pietro muratori
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mercoledì 4 marzo 2015
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"la popolarità, la cuginetta zoccola del successo"
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“Birdman” (del già premio Oscar, Alejandro G. Iñárritu) è la storia di una star di Hollywood, Riggan Thomson (Michael Keaton), che tutto deve al suo personaggio Birdman, un supereroe alato, che negli anni gli ha regalato popolarità e fama, ma non la sicurezza di essere un grande attore.
La sfida a se stesso e la rivalsa personale di Riggan, avverrà sul terreno più difficile per ogni attore, il palcoscenico di un Teatro, l’ambizione è quella di portare in scena a Broadway, una pièceteatrale di Carver, dal titolo “Di che cosa parliamo, quando parliamo d’amore?”
L’impresa per Riggan non sarà facile, oltre a firmare la regia, si ritrova squattrinato come pochi, per aver deciso di sostenere la produzione della commedia, le sue finanze sono al verde, “la mia salute è durata più dei miei soldi” è la frase con cui Riggan giustifica la sua rovina.
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“Birdman” (del già premio Oscar, Alejandro G. Iñárritu) è la storia di una star di Hollywood, Riggan Thomson (Michael Keaton), che tutto deve al suo personaggio Birdman, un supereroe alato, che negli anni gli ha regalato popolarità e fama, ma non la sicurezza di essere un grande attore.
La sfida a se stesso e la rivalsa personale di Riggan, avverrà sul terreno più difficile per ogni attore, il palcoscenico di un Teatro, l’ambizione è quella di portare in scena a Broadway, una pièceteatrale di Carver, dal titolo “Di che cosa parliamo, quando parliamo d’amore?”
L’impresa per Riggan non sarà facile, oltre a firmare la regia, si ritrova squattrinato come pochi, per aver deciso di sostenere la produzione della commedia, le sue finanze sono al verde, “la mia salute è durata più dei miei soldi” è la frase con cui Riggan giustifica la sua rovina.
Ai problemi finanziari, si susseguono quelli di regia, nonostante abbia pochi attori nella compagnia, avrà non pochi problemi da gestire, il cast è formato dalla sua amante Laura (Andrea Riseborough), imprevedibile e vogliosa di maternità, dalla sensuale e insicura Lesley (Naomi Watts), e infine da Mike (Edward Norton), eccentrico e bislacco fidanzato di Lesley, quanto apprezzato attore e ben visto dalla critica, ingaggiato a tre giorni dalla “prima”, in sostituzione del pessimo attore e protagonista della commedia, infortunatosi sul palcoscenico, il quale successivamente lo citerà per danni.
A complicargli la vita, la sua coscienza piumata, la voce (fuori campo) del suo alter ego “Birdman”, che non gli perdona il fatto di aver tolto costume e ali, di aver rinunciato a un facile successo, Birdman IV, martellandolo puntualmente sul suo passato glorioso di divo del cinema.
L’inizio del film è suggestivo, Riggan è alle prese con la voce impietosa della sua coscienza, all’interno del suo camerino “Birdman” cerca di dissuaderlo dalla strada intrapresa, “come siamo finiti qui, questo posto puzza di palle sudate, avevamo tutto …”, una voce pesante come la sua impresa, che cercherà in ogni occasione di riportarlo dentro il suo personaggio.
Il compito di dare un po’ di insano ottimismo e consolazione a Riggan è affidato al suo amico Manager Jacke (Zach Galifianakis), mentre un po’ d’ordine, in questo vorticoso psicodramma del dissociato Riggan, viene riportato dalla figlia Sam (Emma Stone), ex tossica ma la più lucida e schietta del gruppo, a cui è affidata l’organizzazione della produzione, e dalla ex moglie Sylvia (Emy Ryan) che “allevierà” lo psicodramma di Raggin ricordandogli quanto lo avesse amato e di quanto sia stato assente e fedifrago nella sua vita.
Il film che sembra girato in un unico piano sequenza, ha il giusto ritmo per sostenere la continuità narrativa e scenica, alleggerito da un tappeto musicale valido, spesso intrecciato da percussioni jazz che ricordano improvvisazione e il frastuono della mente, come i lunghi e tetri corridoi del Teatro, sembrano essere i labirinti del suo cervello, passaggi usati come vie di fuga, dagli esilaranti quanto drammatici scatti d’ira contro la sua coscienza, e gli innumerevoli scontri con gli attori della sua commedia.
Il genere cinematografico sul Cinema stesso, è stato più volte portato sul grande schermo, dal più recente “The Artist” (di Michel Hazanavicius, 2011), passando per il film nel film, “Effetto Notte” (di F. Truffaut, 1973), ma il film di Iñárritu rievoca su tutti, il fantastico mondo cinematografaro, racchiuso nel set di “8 ½” (di F. Fellini, 1963), mentre il taglio ironico e sarcastico sul mondo di Hollywood e dell’America, sembra esser preso dal fondo del cilindro di Robert Altman (“I protagonisti, 1992; “America oggi”, 1993).
Le scene di questa originale commedia noir, scorrono gradevoli, con i “dentro-fuori” nella testa del personaggio, in cui coscienza ed incoscienza litigano e si rincorrono tra realtà e fantasia, con un filo narrativo incalzante.
I dialoghi con piani sequenza interminabili, grazie alla magia del montaggio, sembrano ininterrotti, danno credibilità alla naturalezza recitativa.
Il cinema si fa teatro, senza interruzioni di ciack, nonostante la storia del film è di appena tre giorni, la scansione temporale è una tempesta perfetta, i vari dialoghi tra i diversi attori, danno rifrazione alla storia e colori diversi a ogni situazione, drammaticamente umana e sempre segnata da un delirio a due.
L’unico punto debole di questo film di Alejandro G. Iñárritu, è quello di averlo infarcito, con una sovrapposizione di temi e spunti da proporre alla riflessione dello spettatore, sembra quasi un’opera prima del regista, anche se coerente ai suoi temi, sempre così umani e intrisi di rapporti personali, ontologicamente validissimi, come nei suoi precedenti film (“21 grammi”, 2003; Babel, 2006; Biutiful, 2010).
Le diverse dicotomie, pur sempre attuali, danno copro al film, tra tutte il dualismo di sempre, tra la genuinità recitativa essenziale del Teatro e la magica suggestione del Cinema, tra minimalismo e grandezza, aprono la strada alla terza via della celebrità, i social network !
Il new motiv è la riflessione su quale sia la misura più autentica che possa veramente attribuire il successo di un attore, una valutazione che può essere ritrovata tra i risultati al botteghino, il metro potrebbe essere la popolarità, “la cuginetta zoccola del prestigio”, oppure nel giudizio più competente e tecnico da ritrovare in un articolo di terza pagina, lasciando quindi, alla critica, il giusto riconoscimento.
L’idea su cosa sia la critica cinematografica per Iñárritu è molto chiara e netta, cinica e spietata, come la frase detta dalla giornalista Tabitha, (Lindsay Duncan) del New York Times a Riggan, alla vigilia del debutto “tu non sei un attore sei solo una celebrità”, una sentenza che non lascia spazio ad altri commenti.
Lo squarcio di iperrealtà, dopo tanto interno teatrale, viene riempito di luce reale quando Riggan si ritrova rocambolescamente fuori dal teatro, e dopo aver perso l’accappatoio incastrato tra le porte di sicurezza, si ritrova in mutande per la via di Broadway, la via sacra newyorkese dei Teatri, metaforicamente nudo a se stesso, dove la folla numerosa in attesa ai botteghini lo filma e lo segue divertita, postato immediatamente su Twitter.
La meschina quanto buffa marcia intrapresa da Riggan, per guadagnare l’ingresso del teatro, in pochi minuti decreterà un successo incredibile di followers, una notorietà che apre la terza via della popolarità, attraverso la curiosità celebrata nei i vari social network.
Questo film che ha fatto il pieno di premi Oscar (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale, miglior fotografia), è un concentrato di ottima recitazione, la bravura di ogni attore, da Michael Keaton a Edward Norton, passando per Emma Stone, è di indubbia rilevanza, armonia e ritmo riempiono le pagine di questa favola moderna.
Dopo la densità ben stesa per quasi tutto il film, arriva il drammatico epilogo, che incredibilmente porta a un ampio respiro, un esito liberatorio, un finale per questa pellicola del regista messicano che sembra intrecciare, con venature freudiane, illusione e felicità, per poi dare in chiave più popolare che sociale una nuova via per il successo, l’imprevedibile virtù dell’ignoranza.
Pietro Muratori
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clover83
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martedì 3 marzo 2015
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terribile!
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Ennesimo film sull'artista in declino, noioso, senza un senso e che non coinvolge per niente lo spettatore. Ogni tanto ci salva l'ironia del protagonista ma tutto ciò che c'è intorno è il vuoto più totale.
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casval
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lunedì 2 marzo 2015
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vecchi temi, nuove prospettive
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Realtà e finzione, maschere e attori, pubblico e critica, popolarità e mediocrità, arte e mainstream: queste sono le coppie conflittuali su cui si incardina il film di Iñárritu.
La scelta del piano sequenza riproduce il punto di vista tipico dello spettatore teatrale e costringe il pubblico nell'azione scenica: è il pubblico, infatti, il vero protagonista di Birdman, l'ignorante che fa virtù, che esprime il proprio giudizio di gusto su attori e opere in maniera determinante, in maniera irresponsabile, eppure normativa.
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Realtà e finzione, maschere e attori, pubblico e critica, popolarità e mediocrità, arte e mainstream: queste sono le coppie conflittuali su cui si incardina il film di Iñárritu.
La scelta del piano sequenza riproduce il punto di vista tipico dello spettatore teatrale e costringe il pubblico nell'azione scenica: è il pubblico, infatti, il vero protagonista di Birdman, l'ignorante che fa virtù, che esprime il proprio giudizio di gusto su attori e opere in maniera determinante, in maniera irresponsabile, eppure normativa.
Si tratta del pubblico che impone a Riggan Thompson (Michael Keaton) la maschera di Birdman, non permettendogli di rinnovarsi come attore, mentre altri blockbusters portano attori alla fama per poi abbandonarli a loro stessi; un pubblico anestetizzato e distratto che si ridesta solo di fronte alle sconvolgenti improvvisazioni di Mike Shiner (Edward Northon). Il pubblico che si esprime attraverso i social networks e che rappresenta un'acritica speranza di popolarità per tutte le persone comuni, come Sam Thomson (Emma Stone) mette in luce.
Sul palcoscenico lo stato d'animo di Riggan prende corpo, rappresentando il dramma di un uomo intrappolato nella propria inadeguatezza: incapace di corrispondere alle proprie ambizioni, incapace di essere amato, incapace di suicidarsi. Ed è proprio il suicidio, l'atto di estrema di libertà di fronte all'insensibile normatività del pubblico e della critica, ad essere quello meno riuscito.
Come dice Tabitha Dickinson (Lindsay Duncan), la critica cinematografica del New York Times, Thomson inventa un iperrealismo in cui il suo sangue scorre da lui al pubblico: la sua individualità si svuota dinnanzi alla collettività della giuria.
Immaginando di lanciarsi da un palazzo come Birdman, Riggan prefigura il proprio suicidio. E' da notare che la decisione del suicidio è tutt'uno con l'accettazione della maschera imposta: soccombe al suo alter ego.
Tuttavia il primo tentativo di suicidio non ottiene la comprensione degli spettatori, che continuano ad applaudire: non vi è possibilità di uscire dal palcoscenico, il pubblico non vuole lasciarlo andare.
Così anche in ospedale continua a sembrare Birdman, e i followers si fanno ancora più accaniti; quindi Thomson tenta nuovamente l'atto estremo. L'esito è incerto, perchè non è questo che vuole il pubblico, che in un attimo si rispecchia negli occhi visionari di Sam, diretti verso il finale da noi voluto e imposto. Prigioniero della virtualità, piuttosto che espressione di virtù, Riggan non può né vivere, realizzandosi come persona, né morire, deludendo i fans che si aspettano il loro eroe.
Birdman è un film che utilizza gli ingredienti giusti, con un buon risultato, ma a mio parere non eccellente: un finale così enigmatico non offre una chiave interpretativa efficace, ma neanche una polimorfa emergenza di sensi possibili. Tuttavia la pellicola, nonostante l'utilizzo di tematiche poco originali, offre punti di vista inaspettati.
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(di kondor17)
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enrico omodeo sale
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lunedì 2 marzo 2015
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la popolarità è la cuginetta zoccola del prestigio
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Birdman mi ha lasciato sensazioni contrapposte: fastidio e amore. Fastidio per gli effetti speciali, le forzature sulla follia del protagonista, l'inutilità dei poteri paranormali da supereroe. Amore e incanto per i piani sequenza, che ricordano Arca russa di Sukurov; i dialoghi sul mestiere dell'attore; l'obbligo o verità sul balcone del teatro in cui Edward Norton sprizza bravura e rappresenta perfettamente la fragilità malinconica e profonda che si prova col mestiere dell'attore, ben coadiuvato dalla precoce consapevolezza della giovane "bruciata" Emma Stone. "La popolarità è la cuginetta zoccola del prestigio" ci racconta Mike (Norton), aforisma che Riggan (Michael Keaton) incarna perfettamente, con il suo infantilismo profondo, la sua genuinità nella ricerca dell'affermazione teatrale, il suo fallimento nella vita che cerca di esorcizzare mettendo in scena la pièce a Broadway.
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Birdman mi ha lasciato sensazioni contrapposte: fastidio e amore. Fastidio per gli effetti speciali, le forzature sulla follia del protagonista, l'inutilità dei poteri paranormali da supereroe. Amore e incanto per i piani sequenza, che ricordano Arca russa di Sukurov; i dialoghi sul mestiere dell'attore; l'obbligo o verità sul balcone del teatro in cui Edward Norton sprizza bravura e rappresenta perfettamente la fragilità malinconica e profonda che si prova col mestiere dell'attore, ben coadiuvato dalla precoce consapevolezza della giovane "bruciata" Emma Stone. "La popolarità è la cuginetta zoccola del prestigio" ci racconta Mike (Norton), aforisma che Riggan (Michael Keaton) incarna perfettamente, con il suo infantilismo profondo, la sua genuinità nella ricerca dell'affermazione teatrale, il suo fallimento nella vita che cerca di esorcizzare mettendo in scena la pièce a Broadway. Cinema e teatro, vanità e litigi, critica e interpretazione. Un racconto profondo sui retroscena della vita artistica, dietro le quinte della fragilità nell'arte, che fa pensare a un Effetto notte di Truffaut con gli occhi del nuovo secolo.
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starbuck
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lunedì 2 marzo 2015
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la ballata del supereroe fallito
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Il cinema è in crisi, lo si sente dire ormai da decenni, eppure, così come la letteratura continua, o quantomeno tenta, di reinventare se stesso. I sequel sono in crisi? Sicuramente sì: sempre più noiosi e patetici, quasi sempre inguardabili, superfluo citarne qualcuno. Per un attore, per un attore di successo, il rischio di restare imprigionato in un personaggio, peggio ancora se si tratta di un supereroe mascherato, è molto alto. Può succedere che quando decida di liberarsi sia troppo tardi. "Birdman" affronta questa tematica. Inàrritu ha pensato subito a Michael Keaton per interpretare il suo personaggio, per quanto fosse pronto ad affidare il ruolo anche a qualcun'altro.
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Il cinema è in crisi, lo si sente dire ormai da decenni, eppure, così come la letteratura continua, o quantomeno tenta, di reinventare se stesso. I sequel sono in crisi? Sicuramente sì: sempre più noiosi e patetici, quasi sempre inguardabili, superfluo citarne qualcuno. Per un attore, per un attore di successo, il rischio di restare imprigionato in un personaggio, peggio ancora se si tratta di un supereroe mascherato, è molto alto. Può succedere che quando decida di liberarsi sia troppo tardi. "Birdman" affronta questa tematica. Inàrritu ha pensato subito a Michael Keaton per interpretare il suo personaggio, per quanto fosse pronto ad affidare il ruolo anche a qualcun'altro. Interpretare una parte di se stessi può sempre rappresentare un valore aggiunto ed in questo film sembra esserlo. Ecco che un film che cerca di esorcizzare la crisi del cinema d'azione hollywoodiano attraverso un improbabile riscatto attraverso il teatro, diventa un capolavoro, con la freschezza tecnica e visionaria di Inàrritu, sicuramente uno dei migliori registi attualmente in circolazione. Eccoci rapiti da interminabili piani sequenza sostenuti dal ritmo vagamente sincopato di una originale colonna sonora jazz e da un campionario di eccellenti interpretazioni che vorticano attorno alle prove generali e alla prima di una commedia teatrale in scena a Broadway attraverso la quale, il protagonista cerca di riscattare la sua carriera e la sua vita fino al drammatico epilogo finale. L'ultimo colpo di scena è geniale: quando Riggan Thompson si rassegna al proprio fallimento, ottiene solo di trasformare il suo volto rendendolo simile alla maschera dalla quale si volea liberare... Aggiugerei che gli occhi di Emma Stone non finiscono mai...
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ghe26
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domenica 1 marzo 2015
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potente
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Uno dei film più belli, ricchi e complessi visti recentemente. Attori eccezionali. Regia perfetta. Tutti piani sequenza non compiaciuti ma motivati, precisi, efficacissimi. Assolutamente da vedere. E possibilmente rivedere.
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arnaco
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domenica 1 marzo 2015
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verifica
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Molti registi scelgono di lasciare immaginare allo spettatore la "conclusione" del loro film e la cosa mi intriga. Ma in questo caso non sono sicuro della mia conclusione e vorrei che qualcuno mi desse una mano. Direi che quando il protagonista si rende conto che il successo tanto agognato non è veramente quello che voleva (è l'amore che in realtà cercava) tenta di suicidarsi, nella scena finale della piece che diventerebbe anche la scena finale della sua vita, così indissolubilmente mescolata con la finzione. Non ci riesce e allora, dopo aver letteralmente mandato a cagare il suo alter ego volatile, si butta dalla finestra dell'ospedale.
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Molti registi scelgono di lasciare immaginare allo spettatore la "conclusione" del loro film e la cosa mi intriga. Ma in questo caso non sono sicuro della mia conclusione e vorrei che qualcuno mi desse una mano. Direi che quando il protagonista si rende conto che il successo tanto agognato non è veramente quello che voleva (è l'amore che in realtà cercava) tenta di suicidarsi, nella scena finale della piece che diventerebbe anche la scena finale della sua vita, così indissolubilmente mescolata con la finzione. Non ci riesce e allora, dopo aver letteralmente mandato a cagare il suo alter ego volatile, si butta dalla finestra dell'ospedale. Però la figlia, guardando fuori, non lo vede sfracellato al suolo, ma lo immagina volar via con altri uccelli ..... l'amore che lui cercava, la figlia glielo aveva sempre dato anche quando era "solo" birdman, ma ormai tutto si è compiuto.
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marcotilla
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domenica 1 marzo 2015
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incrocio assurdo tra john cassavettes e batman
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I soliti fuochi d'artificio di González Iñárritu, un fantastico apprendista di scuola di cinema, con una grande cultura cinematografica e un maggiore gusto per i soldi degli incassi, a dispetto del gusto, la sobrietà e l'originalità, concetti ben lontani del proprio ADN. Copiare è un'arte: lo sapeva Truffaut e lo sa Tarantino, ma l'arte è qualcosa d'ignoto per González Iñárritu.
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(di cinecinella)
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marcotilla
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domenica 1 marzo 2015
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peggiorando john cassavettes in incrocio con batman
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Di nuovo, l fuoco d'artficio di González Iñárritu, imitando come sempre i grandi classici e grandi registi (in questo caso, John Cassavettes), rendendoli democratici e quindi commerciali e oscarizzati; sarebbe a dire, peggiorandoli decisamente. L'apparizione di quella specie di Batman rende il disastro semplicemente patetico. Complimenti solo alla grande cultura cinematografica del regista.
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guglia74
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domenica 1 marzo 2015
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bel film, grande edward eaton
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La struttura del film e' originale, e la cosa bella che pur svolgendosi quasi esclusivamente su un teatro e intorno a 4 anteprime e una prima serata, con la sua impronta altamente riflessiva non fa innescare la noia. Gli attori tutti bravi e soprattutto Edward Eaton. Il finale poteva essere risolto dandogli un tono più importante e
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