Titolo originale | Taksojuht |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Iran |
Durata | 82 minuti |
Regia di | Jafar Panahi |
Attori | Jafar Panahi . |
Uscita | giovedì 27 agosto 2015 |
Tag | Da vedere 2015 |
Distribuzione | Cinema |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,54 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 9 novembre 2017
Passeggeri di diversa estrazione sociale salgono e scendono da un taxi guidato da Jafar Panahi. Il tutto viene registrato, a loro insaputa. Il film è stato premiato al Festival di Berlino, ha ottenuto 1 candidatura a Cesar, In Italia al Box Office Taxi Teheran ha incassato 811 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Un taxi attraversa le strade di Teheran in un giorno qualsiasi. Passeggeri di diversa estrazione sociale salgono e scendono dalla vettura. Alla guida non c'è un conducente qualsiasi ma Jafar Panahi stesso impegnato a girare un altro film 'proibito'.
Panahi è stato condannato dalla 'giustizia' iraniana a 20 anni di proibizione di girare film, scrivere sceneggiature e rilasciare interviste, pena la detenzione per sei anni. Ma non c'è sentenza che possa impedire ad un artista di essere se stesso ed ecco allora che il regista ha deciso di continuare a sfidare il divieto e ancora una volta ci propone un'opera destinata a rimanere quale testimonianza di un cinema che si fa militante proprio perché non fa proclami ma mostra la quotidianità del vivere in un Paese in cui le contraddizioni si fanno sempre più stridenti.
I passeggeri che salgono sul taxi esprimono posizioni differenti nei confronti della società in cui vivono. Si va da chi vorrebbe applicare pene capitali 'esemplari' a chi invece difende giovani donne 'colpevoli' di essersi fatte trovare non dentro ma solo nei pressi di uno stadio (il cui accesso è consentito unicamente agli uomini). Ma ci sono anche anziane signore con pesci rossi al seguito o bambine intellettualmente vivaci. Ad un certo punto l'auto carica un ferito accompagnato dalla giovane moglie. L'uomo, sentendosi vicino alla morte, vuole fare testamento per impedire che alla consorte venga sottratta la casa in cui vivono.
La telecamera incorporata in un telefonino ne riprende quelle che dovrebbero essere le ultime volontà. In questo gesto si può cogliere un valore simbolico: grazie alle più recenti tecnologie è sempre più difficile per i regimi impedire agli individui di fare testimonianza di quanto accade.
Jafar Panahi è uno di loro e con quella leggerezza che nasce solo da una lettura profonda della società ci racconta la realtà che lo circonda facendo uso della finzione (i passeggeri sono attori che a loro volta rischiano nel partecipare al film che infatti è privo di credits). Ma raramente la finzione è stata così 'vera' al cinema.
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"Taxi Teheran" è uno di quei film che ti fanno stare bene. Jafar Panahi è capace di raccontare un Paese intero dall'interno di un taxi. E lo fa con un grande senso dell'umorismo anche se cosciente di raccontare una terribile realtà: Panahi non può girare film, la giustizia iraniana lo ha condannato a 20 anni senza poter prendere in mano una cinepresa. [...] Vai alla recensione »
E un documentario? Un film di finzione? Un film di protesta? cos'è veramente "Taxi Teheran"? L'ultima opera di Jafar Panahì è soprattutto un regalo al cinema e alla gente che di cinema vive (e muore). Un regalo per tutti noi, cinefili, che amiamo la Settima Arte per quello che è: una forma di libera espressione.
Un film coraggioso, ma il rischio non è condanna della critica, ma il carcere, quello vero, cui Jafar Panahi è stato già condannato, pena sospesa, ma divieto assoluto di fare un film, tipo Taxi Tehran. Il regista si mette alla guida di un taxi ed attraversa la città caricando l’umanità della città, dal nano commerciante di dvd illegali, al borseggiatore [...] Vai alla recensione »
Ho visto ieri Taxi Teheran, un docufilm di Jafar Panahi. Il regista stesso è conduttore di un taxi che gira per la capitale iraniana, raccogliendo testimonianze di passeggeri (parenti, amici e sconosciuti) sulla vita quotidiana che si svolge nel paese. Ed emergono curiosità, credenze e soprattutto, immancabili, le dure leggi, che il governo impone al popolo, limitando spesso la libera [...] Vai alla recensione »
Finalmente Jafar Panahi, dopo la condanna inflittagli dal proprio paese, l'Iran, a non scrivere e filmare più per almeno venti anni ed un certo periodo di detenzione in carcere, nonchè il divieto più assoluto di lasciare la propria terra, consegna al pubblico l'ultima sua opera cinematografica che si rivela essere ancora una volta un documento estremamente interessante [...] Vai alla recensione »
Quando ingiustamente ti condannano, ma continui ad andare dritto per la tua strada,poco contano premi e nomination,hai già stravinto a livello personale e morale. Jafar merita un nostro lungo applauso , per il coraggio dimostrato, e non basterebbero cinque stelle su un sito web a sottolineare quanto siamo dalla sua parte. Finoa questo punto credo che siamo tutti d'accordo.
Vincitore dell’Orso d’Oro all’ultimo festival di Berlino, "Taxi Teheran" è un film iraniano diretto e interpretato da Jafar Panahi. Questo regista è stato condannato dal suo governo a non poter girare film per vent’anni perché ritenuto colpevole di fare propaganda anti-regime. Ciononostante Panahi riesce a girare in clandestinità.
che dire di questo film:semplicemente splendido.uno dei massimi registi contemporanei fotografa la realta'del suo paese attraverso i commenti dei passeggeri che salgono sul suo "finto" taxi da lui stesso guidato attraverso le strade trafficate della sua amata teheran.jafar panahi non puo'girare film in iran ,pena la condanna a 6 anni di prigione,eppure ,armato di 3 piccole telecamerine [...] Vai alla recensione »
Va bene. Un bel reportage sulla situazione sociale dell'Iran, comunque sconosciuta ai più. Una grande prova di coraggio del regista che rischia di suo. Ma poi ? Se si deve valutare un articolo di giornale, un video su yuotube i suddetti ingredienti (coraggio e novità) bastano e avanzano per farne un lancio mondiale. Se si deve valutare un film non ci si può limitare [...] Vai alla recensione »
E’ un film che ha tutti i caratteri di altre opere di Jafar Panahi: su di uno sfondo che si indovina drammatico, la vita (e il film stesso) scorre minimalista, gentile, divagante, casuale, un po’ folle, un po’comico persino, in un tempo dai ritmi lunghi anche dove c’è concitazione. Il fondo oscuro emerge a tratti , con lampi improvvisi, segnali di allarme che increspano la superficie: il regista [...] Vai alla recensione »
Delle problematiche sulla denuncia di mancanza di democrazia nel paese, Panahi ne ha fatto una costante nei suoi film. "Il cerchio" del 2000 sintetizza in modo mirabile i nodi tematici da risolvere per iniziare un processo democratico nel paese. Oggi li ribadisce, ma nel frattempo sembra che le cose potrebbero cominciare a migliorare dopo l'abolizione dell'embargo da parte dei paesi occidentali. [...] Vai alla recensione »
Ad un ragazzo appassionato di cinema che gli chiede come scrivere un nuovo soggetto, il regista Panahi risponde secco che occorre dimenticare i film visti e i libri letti e che bisogna invece uscire di casa per cercarne di nuovi. Ed è quello che fa anche Panahi, che letteralmente inventa il film che il governo non gli consente di girare. E quello che non può realizzare liberamente, un artista lo compie [...] Vai alla recensione »
Facce pulite come quelle di Jafar spuntano fuori soltanto in stati in cui pene capitali e guerre imperversano sui cittadini. Già solo la sua espressione potrebbe essere annoverata come una attendibile testimonainza di una rivoluzione cinematografica, proprio quella che avviene per mano sua a Teheran. Il gioco tra finzione realtà è affascinante, e forse la recitazione degli attori [...] Vai alla recensione »
EL ARTE SE FILTRA COMO EL AGUA CUANDO LA SOCIEDAD ES MAS CARCEL QUE LA CARCEL “TAXI TEHERAN”, del Iraní Jafar Panahi. Jafar Panahi está condenado por la “justicia” de Irán a 20 años de prohibición de filmar. Tampoco puede escribir guiones ni conceder entrevistas pena de ser detenido por seis años. Esto no es ficción es realidad. Pero como sabemos por experiencia propia (léase Teatro Abierto [...] Vai alla recensione »
Il regista Panahi sfida il divieto del regime di non girare più film pena la detenzione salendo su un taxi e immortalando le storie dei passeggeri che salgono. Ci vuole coraggio per sfidare qualsiasi tipo di regime; se poi lo si fa con il sorriso sulle labbra è ancora meglio. Ecco allora che Panahi armato di una piccola camera ci racconta attraverso le parole dei suoi passeggeri quello [...] Vai alla recensione »
Jafar Panahi è stato condannato dai tribunali iraniani a 20 di proibizione a girare film, scrivere copioni e rilasciare interviste, pena la detenzione a 6 anni di prigione. Panahi nelle galere del suo paese già c’è stato e in esse ha subito anche botte e maltrattamenti vari. Nonostante questo continua a fare film, trovando sempre il modo di aggirare la censura e il fiato [...] Vai alla recensione »
Continuando la battaglia per dimostrare che non basta una sentenza per fermare la sua voglia e il suo bisogno di creare con la macchina da presa – attività che gli è stata vietata per vent’anni – Panahi va oltre il cinema da camera dei suoi ultimi lavori e alza la sfida scendendo in strada nei panni di un tassista che affronta il convulso traffico di Teheran (di preferenza [...] Vai alla recensione »
Non è un film, piuttosto un documentario. Anzi, uno pseudo-documentario, perchè i personaggi pur traendo spunto dalla realtà sono attori, non persone. Una denuncia accorata e dolorosa della censura talora grottesca sul cinema e sull'espressione del pensiero in genere nell'Iran contemporaneo degli ayatollah. Poveretti!!! Ne nasce un'opera integralmente metalinguistica, [...] Vai alla recensione »
Antefatto: J.Panahi, il regista iraniano che la Sharia ha condannato a venti anni (venti!) di inattività se non vuole andare in prigione, ha trovato l’escamotage di interpretare il ruolo di un autista di taxi, adibito a set cinematografico, e di filmare col cellulare i vari tipi umani che imbarca. Il racconto dei racconti è accompagnato dal sorriso mite e l’imponente testa crinuta di J.
Nonostante il divieto di girare film, Jafar Panahi manda alla Berlinale Taxi Teheran e vince meritatamente l'orso d'argento. Si arricchisce la collana delle opere del regista iraniano: arrivate in Italia: "il palloncino bianco", "Il cerchio", "Lo specchio", "Oro rosso" e "offside"; storie delicate i primi due, cupi il terzo e il quarto, apparentemente frivolo il quinto, con una ragazza che ama il [...] Vai alla recensione »
Film riservato ad una nicchia molto ristretta di spettatori che già possiedono un buona conoscenza della questione iraniana. Le vicende personali del regista, la censura, le difficoltà nel poterlo girare ed anche il forte valore simbolico del film non giustificano, a mio modesto parere, una sceneggiatura di bassissima qualità.
talvolta i film non sono per fortuna solo belli. sono cinema. necessari. esteticamente alti. stratificati. militanti. delicati. profondi. ben scritti. in una data realtà e tempo ti ci portano. o forse, quel tempo specifico e quel luogo te li ritrovi dentro senza esserti spostato dal divano di casa. ci sono film che con una rosa, una strada polverosa e una bambina chiacchierona, [...] Vai alla recensione »
Nel mio commemto darò più spazio agli aspetti negativi del film, che a quelli positivi, dato che in troppi si sono già lanciati in assurdi panegirici. Nella prima parte, il film è rapido, scorrevole, accattivante. Si susseguono una serie di personggi interessanti, con personalità spiccate, la cui psicologia è abbastanza definita.
L'ho trovato scialbo e noioso. Tutto viene detto, proclamato, ripetuto. Naturalmente sono partecipe dei drammi personali e politici di Panahi, ma questo film sembra una parodia dei cliché del cinema iraniano anni '90.
Un compitino sulla censura iraniana
Nonostante il significato politico, il film è di una noia totale. Tralasciando il fatto che vi siano altri messaggi politici più rilevanti da cogliere nell'iran che censura e perdonano il regista per il costretto metodo di ripresa, i dialoghi vacillano e la palpebra cala. Noia.
Mi ha ricordato il "tassinaro" di Sordi,sebbene ovviamente i contenuti siano completamente diversi,tuttavia l'idea del taxi che attraversa la citta' per raccontarcene l'essenza rimane simile. Un plauso al regista e agli attori,che rischiano di proprio, causa assurda incivilta' del governo iraniano. Solo per questo motivo ognuno di noi dovrebbe promuovere il film.
Grande Panahi. Se parliamo del film? nulla di sbalorditivo. Se parliamo della vita di quest'uomo allora tutto cambia. La testimonianza di una vita passata a testimoniare contro un regime che non regala libertà di partola, solo repressione e paura. Parliamo di un uomo finito più volte in carcere per difendere i diritti di tutti gli Iraniani.
Ha messo in scena, la realtà che esiste in quella società.
non si esimia? Voce del verbo esimiare o esimiarsi? Chi scrive sa che esistono i vocabolari?
talvolta i film non sono per fortuna solo belli. sono cinema. necessari. esteticamente alti. stratificati. militanti. delicati. profondi. ben scritti. in una data realtà e tempo ti ci portano. o forse, quel tempo specifico e quel luogo te li ritrovi dentro senza esserti spostato dal divano di casa. ci sono film che con una rosa, una strada polverosa e una bambina chiacchierona, [...] Vai alla recensione »
Non so usare parolone, questo film è bellissimo, siamo usciti da cinema felici, soddisfatti. Jafar Panahi dici tutto quello che c'è da dire sull'Iran in 1 ora e 22 minuti. Dice tutto e fa capire tutto a tutti guidando sempre in un ipotetico taxi mentre scorrono le immagini di una modernissima e bella città.
E tre. Da quando il tribunale iraniano lo ha condannato a non fare il regista per almeno vent'anni, sono ormai tre i film che Jafar Panahi ha realizzato in clandestinità. La novità, dopo This is not a Film, sbarcato avventurosamente al festival di Cannes in una chiavetta Usb, e Closed Curtain, visto solo a Berlino, è che stavolta il grande regista iraniano è uscito di casa.
Torna in mente una questione abbastanza imbarazzante. Possibile che la censura imposta agli artisti dai regimi dittatoriali, come è ancora oggi quello di Teheran, risulti in una certa maniera - anche se è difficile ammetterlo, anzi quasi indicibile - stimolante, produttiva, feconda, addirittura portatrice di ispirazione? Viene sempre alla mente, per esempio, il caso di un cineasta importante come lo [...] Vai alla recensione »
Nelle note sul sito del film, alla voce «cast e crew», attori e tecnici si legge: «Il Ministero della Cultura e dell'Orientamento Islamico convalida i titoli di testa e di coda dei film 'divulgabili'. Con mio grande rammarico, questo film non ha titoli. Esprimo la mia gratitudine a tutti coloro che mi hanno sostenuto. Senza la loro preziosa collaborazione, questo film non sarebbe mai venuto al mondo». [...] Vai alla recensione »
L'Orso d'oro assegnato a "TaxiTeheran" all'ultimo Festival di Berlino è stato anche un gesto politico, nei confronti di un grande regista iraniano che incarna l'opposizione interna al regime. Incarcerato per mesi tra il 2009 e il 2010, Jafar Panahi, uno degli autori più prestigiosi del suo paese, non può lasciare il territorio nazionale e in teoria non può girare film, Con questo lavoro ha eluso il [...] Vai alla recensione »
Il governo gli ha proibito di fare film sino al 2030? Condannato a sei anni e libero su cauzione «non so per quanto», il regista iraniano Jafar Panahi ha coraggiosamente aggirato l'ostacolo montando una telecamera sul cruscotto di un taxi di cui si è improvvisato conducente, muovendosi veloce nel traffico per non essere notato. Ne è venuto fuori un'opera non autorizzata dal Ministero per l'Orientamento [...] Vai alla recensione »
Una lettera d'amore al cinema. Così il regista americano Darren Aronofsky definì l'opera del "recluso in patria" Jafar Panahi assegnandogli l'Orso d'oro del 65° Festival di Berlino. A ritirare il premio, l'autore iraniano naturalmente non c'era, sostituito dalla nipotina Hana. Girato in gran segreto completamente dall'abitacolo di un taxi, di cui il regista diventa l'autista, il film è mirabile metafora [...] Vai alla recensione »
Film iraniano, Orso d'oro a Berlino: ovvero bidone in arrivo. Infatti ci si annoia parecchio sull'auto del venerato regista Jafar Panahi, che s'improvvisa tassista per vedere l'effetto che fa. Salgono e scendono i più svariati personaggi: un arrogante borseggiatore, un nano noleggiatore di dvd, un'asfissiante nipotina, due anziane sorelle con una boccia di pesciolini rossi.