La storia dietro il leggendario film Fino all'ultimo respiro. Espandi ▽
Un film che narra la storia della produzione dell'iconico Fino all'ultimo respiro di Jean-Luc Godard. Recensione ❯
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Un film che nasce da un'esigenza: rievocare un modo di fare cinema ormai quasi completamente scomparso. Documentario, Italia2016. Durata 62 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un viaggio nel passato per rivivere con nostalgia cinquant'anni di storia cinematografica, e non solo, italiana. Espandi ▽
Carlotta Bolognini, insieme al padre Manolo riunisce a cena in un antico castello alcune figlie d'arte con cui parlare del cinema che hanno conosciuto da piccole. Non saranno solo loro a raccontare ma anche numerosi altri loro coetanei. Recensione ❯
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Una danza di proiettili scatenata da un uomo in stato di shock per il suicidio della fidanzata. Espandi ▽
La fidanzata di Goda si suicida con un colpo di pistola. Il trauma dell'evento conduce Goda verso un'ossessione per le armi da fuoco e quindi verso un limbo degradato di violenza. Trovandosi a contatto con una gang che in passato lo aveva rapinato, finisce per diventarne una delle figure centrali.
Ideale conclusione di una trilogia sulla crisi identitaria maschile, nata con Tetsuo e proseguita con Tokyo Fist, Bullet Ballet porta alle estreme conseguenze il rapporto tra trauma, alienazione e ossessione urbana. Nel suo linguaggio essenziale e rabbioso, Bullet Ballet è forse il film più cupo di Tsukamoto: meno apocalittico ma più dolorosamente vicino alla realtà. Il corpo non si trasforma più, non si ribella, non evolve: è fermo, pietrificato dalla sofferenza. Recensione ❯
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Il film è ispirato alla tragica vicenda di Willy Monteiro Duarte, il giovane capoverdiano ucciso a Colleferro il 6 settembre 2020. Espandi ▽
Colleferro. 6 settembre 2020. Ore 3.15. Willy viene ucciso dai fratelli gemelli Lorenzo e Federico dopo essere intervenuto per difendere un amico, Cristian, coinvolto in una lite. Dal momento dell'aggressione alla morte sono passati 40 secondi. Il ragazzo 21 anni, di origine capoverdiane, lavorava in un ristorante stellato dello chef Tocai e proprio quel giorno aveva avuto una grande soddisfazione.
Nelle 24 ore che precedono il suo omicidio, la sua vicenda s'intreccia con quelle di Maurizio, Michelle e Lorenzo e Federico. Maurizio, che non si è ripreso dopo che la ragazza lo ha lasciato, è completamente succube di Cosimo, legato ai gemelli criminali. Michelle, che sta per trasferirsi a studiare a Parigi, ha deciso proprio quella sera di lasciare il suo ragazzo Cristian. Infine Willy, legatissimo alla madre, era con un altro gruppo di amici da tutt'altra parte quando è stato chiamato. Si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Il male (e la sua banalità) continua ad attraversare il cinema di Alfieri, già affrontato in modo evidente anche nei suoi film precedenti. 40 secondi però ha una marcia in più. È sporco, diretto, essenziale, indignato. Al momento, il film migliore del regista. Recensione ❯
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Nico, bambino moderno e ribelle, passa l'estate con una zia siciliana rigida e religiosa. Scontri e diffidenze lasciano spazio a un legame profondo. Espandi ▽
Nico è un bambino di oggi, dipendente dal telefono e con lo smalto sulle unghie. All’improvviso viene strappato al suo mondo “del nord” per passare un mese d’estate in Sicilia, in compagnia di un’anziana zia, Gela. Nico e Gela, ognuno radicato nelle proprie certezze ma con dolori simili nel cuore, dovranno pian piano cercare un linguaggio comune. Prima volta nel lungometraggio per Margherita Spampinato, che con autoriale dolcezza scrive, dirige e monta un omaggio all’arcano mondo delle nonne, come ce lo ricordiamo tutti nella nostra memoria infantile. Gela e Nico non sono esattamente nonna e nipote, ma proprio per questo riescono a isolare e incarnare ancora meglio la dinamica di estrema differenza e di grande vicinanza che si crea in quel rapporto. È un film nostalgico, che guarda a un milieu classico come la proverbiale “estate italiana”, che forse non esiste più se non filtrata attraverso l’immaginario collettivo. Recensione ❯
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Agnes, segnata da una violenza subita, finge che tutto vada bene finché una riunione di classe la costringe a confrontarsi col passato. Espandi ▽
“Mi è successo qualcosa di molto brutto”, dice Agnes, studentessa post laurea e neodocente: quel qualcosa è una violenza sessuale che ha subìto e che cerca ad ogni costo di rimuovere, asserendo agi altri che “tutto va bene”. Una riunione di classe è l’evento che farà riemergere il ricordo della violenza, di cui è stato colpevole un suo ex professore. Sorry, Baby è il film di esordio di Eva Victor, che ne ha scritto la sceneggiatura, dirige e interpreta il ruolo della protagonista. Ed è un esordio folgorante che rivela un vero talento cinematografico e una voce femminile unica e potente. Affronta in modo originale il tema della sopravvivenza a una violenza alternando dramma e humour, con una leggerezza che non è mai svilente di quanto è accaduto e una capacità di andare a fondo nel dolore della protagonista, e di descrivere il danno che la violenza sessuale causa in chi sembra sopravviverle in modo “efficiente”. Recensione ❯
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Una sfida vinta: Enyedi affronta con originalità l'impresa di relazionare esseri umani con il mondo vegetale. Drammatico, Germania, Francia, Ungheria2025. Durata 145 Minuti.
Un vecchio albero racconta cosa accade intorno a lui. Espandi ▽
2020. Un neuroscienziato proveniente da Hong Kong giunge come visiting professor in un'università della Germania. La sua specializzazione consiste nello studiare la mente dei neonati. Qui inizia un esperimento sul grande albero mentre il Covid si diffonde.
1908. Sempre nello stesso ateneo assistiamo alla non facile ammissione alla facoltà di Botanica della prima ragazza. La stessa trova un impiego come assistente presso un fotografo e scopre tutte le potenzialità del mestiere.
1972. Due giovani studenti iniziano una relazione che vede al centro la cura e lo studio delle reazioni di un geranio a quanto gli accade intorno.
Ildikó Enyedi dà nuovamente prova della sua originalità affrontando un tema insolito sul quale innesta riflessioni sul ruolo dell'essere umano nel contesto della Natura. Non si presentava come semplice l'impresa di relazionare esseri umani con il mondo vegetale ma la regista ungherese c'è riuscita affrontando anche i mutamenti nella relazione maschio femmina nel corso del tempo. Recensione ❯
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Un uomo diventa ossessionato dai suoi ricordi di guerra e da una relazione passata. Espandi ▽
Dorrigo è un giovane che studia medicina ed è prossimo a partire per la seconda Guerra Mondiale. È fidanzato alla ricca Ella, ma intrattiene una relazione clandestina con la giovane zia Amy, da poco sposatasi con Keith. Ignaro di accendere la passione tra i due, Keith spesso ospita Dorrigo nella sua casa sopra il bar e vicino al mare. Durante la guerra Dorrigo, dopo essere stato impiegato in Siria, viene trasferito con i suoi compagni in Asia. Qui finiscono tra i prigionieri costretti dai giapponesi alla costruzione della ferrovia di Burma, che avrebbe dovuto essere una infrastruttura cruciale nell'invasione dell'India.
Alla fine degli anni Ottanta, Dorrigo è sposato con Ella ed è un chirurgo di successo, ma emotivamente chiuso in sé stesso, ancora ossessionato dagli orrori che ha vissuto in Thailandia e che ora sta raccontando in un libro.
La strada stretta verso il profondo Nord è l'adattamento di un romanzo vincitore del prestigioso Booker Prize e fonde guerra e melodramma, regia d'autore e corpi d'attore sottoposti a estreme trasformazioni. Il protagonista Jacob Elordi, che interpreta Dorrigo nelle due linee temporali degli anni Quaranta, appare infatti sia in buona forma fisica, sia rachitico durante la prigionia - e i suoi commilitoni sono ancora più scheletrici di lui. Recensione ❯
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Un'opera ambiziosa che mette in scena la condizione femminile con un raffinato gusto compositivo e qualche vezzo. Drammatico, Germania2025. Durata 149 Minuti.
Una fattoria rurale è il luogo che fa nascere il legame fra quattro ragazze di epoche diverse. Espandi ▽
Tre epoche diverse, tre storie di giovani esistenze, un comune destino femminile che ha a che fare con il proprio (limitato) ruolo nel mondo. Non c’è unità di tempo ma c’è unità di luogo perché le storie si svolgono tutte nella stessa fattoria. E forse c’è qualche legame famigliare ad unire le tre protagoniste: una bambina, una ventenne, una preadolescente. Intorno a loro vediamo madri alienate e incapaci di affrancarsi dalla società patriarcale in cui vivono, nonché di proteggere i propri figli, e uomini che considerano legittimi atti di violenza, molestie e stupri in nome di una supremazia reiterata nel tempo. Sound of Falling, opera seconda di Mascha Schilinski, è ambiziosa sia in termini di contenuti che di durata che soprattutto di forma. Esteticamente il film si muove fra la crudeltà di Michael Haneke e la oleografia della pittura fiamminga, con qualche compiacimento di troppo e qualche vezzo autoriale diventato di moda ma anche con un raffinato gusto compositivo e un utilizzo sapiente degli strumenti cinematografici. Recensione ❯
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Il rapporto in crisi tra una madre psicologa e il figlio alunno nella stessa scuola, in un mondo che cade a pezzi. Espandi ▽
Slovenia, anno scolastico 2020-2021. Durante la pandemia da Covid, Maja e il figlio quattordicenne Jan si trasferiscono dalla capitale Lubiana in una cittadina di provincia. Lei lavora come psicologa nella stessa scuola primaria dove il figlio sta frequentando l'ultimo anno. Maja ha da poco divorziato, è in crisi e ha problemi di alcolismo. Nel frattempo, dopo aver seguito i primi mesi di lezioni da remoto, Jan tenta invano di ambientarsi nella nuova classe, viene bullizzato e fa amicizia con uno strano e pericoloso vicino di casa.
Con un umorismo tipico di certo cinema dell'Est europeo, il regista e sceneggiatore sloveno Nejc Gazvoda al suo terzo lungometraggio di finzione mette in scena un mondo a pezzi, strapazzato non solo dagli effetti della pandemia e dalla quarantena.
Dramma e commedia si mescolano per delineare in chiave grottesca una contemporaneità in crisi, che si riflette sulla sfera familiare, scolastica, sociale. In costante equilibrio tra commedia e dramma, Gazvoda demolisce i due nuclei educativi fondanti della società, famiglia e scuola, che affondano nel ridicolo di modelli disfunzionali in cui ciascun individuo, senza distinzioni tra età adulta e adolescenza, sembra pensare solo a sé stesso o a salvare le apparenze. Recensione ❯
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Sul set amazzonico di Fitzcarraldo (1982), il film estremo e maledetto di Werner Herzog: potere e peso della creatività
. Documentario, USA1982. Durata 85 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +16
Il documentario sulla faticosa e caotica realizzazione di Fitzcarraldo di Werner Herzog. Espandi ▽
Foresta amazzonica, 1979: sul set di Fitzcarraldo (Klaus Kinski, l'avventuriero bianco che vuole costruire un teatro d'opera in mezzo alla foresta per portarvi i Pagliacci di Leoncavallo) la troupe affronta una serie infinita di insormontabili difficoltà, in una produzione che dura circa quattro anni. Recensione ❯
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Dialoghi ritmati, omaggi e il sapore della Broadway d'altri tempi. La brillante scrittura di Linklater a servizio di una storia di amicizia e creatività. Biografico, USA, Irlanda2025. Durata 100 Minuti.
Una notte nella vita del leggendario paroliere Lorenz Hart. Espandi ▽
1943. Una sera di fine marzo, a New York, va in scena la prima di Oklahoma!. Lorenz Hart, paroliere e autore di musical, attende la fine dello spettacolo in un bar, triste perché il suo storico collaboratore alle musiche, Richard Rodgers, ha realizzato la nuova opera in coppia con uno scrittore diverso da lui. Richard Linklater, cineasta che sa giocare col tempo torna con un altro scenario da “tutto in una notte” in cui racconta una godibile sinfonia di parole, musica e cuori spezzati ambientata in un bar newyorchese. Un chamber piece dalla scrittura brillante, che si diverte e si specchia nell’ossessione di Hart per la parola e la composizione. Dialoghi ritmati, omaggi variegati, il sapore della Broadway d’altri tempi: c’è tanto per gli appassionati dell’epoca, ma anche i neofiti potranno farsi catturare da un’opera che indaga la mistica alla base di ogni relazione. Un amore impossibile fa rima con un’amicizia autentica, e insieme le due cose si uniscono in metafora di un sodalizio creativo e professionale che semplicemente finisce, come tante cose della vita. Recensione ❯
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Dopo la morte dell'amica, Eleanor, 90 anni, torna a Manhattan e finge di essere una sopravvissuta ad Auschwitz. La bugia le regala affetto, ma non durerà. Espandi ▽
La plurinovantenne Eleanor Morgenstein vive in Florida con la migliore amica Bessie. Alla morte dell’amica, Eleanor fa ritorno a Manhattan dalla figlia e dal nipote e qui, ritrovatasi per caso a un incontro di sopravvissuti all’Olocausto, racconta come propria l’esperienza ad Auschiwitz di Bessie. La sua testimonianza attira l’attenzione di Nina e tra le due donne, nonostante la differenza di età, nasce un profondo legame. L’esordio alla regia di Scarlett Johansson è una commedia che scava più nelle ragioni del dolore, che nella memoria dell’Olocausto. È un classico film americano scritto in ogni sua elemento, senza sbavature e scarti dalla trama e con un costante controllo del materiale predisposto, dalla recitazione misurata e insieme travolgente della bravissima June Squibb all’onnipresente presenza dell’accompagnamento sonoro. Proprio la sua prevedibilità, però, racchiude il segreto della sua efficacia, così come la modestia non scontata della sua regista. Recensione ❯
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Un dramma carico di tensione dedicato alla storia di sfruttamento di un giovane macellaio in cerca di un futuro migliore. Drammatico, Lettonia, Belgio, Lituania, Francia2019. Durata 108 Minuti.
La storia di un uomo che, dopo essersi trasferito in cerca di un futuro migliore, si troverà ad affrontare problemi ancora più grandi di quelli che aveva. Espandi ▽
Oleg è un giovane macellaio lettone trasferitosi in Belgio con la speranza di ottenere un salario dignitoso. Viene licenziato improvvisamente per via di un incidente: un collega si taglia un dito con un macchinario e lo accusa ingiustamente di aver causato l'infortunio. Senza soldi e senza un visto che gli consenta di rimanere a Bruxelles, Oleg decide di affidarsi all'affabile Andrzej, che promette di procurargli un nuovo lavoro e, per di più, anche un passaporto.
Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2019, Oleg è un dramma intenso costruito sulla solida interpretazione di Valentin Novopolskij e sull'abile regia di Juris Kursietis, che si muove con sapienza sul confine tra riparabile e irreparabile, sopravvivenza e morte.
La regia di Kursietis, nel frattempo, costruisce una tensione crescente, che fa perno sull'ambiguità. Ambigua è la figura del lunatico Andrzej - interpretato da un bravissimo Dawid Ogrodnik - e ambiguo è anche lo stile utilizzato dal regista, continuamente sospeso tra un piglio documentaristico e un taglio più onirico e metaforico, in cui quello che succede diventa simbolo di qualcos'altro. Recensione ❯
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In un futuro dove i sogni sono aboliti, un "Fantasticatore" viene riportato in vita con pellicola e rivive più vite, fino alla fine del mondo (e del cinema). Espandi ▽
In un tempo imprecisato, l’umanità ha scoperto che rinunciando ai sogni potrà vivere per sempre. Alcuni individui, denominati fantasmers, ossia “Fantasticatori”, continuano a sognare e, pur consumandosi nel farlo, acquisiscono il potere di viaggiare nel tempo, specie se direzionati dai “Grandi Altri”. Una di questi ultimi trova un Fantasticatore in una sala dell’oppio e gli ridà vita innestandogli della pellicola cinematografica: la creatura ritornerà giovane e vivrà storie differenti, fino alla fine del mondo (e del cinema). L’ambiziosissimo Bi Gan lascia briglia sciolta a una visione ermetica e immaginifica sulle “magnifiche sorti e progressive” del cinematografo, ri-raccontando la storia del cinema attraverso i suoi capolavori. Ma Bi non è mai un imitatore: il suo è un sogno che genera sogni e che prova a digerire e risputare un secolo abbondante di cinema in forme nuove, mantenendo un’aura di romanticismo onirico che giustifica l’affermazione di chi vede in lui l’erede di Wong Kar-wai. Recensione ❯
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