarsi delle prime vistose crepe nella facciata. Il terzo quello dell'esplosione nella caverna degli istinti, sia aggressivi che difensivi, di ognuno contro tutti gli altri, o con alleanze mobili, opportunistiche, inaffidabili. È il ritorno allo spirito primordiale del massacro, della carneficina, richiama dal titolo del film. È anche una critica al sogno o all'illusione americana, occidentale di una civiltà superiore, che in realtà non riesce più a nascondere la sua base di autentica brutalità. Ogni svolta drammatica è segnata non dal ragionamento, dal dialogo tra i quattro, ma da un gesto fisico, da un'azione sugli oggetti dell'ambiente. Più precisamente: l'impossibilità del dialogo di arrivare a qualcosa di ragionevole si manifesta in un gesto di concreta reazione fisica. Nancy Cowen dà all'improvviso di stomaco e sparge il suo vomito proprio sui preziosi libri d'arte di Penelope. È come se avesse vomitato tutta la inconcludente quanto stomachevole ipocrisia del primo atto, determinando così la svolta verso il secondo. E poi ancora quando le si rovescia la borsa a terra o getta il cellulare di suo marito nell'acqua di un vaso pieni di tulipani gialli. È come se questa scansione dei gesti fosse anche una scansione dei corpi nello svelare il loro vero aspetto primordiale mentre brandiscono un ramo nodoso per difendersi e attaccare dall'interno della caverna. Anzi, l'inganno delle false apparenze di una civiltà, di una nazione, di una collettività quanto dei singoli compromette definitivamente qualsiasi possibilità di risoluzione. Infatti, i due ragazzi, completamente ignari e indifferenti al dramma scatenato dai genitori nella caverna, tornano semplicemente a fare pace, tra quei due tronchi d'albero e lo sfondo del fiume nel parco.
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gabriella
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sabato 17 settembre 2011
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cinema kammerspiel.
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Film da "camera" ovvero tutto girato in un interno abbastanza circoscritto ma soprattutto tutto incentrato sulle emozioni dei protagonisti e sulla loro espressività.Di Roman Polanski e con facenti parte del cast una sempre più splendida ed espressiva Kate Winslet nella sua piena maturità femminile ed artistica,un'altrettanto eccezionale Jodie foster,il bravissimo attore austriaco Christoph Waltz (lo ricordiamo in alcuni episodi de "Il commissario Rex" e in film quali "Come l'acqua per gli elefanti" e "Bastardi senza gloria") ed il simpatico John C. Reilly.Il dramma ha inizio con la lite fra due ragazzini e termina con la dimostrazione di quanto gli esseri umani siano imperfetti e agitati da sentimenti ed emozioni non propriamente edificanti.
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Film da "camera" ovvero tutto girato in un interno abbastanza circoscritto ma soprattutto tutto incentrato sulle emozioni dei protagonisti e sulla loro espressività.Di Roman Polanski e con facenti parte del cast una sempre più splendida ed espressiva Kate Winslet nella sua piena maturità femminile ed artistica,un'altrettanto eccezionale Jodie foster,il bravissimo attore austriaco Christoph Waltz (lo ricordiamo in alcuni episodi de "Il commissario Rex" e in film quali "Come l'acqua per gli elefanti" e "Bastardi senza gloria") ed il simpatico John C. Reilly.Il dramma ha inizio con la lite fra due ragazzini e termina con la dimostrazione di quanto gli esseri umani siano imperfetti e agitati da sentimenti ed emozioni non propriamente edificanti.Il tutto passando attraverso il voler dimostrare il contrario da parte dei protagonisti.Finale amaro e sconfortante.Attori tutti molto bravi nella cui ottima prova di recitazione è la vera forza del film.
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paride86
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mercoledì 28 settembre 2011
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magistralmente perfido
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Eccezionale film di attori tra cui brilla, indiscusso, Christoph Waltz.
"Carnage" è una feroce satira della borghesia - alta e bassa - in cui ognuno di noi si può riconoscere e che fa ridere a denti stretti perché colpisce duro.
Oltre ad essere ben scritto è girato in maniera magistrale, soprattutto tenendo conto che si svolge per la maggior parte in un interno.
Polanski è davvero un grande artista/regista, su questo non c'è dubbio.
Solo una cosa mi lascia un po' perplesso quando vedo i suoi film: quanto è giusto pagare il biglietto per far guadagnare uno stupratore (impunito) di bambine?
[+] ma che c'entra lo stupro?
(di pietro germi)
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[+] boh?
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francesco1960
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sabato 1 ottobre 2011
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dietro al velo del perbenismo
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*** 1/2 - Cosa c’è dietro al velo di educazione e convivenza civile con cui tutti ci mascheriamo? “Carnage” è l’adattamento di una piéce teatrale di grande successo, “Il dio del massacro” della francese Yasmina Reza. Christoph Waltz e Kate Winslet, genitori “upper class” di un ragazzino reo d’averne colpito un altro con un bastone, si recano per un riappacificamento nella casa dei genitori del danneggiato, la coppia normoborghese Jodie Foster - John Reilly, nella cui casa si svolge l’intero film (a parte due brevi scene, la prima e soprattutto quella di chiusura, illuminante e spiazzante in perfetto stile Polanski). L’impianto, apparentemente statico, è invece lo scenario perfetto per una discesa al centro dell’Animus umano, l’Id junghiano nascosto che creava il mostro del “Pianeta Proibito”.
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*** 1/2 - Cosa c’è dietro al velo di educazione e convivenza civile con cui tutti ci mascheriamo? “Carnage” è l’adattamento di una piéce teatrale di grande successo, “Il dio del massacro” della francese Yasmina Reza. Christoph Waltz e Kate Winslet, genitori “upper class” di un ragazzino reo d’averne colpito un altro con un bastone, si recano per un riappacificamento nella casa dei genitori del danneggiato, la coppia normoborghese Jodie Foster - John Reilly, nella cui casa si svolge l’intero film (a parte due brevi scene, la prima e soprattutto quella di chiusura, illuminante e spiazzante in perfetto stile Polanski). L’impianto, apparentemente statico, è invece lo scenario perfetto per una discesa al centro dell’Animus umano, l’Id junghiano nascosto che creava il mostro del “Pianeta Proibito”. Polanski, evidentemente ben memore di quello che ha passato – a torto o a ragione – a livello personale negli ultimi anni, sfoglia piano piano i quattro personaggi delle loro vestigia civili e li getta in una colluttazione emotiva tipo basso medioevo, con vomito, insulti, dispetti e un pericoloso avvicinamento alla violenza fisica. L’abilità straordinaria consiste nel creare anche nello spettatore una tensione costante per tutti i 90 minuti (giustamente senza intervallo) del film, che diventa una specie di ininterrotto piano-sequenza in cui si viene catapultati. Polanski puo’ essere discusso e discutibile, ma qualitativamente è di un altro pianeta, anzi di un’altro sistema solare. I quattro attori (tre premi Oscar) sono guidati a un’interpretazione singola e collettiva strepitosa. Vedere la solitamente compassata Jodie Foster letteralmente stravolta di rabbia, tirata e paonazza mentre Kate Winslet biascica morbidamente in coma etilico, vale da solo il prezzo del biglietto. Ma la mia palma personale va a Christoph Waltz, il sadico ufficiale di “Bastardi senza gloria” di Tarantino: il suo avvocato iperrealista e cinico, alla fin fine l’unico che segue un suo percorso di coerenza, è strepitoso. Alla fine, ci sembra dire il regista, in tutto questo vuoto morale coperto da perbenismo la vera speranza è nella linearità d’animo dei ragazzini. E nei criceti (chi vedrà il film, capirà). Non è il capolavoro di Roman Polanski, per restare tra gli ultimi “Il Pianista” e “L’uomo nell’ombra” sono sicuramente superiori: ma “Carnage” è un ottimo film, da vedere (meglio in coppia), inadatto ai minori non certo per i contenuti, quanto per non levare loro ogni residua illusione.
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riccardo76
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mercoledì 5 ottobre 2011
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il massacro verbale delle convenzioni sociali
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Un cast stellare di eccezionale bravura dà vita a 79 interminabili minuti di “massacro” verbale, dove l’umorismo nero, la filosofia spicciola e il delirio fanno a pezzi l’immagine del sogno americano e svelano l’ipocrisia di una classe sociale da sempre promulgatrice della morale e delle convenzioni.
Polanski riesce a vincere una scommessa apparentemente impossibile: girare un intero film all’interno delle mura di una stanza, in un’unica lunghissima scena in tempo reale, adattando una pièce di successo al grande schermo. Il teatro, così, si fa cinema e stupisce, diverte, fa riflettere, tenendo sempre in tensione lo spettare, come in un grandissimo thriller.
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Un cast stellare di eccezionale bravura dà vita a 79 interminabili minuti di “massacro” verbale, dove l’umorismo nero, la filosofia spicciola e il delirio fanno a pezzi l’immagine del sogno americano e svelano l’ipocrisia di una classe sociale da sempre promulgatrice della morale e delle convenzioni.
Polanski riesce a vincere una scommessa apparentemente impossibile: girare un intero film all’interno delle mura di una stanza, in un’unica lunghissima scena in tempo reale, adattando una pièce di successo al grande schermo. Il teatro, così, si fa cinema e stupisce, diverte, fa riflettere, tenendo sempre in tensione lo spettare, come in un grandissimo thriller.
Il merito del successo sta nella bravura del regista, che riesce a tessere una sceneggiatura asciutta, perfetta, dove ogni particolare e ogni battuta hanno un peso e niente è superfluo. Ma il successo è dovuto anche e soprattutto alla forza dei dialoghi e ai loro interpreti, quatto grandissimi attori, di cui tre premio oscar. Tra tutti spicca l’intensa Kate Winslet, divenuta oramai una delle migliori attrici al mondo. Il suo personaggio è quello che subisce una trasformazione maggiore, passando dalle buone maniere da salotto a vomitare – oltre alla torta, gentilmente offertale, sul tavolo e i libri - colorite offese all’altra coppia, aiutata dall’ebbrezza.
Impeccabili però sono anche gli altri: un Cristoph Walzt sempre pacato, perennemente al cellulare, che alterna formalità a battute allusive, le quali scatenano le ire dell’altra coppia, soprattutto della donna, impersonata da una Jodie Foster al meglio di sé, che tra tutti è quella che si sforza di più a mantenere i toni della conversazione nei limiti consentiti dalle convenzioni. Infine, John C. Reilly, che interpreta il personaggio tra i tre più simpatico, poiché è colui che getta la maschera prima di tutti, facendo emergere, con la filosofia spicciola e le battutacce, la sua vera natura di uomo mediocre.
Un’incontro formale per risolvere un incidente dovuto ad una lite tra i rispettivi figli si trasforma quindi in una “carneficina”, dove la violenza dell’accaduto, invece di essere ammonita, viene perpetrata e amplificata dai genitori, verso l’altra coppia e verso i rispettivi coniugi. Il massacro, infatti, coinvolge anche i rapporti all’interno delle coppie, portando a galla i difetti di ogni partner e rivelando il fallimento del matrimonio.
La carneficina infine trascende i protagonisti, estendendosi alle categorie di uomo e di donna, in quanto emerge da parte dei mariti una considerazione del tutto bassa nei confronti della donna in generale, scatenando le ire delle mogli, le quali diventano temporaneamente alleate nella guerra verbale dei sessi.
Tra battute, insinuazioni, offese e falsità lo spettatore assiste al crollo del sogno americano e una volta uscito dalla sala può ringraziare Polanski per avergli regalato, divertimento, spunti di riflessione e soprattutto un esempio di grande cinema.
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[+] una recensione che merita attezione
(di weach )
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[+] grazie weach
(di riccardo76)
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alvise w.
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sabato 17 settembre 2011
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cinema magistrale sull'altare del dio del massacro
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Generalmente tra coloro che si occupano di cinema, e in particolare tra quelli che scrivono di cinema, è abbastanza diffusa l'opinione che i film perfetti non esistano. Infatti ci possono essere capolavori, film magistrali,film buoni e via dicendo ma se fosse stato realizzato un film perfetto non ci sarebbe più alcun motivo per fare cinema. Seguendo questa logica, "Carnage" di Roman Polanski non è un film perfetto ma è qualcosa che si avvicina molto alla perfezone in senso cinematografico. Tratto dalla pièce teatrale di Yasmina Reza la sinossi ci parla di un episodio tanto comune quanto feroce. Due ragazzini, sugli undic'anni, fanno a pugni in un parco cittadino, quello più forte rompe i denti all'altro usando un bastone.
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Generalmente tra coloro che si occupano di cinema, e in particolare tra quelli che scrivono di cinema, è abbastanza diffusa l'opinione che i film perfetti non esistano. Infatti ci possono essere capolavori, film magistrali,film buoni e via dicendo ma se fosse stato realizzato un film perfetto non ci sarebbe più alcun motivo per fare cinema. Seguendo questa logica, "Carnage" di Roman Polanski non è un film perfetto ma è qualcosa che si avvicina molto alla perfezone in senso cinematografico. Tratto dalla pièce teatrale di Yasmina Reza la sinossi ci parla di un episodio tanto comune quanto feroce. Due ragazzini, sugli undic'anni, fanno a pugni in un parco cittadino, quello più forte rompe i denti all'altro usando un bastone. I genitori del ragazzino pestato, Penelope e Michael, invitano nel loro lussuoso appartamento di Brooklyn Nancy e Alan, i genitori del bullo che ha picchiato il loro bambino. Da un'apparente colloquio chiarificatore e perbenista le linee del dialogo verranno costantemente ridisegnate finchè ognuno si rivelerà per quello che è, in una massacrante resa dei conti. L'ultimo lavoro del regista, nato a Parigi, ma cresciuto in Polonia, và ben oltre i canoni del semplice cinema. In "Carnage" si mescolano infatti una dimensione marcatamente teatrale e una realistica che favoriscono una catarsi e un coinvolgimento totale nello spettatore. La sfida di Polanski è quella di portare la vita vissuta sullo schermo, spacciandola per finzione. Tutto è aiutato da una sceneggiatura di ferro, da una regia senza virtuosismi, ma intelligente nel lasciare spazio allo scorrere degli eventi. L'ottimo cast, superlativo nella sua performance corale, è la vera punta di diamante dell'opera. Alexandre Desplat (dopo "Le idi di Marzo") firma l'originale colonna sonora. Il film arriva nelle sale italiane con un doppiaggio che, purtroppo, non rende giustizia alla versione in lingua originale. Completamente ignorato a Venezia 68 potrebbe ricevere un giusto riconoscimento alla cerimonia degli Oscar. In "Carnage" il cinema della crudeltà diventa più che mai metafora della vita stessa del regista. Le quattro mura dentro cui è girato il film rimandano palesemente a una condizione di prigionia in cui Polanski è costretto a vivere. Ancora una volta il cinema riesce a stupirci, a divertirci e a farci riflettere allo stesso tempo, mettendo in scena un inferno borghese pieno delle ossessioni e delle manie che caratterizzano l'uomo del nostro tempo.
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