Rebel Moon - Parte 2 - La sfregiatrice

Dopo aver sconfitto l'Ammiraglio Noble su Gondival e aver visto perire il leader dei ribelli Darrian Bloodaxe, Kora e il suo gruppo di combattenti tornano su Veldt, il pianeta abitato da semplici agricoltori minacciato dalla sete di risorse dell'Imperium. Ben presto, però, scoprono che Noble è ancora vivo, riportato su questo piano di esistenza dalla tecnologia del Mondo Madre, e che da lì a cinque giorni arriverà con la sua dreadnought a reclamare il raccolto di grano e la vita dei fuggitivi. Mentre si preparano le difese su Veldt, Kora cerca di scendere a patti con il suo passato, scisso tra la fedeltà al sanguinario Belisarius, il reggente dell'Imperium, e il rimorso per l'uccisione della principessa Issa, l'unica capace di riportare la pace nella galassia, gesto per cui ha ricevuto in dote il soprannome di "Sfregiatrice".

Si conclude, almeno per ora, il secondo franchise originale creato da Snyder per Netflix, in attesa di capire le prossime mosse dello streamer.

È il 3 febbraio 2002 quando si gioca il Super Bowl XXXVI, il primo che vede trionfare in finale i New England Patriots, il primo a disputarsi non a gennaio, il primo dopo gli attentati dell'11 settembre. Tra i commercials di quell'anno ce n'è uno che attira occhi e cuori di tutti: un uomo attacca dei cavalli ad un carro; da una fattoria circondata dalla neve il convoglio si mette in marcia, attraversando campagne e città sotto lo sguardo partecipe della gente; dopo il Ponte di Brooklyn si staglia l'orizzonte di New York, e davanti alla sagoma della Statua della Libertà i cavalli a traino abbassano la criniera in rispetto alla città sfregiata da Al-Qaeda.

Lo spot si intitola, appunto, Respect, e l'ha diretto, manco a dirlo, Zack Snyder. Il regista di Green Bay, Wisconsin (altra capitale del football americano), doveva ancora esordire con il suo primo lungo ma era già un nome - e uno sguardo - evidente, flagrante, grazie alle sue pubblicità per auto e fuoristrada - che altro, sennò? -, come per i videoclip con Peter Murphy, Morrissey e ZZ Top. Quello del 2002, però, non è un lavoro qualunque: i cavalli sono gli iconici clydesdales della Budweiser, il committente la marca di birra che da trent'anni ha come tradizione uno spot al Super Bowl, il tempo è quello del lutto post-11 settembre. Snyder sa tutto questo, e tira fuori sessanta secondi di pura iconografia. E da lì farà sempre così.

Questo Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice, in fin dei conti, è solo l'ultima scheggia del bassorilievo ventennale che Snyder va sbozzando tra post-supereroi con post-problemi e zombie podisti, una dedizione che l'ha portato ad essere definito "il regista che la gente ama odiare" o "il Trump che divide Hollywood". Ma come si fa ad animare un bassorilievo? Ecco, Snyder è un po' come quei canoni che ci inculcavano a scuola, le filastrocche "dorico-ionico-corinzio", "Eschilo-Sofocle-Euripide", e lui ne occupa con consapevolezza e lungimiranza il primo livello, quello delle scalpellate nette, delle passioni antitetiche, dei profili severi, delle colpe ancestrali. Snyder è dorico, Snyder è Eschilo. In fin dei conti ha girato 300, no?

Di tutto questo - e di più: l'eterogenesi del progetto, il brutalismo estetico, lo scontro-incontro con Netflix - ne avevamo parlato all'uscita di Rebel Moon - Parte 1: Figlia del fuoco, e dopo poco meno di sei mesi non c'è molto altro da aggiungere. Il sequel uscito oggi si butta sulle spalle tutta la gravitas del worldbuiling del primo capitolo per poi disfarsene poco alla volta. Ci si asserraglia sul film di guerra, sul film di assedio, ogni personaggio ha il suo vaticinato running time in cui scava nel proprio passato per trovare le motivazioni per andare contro al destino di morte, la battaglia per la libertà diventa lotta per la sopravvivenza. Qualcuno resterà indietro, altri andranno avanti.

Già, perché la saga di Rebel Moon potrebbe avere altri capitoli, addirittura un dittico diviso in ulteriori due parti, per un computo finale di sei film. E questo nonostante le metriche del primo Figlia del fuoco non siano state davvero performanti, con quasi 24 milioni di visualizzazioni nel primo weekend e il 9° posto tra i film Netflix più visti del 2023. Però ci sono i 166 milioni di dollari di budget, i set giganteschi del villaggio e dei campi di grano costruiti a Santa Clarita, la versione vietata ai minori di 17 in arrivo ad agosto (forse), tutti memento lungo la strada perigliosa del nuovo "head of film" netflixiano, Dan Lin, che dovrà raccogliere l'eredità dell'uscente Scott Stuber e decidere se davvero rallentare la produzione fordiana di titoli per concentrarsi su meno opere e più qualità - ma come fai a rinunciare ad un franchise originale, tu che ne hai davvero pochi, e soprattutto alle cut di Snyder?

Nonostante tutto, infatti, Snyder è uno dei pochi che riesce a vedere, e a farsi vedere, tra lo sbrilluccichio di Hollywood. Capace di reiterare un paradigma di immagini che anche solo per pura forza obnubiliante si sono imposte nel flusso-scroll anonimo dei blockbuster contemporanei. Per questo Christopher Nolan considera il suo Watchmen un lavoro miliare, per questo vede nella recente fantascienza supereroistica e oltre la traccia lasciata da lui - lo ha perfino invitato ad una proiezione riservata in anteprima del suo Oppenheimer, assieme a Paul Thomas Anderson, Denis Villeneuve e Todd Phillips.

La Sfregiatrice non sposterà di un grado lo sguardo di chi non accoglie il canone a cui appartiene Snyder, e questo a discapito di una sorta di primordiale urgenza che forse per la prima volta sporge dal suo cinema. La cieca, ottusa, rozza, necessità dell'Imperium di requisire qualche tonnellata di grano agli agricoltori di Veldt ci trascina verso altri panorami di guerra, dove a contare è la necessità dello sforzo bellico più che il casus in sé e per sé. Anche Dune - Parte 2 poneva al centro della questione la lotta per le risorse, con da una parte chi ne ha tante e ne vuole avere di più, e chi ha poco e potrebbe avere quasi nulla. Il fervore della jihad di Paul Atreides esplode in una liberazione collettiva, Kora la sfregiatrice ha solo la sua sporca (mezza)dozzina, e di conseguenza le loro iconoclastie sono diametralmente opposte, ma sia su Dune che su Veldt ci si ribella contro lo stesso capital-militare che da una parte all'altra della galassia vuole sempre la stessa cosa - consumare. Non a caso Snyder e Villeneuve stavano la stessa sera a guardare Oppenheimer. 