Titolo originale | Jusqu'à la garde |
Titolo internazionale | Custody |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Xavier Legrand (II) |
Attori | Denis Ménochet, Léa Drucker, Thomas Gioria, Mathilde Auneveux, Mathieu Saikaly Florence Janas, Saadia Bentaïeb, Sophie Pincemaille, Emilie Incerti-Formentini, Coralie Russier, Jérome Care-Aulanier, Jenny Bellay, Martine Vandeville, Jean-Marie Winling, Martine Schambacher, Jean-Claude Leguay, Julien Lucas, Laurence Besson, Yannick Hélary, Anne-Gaëlle Jourdain, Noémie Vérot, Alain Alivon, Valéry Calin, Laurent Moreau, Sabrina Larderet, Sylvain Pajot, Lola Frichet, Lucas Giani, Yoann Hadjaz, Nathaniel De Oliveira Bohbot, Christophe Lechauve, Léo Delorme, Charlie Ballaloud, Baptiste Lonjaret. |
Uscita | giovedì 21 giugno 2018 |
Tag | Da vedere 2017 |
Distribuzione | Nomad Film, P.F.A. Films |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,26 su 9 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 12 febbraio 2020
Due genitori divorziano e litigano per la custodia del figlio. Quando il giudice prende la sua decisione, la principale vittima sarà proprio il ragazzo. Il film è stato premiato al Festival di Venezia, ha ottenuto 11 candidature e vinto 5 Cesar, In Italia al Box Office L'Affido - Una storia di violenza ha incassato 52,4 mila euro .
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Miriam e Antoine Besson si sono separati malamente. Davanti al giudice discutono l'affidamento di Julien, il figlio undicenne deciso a restare con la madre. Ma Antoine, aggressivo e complessato, vuole partecipare alla vita del ragazzo. Ad ogni costo. Il desiderio, accordato dal giudice, diventa fonte di ansia per Julien, costretto a passare i fine settimana col genitore. Genitore che contesta col silenzio e combatte con determinazione. Julien vorrebbe soltanto proteggere la madre dalla violenza fisica e psicologia che l'ex coniuge le infligge. Invano, perché l'ossessione di Antoine è più forte di tutto e volge in furia cieca.
Quattro anni dopo Avant que de tout perdre, storia di una violenza coniugale che rivela compiutamente il talento del regista, Xavier Legrand rimette mano al suo corto, lo sviluppa e gli dona il respiro di un thriller sociale.
Lèa Drucker è di nuovo la moglie di un uomo violento e invasato che ha deciso di renderle la vita un inferno. Ma questa volta Legrand registra ad altezza di bambino, scoprendo progressivamente la miseria del vuoto intorno a lui. Vuoto di sensibilità, di intelligenza, di amore che gli soffoca il domani, la possibilità di respirare e crescere. Julien diventa il testimone sensibile e tenace di un matrimonio terminale che si contende la sua felicità.
Alla maniera del suo corto, pluripremiato al festival di Clermont-Ferrand nel 2013, L'affido affronta senza compiacenza l'abuso domestico e i comportamenti coercitivi esercitati da un padre (e un marito) per controllare emotivamente il nucleo familiare da cui è stato estromesso. Agito nella verde Borgogna, il film, mai apertamente violento, monta minuto dopo minuto attorno al corpo minuto di Julien e a quello patito della sua mamma, determinata a proteggere la sua famiglia e l'intimità negata.
La costruzione narrativa, l'esplorazione della lingua, la struttura del pensiero dei personaggi indicano una maniera umana di guardare il mondo. Rigoroso nella costruzione dei quadri, che intendono sempre un senso drammaturgico e uno emozionale, Legrand articola con precisione le azioni, gli sguardi, i respiri e i suoni che rompono il silenzio notturno del sonno in un finale angosciante. Epilogo che esplode le minacce insinuate al debutto.
Amore e possesso, corpo e stereotipi, vecchie paure e nuovi limiti oltre ai quali c'è soltanto odio, rabbia, dissipazione, annientamento di sé e dell'altro. L'autore francese aderisce allo sguardo azzurro del suo piccolo grande protagonista che matura prematuramente nella sofferenza. I suoi spasmi denunciano il sommerso più esteso della violenza contro i più vulnerabili. Legrand indaga dietro la porta, intorno al tavolo, dentro la vettura quella forma insopportabile di abuso che facciamo fatica a identificare e quando iniziamo a vederla spesso è già troppo tardi. A incarnare la spinta cieca e brutale della pulsione è Denis Ménochet, già interprete del progetto originale al fianco di Lèa Drucker. Corpo ottuso e massivo, Antoine incombe sulla silhouette fragile della consorte e sul fanciullo di Thomas Gioria, che con impavida naturalezza presta volto e lacrime alle ferite dell'infanzia.
Legrand filma il suo Julien con empatia, emergendo la sua avventura umana e la fine della fanciullezza in un'escalation di sopravvivenza che apre per lui una via crucis legale. Il laconismo dell'opera sfocia alla fine in qualcosa di bestiale e tremendamente amaro, in una radiografia dell'umanità che non lascia scampo. A restare in fondo all'incubo è un film intimista che dà battaglia ai cattivi padri. Quelli che invece di misurarsi con la propria solitudine, perseguitano, colpiscono, minacciano e ammazzano.
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“Jusqu’à la Garde, il titolo in originale, affronta il tema scabroso delle violenze domestiche. Il film si apre con l’udienza davanti al giudice di una coppia, l’ex marito Antoine Besson e la moglie Miriam (molto ben interpretati da Denis Ménochet e Léa Drucker), rappresentati dai rispettivi avvocati, per stabilire a quale dei due genitori affidare il figlio [...] Vai alla recensione »
A chi storceva il naso per la scelta, Alberto Barbara assicurava che Jusqu'à la garde, opera prima, di Xavien Lagrande, sarebbe stato una grande sorpresa. Personalmente non ho pregiudizi sulla scelta di un'opera prima nel concorso principale. Se il film è buono è buono a prescindere dall'autorità del suo creatore. Incuriosito dalle affermazioni del direttore della Mostra ho assistito, così, all'ultima [...] Vai alla recensione »
Ciò che più impressiona de L'Affido sono i visi che esprimono emozioni anche senza parole: la paura del bambino 11enne di due genitori che si separano, le sue ansie e lacrime che derivano dalle ingiunzioni che “quello“ (suo padre, così lo indica parlando con la mamma e la sorella 18enne) gli impone.
Si può immaginare qualcosa di più scontato di un conflitto fra coniugi separati? Certo a leggere la trama c'è da sganasciarsi dagli sbadigli, eppure all'atto pratico siamo di fronte all'ennesimo ottimo film francese, delicatamente impietoso. La questione si basa sull'affidamento condiviso dei figli: una ragazza che è in procinto di compiere i 18 anni ed un [...] Vai alla recensione »
“L’Affido. Una storia di violenza” (Jusqu'à la gard, 2017) è il primo lungometraggio del regista francese Xavier Legrand. Un ‘docu-film’ opera prima premiato a Venezia nello scorso settembre. La distribuzione è quella che è ma viene da chiedersi se già dall'inizio i produttori non credono a certe storie.
Esordio nel lungometraggio, Leone d’argento a Venezia nel 2017, di un giovane regista francese, Xavier Legrand, che conferma come il cinema d’Oltralpe sia capace, a differenza di quello nostrano, di rappresentare il dramma della gente comune del nostro tempo senza mai eccedere nel patetico o nel melodrammatico con uno stile asciutto e sintetico che resta sui fatti lasciando poco spazio alla retorica [...] Vai alla recensione »
Opera prima di un giovane talento di nome Xavier (ed il déjà vu a Dolan è un presagio) Legrand, che si è presentato alla Mostra di Venezia del 2017, vincendo il Leone d’Argento per direzione e nuova promessa, con un film realistico ed attuale per la tematica, fresco e spiazzante per la regia. La storia comincia in medias res all’udienza con il giudice incaricato [...] Vai alla recensione »
Tra le molteplici pellicole affrontanti il serio e delicato tema delle violenze domestiche è da segnalare “L’Affido” del regista Xavier Legrand (II). Opera prima di successo tale da meritarle a ben agione il Leone d’Argento al Festival del Cinema di Venezia lo scorso anno, racconta di una coppia di genitori che si sta separando a causa delle reazioni violente da [...] Vai alla recensione »
Nell’ “Affido – Una storia di violenza”, il regista Xavier Legrand ha una grandissima miopia, si limita ad agire quello che la gente si aspetta. La gente si aspetta che ci sia una chiara dicotomia, tra le indifese, tenere, dolci, ed innocenti femmine (bianche) e i violenti, irriflessivi, impulsivi, e direi tendenzialmente femminicidi maschi (neri).
un film molto asciutto, crudo, direi in film violento che ci fa vedere una cruda realtà della nostra società. Da vedere sicuramente; con molta cautela, e con molta cautela lo dovrebbero vedere ( Sottolineo con molta cautela ) tutti i futuri genitori perchè purtroppo credo che molte storie possano avere un simile finale . Molto bravo il bambino, davvero molto molto bravo , gli darei [...] Vai alla recensione »
Scusate, ho scritto che darei un Nobel al bimbo interprete del film.........volevo dire un Oscar !!!!! Grazie !
Film di grande tensione, girato in maniera perfetta, che fa riflettere su un tema di attualità, come la separazione di una famiglia ed il femminicidio.
Francamente da un film pluripremiato mi sarei aspettato uno sguardo differente, più profondo, su un tema certamente così delicato e attuale come quello delle separazioni conflittuali. Qui invece ci si limita nella sostanza a raccontare la storia di un padre che questa separazione non la accetta, fino a scatenare la sua rabbia nella violenza pura, rinunciando - se non con qualche vago [...] Vai alla recensione »
Un film osceno e pieno di pregiudizio che non rispecchia la verità di 4milioni di papà separati che molti a rischio povertà e molti vittima di ingiustizia e di mala giustizia e di violenza psicologica fatta dalla madre del FIGLIO che spesso spesso spinge il figlio contro il padre vittima di violenza verbale fatta d insulti davanti al bambino e se rispondi sei tu il violento vittima [...] Vai alla recensione »
Cronaca familiare dalla pagina di giornale al film. Conta il come. L'esordiente Legrand (premiato a Venezia) ha chiesto agli attori di assimilare e tenere compresso e implicito tutto: alla madre, i passaggi di scontri brutali e pestaggi del marito in un matrimonio; al marito, la possessione del dominio e il crescendo di una volontà di vendetta dopo la separazione; al figlio piccolo, il terrore del [...] Vai alla recensione »
Famiglie 2. Prima una protesta: i film riusciti hanno anche un titolo adeguato alla trama, allettante per lo spettatore senza bisogno di spiattellare tutto fino in fondo. E comunque, se proprio era necessario un chiarimento per le anime semplici e italiche, e magari salviniane (siamo certi invece che Luigi Di Maio consideri il cinematografo una diavoleria moderna e pericolosa, al pari dei negozi aperti [...] Vai alla recensione »
Non si vince per caso un Leone d'Argento alla regia e un Leone del Futuro, per di più attribuiti da due distinte giurie. È riuscito a Azsqu'à la garde, opera prima del francese classe 1979 Xavier Legrand, l'anno scorso alla 74esima Mostra di Venezia. Titolo italiano L'affido, inquadra Miriam (Léa Drucker, brava) e Antoine Besson (Denis Ménochet, perfetto): divorziati, lottano per la custodia del figlio [...] Vai alla recensione »
Inizialmente L'affido - premiato a Venezia per la regia e come opera prima - sembra un'opera a soggetto, un serissimo e documentato film sulla violenza domestica. Però, dopo una prima parte "giuridica" quasi documentaria in cui si discute la custodia di un minore, L'affido si arrocca in una dimensione intima resa insopportabile dalla violenza di un uomo che cerca di mantenere in ogni modo la presa [...] Vai alla recensione »
Generosamente insignito di due premi all'ultima Mostra di Venezia (Leone d'argento alla migliore regia e premio alla miglior opera prima), L'affido, esordio nel lungometraggio di Legrand, già vincitore di un Oscar per il miglior corto, ha come miglior pregio l'efficacia e la tenuta drammaturgica, anche se magari non le sfumature. Dopo lungo contendere, i due figli di una coppia (un'adolescente e un [...] Vai alla recensione »
Scritto e diretto sullo spunto di un suo corto nominato all'Oscar dall'esordiente Xavier Legrand, Jusqu'a la garde (L'affido - Una storia di violenza) inizia con una coppia di divorziati seduti davanti a una giudice chiamata a decidere se il marito, in sospetto di aver picchiato la moglie ( e non solo), abbia diritto all'affidamento congiunto del figlioletto undicenne.
Il film inizia davanti a un giudice. Un uomo e una donna stanno discutendo dell'affidamento di Julien, il loro figlio undicenne. Un batti e ribatti tennistico di accuse, come se ne sono visti tanti. Si intuisce che il padre, Antoine, è un violento; ha fatto del male all'altra figlia, maggiorenne (quindi, fuori dalla disputa), come dimostra un referto medico presentato in udienza.
L'affido è quello che si dice un film «consensuale», e il doppio premio - Leone d'Argento e De Laurentiis per la migliore opera prima - alla scorsa Mostra del cinema di Venezia, dove era in concorso ne sono una conferma. La storia di violenze familiari confezionata senza lasciare buchi - e senza nemmeno «risparmiare» narrativamente alcuno svolgimento dei passaggi messi in campo - «accarezza» di continuo [...] Vai alla recensione »