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Ultimo aggiornamento lunedì 23 dicembre 2019
Dopo il successo di Io, Daniel Blake, il regista torna dietro la macchina da presa per raccontare lo sfruttamento del lavoro nel Regno Unito. Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello, 1 candidatura a BAFTA, In Italia al Box Office Sorry We Missed You ha incassato 1,5 milioni di euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Ricky, Abby e i loro due figli, l'undicenne Liza Jane e il liceale Sebastian, vivono a Newcastle e sono una famiglia unita. Ricky è stato occupato in diversi mestieri mentre Abby fa assistenza domiciliare a persone anziane e disabili. Nonostante lavorino duro entrambi si rendono conto che non potranno mai avere una casa di loro proprietà. Giunge allora quella che Ricky vede come l'occasione per realizzare i sogni familiari. Se Abby vende la sua auto sarà possibile acquistare un furgone che permetta a lui di diventare un trasportatore freelance con un sensibile incremento nei guadagni. Non tutto però è come sembra.
Verso la fine dei titoli di coda si leggono queste parole: "Grazie a tutti quei trasportatori che ci hanno fornito informazioni sul loro lavoro ma non hanno voluto che i loro nomi comparissero". In questa breve frase è sintetizzata la modalità di lavoro di Ken Loach (e del suo sceneggiatore doc Paul Laverty): costruire una storia solida sul piano cinematografico senza mai dimenticare la realtà.
Quella ritratta da Ken Loach è una realtà formata da persone che nel non voler comparire denunciano implicitamente la condizione di precarietà in cui operano. Ci sarà probabilmente chi affermerà che siamo di fronte all'ennesimo comizio di un regista che non ha mai nascosto da quale parte batte il suo cuore. Bene, se questo è un comizio lo erano anche, sul piano letterario, "I miserabili" di Victor Hugo o l'"Oliver Twist" di Charles Dickens (solo per fare un esempio).
Loach non scrive romanzi, dirige film ma lo fa con la stessa passione e anche, perché no, con la stessa forma di indignazione. Non si tratta mai con lui di pauperismo, di commiserazione e tantomeno di populismo. A un certo punto del film c'è una reazione verbale da parte di uno dei protagonisti che, se non fosse che al cinema ci si comporta diversamente che a teatro, spingerebbe all'applauso. In quel momento ti accorgi di come Loach abbia saputo leggere non solo nella psicologia dei personaggi (che nel suo cinema sono sempre 'persone') ma pure in quella dello spettatore.
Anche sul piano più strettamente cinematografico il suo si presenta come un lavoro tanto partecipe quanto accurato. L'apparente semplicità del suo modo di riprendere richiede un gran lavoro con gli interpreti e fa costantemente leva sulle sue doti di documentarista capace di trasferire la realtà nel cinema di finzione. Si osservino i dialoghi a tavola in famiglia e ci si accorgerà di come vengano portati sullo schermo con la naturalezza di una candid camera. Perché Loach ad ogni film ci chiede non solo di guardare quanto accade seduti sulla nostra comoda poltrona ma di condividere i disagi e le problematiche che ci propone. Ci chiede di confrontarci con quella 'normalità' feroce che oggi, come ai tempi della rivoluzione industriale ma con più sofisticata e globalizzata malizia, il dio mercato impone.
Abby, Ricky, Seb e Liza Jane non sono supereroi, non hanno nulla di straordinario nelle loro vite. Sono semplicemente una famiglia, con le proprie difficoltà e con una unità che si vorrebbe far vacillare. Al di là dei proclami retrogradi o interessati di cui la parola 'famiglia' viene sempre più spesso fatta oggetto Ken Loach ci ricorda che elemento imprescindibile della sua coesione è, oggi più che mai, la dignità del lavoro che troppo spesso viene sistematicamente conculcata. La schiavitù non è stata abolita. Ha solo cambiato nome. Ken e con lui (in tutt'altro ruolo) Francesco non smettono di ricordarcelo.
SORRY WE MISSED YOU disponibile in DVD o BluRay |
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Nè Verga nè Dickens saprebbero raccontare la bolla del " lavoro fluido", del precariato travestito da lavoro autonomo 3.0 , meglio dello spietato Ken Loach di oggi.Dopo averci regalato lacrime e magoni con il sublime Daniel Blake ,che ci ha introdotti al mondo dei navigator e del sussidio di disoccupazione ( id est reddito di cittadinanza) , Ken ci presenta la realtà [...] Vai alla recensione »
"Non lo trovi sotto casa? Ordinalo su Amazon, domani mattina sarà comodamente a casa tua!” Quella dei Turner è una normale famiglia inglese. Tenacemente unita, malgrado i lavori precari e malpagati di Ricky e Abbie e il rapporto non troppo sereno con Seb, il maggiore dei due figli, adolescente piuttosto irrequieto.
Siamo a Newcastle upon Tyne nel nord-est dell’Inghilterra, che una volta è stato un importante cantiere navale e un polo manifatturiero. Qui, Ricky Turner (interpretato da Kris Hitchen) si convince che avere un’attività in proprio sia un affare e non vuole più lavorare sotto padrone. Spera in tal modo di guadagnare di più per potersi comprare una casa [...] Vai alla recensione »
Ma quanto è bravo Ken Loach? Quanto è capace questo regista di intercettare il sentir comune di famiglie umili che cercano di elevarsi con onestà e mille difficoltà nel complicato e torbido mondo odierno fatto di compromessi in una lotta spietata per un lavoro sottopagato spesso caratterizzato da pesanti privazioni? L’ultimo film del cineasta anglosassone, da sempre [...] Vai alla recensione »
Dobbiamo essere grati che esiste ancora un regista che parla della vita, quella vera, e degli ultimi diseredati di questa società. Certo non è né piacevole né gratificante guardare la sofferenza delle persone e meno che mai di persone che cercano di fare del tutto per vivere una vita serena e operosa. L’ultimo film di Ken Loach è veramente di una malinconia [...] Vai alla recensione »
Bene, anzi male, malissimo, Ken Loach ci ha rifilato un altro bel pugno nello stomaco: ci avverte, monita su quali pericoli corre la società occidentale sviluppata evoluta veloce produttiva, o in quale tragedia già si trova. Eppure ci serviamo dei working poors per farci portare a casa ogni oggetto che possiamo comprare via internet, qualcuno a sue spese provvederà a recapitarcelo [...] Vai alla recensione »
“Sorry me wised you“ (id., 2019) è il ventiseiesimo lungometraggio del regista inglese Ken Loach. L’ultimo Ken Loach colpisce ancora e lascia il segno. Con poca simpatia verso lo spettatore ma con dolente realtà verso se stesso e la società che si vive. Una finzione con retorica zero; alla fine un retaggio familiare che rimane e un affetto spaurito tra [...] Vai alla recensione »
Esiste un genere cinematografico che possa definirsi operaista o anticapitalistico, così come esistono il genere storico, erotico, fantascientifico? Non mancano in effetti, in ambiente inglese, le narrazioni tese a denunciare i mali di quel sistema, “storicamente determinato” diceva Marx, che è incentrato su: iniziativa privata, ricerca incondizionata del profitto, sfruttamento della forza lavoro [...] Vai alla recensione »
Un grande ritorno di questo grandissimo regista, superbo e raffinato che ancora una volta ci porta sullo schermo la vita reale, parte di quella vita quotidiana che può appartenere a ognuno di noi. Senza strafare ma con i piedi ben piantati per terra , questa volta ci racconta la storia di una famiglia, madre , padre e due figli. Abby, la madre , donna buona e gentile lavora da mattina a sera [...] Vai alla recensione »
A 83 anni Ken Loach si conferma voce fondamentale nel denunciare gli effetti devastanti di un capitalismo sfrenato in cui a contare è solamente il profitto. Racconta senza fare sconti il dark side della E-commerce, in cui dietro a un clic per avere un pacco direttamente a casa ci sono lavoratori costretti ad orari di lavoro massacranti (14 ore al giorno!), senza alcuna protezione e diritto sindacale, [...] Vai alla recensione »
Di fronte al ventiseiesimo film per il cinema di Ken Loach, Sorry We Missed You, è opportuno prima di tutto ribadire quali siano gli occhiali giusti per leggere il regista: la sostanza del cinema di Loach non sta infatti nel “grande tema”, che storicamente è diventato il recinto critico in cui costringerlo, bensì nel profondo rigore stilistico.
In questo"Sorry we missed you"(Ken Loach, scenieggatirua scritta con Paul Laverty, 2019)l'autore britannico è presente in pieno: l'alienazione da lavoro, del e nel lavoro, nella fattispecie precario e ai tempi del"turbocapitalismo"è presente in pieno, dove l'autore coglie ciò nelle pieghe di difficili rapporti familiari in una famiglia nella quale [...] Vai alla recensione »
Ricky e Abby hanno due figli, sono parte della working class inglese, sempre a corto di disponibilità economiche e con poche possibilità di realizzare i propri sogni di una vita migliore. Ricky però decide di tentare il salto: acquista un furgone, vendendo la macchina della moglie, e comincia a lavorare come corriere, in franchising.
Sorry we missed you; un film disperato e duro, un pugno allo stomaco. Disperato perchè è senza speranza; siamo lontani dalla coralità dello sciopero dei minatori dell'84, supportato anche dalla comunità gay e lontanissimi dallo slogan "vogliamo il pane e le rose" dei sindacalisti impegnati nelle lotte di rivendicazione dei latinos in California, [...] Vai alla recensione »
Ricky (Kris Hitchen) è sui 45 anni, vive a Newcastle ed ha appena perso il lavoro; la moglie Abby (Debbie Honeywood) lavora come infermiera-assistente familiare “free lance”. Hanno due figli: Liza Jane che accompagnerà, utile e silenziosa collaboratrice, il padre nel suo nuovo lavoro e Sebastian, apparentemente sfaccendato street artist, ma in effetti (giustamente) ribelle come era Ricky qualche lustro [...] Vai alla recensione »
E' sconfortante pensare che ci siamo ridotti così. E che sia un vecchio di 83 anni l'unico a ricordarcelo. Il capitalismo portato alle conseguenze estreme. Che meravigliose emozioni sperimentiamo quando troviamo sul web quelle scarpe griffate da coatto all'ultimo stadio o quel tubino che non lo mettono più manco le battone della tangenziale.
Cinema-denuncia voto 5 stelle Cinema-intrattenimento voto 1 stella Il film è un potente atto d'accusa contro il mondo del lavoro parasubordinato britannico, schiavistico e senza tutele, che provoca pesantissimi stress personali, i quali si riverberano inevitabilmente sui rapporti familiari. Questa è la storia di una famiglia che riesce a malapena a galleggiare sulla linea di sopravvivenz [...] Vai alla recensione »
Sorry We Missed You, di Ken Loach Le grandi catene di distribuzione cinematografiche italiane (UciCinemas e Arcadia) della mia zona non lo hanno messo in cartellone nei cinema frequentati dalle grandi masse popolari, naturali destinatarie della pellicola. Ci è toccato vedere perciò questo film crudo di Ken Loach all'Anteo in pieno centro di Milano, in una sala stracolma [...] Vai alla recensione »
Sabato scorso nella mia città, Torino, 20 o ancora più sale per "Tolo tolo". Per "Sorry we missed you", due sale, una delle quali per il film in versione originale. Così va il mondo...
COME TUTTI I FILM DEL REGISTA E' (ANCHE QUESTO) UN 'PUGNO NELLO STOMACO'. LETTURA SOCIALE DI UN REALISMO E DI UNA ANGOSCIA CHE SI TOCCA CON MANO. L'INGHILTERRA E' LA PATRIA DEL CAPITALISMO E CERTE SUE 'PUNTE' ESTREME EVIDENTEMENTE SONO REALI. FILM DA VEDERE
Ancora una volta Ken Loach ci illumina, con il suo lucido sguardo, sulla realtà del mondo contemporaneo, sulle sue ipocrisie (qualcuno ricorda un politico nostrano che, non sono passati molti anni, predicava: divenite imprenditori di voi stessi? Questa è la risposta). Un film che non sfigura accanto a "Rosetta", dei Dardenne, "La legge del mercato", di Brizé, [...] Vai alla recensione »
forse uno dei migliori film Kean si è espresso a livelli altissimi mettendo in evidenza all'estremo lo schiavismo capitalistico del lavoro, come distruggere una famiglia all'altare del lavoro quasi schiavistico ma giustificato dalle leggi che abbiamo voluto/cercato/approvato.Un film che deve far riflettere , il capitalismo sfrenato non è il rimedio a tutti i mali, e non l'ho detto io.
La cosa che ho notato di più di questo film è il silenzio assoluto che si è creato in sala per tutto il film. E la sala era quasi piena. Per dire la partecipazione delle persone alle vicende di Ricky e della sua famigliola. Sono un fan di Loach, e quindi non sono per niente imparziale nel commento al film. Mi dispiace solo tantissimo che abbia 83 anni.
Un ottimo film di Ken Loach, in sintonia con i tempi attuali, che mette in luce l'ipocrisia del modello delle consegne porta a porta, dove chi effettua le consegne deve assumersi tutti gli oneri ed i rischi per un pugno di sterline. L'illusione di lavorare in proprio senza alcun vantaggio del lavoro proprio ma solo gli svantaggi.
Un film nudo e crudo che racconta le vere difficoltà di chi fatica ogni giorno per trovare da vivere. Drammatico che fa riflettere. Il finale forse diverso l'avrei scritto, ma forse meglio così.. ovvero lasciare a noi spettatori la giusta meditazione.
Ultimamente Ken e il suo fido sceneggiatore porta sugli schermi sprazzi di vita vissuta nel Regno Unito dalla parte ovviamente degli sfruttati sopratutto si concentra sull'evoluzione della società nell'era di internet dove purtroppo lo spazio dei diritti si è sempre piu ristretto. Anziani, operai, lavoratori autonomi sfuggono alle leggi della nuova economia del resto [...] Vai alla recensione »
Ancora una volta, dopo “Io, Daniel Blake”, l’occupazione nella città di Newcastle s’imbatte in un giustiziere ottantatreenne armato di quello che sa meglio fare ovvero dirigere pellicole di denuncia confezionate in favore delle classi meno abbienti, il tutto per denunciare la deriva verso cui sta virando la società dei consumi.
Sicuramente il più amaro e disperato dei film di Ken Loach. Nessuna via di salvezza per gli ultimi. Teso, drammatico, un vero pugno nello stomaco, con una conclusione che non lascia nessuna speranza. Un vero e proprio atto d'accusa nei confronti del sistema capitalistico che tutti dovrebbero vedere per riflettere sulla vita e la società.
Come si suol dire tanta carne al fuoco, forse un po troppa....... comunque personalmente merita, un peccato vederlo da soli. Ottimo nei cineforum con dibattito finale, pero gestito da persona che sa coinvolgere....... e che sa fare girare il microfono......
Molto simile a Daniel Blake (certo non per la storia né per i personaggi, ma per l'ambientazione nel mondo del sottoproletariato urbano inglese), questo film ripete un pò il suo stesso messaggio di denuncia della sofferenza,disperazione e condanna di quelle realtà. Gli interpreti sono tutti molto bravi. Molto realistico, a mio avviso, il poliziotto che fa la predica al ragazzo, [...] Vai alla recensione »
Un film che alimenta le paure più profonde ... prima fra tutte la povertà...da censura ... e poi dulcis in fondo scopri che è sponsorizzato dalla British national lottery... ma a questo punto viva il cine panettone ... !!!!!
Ho visto con piacere tutti i film di uno dei più grandi registi viventi, ma in questo caso l'età ha influito non poco nel realizzare un film, didascalico, noioso e ad un tempo divertente per l'eccesso di scene e situazioni grottesche. Mi ha ricordato un altro grande, Chaplin. Le situazioni sono così paradossali che ti spingono a ridere, non siamo alle torte in faccia [...] Vai alla recensione »
Viscerale, autentico e senza scampo, Sorry We Missed You è il condensato perfetto del Ken Loach di questo tardo periodo. A 83 anni, il regista continua a cesellare ritratti di emergenza sociale nella working class britannica ed europea, facendo seguito a Io, Daniel Blake (guarda la video recensione) del 2016 con lo spaccato di una famiglia del nord dell’Inghilterra alle prese con la morsa letale della gig economy.
Da sempre parte integrante di un rigoroso metodo artistico, il lavoro di Loach con attori non professionisti è rinomato, e legato a doppio filo ai criteri di verosimiglianza richiesti dai suoi film. Ad ancorare il suo ultimo lavoro è un intero nucleo domestico di volti non soltanto nuovi, ma legati al particolare contesto socio-economico del luogo.
In Sorry We Missed You il protagonista è Ricky, padre di famiglia sulla quarantina, già messo in situazione di svantaggio perenne dalla crisi del decennio scorso che gli ha fatto perdere sia il lavoro come operaio che la possibilità di comprare casa con un mutuo. Attirato dalle promesse di un nuovo impiego come corriere, Ricky finisce martoriato dalle condizioni proibitive delle lunghe giornate a bordo del suo furgone, per un datore di lavoro il cui modello di business è cercare di distanziarsi il più possibile da lui.
A interpretare Ricky è Kris Hitchen, rosso di capelli, stropicciato nei lineamenti, ma dotato di una vitalità sommessa che emerge all’improvviso nel corso del film. Hitchen è anche la perfetta sintesi tra attore professionista e uomo comune, abbastanza credibile agli occhi di Loach come volto di un corriere che suona il citofono per consegnare un pacco. Hitchen nasce a Salford, vicino Manchester, e in seguito si sposta a Bolton, che è più a nord ma non abbastanza a nord da sconfinare nel territorio geordie di Newcastle, dove Sorry We Missed You è ambientato (così come del resto Io, Daniel Blake, che nel nativo del luogo Dave Johns aveva trovato il suo protagonista).
Con la discrepanza geografica messa al servizio di uno dei pochi momenti di leggerezza nel film - un battibecco calcistico tra Ricky, tifoso del Manchester United, e un cliente che apre la porta indossando la maglia del Newcastle - Hitchen si conferma un avatar in transito, laddove invece quello di Daniel Blake era radicato. Da giovane, Kris mostra attitudine per la danza, e dopo la scuola si fa rapire dalla recitazione, provando a farne una carriera prima di mettere su famiglia e ripiegare su percorsi lavorativi più affidabili.
Un ventennio circa, in cui Hitchen diventa idraulico e, con i clienti che non mancano, mette da parte l’istinto artistico. C’è voluto l’arrivo dei quarant’anni per fargli riconsiderare le sue scelte, e in seguito a un momento di depressione decidere di fare del volontariato, che lo ha portato di nuovo a contatto con la recitazione. Da lì a frequentare dei nuovi corsi come attore, e poi a trovare qualche ruolo in TV, il passo è stato breve.
L’incontro con Loach è arrivato quando Hitchen si riteneva fuori tempo massimo (dopo un provino per Daniel Blake che l’attore temeva essere l’ultimo film del regista), finendo invece per regalare al due volte vincitore della Palma d’Oro un ibrido speciale tra realtà e finzione per il ruolo di Ricky. Hitchen trasuda ordinarietà, ma nel suo ritratto di un uomo disperato ci sono sfumature profonde di alto livello tecnico. Sul suo volto, in particolare, si può tracciare una mappa fisionomica di ogni colpo ricevuto, e al tempo stesso notare la spontaneità di un personaggio che non si lascia abbattere prima dello spettatore.
Lo si nota nei momenti di intimità rubata con la figlia, Liza Jane, e nei piccoli sfoghi quasi infantili, dal sotterfugio per evitare una multa fino agli scambi più tesi con il figlio Seb, in cui l’autorità paterna lascia spazio all’orgoglio ferito. Al servizio della sceneggiatura brutalmente empatica del solito Paul Laverty, Kris Hitchen trova il se stesso attore di rango sotto le spoglie pragmatiche del suo passato da idraulico - un’attività che aveva già lasciato nelle mani del figlio per tornare a recitare a tempo pieno prima che arrivasse l’opportunità di una vita.
Sono tanti anni che Ken Loach racconta la povera gente, la sua bellezza, la sua rabbia, la sua fatica di vivere. O meglio, che racconta come la gente ci finisca, povera. Sfruttata, e rabbiosa. Sono cinquant’anni che racconta questa gente con forza, con ironia, con partecipazione, con delicatezza, con rispetto, con indignazione. In Gran Bretagna, ma anche a New York o in America latina. Dovunque ci sono persone che sputano energia e vita per lavorare in condizioni meno precarie, meno rischiose, meno umilianti.
Sono cinquant’anni che sviluppa il suo racconto sull’umanità dei singoli e sulla disumanità del sistema, e non suona mai falso, mai scontato. E vorremmo non dover temere il giorno in cui quell’ometto di ottantatré anni con i capelli sottili, la voce educata, gli occhiali rettangolari non avrà più la forza di girare i suoi film appassionati, toccanti, necessari. Film mai scomposti, mai poggiati su frasi o accuse vaghe, sempre densi di dettagli, di concretezza, di verità.
È una verità che nasce, anche, dal meticoloso lavoro di ricerca di Paul Laverty, sceneggiatore di tutti i film di Loach da trent’anni a questa parte. Laverty è andato a raccoglierla, questa verità, fra i drivers delle consegne a domicilio, quelli che fanno funzionare Amazon e tutte le economie dell’ “a casa con un clic”.
Siamo a Newcastle, la stessa città dove era ambientato il precedente film di Loach, Io, Daniel Blake. Qui Ricky, sulla soglia dei cinquant’anni, cerca di reinventarsi come autista per le consegne a domicilio. Per tutta la vita ha lavorato senza riuscire a mettere da parte niente, senza poter dare nessuna scintilla di benessere alla sua famiglia. Adesso, la nuova scommessa, forse l’ultima.
“Tu non lavori per noi, tu lavori con noi”, gli dice l’uomo che gli fa il colloquio di lavoro. “Tu vieni on board, sei con noi”. Belle parole. La realtà sarà diversa. Un lavoro nel quale non puoi sgarrare, non puoi fermarti neanche se la tua famiglia sta andando a rotoli, neanche se hai le costole rotte; un lavoro dove ogni secondo di ritardo si paga, dove la parola chiave è “pay” – tutto si paga, le consegne non fatte in tempo, gli oggetti che ti rubano dal furgone – e dove ti sembrerà indispensabile una bottiglietta di plastica vuota, per orinare lungo il cammino e non perdere tempo.
Li chiamano “zero hours contracts”. Lavori da free lance puro. Dove non c’è nulla di garantito. Dove non puoi perdere un colpo, un minuto, una consegna. Per nessun motivo. Nessuna tutela del lavoro. Una nuova forma di schiavitù, dove ti illudi di essere padrone del tuo destino.
È il capitalismo allo stato puro. Ognun per sé, tutti contro tutti. Quando la situazione diventerà da allarme rosso, quando il protagonista chiederà, come ultima soluzione, il protagonista chiederà qualche giorno di permesso, il boss gli risponderà: “Vuoi saltare un giorno? Non puoi. Gli altri autisti che me l’hanno chiesto credi non abbiano problemi? Chi ha la sorella che ha avuto un infarto, chi deve operarsi; un altro ha sua figlia che ha tentato il suicidio. Alla fine c’è sempre un problema. Ma non puoi fermarti. Mai. Ai clienti non importa se ti addormenti al volante o se prendi in pieno un autobus. Gli importa il prezzo che paga, e se l’oggetto arriva in tempo”. Quando dei teppisti gli spaccano la faccia, un paio di costole e forse gli perforano un polmone, per lui ci sarà una penale di 1000 sterline per gli oggetti che gli hanno rubato.
Trova sempre dei volti magnifici per raccontare le sue storie, Loach. E sono sempre volti nuovi, spesso gente che col cinema ha avuto poco a che fare. Come questo Kris Hitchen, il protagonista: una specie di Paul Scholes orgoglioso e combattivo, capelli rossi e fede Red – Manchester United, tutta la vita. Hitchen ha fatto l’idraulico, nella vita, e poi ha guidato un furgone per le consegne a domicilio, come il suo personaggio. Ken Loach lo ha portato a recitare col suo metodo abituale, senza rivelargli la storia tutta intera, ma solo giorno per giorno: portandolo a vivere ogni momento, senza sapere il disegno finale.
Ad ogni film ti aspetti l’incrinatura, qualche attore che suona falso, che “si sente che recita”. E non lo trovi. E senti una consonanza immediata e fortissima con la moglie. Si chiama Debbie Honeywood l’attrice. Fa visite a domicilio per una ditta di servizi sociali. E si trova alle prese con vecchie fuori di testa, anziani avviliti, giovani paralitici. Senza uno scatto di nervi, di insofferenza verso quelle sofferenze. E il cinema di Loach, attento al dettaglio, dà un tocco di grande cinema, di grande attenzione umana. In una scena in cui lei e il marito sono nel letto, lui sente qualcosa: “Ma ti sei messa il Vicks?”. E lei, quasi scusandosi: “No, è che lo metto sotto il naso quando entro in case in cui c’è un odore tremendo…”. L’orrore fatto intuire, reso evidente, in una frase minuscola. Anche questo è grande cinema.
Se mettessimo in fila tutti i suoi film ci troveremmo davanti ad un universo dalle mille facce intente a raccontare una storia collettiva di dignità umana a confronto con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e con le dinamiche economiche che stritolano gli individui.
Ken Loach è la persona più mite e gentile del mondo, ma le canta chiare e punta il dito verso chi abusa del proprio potere e decide delle vite degli altri senza scrupoli.
L'ultimo film di Ken Loach, Sorry We Missed You, accende i riflettori sul lavoro in franchising raccontando la storia di Ricky, un padre di famiglia che, perso il lavoro nell’edilizia, cerca di reinventarsi come corriere e di gestire la sua nuova attività come membro “indipendente” di un gruppo, per scoprire che la nuova schiavitù passa anche dall’illusione di diventare padrone di te stesso.
Intanto devi procurarti gli strumenti di lavoro secondo le loro regole…
È il modo contemporaneo di trasferire ogni responsabilità sulle spalle del lavoratore: il mio protagonista è costretto a comprarsi il furgone delle consegne dalla compagnia, ma mentre le sue entrare sono variabili, le rate del furgone arrivano implacabili, a scadenze fisse. E se provi a rivenderlo, il valore del furgone è già sceso, e non recuperi nemmeno l’investimento.
Così, per pagare le rate, lavori giorno e notte.
Sì, come il criceto sulla ruota. Chi è giovane, e fortunato, forse ce la fa, ma chi è adulto e ha famiglia riesce a malapena a tenere la testa fuori dall’acqua, e non può mantenere i normali rapporti famigliari.
Però ti dicono che sei un imprenditore, e danno nomi nuovi e creativi a questi lavori sfiancanti e spesso umilianti.
Fa parte dell’imbroglio: chiamano le cose con il nome opposto a ciò che veramente sono. Così Ricky diventa “proprietario di franchise” quando in realtà è solo un autista sotto schiaffo. Anche i mass media hanno una grande responsabilità in questo senso: programmi come "The Apprentice" – il cui protagonista in America era Donald Trump, non dimentichiamolo - indottrinano il pubblico a credere che chiunque possa diventare un grande imprenditore: anzi, che chiunque possa fare qualsiasi cosa, basta crederci! È una grandissima cazzata per dare l’illusione di una mobilità sociale che nella realtà non esiste, e far passare alla gente normale la voglia di combattere le diseguaglianze e la crudeltà che le caratterizza.
La crudeltà sociale è uno dei suoi temi ricorrenti.
È vero, ma c’è anche tanta solidarietà: c’è il volontariato, ci sono le ONG, la compassione individuale. È a livello governativo che regnano le divisioni. Nel Regno Unito 130mila bambini hanno trascorso lo scorso Natale in alloggi temporanei, e quest’anno sarà anche peggio.
Pensa che la situazione migliorerà dopo la Brexit?
No, peggiorerà sicuramente. Oggi i lavoratori devono vedersela con le regole assurde dell’Unione Europea, ma con la Brexit Boris Johnson e la sua gang avranno le mani libere per fare anche di peggio. Ad esempio si permetterà agli agricoltori di abbassare le loro restrizioni sanitarie per produrre alimenti a basso costo che i medio e altoborghesi non mangeranno, ma che riempiranno di antibiotici le classi più povere. E quegli agricoltori non potranno più esportare in Europa i loro prodotti, perché non saranno più all’altezza degli standard europei.
Anche la moglie del protagonista, che fa l’infermiera a domicilio, vive sotto schiaffo.
Sì, perché ha una coscienza, e se le danno venti minuti per pulire il didietro di un anziano lei ce ne mette il doppio per non lasciare una persona in condizioni meno che dignitose. Così poi le tocca correre al lavoro successivo, e non ha più tempo per fare le cose con calma.
"Sorry we missed you". Peccato che non c'era nessuno! Sta scritto in corsivo sul foglietto che Ricky lascia sulla porta di casa della famiglia cui avrebbe dovuto consegnare un pacco. Ricky è un quarantenne robusto e tatuato, un gran lavoratore che sa fare tutto e come i personaggi di altri film di Ken Loach, l'ultimo mite incorreggibile comunista, farebbe parte della classe operaia se questa un tempo [...] Vai alla recensione »
Arrivata a quasi trenta titoli, la vita umana e artistica di Ken Loach (qualcosa di più della carriera) si dimostra esemplare per virtù della coerenza. Sotto ogni latitudine (dal '67 la Gran Bretagna ha subito maxi variazioni meteo e sociali) Loach ha sempre il coraggio di raccontare la vita faticosa di quelli che subiscono le imposizioni del potere, che cambia connotati ma non sostanza.
Dopo la contestata Palma d'oro per Io, Daniel Blake di tre anni fa, Ken Loach torna a Cannes per denunciare le aberrazioni dell'attuale mondo del lavoro e l'ambigua retorica delle start up. Sembra una contraddizione in termini, assistere alle sfortune della famiglia protagonista di Sorry We Missed You - progressivamente disgregata a causa della precarietà professionale - dalla Croisette, immersi tra [...] Vai alla recensione »
Ricky il rosso, rosso di capelli e forse di rabbia, ha un lavoro sfibrante, una moglie che è poco meno che un angelo, una figlia 11enne rossa come lui ma angelica come la madre, un primogenito adolescente che sfoga la sua smania di crescere in provocazioni familiari alzo zero o in raid con la sua gang di writers sui muri di Newcastle. Ricky, Abby, Seb e Liza sono così ben scritti e interpretati (da [...] Vai alla recensione »
E' a Newcastle on Tyne, un tempo fiorente centro industriale, porto e sede di cantieri navali, che Ken Loach e il suo sceneggiatore Paul Laverty - la coppia De Sica-Zavattini del nuovo Millennio - ambientano Sorry We Missed You. Un magnifico film sull' odissea di una famigliola che, come milioni di altre, cerca di sopravvivere al clima di crisi permanente partito nel 2008.
Ken Loach ci mette di fronte a un film raro, implacabile; un film che, incredibilmente, non ti chiama solo alla sua visione come fanno tutti, ma a intraprendere con lui un'esperienza di vita reale. Si potrebbe dire che siamo di fronte a un oltrepassamento dell'orizzonte stesso di tutti i realismi del cinema. Lo sguardo qui non è sulla realtà ma nella realtà, dentro la realtà; esso si colloca all'interno [...] Vai alla recensione »
Che cosa rende così speciale il cinema di Ken Loach? L'apparente semplicità del racconto. Se i fratelli Dardenne o Robert Guédiguian praticano, su temi simili ramo "working class", sperimentazioni di stile o affondi poetici, il cineasta inglese, oggi 83enne, va sempre dritto al cuore del problema. Il piglio è finto-documentaristico, non a caso tutto è sempre molto scritto dal fedele sceneggiatore Paul [...] Vai alla recensione »
Sorry We Missed You è il messaggio che i corrieri lasciano quando arrivano, suonano e non c'è nessuno: «Ci spiace, non ti abbiamo trovato» - o meglio «Ti abbiamo mancato» quasi che il destinatario della consegna fosse un target, un bersaglio, lo score di quella gara a cui sono costretti infinite volte al giorno nell'era del commercio digitale coloro che arrivano alla sua porta.
Un uomo, ritrovatosi senza lavoro, decide di farsi assumere per le consegne a domicilio. Vende l'auto della moglie, impegnata come badante presso anziani soli, e compra un furgoncino. Entrambi affrontano rinunce, orari di lavoro massacranti, ritmi disumani, ingiustizie e contumelie, per un futuro che auspicano migliore, con l'impegno di mantenere compatta la famiglia, dare ai figli una vita decente, [...] Vai alla recensione »
L'arco narrativo di Sorry We Missed You copre i pochi mesi in cui una famiglia si disgrega a causa di un nuovo impiego che assorbe tutte le energie e il tempo umano, restituendo soltanto ansia, rischio, frustrazione. Il lavoro è quello del padre di due figli, un ragazzo adolescente e una bambina, e marito di un'infermiera: dopo decenni di lavori poco stabili in vari settori, l'uomo abbocca alla proposta [...] Vai alla recensione »
A Ken Loach dovremmo essere sempre grati. È uno degli ultimi registi attento alle dinamiche socio-politiche con uno sguardo empatico nei confronti degli ultimi, degli indifesi, degli umiliati da una società incapace di offrire garanzie e solidarietà, lavoro e dignità, una corretta distribuzione della ricchezza e un sentimento di umanità verso chi ha più bisogno.
E' uno spaccato senza sconti sull'oggi in crisi, dove si corre senza arrivare da nessuna parte, come criceti sulla ruota, perennemente in gabbia, "Sorry we missed you", un film di schiacciante verità con cui Ken Loach denuncia il precariato fai da te di un'umanità costretta a mettersi in proprio per lavorare senza garanzie, né straordinari, né assicurazioni.
Se Io, Daniel Blake, Palma d'oro a Cannes nel 2016, poteva ricordare i tormenti dell'anziano Umberto D., questo nuovo film dell'inglese Ken Loach per certi versi echeggia Ladri di biciclette dello stesso Vittorio De Sica, in particolare nel rapporto padre-figlio. Come il precedente titolo di Loach, anche Sorry We Missed You è ambientato a Newcastle, ex capitale industriale e roccaforte operaia del [...] Vai alla recensione »
La "gig economy" è un termine tecnico con cui si definisce il lavoro delle consegne da un soggetto all'altro entro il giorno successivo. Insomma si tratta di un lavoro da portare a termine entro le 24 ore, e in questo lasso di tempo l'incaricato può gestirsi come vuole purché il risultato sia garantito. Su questo terreno si muove "Sorry we missed you", il film diretto da Ken Loach e uscito nelle sale [...] Vai alla recensione »
Come fai a dargli torto? Come fai, in tutta onestà, a non credere a uno che ha passato gli 80 e insieme a quelli una quantità di rivoluzioni mancate e di lotte continue, e con la stessa rabbia di allora, adesso, attacca padroni e movimento operaio, gli sfruttatori che hanno cancellato i diritti così come i sindacati che lo hanno permesso? Come fai cioè a non dargli ragione quando ti chiede, sapendo [...] Vai alla recensione »
Newcastle e dintorni. Paraggi sospirati e infiniti che non hanno confini nemmeno con la Brexit. L'ambientazione quindi, pur realistica, è totalmente allargata perché purtroppo la precarietà del lavoro è ormai dato acquisito un po' ovunque. Newcastle, si diceva. Ricky e la moglie Abby devono far fronte ai debiti causati dalla crisi del 2008. Le forze ci sono, l'impiego latita.
Pensa al futuro, il Ricky Turner (Kris Hitchen) di Sorry We Missed You (Gran Bretagna, Francia e Belgio, -2019, 101'). E pensando al futuro suo, di Abbie (Debbie Honeywood) e dei loro Seb (Rhys Stone) e Liza Jane (Katie Proctor), accetta con entusiasmo di lavorare come trasportatore per una agenzia di consegne. In vita sua ha sempre faticato volentieri.
Ci si commuove alla visione del 26° film dell'83enne Ken Loach, "Sorry, We Missed You"; di più, si resta sconvolti davanti al dramma di Ricky, che fa il corriere di pacchi a domicilio, e resta vittima di piccoli e grandi incidenti, e della famiglia che si disgrega. Sembra di assistere alle riprese di una candid camera che coglie la vera realtà nel suo implodere: tutte le fasi di una disgrazia annunciata [...] Vai alla recensione »
A 83 anni, Ken Loach è ancora il maestro assoluto del cinema sociale. Nella sua ultima opera punta il dito sul mondo dei contratti "a zero ore" e del franchising, nuove forme di sfruttamento legalizzato che arricchiscono i giganti del commercio globale raschiando i diritti ai lavoratori. Al centro del film c'è una famiglia di Newcastle che combatte per arrivare a fine mese: il padre Ricky, che ha perso [...] Vai alla recensione »
Quando Ken Loach, così come Woody Allen, dà l'impressione di fare sempre lo stesso film, significa che siamo in odore di qualità cinematografica, di dominio del mezzo, di perfezionamento del metodo. "Sorry we missed you", che usa per titolo il testo del messaggio che i corrieri lasciano sulla porta quando non trovano nessuno in casa, è una storia di oggi e di ieri, contemporanea che di più non si potrebbe, [...] Vai alla recensione »
Ottantaquattrenne ormai, Ken Loach è uno dei pochi registi ancora attivi per i quali si possa tranquillamente utilizzare il concetto di macrotesto: i suoi film sono immediatamente riconoscibili, a voler essere leggermente critici, essi risultano qua e là intercambiabili, ciò vale, soprattutto, per i (molti) film ambientati nel presente: da Riff Raff (1991) a Raining Stones (1993), da Ladybird, Ladybird [...] Vai alla recensione »
Si chiama cinema resistenziale. La firma in calce è quella di Ken Loach. Sorry we missed you, traducibile con la frase del cartoncino lasciato dal corriere in assenza del cliente all'atto della consegna del pacco, è la rappresentazione in immagini realistiche della deregulation del mondo del lavoro nell'evo del neoliberismo. Se non si capisce, o non si conosce, questo elemento storico politico dell'oggi, [...] Vai alla recensione »
Forse è vero che il cinema di Ken Loach non è più incisivo come in passato. Che il racconto del "suo" proletariato è più stanco e si snoda lungo un percorso narrativo (che condivide con il suo sceneggiatore di sempre Paul Laverty) sin troppo collaudato. Eppure, anche nel suo nuovo "Sorry We Missed You", si percepisce l'urgenza di denunciare un mercato del lavoro sempre più crudele, capace di evolversi [...] Vai alla recensione »
Il precariato, la voglia di riscatto sociale che si misura con la difficoltà di arrivare a fine mese, l'instabilità che precede la Brexit. A 83 anni, un regista impegnato come Ken Loach, sempre chiaro nel far capire da che parte batte il suo cuore, continua a raccontare la realtà contratto umanista e straordinaria capacità di analisi. Lo sguardo, partecipe, è rivolto a chi resta indietro in una società [...] Vai alla recensione »
Come sempre per Loach e il suo sceneggiatore (da 40 anni) Paul Laverty l'ingranaggio di una storia singolare e insieme esemplare è il solo modo di cercare il delicato, difficilissimo, baricentro drammatico per raccontare le storture inaccettabili delle nuove leggi del mercato (neocapitalista, neoliberista, quello che volete). L'ex operaio Ricky si indebita per un furgone e accetta le regole soffocanti [...] Vai alla recensione »
«Sorry We Missed You», ovvero «Ci spiace di non avervi trovati», è il testo del biglietto che i corrieri lasciano ai destinatari dei pacchi non presenti in casa al momento del loro passaggio. Un messaggio in apparenza cortese che cela però i forsennati ritmi di lavoro degli autisti. È anche il titolo del film di Ken Loach in gara all'ultimo Festival di Cannes e molto imparentato con il precedente «Io, [...] Vai alla recensione »
Per guadagnarsi da vivere dopo un licenziamento, Ricky, marito di Abbie, padre dell'undicenne Liza e dell'adolescente Sebastian, lavora a Newcastle come corriere per un franchise che sfrutta gli impiegati interinali. La nuova opportunità di guadagno si trasforma presto in un vero e proprio incubo Loach torna a raccontare i cambiamenti nel mondo del lavoro e le drammatiche ripercussioni sulla famiglia [...] Vai alla recensione »
Collaborare con lo sceneggiatore Paul Laverty ha dato talora toni di commedia ai film di Ken Loach. Del resto, quando scoppia una crisi economica mondiale, come nel 1929 e nel 2008, al cinema spetta di scaldare i cuori: su un soggetto di Eric Cantona e sceneggiatura di Laverty, nel 2009 il personaggio del Mio amico Eric, presentato al Festival di Cannes, è un postino di Manchester con famiglia problematica, [...] Vai alla recensione »
Quanta drammatica verità nell' ultimo film di Ken Loach, uno dei pochi registi ad aver voglia di realizzare ancora pellicole civili e di denuncia, nonostante i suoi 83 anni. Il regista britannico di «Il vento che accarezza l' erba» e «Io, Daniel Blake» (entrambe Palme d' Oro) torna a parlare degli ultimi, dei più deboli, del mondo del precariato, dello sfruttamento del lavoro in «Sorry We Missed You», [...] Vai alla recensione »
Lo spirito guerriero di Ken Loach sembra crescere con l' età. Dopo aver denunciato in Io, Daniel Blake le derive della burocrazia britannica, l' 83enne regista mette il dito nella piaga della "uberizzazione", fantasma di libertà che è una forma travestita di schiavitù. A Newcastle Ricky, perduto il lavoro, realizza il sogno di mettersi in proprio facendo consegne a domicilio col suo nuovo furgoncino. [...] Vai alla recensione »
Ci sono storie che cambiano il nostro punto di vista sulle cose del mondo. Sorry We Missed You è una di quelle. Non potremo più seccarci allo stesso modo quando vedremo un furgone parcheggiato malamente, magari in doppia fila, creando disagio a tutti. Non potremo più approfittare degli ordini on line con la stessa disinvoltura di prima, tantomeno entusiasmarci per la sollecita consegna della nostra [...] Vai alla recensione »
Ricky accetta di comprare un furgone per consegnare pacchi come lavoratore autonomo in franchising, sotto la supervisione di Maloney. Ma presto i ritmi di lavoro e le spese per compensare ritardi ed esigenze assicurative si rivelano inconciliabili con la conduzione di una famiglia, quando non con la vita stessa. In continuità con Io, Daniel Blake anche la parabola di Sorry We Missed You (il titolo [...] Vai alla recensione »
Con i risparmi della moglie, Rick compra un furgone per fare consegne a domicilio e ripagare i debiti ereditati dalla crisi del2008. Anche questo lavoro, però è senza tutele e fonte di sfruttamento. Il plebiscito inglese per il conservatore Boris Johnson, padrino della Brexit, sarà motivo di nuove ispirazioni per Ken Loach che guarda con implacabile severità a un mondo dove disoccupazione e diritti [...] Vai alla recensione »
Ricky e Debby sbarcano il lunario con fatica. Lui è rimasto precario dopo la crisi del 2008. Lei assiste anziani a domicilio. Sono uniti, hanno due figli, vorrebbero tanto comprare casa. Il sogno sembra avvicinarsi quando la new economy bussa alla loro porta promettendo una svolta: con un furgone Ricky diventa un -trasportatore freelance per guadagnare in proporzione alle consegne.
Non si è smarrito Ken Loach e, contrariamente al titolo del film, con Sorry We Missed You realizza, appunto, un capolavoro: lineare, brillante e commovente. Assente, come da consuetudine nella sua filmografia, l'happy-end, il regista si interroga, con naturale pathos, sullo sfruttamento della working class e propone la sua versione aggiornata di Tempi moderni, "sulle conseguenze che il livello di sfruttamen [...] Vai alla recensione »
Dieci anni fa, con il divertente Il mio amico Eric, Ken Loach ci ha mostrato un uomo che si rifugiava nel suo lavoro da una vita altrimenti complicata. Più o meno il contrario di quello che succede in Sorry we missed you, un film decisamente più tosto e cupo. Per quanto la vita familiare possa sembrare incoraggiante al corriere Ricky (Kris Hitchen) e a sua moglie Abby (Debbie Honeywood), è il mondo [...] Vai alla recensione »
Per guadagnarsi da vivere dopo un licenziamento, Ricky, marito di Abby (che assiste a domicilio anziati malati e disabili), padre dell'undicenne Liza e dell'adolescente Sebastian, lavora a Newcastle come corriere, teoricamente in proprio, di fatto per un franchise che sfrutta gli impiegati interinali come schiavi. La nuova opportunità di guadagno si trasforma presto in un vero e proprio incubo.
C'è un'ostinazione in Ken Loach, 82 anni, due volte Palma d'oro (con Il vento che accarezza l'erba, 2006 e Io, Daniel Blake, 2017) che lo spinge a battersi col presente e, insieme, a condurre il proprio spettatore a una consapevolezza quasi esasperata. Sorry We Missed You - presentato in concorso - parla dell'oggi, ci dice dei tanti che non ce la fanno a sopravvivere con l'affitto da pagare, dei figli [...] Vai alla recensione »
Spiace dirlo, ma l'anziano regista non pare ritrovare la vitalità, la forza, l'anarchia e la libertà perfettamente incarnata dal personaggio di Io, Daniel Blake che nel 2016 gli aveva fatto ottenere una meritata Palma. Anche qui l'analisi è deterministica all'ennesima potenza, simile - i personaggi sono prigionieri dei meccanismi sociali ed economici - a Les misérables, ma la tendenza del regista [...] Vai alla recensione »
Ricky è stanco di una vita di lavori sfiancanti e precari, di dover rendere conto alle direttive e a gli ordini del padrone di turno. Sua moglie Abby si ammazza di fatica, assiste anziani e malati per poche sterline, attraversando in lungo e in largo la città in cui vivono, una Newcastle grigia e inospitale. Hanno due figli: Seb, adolescente inquieto con la passione per i graffiti più che per la scuola, [...] Vai alla recensione »
"Sorry we missed you" è quello che sta scritto sull'avviso che i corrieri che consegnano le merci a domicilio lasciano in buchetta quando non trovano i clienti. Un lavoraccio: ritmi disumani, orari sotto rigido controllo elettronico, se ti ammali e perdi un giorno o qualche ora di lavoro non solo non guadagni, ma paghi anche pegno (cioè il costo di chi ti rimpiazza).
Una famiglia del proletariato. Il papà accetta una lavoro di consegne dai ritmi disumani, la mamma accudisce persone in difficoltà, il figlio grande vive un'adolescenza ribelle. La situazione difficile fa precipitare la tranquillità di tutti. Il cinema di Ken Loach è ovviamente ancora importante: racconta il mondo dalla parte degli ultimi, mette in risalto gli ingranaggi di una società impostata sul [...] Vai alla recensione »
Ancora Newcastle, dopo I, Daniel Blake, Palma d'Oro nel 2016, e ancora il caro vecchio Ken Loach, stavolta alle prese con le nefandezze della gig economy, in particolare delle consegne da un giorno per il successivo. In Concorso a Cannes 72, dove ambisce alla terza Palma (nel 2006 per Il vento che accarezza l'erba la prima), Sorry We Missed You inquadra una famiglia che sta per saltare in aria, complice [...] Vai alla recensione »
Chiamiamoli "performer delle consegne" e non più "fattorini", "guadagni" e non più "salari", freelance e non più precari. Anzi, veri e propri schiavi volti all'autodistruzione. Benvenuti nel nuovo dramma umano e sociale di Ken Loach, il vate tuttora insuperato del cinema civile, che con Sorry We Missed You è riuscito ancora una volta a commuovere le platee del Festival di Cannes.
«Non lavorerà per noi, ma con noi». Eccolo, in un franchise per corrieri, il neoliberismo, l'iperresponsabilizzazione del lavoratore, la solitudine del 99%, la fine del tempo libero al tempo dell'imprendicariato, il precariato costretto all'imprenditoria. L'allentamento dei legami, la fine che fa la famiglia se uno vive per lavorare e il resto non conta.
Un corriere a domicilio e sua moglie lottano per mantenere la propria famiglia nell'Inghilterra di oggi. "Io lotto contro l'idea che la felicità stia nella capacità di comprare cose nuove. Non siamo venuti al mondo solo per lavorare e per comprare; siamo nati per vivere. La vita è un miracolo; la vita è un regalo. E ne abbiamo solo una." Queste celebri parole dell'ex presidente uruguaiano José "Pepe" [...] Vai alla recensione »
Ken Loach e il lavoro che cambia, in forme che fanno sembrare la catena di montaggio un paradiso perduto: "Sorry we missed you", che riporta a Cannes l'ottantaduenne più militante del cinema -già due volte Palma d'oro- è il film che Amazon non avrebbe mai potuto produrre. Dico Amazon perché il faraonico business dell'e-commerce si basa -questo racconta la storia- su tecniche di sfruttamento che stritolano [...] Vai alla recensione »
I film di Ken Loach hanno sempre il pregio della coerenza, e a volte il rischio della prevedibilità. Il suo sincero interesse per le ingiustizie sociali e per la classe operaia inglese in particolare si manifesta in storie costruite dal fido sceneggiatore Paul Laverty, sul filo del teorema, e con l'apporto di attori sempre straordinari (qui Kris Hitchen e Debbie Honeywood).
Metodo Loach. Voce-off su schermo nero sui titoli di testa. E che sembra replicare, nella struttura, il precedente Io, Daniel Blake, Palma d'oro a Cannes nel 2016. Ancora un attacco diretto contro il sistema liberale britannico che strozza la vita delle persone. In Io, Daniel Blake era il protagonista che aveva bisogno dell'aiuto dello Stato a causa della sua malattia.
Nuovo anno e nuovo decennio, Ken Loach vecchio. Il film è la quintessenza di Ken il rosso, del suo amore per Jeremy Corbyn, del suo odio mai sopito per Tony Blair, della classe operaia che non va mai in paradiso (e nell'inferno in terra dei capitalisti fa le prove generali). A uso dei futuri studenti di cinema: guardate questo e risparmiatevi tutti gli altri.
Onore delle armi al vetero marxista Ken Loach e al suo sceneggiatore ancora più radicale Paul Laverty. Il loro cinema, come dimostra bene anche Sorry We Missed You presentato in anteprima al festival di Cannes del 2019, è diventato nel trascorrere degli anni sempre più ossificato, essenziale, sprezzante di ogni abbellimento tecnico o suggestione di stile.