Titolo originale | Se rokh |
Titolo internazionale | 3 Faces |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Iran |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Jafar Panahi |
Attori | Behnaz Jafari, Jafar Panahi, Marziyeh Rezaei, Maedeh Erteghaei, Narges Delaram Fatemeh Ismaeilnejad, Yadollah Dadashnejad, Ahmad Naderi, Hassan Mihammadi, Mehdi Panahi, Ashgar Aslani, Elham Hagh Ravan, Mohammad Ramezani, Romina Nik Andish, Mohammad Ali Monajati. |
Uscita | giovedì 29 novembre 2018 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Cinema |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,62 su 18 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 14 gennaio 2019
Quando riceve il video di una giovane che implora il suo aiuto, la famosa attrice Behnaz Jafari abbandona il set e insieme a Jafar Panahi si mette in viaggio per raggiungere la ragazza. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, In Italia al Box Office Tre volti ha incassato 341 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Una celebre attrice iraniana riceve il video delirante di una ragazza che implora il suo aiuto per fuggire un destino che non è il suo. Marziyeh sogna di fare l'attrice ad ogni costo, anche a quello di suicidarsi. Allevata in un villaggio di montagna e nel rispetto delle tradizioni, la ragazza è allieva del conservatorio a Teheran ma un fratello autoritario e aggressivo la costringe a una vita rispettosa delle regole. Almeno fino a quando l'attrice prediletta non si mette in viaggio per raggiungerla e stabilire la verità sulla natura reale o simulata del suo suicidio.
Impedito a uscire dal suo Paese e condannato a non esercitare più la sua professione, Jafar Panahi si guadagna la vita come 'conducente'. A bordo di un taxi (Taxi Teheran) o di un 4x4 (Three Faces) continua la sua riflessione nomade sulla società iraniana e in barba alla censura.
Three Faces si presenta allora come una nuova variazione sul confinamento dell'autore, che lascia la città e si spinge più lontano, sulle montagne del Nord-Ovest iraniano. Il cinema di Panahi prende aria e avanza irriducibile incrociando personaggi che compongono un campione rappresentativo di una società. Uomini e donne, contadini e commercianti, formali e informali, conservatori e contestatari, ciascun passante propone la sua drammaturgia, comica, tragica, pittoresca davanti al suo fuoristrada. Un fuoristrada che 'gira' senza permesso, un set montato su quattro ruote, il veicolo di un indomito. Opera illegale, Three Faces è una formidabile cassa di risonanza politica, una piazza itinerante ma soprattutto un viaggio introspettivo. Sotto una sarabanda di incontri sovente divertenti, qualche altra sconcertanti o poetici, il film è un autoritratto dell'artista al volante.
Rivelatrice in questo senso è la forma, frammenti di realtà rubati dalla camera nascosta si alternano a scene di finzione. Alla maniera di Taxi Teheran, Three Faces si muove lungo i confini, occupando uno spazio confuso in cui ogni passeggero o pellegrino interpreta il proprio ruolo. Ma attraverso ciascuno di loro, è il suo posto da regista, testimone e creatore che Panahi mette in discussione. Al suo fianco Behnaz Jafari impersona se stessa, confrontandosi con la superstizione persistente dentro una società monoteista intransigente e con l'inferiorità giuridica della donna nel diritto iraniano.
Marchio depositato del cinema iraniano, la macchina condotta da Panahi è un'invenzione (concettuale) di Abbas Kiarostami, è lui che eleva il veicolo al grado di ipostasi filosofica del cinema. Onnipresente nella sua opera (Il sapore della ciliegia, Dieci), l'automobile diventa per Panahi uno stratagemma per aggirare la censura e omaggiare insieme Kiarostami. Sempre più piccola la sua camera è dissimulata da un pacchetto di sigarette appoggiate sulla 'plancia' di bordo, da cui gira un cinema ribelle, sottile e mai ingiurioso. Prigioniero nel limbo dell'interdizione, Jafar Panahi confeziona film di interni (Ceci n'est pas un film) o di interni-esterni, dove lui stesso e la sua condizione di autore avversato diventano materia centrale del suo cinema.
TRE VOLTI disponibile in DVD o BluRay |
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Il film, che ha ottenuto la Palma d'Oro al Festival di Cannes, è girato quasi in tempo reale e sembrerebbe riportarci indietro di due secoli. Ci mostra una parte meno nota dell’Iran, la zona montana rurale e contadina del Nord-Ovest che confina con la Turchia, molto lontana dalla vita caotica della capitale e da cui provengono, peraltro, i genitori del regista.
Panahi come tutti i registi Iraniani fa cinema sull'Iran, come l'Italia del dopoguerra con il neorealismo sull'Italia, come i Cileni sul Cile ecc. ecc. Imprescindibile per lui parlare di donne e di cinema, la libertà di un paese passa da lì. Da una "piccola" vicenda mette a confronto tre generazioni di attrici (TRE VOLTI) del passato del presente e del futuro incerto. [...] Vai alla recensione »
Nel consueto mix di documentario e fiction di Jafar Panahi, i tre volti sono quelli di tre donne, due delle quali corrispondenti a personaggi reali, i cui destini casualmente si incrociano e in certo modo simboleggiano passato, presente e futuro: Shahrzad , attrice degli anni ’70, completamente emarginata dopo la rivoluzione; l’attrice Behnaz Jafari, volto ben noto di serial televisivi [...] Vai alla recensione »
Come riuscire a rappresentare l’arretratezza culturale tuttora esistente in villaggi sperduti nelle montagne non troppo lontane da TEHERAN? Il regista lo fa Limitandosi ad osservare ciò che accade, silente lasciando parlare la macchina da presa . Seguiamo il dramma che impedisce il realizzarsi dei progetti [...] Vai alla recensione »
E’ tornato in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane il tanto ‘scomodo’ regista iraniano Jafar Panahi con la sua ultima opera, “Tre Volti” . “Scomodo” perchè il suddetto regista è inviso, tanto che gli è valsa in passato addirittura l’arresto in carcere, al Governo iraniano che non approva le sue pellicole dove egli [...] Vai alla recensione »
Behnaz è una famosa attrice iraniana e sta lavorando sul set di un film, quando riceve un video in cui una ragazza che vive nelle montagne del nord del paese si impicca perché impossibilitata a studiare da attrice per la mentalità ristretta della famiglia. Behnaz chiede aiuto al regista Panahi per recarsi sul posto e verificare di persona gli avvenimenti; ha qualche dubbio dopo [...] Vai alla recensione »
I film iraniani, di primo acchito, mi scombussolano un pochino perché avverto una differenza culturale clamorosa, con quella di noi occidentali. Potrebbero sembrare un po’ primitivi, forse anche un po’ prefreudiani. Poi ripensandoci e riflettendoci appare invece clamoroso l’insegnamento che questa differenza ci può dare: soprattutto nella linea della consapevolezza, [...] Vai alla recensione »
Se è vero che i grandi autori sanno trarre grandi opere da mezzi limitati, è forse ancor più vero che grandissimi autori sono quelli che dalla limitatezza dei mezzi, da quella delle circostanze storiche e ambientali in cui si trovano ad operare, traggono stimolo e alimento per la loro creatività. Anche da questo punto di vista Jafar Panahi si conferma regista straordinario [...] Vai alla recensione »
Ho visto il film senza informarmi prima sul contesto ne ho tratto la sensazione di essere di fronte ad una piccola gemma splendente nel grigiore del cinema contemporaneo. Quando poi ho letto che i personaggi non sono personaggi cinematografici ma rappresentano sè stessi, sono rimasto sconvolto. In grandissima evidenza il primo piano del volto della protagonista, bellissimo, intenso ed espressivo, [...] Vai alla recensione »
"Non ci posso credere!" Queste sono state le mie parole ripetute piu volte dopo la visione di Tre volti. Non si puo far credere alle persone che questo sia un grande film, salvabile soltanto per l'interpretazione di Behnaz Jafari. Per il regista/attore Panahi stendo un velo pietoso. Non riesco ancora a decidermi se sia stata peggiore l'interpretazione o la regia.
( 2,5 ) Parecchia gente quasi tutti over 50. Film carino, lineare, curioso, come si suol dire il fine giustifica i mezzi, storie di miserie, il viso di Marziyeh mi ricorda Malala Yousafzai. Su questa tipologia " Libere disobbedienti innamorate - In Between " personalmente piu bello.
Di registi perseguitati, purtroppo, ce ne sono stati tanti nella storia del cinema. Vittime di censura, di regimi, di governi intolleranti, di iconoclastie. Ad alcuni hanno sparato (Fernando Solanas), altri sono stati privati dei diritti civili (Bernardo Bertolucci), ma il carcere è stato ed è destinazione purtroppo frequente per chi ama la libertà di espressione, in troppe parti del mondo - accade di questi tempi all'ucraino Oleg Sentsov, detenuto in una prigione russa. In passato, il regista turco Yilmaz Güney è riuscito persino nella straordinaria impresa di dirigere un film dal carcere, a distanza, spiegando all'aiuto regista che cosa fare e come farlo.
Le cose non sono andate molto meglio a Jafar Panahi, che si schierò con il cosiddetto Movimento Verde di contestazione alla pressione censoria e teocratica iraniana, finendo col pagare personalmente l'esposizione e il contenuto libertario dei suoi film.
Nel 2010 è stato arrestato, insieme a famigliari e amici, e di volta in volta messo ai domiciliari o in cella durante il lungo percorso di processi ed appelli che sta affrontando. Approfittando delle poche escursioni permesse (visite mediche e pellegrinaggi religiosi) ha saputo aggirare il divieto di scrivere e dirigere film, che gli è stato comminato insieme alla condanna di reclusione per sei anni. E alcuni dei lavori girati in questi otto anni sono stati avventurosamente esportati dall'Iran, come nel caso di This Is Not a Film, che nel 2011 fu fatto circolare fuori dai confini patri grazie a un vero e proprio contrabbando di hard disk.
Dopo Taxi Teheran, tocca a Tre volti confermare il coraggio di Panahi, insieme alla sua strenua resistenza a ogni divieto di espressione. Alla comunità internazionale di distributori e professionisti legati all'arte e all'industria è invece attribuito il doveroso compito di far circolare i suoi film.
Che cosa rimane ad un regista quando un decreto governativo lo priva del suo diritto di fare film per vent'anni e lo costringe a rimanere a casa confiscandogli il passaporto? La prima risposta che viene in mente: "Niente! non gli rimane niente! E ciò potrebbe essere l'inizio della fine per quel regista!". Tuttavia, qualcosa gli rimane: la determinazione e la testardaggine di trasformare quella restrizione di libertà e l'emarginazione, in una resistenza per la libertà continuando a realizzare film. E non importa se quel film verrà visto da altri o no, rimane comunque un film.
Jafar Panahi, ha trasformato la sua reclusione e l'esclusione decisa dal governo iraniano, in un potente urlo contro l'oppressione. Un atto di coraggio, che venne subito sostenuto dalla comunità cinematografica internazionale.
Jafar Panahi è oggi il regista assente con la più marcata presenza nei più grandi festival come Cannes, Venezia, Berlino e tanti altri, e aumentano sempre di più le rivendicazioni nei confronti del regime dei Mullah per liberare il regista. La campagna di solidarietà con lui non è stata vana. Ha ottenuto un alleggerimento della pena, e Panahi ha dichiarato: "Vorrei che vi mettiate nei panni di un regista che non sa fare altro che realizzare film, e non desidera fare altro. Quanti anni devo sprecare in attesa che passino gli anni di interdizione? Non posso restare fermo e perdere i miei migliori anni. la mia non è stata una liberazione, ma l'uscita da una prigione piccola e l'introduzione in una più grande".
Invitato a Cannes, a Venezia o a Berlino, consacrato al Beaubourg e chiamato a Parigi, Jafar Panahi non può andare. Privato del suo passaporto, non può accompagnare le sue opere fuori dai confini dell'Iran. L'autore della nouvelle vague iraniana più conosciuto all'estero è prigioniero del limbo dove lo ha relegato il regime iraniano dal suo arresto e il suo processo nel 2010. Condannato a vent'anni di interdizione dalla professione e a sei di prigione, pena che non ha scontato e ha scongiurato con un versamento di 200.000 dollari di cauzione, Jafar Panahi continua malgrado tutto a girare film. Ostinato e irriducibile, per lui niente è cambiato a parte la 'taglia' della camera che impiega e dissimula in una scatola di cerini o sul cruscotto di una vettura. Messo all'angolo, l'autore converte in esauribile energia la sanzione, girando film in clandestinità e a dispetto di qualsivoglia censura.
Dopo Taxi Teheran, con cui vince l'Orso d'Oro a Berlino, Tre volti si presenta come una nuova variazione destinata a mettere in scena la sua clausura.
Rovescio della medaglia del suo compatriota Asghar Farhadi, esiliato dal suo paese, Jafar Panahi, costretto alla terra natale, gira a domicilio e in una 4x4 che procede su una strada sterrata dove gli incroci sembrano impossibili. Tre volti batte un terreno conosciuto, quello dell'omaggio ad Abbas Kiarostami. I road movie esistenziali più ispirati dell'autore, morto due anni fa, (E la vita continua, Il sapore della ciliegia) abitano in filigrana il film di contrabbando di Jafar Panahi. Se Il cerchio e Offside denunciano la condizione della vita delle donne iraniane, Il palloncino bianco e Oro rosso la disuguaglianza sociale, This is not a film l'assenza totale di libertà di espressione, Tre volti registra la paralisi della classe contadina, prigioniera della sua osservanza cieca alle tradizioni ancestrali.
Per chi ama veramente il cinema vedere l'ultimo film di Jafar Panahi Tre volti premiato al Festival di Cannes per la sceneggiatura è un'occasione da non perdere. Il motivo è al contempo semplice e complesso: la progressiva sparizione del cinema iraniano dai nostri schermi. A cavallo tra la seconda metà degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta imparammo a conoscere un cinema che era al contempo simile e diverso dal nostro. Simile perché ci ricordava gli stilemi del neorealismo e diverso perché portava sullo schermo una realtà di cui, dopo la rivoluzione khomeinista, sapevamo poco e quel poco era filtrato da preconcetti ideologici che portavano a schierarsi pro o contro.
In una società impostata su una rigida censura in quei film gli autori facevano filtrare il loro pensiero attraverso i ruoli dei bambini ai quali, anche sullo schermo, era concesso dire e fare cose che agli adulti erano proibite.
C'era poi il ritmo narrativo e di montaggio che a molti poteva apparire 'lento'. È rimasta nella memoria di chi era presente in Piazza Grande al Festival del Film di Locarno una serata davvero speciale dell'agosto 1994. L'allora direttore artistico Marco Müller propose alle 7000 persone che affollavano l'immensa sala all'aperto due film in successione. Il programma prevedeva in apertura Sotto gli ulivi di Abbas Kiarostami e a seguire Speed di Jan De Bont. Due modi di fare cinema totalmente differenti ma, al contempo, degni di nota. Chi apprezzava la 'lentezza' del cinema iraniano venne invitato ad apprezzare la 'velocità' di un film in cui si impediva narrativamente una sosta e viceversa.
Tre volti, tre generazioni di attrici in Iran: Benhaz Jafari è una star conosciuta e amata per i suoi personaggi nelle soap televisive; Marziyeh Rezaei non è un'attrice, Jafari Panahi l'ha incontrata per caso convincendosi subito che sarebbe stata perfetta nel ruolo della ragazza aspirante attrice contro i voleri della famiglia; Sharzhad era una star del cinema iraniano prima della rivoluzione messa [...] Vai alla recensione »
Molto atteso il film di Jafar Panahi, realizzato clandestinamente contro il divieto che gli è stato imposto dal regime di Teheran . È un apologo in linea con la lezione del maestro Kiarostami e del suo interrogarsi sul senso e i limiti della rappresentazione. Un video sul telefonino mostra una ragazzina che, disperata perché la famiglia l'ha data in sposa impedendole la carriera di attrice, e lamentando [...] Vai alla recensione »
Non sto girando un film», assicura Jafar Panahi alla madre che gli telefona mentre lui guida da Teheran verso il Nord Ovest dell'Iran. Al regista è vietato far cinema nel suo Paese, e gli è vietato uscirne. Sono gli inconvenienti dei regimi che, per amore del popolo, mettono a tacere chi potrebbe insidiarne la salute morale e politica. Non è un film, Tre volti (Se rokh, Iran, 2018, 100').
Gli arresti domiciliari decretati dal governo di Teheran - niente passaporto, 20 anni senza girare - costringono Jafar Panahi a ingegnarsi. Non può andare ai festival, ma riesce comunque a dirigere film e a farli circolare: "Tre volti" era l'anno scorso a Cannes, dove ha vinto il premio per la sceneggiatura (minimale, scritta dal regista che già immagina le difficoltà di ripresa).
Jafar Panahi è diventato una specie di simbolo dell'opposizione culturale al regime di Teheran. Imprigionato, poi liberato ma colpito dal divieto di girare altri film, il regista ne ha però realizzati clandestinamente ben quattro, che è riuscito a mostrare all'estero (dove non può recarsi). Quest'ultimo ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes: premio in effetti meritato, [...] Vai alla recensione »
In secoli lontani il mestiere di attore comportava la sepoltura in terra sconsacrata, ma anche oggi nell'Iran più estremo e povero, come la zona montagnosa del nord ovest dove si parla meglio il turco che il persiano, il solo desiderio di diventare un'attrice suona scandaloso e fonte di vergogna per la famiglia della reproba immediatamente etichettata quale inguaribile "intrattenitrice".
Traditional ideas about male virility and a woman's place in the home are challenged in Jafar Panahi's allusive think piece 3 Faces (Se Rokh). It is the fourth feature film he has made since being officially banned from directing films by the Iranian authorities. As deceptively simple as its title, which refers to three actresses of times past, present and to come, the no-budget 3 Faces is charming [...] Vai alla recensione »
A search for a missing girl leads to a small Iranian village - and sizable questions about the nation's patriarchal attitudes - in 3 Faces, a lovely, ineffably moving meditation from writer-director Jafar Panahi. Deceptively slight, like much of his recent work, this modest drama slowly segues from a low-key mystery to a casual survey of how women - especially actresses - have been demonised by their [...] Vai alla recensione »
Quatre jours après son compatriote Asghar Farhadi, c'est au tour de l'Iranien Jafar Panahi d'entrer en lice. On ne saurait imaginer tandem plus disparate. Exilé de son pays, coqueluche du cinéma d'auteur grand public, Farhadi est passé maître dans l'art des récits bien ficelés et de l'inquiétude morale. Revers de la médaille - et cas fréquent de l'art cinématographique -, l'éloignement de la terre [...] Vai alla recensione »
Il regista iraniano Jafar Panahi dopo quella luminosa e raffinata riflessione politico-metalinguistica che era stato Taxi Teheran, Orso d'oro a Berlino, ci consegna un altro momento di cinema intenso con Tre volti, premio per la miglior sceneggiatura a Cannes. Una celebre ed affermata attrice Behnaz jafari, primo volto di questa storia, riceve su instagram un videomessaggio: una giovane (Marziyeh Rezael), [...] Vai alla recensione »
Di mattina presto un uomo (Jafar Panahi) e una donna (Behnaz Jafari) lasciano Teheran a bordo di un suv. Si dirigono verso il nord del paese, al confine con il Turkmenistan, perché hanno ricevuto un breve filmato, girato con un telefono, nel quale una ragazza, Marziyeh, annuncia e poi mostra il suo suicidio perché la famiglia non vuole che diventi attrice.
Un'altra coinvolgente avventura di Panahi, erede di mastro Kiarostami, ci conduce nel gioco del cinema a riconoscere l'ambiguità delle immagini, soprattutto quando raccontano i paradossi della censura e il diritto alla libertà. Una star iraniana (la stessa Jafari) riceve sul suo cellulare la registrazione del suicidio di Marziyeh, giovane aspirante attrice a cui i parenti integralisti impediscono di [...] Vai alla recensione »
Behnaz Jafari, una celebre attrice iraniana che interpreta se stessa nel film, è sconvolta: ha appena ricevuto un breve video in cui una ragazzina (Marziyeh Rezaei) lamenta di non avere ottenuto risposte e, impossibilitata a intraprendere la carriera d'attrice, ha deciso di suicidarsi. Il video si conclude tragicamente. A Behnaz rimane il dubbio, o almeno la speranza, che si tratti solo di una messa [...] Vai alla recensione »
A volte basta una "piccola" idea per portare sullo schermo un grande tema. Jafar Panahi, regista iraniano dissidente, a cui il regime da tempo ha vietato di realizzare film e di lasciare il paese, lo dimostra anche questa volta con Three Faces. L'idea è questa: una giovane aspirante attrice (Marziyeh Rezaei) filma il proprio suicidio con uno smartphone, supplicando per l'ennesima (?) volta la star [...] Vai alla recensione »
È una nazione piena di paradossi e/o contraddizioni l'Iran. Non è araba, la sua lingua è il farsi, ma nei paesi di montagna del nord ovest gli anziani parlano turco. L'età media della sua popolazione è sotto i trent'anni, c'è una buona scolarizzazione, la maggioranza degli studenti universitari è di sesso femminile, ma il ruolo e il peso delle donne è ininfluente rispetto a quello maschile.
Diciamolo... Se il film fosse italiano sarebbe come se Sorrentino portasse in auto la Bellucci in un paese dell'Alto Adige dove una qualsiasi Gertrud minaccia di uccidersi perché la famiglia la vuole contadina e non attrice. In contesto iraniano il gioco invece funziona eccome e ne esce un'opera sociale, intrisa di situazioni uniche tra i volti caratteristici del rurale Nordest ai confini con Turchia [...] Vai alla recensione »
A Cannes, dove Tre volti ha vinto il premio per la sceneggiatura, Jafar Panahi non è potuto andare, e a rappresentarlo in sala Lumière - come da tradizione nel caso dei cineasti perseguitati - è stata una sedia vuota. Tuttavia, pur interdetto di lavorare e di recarsi all'estero, Panahi ha ottenuto il permesso di muoversi in patria e ne approfitta per girare con microscopiche camere film a budget zero [...] Vai alla recensione »