Il cinema africano schiera uno dei suoi migliori attori e lo proietta nell'universo di Hollywood: Djimon Hounsou. Artista poliedrico, che si è fatto conoscere in Italia (e nel mondo) grazie al drammatico ruolo da schiavo nel film Amistad, ha tracciato un'ombra che riflette il lato più oscuro della condizione umana: quello di un individuo a cui è stata sottratta la libertà. Hounsou ha dimostrato altre volte di possedere talento e lo conferma pellicola dopo pellicola, senza mai sbagliare.
Gli inizi difficili e la svolta grazie alla moda
Nato in Africa, si è trasferito a Parigi dal Benin alla sola età di 13 anni e, non avendo un lavoro, ha dormito sotto i ponti e ha mangiato i rifiuti commestibili dei fast food, come un barbone per anni. Da sans-papier parigino, la sua vita è cambiata nel momento in cui lo stilista Thierry Mugler lo ha scoperto e ne ha fatto il suo volto. Cominciano così una serie di viaggi fra la capitale francese e Londra e, dopo aver collaborato con lui in moltissime collezioni, si sente prepotentemente attratto dall'obiettivo della cinepresa.
L'indiscusso maestro David Fincher lo sceglie per ben tre dei suoi videoclip: Roll With it di Steve Winwood, la più famosa Express Yourself di Madonna e infine Straight Up di Paula Abdul. Posa perfino per il libro di fotografie di Herbert Ritts "Men and woman" e partecipa al video di Janet Jackson Love Will Never Do Without You, ma il suo debutto cinematografico avviene con il film (inedito in Italia) Without You I'm Nothing di John Boskovich.
Il successo con Amistad
Dopo qualche comparsata in serie tv (Beverly Hills 90210, ER) e in qualche pellicola (Stargate), viene scelto dal re del box office statunitense Steven Spielberg per girare Amistad nel ruolo di Cinque, uno schiavo ribelle alla Corona di Spagna, per il quale sarà nominato ai Golden Globe come miglior attore in un film drammatico. Notato finalmente dalla lucente Hollywood, passa dall'occhio melenso di Spielberg a quello più combattivo di Ridley Scott che lo traveste dal fiero gladiatore Juba, in Il gladiatore.
Due anni più tardi, è la guida spirituale africana di Heath Ledger in Le quattro piume, remake dell'omonimo film di Korda, per la regia di Shekhar Kapur, ma il suo ruolo più bello, a parere della critica, rimane quello di Mateo, vicino di mamma Samantha Morton in In America di Jim Sheridan, per il quale viene nominato all'Oscar come miglior attore non protagonista. È il secondo africano a ricevere una nomination dall'Academy.
Il nuovo millennio
Nel 2003, si imbatte nella Jolie vestita da Lara Croft in Lara Croft Tomb Raider: La culla della vita di Jan de Bont e viene catapultato nel western francese Blueberry di Jan Kounen. Arriva perfino ad "Alias" ed è accanto a Keanu Reeve in Costantine di Francis Lawrence, ma sfiora ancora l'Oscar per Blood Diamond - Diamanti di sangue (2006) di Edward Zwick.
Quasi uno sciamano del cinema, ricopre ruoli che sono sempre ai limiti della magia - lo ritroviamo infatti nel fantasy Eragon di Stefen Fangmeier -, dove fornisce perfettamente il tocco personale e meditato ad ogni personaggio che veste, con ritmi calzanti nella propria recitazione. Passa poi a Blood Diamond accanto a Leonardo DiCaprio, agli action Never Back Down e Push, fino ad arrivare allo shakespeariano The Tempest e a Special Forces - Liberate l'ostaggio.
Passa dalla fantascienza (Guardiani della Galassia) all'avventura (Il settimo figlio, The Legend of Tarzan), e non disdegna ruoli in film d'azione come Fast & Furious 7 o in horror come The Vatican Tapes.
Poliedrico e versatile, Djimon Hounsou è come una febbre nera che invade la pellicola.