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Ancora il teatro prende la scena al cinema e lo fa nella forma più classica : unità di tempo, di luogo e di azione. Il pretesto, per mettere confronto due diverse culture con principi e comportamenti sociali diversi, è un banale episodio; quel che conta è assistere ad un confronto per conflitto di interessi tra due coppie di una certa classe medio alta.
Le spiegazioni e le soluzioni non sono due, ma tre o quattro perché non sempre le due coppie di marito e moglie sono d’accordo. Così in un crescendo d’alternarsi di offese velate prima, palesi poi, tutti perdono il senso della misura e della ragione. Quello che doveva essere un civile accordo tra le due coppie finisce col diventare un’accusa tra coniugi, al di là del motivo che ha dato origine all’incontro, che è diventato uno scontro.
Non è uno scontro generazionale o di classe, tra uomini e donne ma un rinfacciarsi accuse che attengono a ciascuna delle due vite private.
Un banale litigio tra bambini dà origine ad una furibonda lite tra genitori.
I toni sono alti tra i quattro, tutto è compromesso e alle azioni seguono i fatti. Ecco i grandi ma per fortuna i piccoli dal picchiarsi tornano subito ad abbracciarsi. Le guerre le fanno i grandi, i bambini fanno “La guerra dei bottoni”.
Polanski dirige con mano ferma questo concerto di voci, alte e basse, i dialoghi sono serratissimi non c’è da perdere una sola parola e Jodie Foster e Kate Winslet sono fenomenali, non si lasciano sfuggire l’occasione; bravi anche i mariti purtroppo sottomessi alle mogli, loro non hanno e non possono avere voce in questo contesto, subiscono in silenzio.
Nel suo genere è un capolavoro di bravura ma il cinema ha anche bisogno della Fotografia, che appunto fa la differenza col teatro.
chigi
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