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Un'indagine avvincente e creativa su una relazione proibita nata ad Auschwitz. E sulle sue conseguenze
. Documentario, Israele, Austria2020. Durata 82 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +16
La tragica storia d'amore tra una giovane prigioniera ebrea ad Auschwitz e un ufficiale delle SS austriache. Espandi ▽
Marzo 1942: il primo contingente che varca i cancelli del campo di Auschwitz-Birkenau è un gruppo di mille donne provenienti dalla Slovacchia. Le più fortunate tra loro vengono messe a lavorare nel Kanada, il fabbricato destinato allo smistamento dei beni dei prigionieri, a pochi passi dai forni crematori. Nel gruppo spicca Helena Citron: giovane e attraente, aspirante attrice, con la sua voce soave fa innamorare l'ufficiale austriaco delle SS Franz Wunsch. Il loro affetto, nato contro ogni probabilità, protegge Helena e altri dalla morte e dagli orrori del lager. Che si tratti di amore corrisposto o di senso di opportunità, la loro relazione avrà decisive conseguenze all'interno di quel campo di concentramento ma anche strascichi imprevisti nelle loro esistenze di sopravvissuti alla guerra. In particolare quando, grazie anche all'impegno di Simon Wiesenthal, tra gli anni '60 e '70 in Austria verranno individuati e processati settanta ex ufficiali delle SS ancora a piede libero. Recensione ❯
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Tre giovani amici palestinesi che vivono a Tel Aviv, tre modi personali, a volte convergenti, a volte discordanti, di vedere e vivere la propria omosessualità e la condizione di stranieri in "terra nemica", con tutte le scelte, le difficoltà e le gioie ad esse legate. Khader proviene da un'importante famiglia appartenente alla mafia araba e convive con David, ebreo, di professione promoter di eventi notturni LGBTQ. Fadi è un fervente nazionalista che ha sposato la causa dell'indipendenza della Palestina eppure si trova ad amare un sionista. Naim si deve confrontare con i propri famigliari, profondamente religiosi. Recensione ❯
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Un documentario su Sean Connery e la sua interpretazione iconica di James Bond. Espandi ▽
Un cast d'eccezione e un ricchissimo repertorio per il documentario che ricostruisce l'interpretazione più iconica di Sean Connery, l'agente segreto ideato da Fleming. Recensione ❯
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Il regista riflette sulle strategie militari necessarie all'occupazione di un territorio straniero. Espandi ▽
Cinquantaquattro anni. Tanti sono quelli trascorsi da quando l’esercito israeliano ha occupato i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Sono “i primi”, perché dal 1967, e ancora oggi, è estremamente difficile leggere il contesto e capire se la presa, reale e psicologica, si allenterà o meno. In una trattazione articolata, punteggiata dalle testimonianze dei protagonisti dell’occupazione, l’ultimo documentario di Avi Mograbi individua tre fasi storiche distinte e si presenta immediatamente come ricapitolazione di un conflitto tra i più complessi. Avi Mograbi, filmmaker selezionato dai principali festival internazionali, da oltre due decenni riflette con taglio peculiare e forte partecipazione personale sulle contraddizioni laceranti della questione israelo-palestinese. Con quest’opera cerca di dare un ordine logico razionale, in forma di manuale tecnico-strategico, a un contesto specifico, ma che potrebbe anche estendersi ad altri. Creazione concettuale e indagine storica imponente, che richiede un livello di attenzione e interesse pari alle sue ambizioni. Recensione ❯
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Il simbolo della convivenza tra Israele, Libano e Palestina esiste già: è l'hummus. Espandi ▽
È nell'hummus il segreto per la pace in Medio Oriente? Per scongiurare la minaccia di una nuova guerra tra Israele, Libano e Palestina sulla paternità della più famosa crema di ceci al mondo, il documentarista Trevor Graham ha percorso il Medio Oriente in lungo e largo, per arrivare alla conclusione che il simbolo della convivenza esiste già: non fate la guerra, preparate un piatto gigantesco di hummus e sedetevi insieme a gustarlo. Recensione ❯
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Una testimonianza pubblico-privata che mette nero su bianco il paradosso di una terra lacerata dall'interno. Documentario, Israele, Francia, Svizzera2012. Durata 97 Minuti.
Il regista Avi Mograbi e il professore Ali al-Azhari raccontano le storie delle proprie famiglie originarie di Damasco. Espandi ▽
Le storie di due famiglie si intrecciano sullo sfondo di una Siria lacerata da troppe guerre. A raccontarle sono il regista Avi Mograbi e l'insegnante arabo Ali al-Azhari, originari di Damasco. Recensione ❯
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I capi del servizio segreto israeliano davanti alle telecamere, in una sorprendente sessione di autocritica sul proprio operato. Documentario, Israele2012. Durata 95 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Dror Moreh intervista sei ex-capi dello Shin Bet, il servizio segreto israeliano preposto alla prevenzione di atti di terrorismo. Espandi ▽
Sei comandanti in capo dei servizi antiterrorismo israeliani, il
temuto Shin Bet, raccontano per la prima volta la loro verità.
Osserviamo il conflitto che ha insanguinato il Medioriente "da
dietro le quinte", con la guida eccezionale di chi ha tenuto
in mano il bandolo della matassa più intricata del mondo.
Squarciando lo schermo del segreto di Stato, i sei protagonisti
ci regalano un racconto diretto, brutale, a tratti terrificante
nella sua cieca logica della "ragione superiore". Le interviste,
alternate a rari materiali d'archivio, formano una controstoria in
cui l'autorevolezza dei protagonisti non lascia illusioni. Un film
che ha fatto discutere anche in Israele. Documentario candidato
all'Oscar®, campione d'incassi negli USA. Recensione ❯
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Il film appassionante e sorprendente, un patrimonio artistico e biografico formidabile che produce un documentario creatore dello spettacolo e spettatore dell'esibizione. Documentario, Biografico - Israele, Svezia, Germania, Paesi Bassi2015. Durata 100 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +16
Nonostante un travagliato making of durato 8 anni, l'acclamato regista Tomer Heymann firma il suo nuovo documentario in concomitanza col 50° anniversario della Batsheva Dance Company. Espandi ▽
È una tecnica, meglio un'anti-tecnica, una via di fuga per il corpo, per liberarlo e per rilasciare le sue zone atrofizzate. Nato dall'esigenza di comunicare coi suoi ballerini, il gaga è un metodo elaborato negli anni Ottanta da Ohad Naharin, coreografo israeliano che ha fatto del proprio corpo uno strumento narrativo, un corpo refrattario alla forza di gravità e compreso nello spazio. Nato in Israele nel 1952 e cresciuto in un kibbutz a fianco del suo gemello, affetto da autismo e per cui 'inventa' un vero e proprio linguaggio del corpo, Ohad Naharin è uno degli emblemi culturali della sua nazione. Artista magnifico, incarna il dinamismo della creazione israeliana nel mondo, realizzando la felicità aerea del movimento e la grazia della vita che danza. Capo fila della danza contemporanea israeliana, è direttore della Batsheva Dance Company, scrive col corpo una partitura nervosa, un movimento permanente guidato dalle sue suggestioni, un esercizio ginnico che si purifica diventando passo. Recensione ❯
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Tramite un programma educativo-tecnologico Samar e Linor iniziano una corrispondenza via mail, per poi incontrarsi. Espandi ▽
Due ragazze si incontrano on-line. Samar, 12, ha una madre israeliana araba e padre palestinese dai Territori occupati. Vive in Lod, una città segnata da povertà e crimine. Linor, 11, nata a Gush Katif nella Striscia di Gaza, ma ora vive in Tlamim, un insediamento nella regione Lachish. Soli 67 km separano Lod e Tlamim, ma le ragazze sono anche separate da un abisso nazionale, culturale e ideologico. Come partecipanti in un programma che unisce educazione e la tecnologia, il loro rapporto inizia dalla corrispondenza on-line. L'incontro che riusciranno a fare faccia a faccia, aggiunge una componente emozionante, tesa e spesso sorprendente per la vita delle due ragazze. Un'occasione per loro e le loro famiglie per spaziare in un'esperienza profonda e complessa. Recensione ❯
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Quando il 'paradiso' si è trasformato in un inferno, gli israeliani che vivevano in Iran si sono ritrovati nel bel mezzo della rivoluzione islamica. Espandi ▽
Negli anni '60 e '70 a Teheran viveva una grande comunità di israeliani, che faceva affari con il regime dello Scià e viveva nel lusso. Ma quando il 'paradiso iraniano' si trasforma in un inferno è ormai troppo tardi, e questi israeliani si ritrovano nel bel mezzo della rivoluzione islamica. Usando rari filmati di repertorio, interviste con diplomatici, agenti del Mossad, uomini d'affari e le loro famiglie, questo incredibile documentario rivela una nuova prospettiva sulla rivoluzione che ha cambiato il mondo. Recensione ❯
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E' possibile risolvere la questione Arabo-Israeliana applicando i mezzi usati per il conflitto in Sud Africa?
Robi Damelin che ha ben conosciuto entrambi i confilitti ci ragiona. Nata in Sud Africa durante l'era dell'apartheid, ha perso un figlio che prestava servizio nell'esrecito Israeliano di stanza nei Territori Occupati. In un primo momento ha tentato di instaurare un dialogo con i Palestinesi che uccisero suo figlio, ma quando i suoi tentivi di apertura vengono respinti, decide di tornare in Sud Africa per imprare di più sul Truth and Reconciliation Committee negli anni di massima ostilità. Il viaggio di Robi ci porta da un luogo di profondo dolore personale fino alla speranza di un migliore futuro possibile. Recensione ❯
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"The Garden of Eden" ritrae Gan HaShlosha, uno dei parchi più grandi e frequentati in Israele, conosciuto di solito come il "Sakhne". Il film segue l'attività durante un anno, catturando la bellezza del ciclo delle stagioni e scoprendo storie umane, personali e collettive.
Yaacov, abbandonato da sua moglie, si bagna per purificarsi; Athir cerca di trovare le forze per andare alla ricerca di una vita migliore; Yael viene per rilassarsi e dimenticare i traumi della sua infanzia; Itzhak cerca rifugio e conforto nella freschezza dell'acqua. Recensione ❯
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Holot è un centro di detenzione nel deserto israeliano nei pressi del confine con l'Egitto. Ospita richiedenti asilo dall'Eritrea e dal Sudan, che non possono essere rimpatriati nei loro paesi, ma che altresì non hanno prospettive d'integrazione in Israele grazie alle politiche repressive del paese. Anche se non è tecnicamente una prigione, l'appello tre volte al giorno e la posizione isolata ne creano una virtuale a tutti gli effetti. Chen Alon e Avi Mograbi decidono di avviare un laboratorio teatrale con queste persone nella più precaria delle situazioni, seguendo i principi del "Teatro degli oppressi", che si propone come un percorso estetico che stimoli il cambiamento politico e sociale a partire da scene di vita quotidiana dei richiedenti asilo.
Questo approccio dà ai richiedenti asilo la possibilità di affrontare le proprie esperienze di migrazione forzata e di discriminazione per confrontarsi con una società israeliana che ha deciso di considerarli come infiltrati pericolosi. Recensione ❯
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Presentato alla 70esima edizione del Festival di Berlino. Espandi ▽
Il documentario esplora uno spazio apparentemente vietato al cinema: l'esperienza interna dello spettatore. In uno spazio simile a un laboratorio, Maia Levy, una giovane donna americana, guarda video che ritraggono la vita nella città di Hebron in Cisgiordania, mentre verbalizza i suoi pensieri e sentimenti in tempo reale. Da entusiasta sostenitrice di Israele, le immagini nei video, diffuse in gran parte dall'organizzazione per i diritti umani B'Tselem, contraddicono alcune convinzioni radicate di Maia. Empatia, rabbia, imbarazzo, pregiudizi innati e curiosità salutare sono tutti sentimenti che prendono vita davanti agli occhi dello spettatore esterno, mentre la guarda guardare le immagini create dall'occupazione. Mentre Maia naviga tra le immagini che minacciano la sua visione del mondo, riflette anche sul modo in cui le vede. Le sue reazioni schiette e immediate formano una testimonianza cinematografica unica nel suo genere nella psicologia dello spettatore nell'era digitale. Recensione ❯
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Una storia d'amore che illustra i dilemmi e le conseguenze inevitabili dell'ambizione. È un film sulla lotta di una donna per l'indipendenza, una donna che cerca di riuscire con la propria arte nel mondo estremamente competitivo della danza. Espandi ▽
Bobbi Jene Smith ha lasciato gli Stati Uniti per unirsi alla Batsheva Dance Company di Tel Aviv, dove ha trovato un maestro nel coreografo Ohad Naharin, creatore del Gaga, il "linguaggio del movimento". Star della compagnia, Bobbi ha anche trovato l'amore con un collega, Or. Eppure, dopo dieci anni in Israele, non si sente a casa né soddisfatta: decide di tornare negli Stati Uniti. Il film di Elvira Lind è un percorso emozionante in questo momento di transizione, e segue la costruzione della nuova, originale coreografia di Bobbi mentre l'artista fa i conti con la vita a San Francisco e con le difficoltà della relazione a distanza con Or. Un film pieno di grazia che incarna nella poesia del corpo la danza più difficile della vita, quella delle relazioni e della realizzazione di sé. Recensione ❯
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