dodo780
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martedì 15 settembre 2015
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da perdere il fiato. immenso
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Riggan Thomson (Michael Keaton),celebre in tutto il mondo per la sua interpretazione del supereroe Birdman, è alle prese con una nuova sfida: produrre, dirigere e interpretare un’opera teatrale. Una sfida con il pubblico (ma soprattutto con se stesso) per dimostrare di essere grande, con la modernità e con il passato in un ultimo,disperato tentativo di sentirsi vivo.
“A thing is a thing, not what is said of that thing”.
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Riggan Thomson (Michael Keaton),celebre in tutto il mondo per la sua interpretazione del supereroe Birdman, è alle prese con una nuova sfida: produrre, dirigere e interpretare un’opera teatrale. Una sfida con il pubblico (ma soprattutto con se stesso) per dimostrare di essere grande, con la modernità e con il passato in un ultimo,disperato tentativo di sentirsi vivo.
“A thing is a thing, not what is said of that thing”. Potrebbe bastare questa frase che il protagonista ha lì, scritta su un pezzo di carta fissato sullo specchio del suo camerino, a racchiudere l’essenza dell’ultimo, maestoso lavoro di Iñárritu. Il regista messicano mette in scena il dramma moderno di un ex-celebrità, costretta all'oblio per aver seguito le proprie idee nell'affannosa ricerca Baumaniana dell’individualità, seguendola in un lunghissimo e teatrale piano sequenza dove i personaggi si avvicendano, agiscono e reagiscono in un susseguirsi di scambi tra realtà e finzione. Riggan è costantemente in bilico tra la voglia di essere apprezzato (e non semplicemente amato) e il ricordo dei gloriosi anni ‘90 in cui i suoi film incassavano miliardi, in un esercizio funambolico dove l’equilibrio è regolato dagli attori non protagonisti in modo strepitoso, perfettamente caratterizzati da una sceneggiatura che li rende manifestazione tangibile dei dubbi e le ossessioni di Riggan. Da un lato Mike Shiner (Edward Norton), giovane attore dal talento smisurato, costantemente“mascherato” e capace di essere se stesso solo sul palcoscenico, che spinge Riggan verso l’anima della recitazione, ricordandogli che “la popolarità è la cuginetta zoccola del prestigio”. Dall'altro lato Sam Thomson (Emma Stone), tossicodipendente appena uscita dalla riabilitazione che mostra quale sia oggi il potere,un’arma a doppio taglio tra tweet e visualizzazioni Youtube nella trasformazione da(super)eroe a celebrità, che nella società liquido-moderna diviene famosa con la stessa velocità con cui viene posta nel dimenticatoio. E sempre Sam che mostra su un rotolo di carta igienica la frivolezza della nostra esistenza e delle nostre ossessioni, mentre ci perdiamo nei suoi occhioni verdi e i tra i suoi capelli dorati. Il dorato e il blu che dominano la fotografia di Lubezki alternandosi in un continuum tra Golden Age e periodo blu, rendendola malinconica e avvolgente,di stampo Picassiano. In un finale che è un crescendo, con la batteria a dareil ritmo e una telecamera che non stacca mai per tutto il film, cresce l’ansia e la drammaticità del tutto, in una sintesi tra Thompson e il suo alter-ego, nella consapevolezza che “ci sarà sempre un noi”, perché lui è Birdman, è anche Birdman.
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dodo780
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martedì 15 settembre 2015
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da perdere il fiato. immenso
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Riggan Thomson (Michael Keaton),celebre in tutto il mondo per la sua interpretazione del supereroe Birdman, è alle prese con una nuova sfida: produrre, dirigere e interpretare un’opera teatrale. Una sfida con il pubblico (ma soprattutto con se stesso) per dimostrare di essere grande, con la modernità e con il passato in un ultimo,disperato tentativo di sentirsi vivo.
“A thing is a thing, not what is said of that thing”.
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Riggan Thomson (Michael Keaton),celebre in tutto il mondo per la sua interpretazione del supereroe Birdman, è alle prese con una nuova sfida: produrre, dirigere e interpretare un’opera teatrale. Una sfida con il pubblico (ma soprattutto con se stesso) per dimostrare di essere grande, con la modernità e con il passato in un ultimo,disperato tentativo di sentirsi vivo.
“A thing is a thing, not what is said of that thing”. Potrebbe bastare questa frase che il protagonista ha lì, scritta su un pezzo di carta fissato sullo specchio del suo camerino, a racchiudere l’essenza dell’ultimo, maestoso lavoro di Iñárritu. Il regista messicano mette in scena il dramma moderno di un ex-celebrità, costretta all'oblio per aver seguito le proprie idee nell'affannosa ricerca Baumaniana dell’individualità, seguendola in un lunghissimo e teatrale piano sequenza dove i personaggi si avvicendano, agiscono e reagiscono in un susseguirsi di scambi tra realtà e finzione. Riggan è costantemente in bilico tra la voglia di essere apprezzato (e non semplicemente amato) e il ricordo dei gloriosi anni ‘90 in cui i suoi film incassavano miliardi, in un esercizio funambolico dove l’equilibrio è regolato dagli attori non protagonisti in modo strepitoso, perfettamente caratterizzati da una sceneggiatura che li rende manifestazione tangibile dei dubbi e le ossessioni di Riggan. Da un lato Mike Shiner (Edward Norton), giovane attore dal talento smisurato, costantemente“mascherato” e capace di essere se stesso solo sul palcoscenico, che spinge Riggan verso l’anima della recitazione, ricordandogli che “la popolarità è la cuginetta zoccola del prestigio”. Dall'altro lato Sam Thomson (Emma Stone), tossicodipendente appena uscita dalla riabilitazione che mostra quale sia oggi il potere,un’arma a doppio taglio tra tweet e visualizzazioni Youtube nella trasformazione da(super)eroe a celebrità, che nella società liquido-moderna diviene famosa con la stessa velocità con cui viene posta nel dimenticatoio. E sempre Sam che mostra su un rotolo di carta igienica la frivolezza della nostra esistenza e delle nostre ossessioni, mentre ci perdiamo nei suoi occhioni verdi e i tra i suoi capelli dorati. Il dorato e il blu che dominano la fotografia di Lubezki alternandosi in un continuum tra Golden Age e periodo blu, rendendola malinconica e avvolgente,di stampo Picassiano. In un finale che è un crescendo, con la batteria a dareil ritmo e una telecamera che non stacca mai per tutto il film, cresce l’ansia e la drammaticità del tutto, in una sintesi tra Thompson e il suo alter-ego, nella consapevolezza che “ci sarà sempre un noi”, perché lui è Birdman, è anche Birdman.
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fabal
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giovedì 27 agosto 2015
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l'identità tra realismo e finzione
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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. In un teatro di Broadway Riggan Thompson è regista e protagonista di un adattamento del celebre testo di Raymond Carver.
Un attore di cinema prigioniero di un personaggio, specie se in costume, rischia di rimanere ancorato a vita al mondo dei blockbusters: non solo nella sua testa e in quella dei fan facili alla nostalgia, ma anche all'occhio severo della critica. E poco importa se quell'attore è anche (e davvero) capace pur non avendo una formazione teatrale, e se dopo i panni del supereroe ha ricoperto ruoli sottovalutati. Ma Keaton, a fine anni '80, ha vestito i panni del miglior Batman, l'unico davvero "interpretato": un po' come nel bipolarismo del compianto Reeve/Superman, il suo Bruce Wayne era uno squisito riccone svampito quanto il suo eroe mascherato impeccabile.
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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. In un teatro di Broadway Riggan Thompson è regista e protagonista di un adattamento del celebre testo di Raymond Carver.
Un attore di cinema prigioniero di un personaggio, specie se in costume, rischia di rimanere ancorato a vita al mondo dei blockbusters: non solo nella sua testa e in quella dei fan facili alla nostalgia, ma anche all'occhio severo della critica. E poco importa se quell'attore è anche (e davvero) capace pur non avendo una formazione teatrale, e se dopo i panni del supereroe ha ricoperto ruoli sottovalutati. Ma Keaton, a fine anni '80, ha vestito i panni del miglior Batman, l'unico davvero "interpretato": un po' come nel bipolarismo del compianto Reeve/Superman, il suo Bruce Wayne era uno squisito riccone svampito quanto il suo eroe mascherato impeccabile. Ma se questo non basta a farne un grande attore - concediamolo alla critica boriosa - è sufficiente gettare uno sguardo alle pellicole successive. Altro che attoruccio da sit - com , con cui Micheal Douglas (il suo vero nome all'anagrafe) ha esordito. Dallo sconosciuto My life a Soluzione estrema, Keaton ha invece dimostrato talento e versatilità, vestendo i panni del killer e del malato di cancro con l'efficacia di un trasformista, in grado di sostituire i canoni classici dell'espressività drammatica con una grande energia interpretativa. Senza mai dimenticare la sua verve comica al limite della frenesia, che lo porta a fare ben 4 ruoli diversi nel film di Harold Ramis.
Ma torniamo a Riggan. Il suo conflitto è identico a quello di Keaton, che, pertanto, non può non essere in parte. E lo è anche quando dimostra, nella prima parte di Birdman, di non avere in effetti la formazione di un gigante del teatro, soverchiato sul palco dalla primadonna Norton (ottima interpretazione da bravo e arrogante), e da una critica scettica. L'evoluzione del personaggio/attore è però il vero tratto geniale del film, che riesce ad essere tecnicamente esasperato con i suoi movimenti di camera ma sorprendentemente introspettivo. Il montaggio - quello che non c'è - scelto da Inarritu è un sunto di sit - com, screwball comedy e teatro vero e proprio, portato sul grande schermo grazie alla regia che offre un realismo visivo e sonoro che nemmeno il bellissimo Noises Off di Peter Bogdanovich aveva raggiunto.
Birdman è insomma un duello cinematografico, dell'attore contro se stesso, dell'intenzione contro la critica e, molto banalmente, tra realtà e rappresentazione. Si sprechino le metafore letterarie: il Don Chisciotte mostra come recitare la finzione sia intrinsecamente insensato. Lo è, almeno, per l'attore: ed ecco perché Riggan recupera la sua autenticità nel roboante finale, o meglio quella finzione originaria che mai lo ha abbandonato. In questo modo il suo testo, adattato da Carver, può considerarsi davvero vissuto e interpretato. Non a caso la severa critica, che a metà film promette di stroncarlo, definisce poi lo spettacolo di Thompson come "iper realismo".
Un capolavoro confezionato con originalità, i cui contenuti sono un effetto domino talmente riuscito da non necessitare elogi, meritati invece da regia e sceneggiatura dello stesso virtuoso Inarritu e dalla fotografia del solito Lubezki, già premio Oscar per Gravity.
Peccato per Keaton: sarebbe stato un premio alla carriera.
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dario
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giovedì 20 agosto 2015
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scombiccherato
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Molta carne al fuoco, cotta male per eccesso di fuoco. In altre parole, una storia banale, piena zeppa di complicazioni da psicanalisi, narrata con troppa pretesa intellettuale. Scenografia povera, regia sopra le righe. Congegno che funziona a fatica, ricorso a metafisica con esiti zoppicanti. Tutto molto contratto per poca aderenza alla comprensione della storia. Bravo Keaton, sprecato.
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noia1
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mercoledì 19 agosto 2015
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schemi disintegrati
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Una vecchia star di Hollywood cerca di rilanciare la propria carriera scrivendo ed interpretando un’opera teatrale.
Film immenso, senza mai uno stacco (se esclusi gli ultimi venti minuti) un esempio perfetto del labile confine tra cinema e teatro ed una dimostrazione verso il pubblico della gigantesca distanza tra le due cose.
Il viaggio nella mente di una persona tra realtà e finzione, tra ciò che vede e ciò percepito da chi attorno a lui vive. Tutti gli aspetti di una stessa azione da diversi punti di vista senza bisogno di flashback. La storia prosegue sempre, che sia per via onirica, metaforica, satirica, drammatica o umoristica, la macchina prosegue verso tutte le fasi della messa in scena di questo mezzo disastro (o genialata) di opera teatrale.
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Una vecchia star di Hollywood cerca di rilanciare la propria carriera scrivendo ed interpretando un’opera teatrale.
Film immenso, senza mai uno stacco (se esclusi gli ultimi venti minuti) un esempio perfetto del labile confine tra cinema e teatro ed una dimostrazione verso il pubblico della gigantesca distanza tra le due cose.
Il viaggio nella mente di una persona tra realtà e finzione, tra ciò che vede e ciò percepito da chi attorno a lui vive. Tutti gli aspetti di una stessa azione da diversi punti di vista senza bisogno di flashback. La storia prosegue sempre, che sia per via onirica, metaforica, satirica, drammatica o umoristica, la macchina prosegue verso tutte le fasi della messa in scena di questo mezzo disastro (o genialata) di opera teatrale.
Un crescendo di fraintendimenti, d’interpretazioni, metteranno il regista davanti a quesiti incomprensibili, lo metteranno in ridicolo, sarà presentato come star, sarà odiato o snobbato, tutti semplici punti di vista, tutti pareri o considerazioni.
Una trama ripetitiva eppure estenuante nel non fermarsi mai, tutto sempre nuovo e tutto sempre ripetuto, so che sembra incomprensibile ma in realtà è semplicemente paradossale, il paradosso del cinema, della messinscena, di ciò che è reale e ciò che non lo è.
I protagonisti sono sagome perfette: il vecchio regista esausto, la giovane e promettente star, la fragile ragazzina che cerca di riscattarsi, una vecchia moglie soffocante ed una nuova capricciosa, una figlia instabile ed un produttore avido senza alcuno scrupolo. Sagome perfette che nel proseguire rivelano i propri tratti più struggenti attraverso rapporti che al passare dei minuti assumono tratti sempre più oscuri, un risultato spiazzante, unico.
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fragola
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domenica 16 agosto 2015
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guazzabuglio
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Ho deciso di vedere questo film incuriosita dal fatto che era stato candidato a vari oscar :
niente di piu' deludente, il film mi è sembrato un guazzabuglio di situazioni ,luoghi,parolacce...
Nessun approfondimento psicologico, nessuna emozione.
Ho visto che qualcuno non ha retto fino alla fine dello spettacolo; io si',perche' aspettavo il
bello che doveva venire e che non è venuto.
Ho avuto la conferma che i premi a volte non rispondono al valore dei film!
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deadman
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domenica 9 agosto 2015
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icaro
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con fatica sono arrivato fino al ventesimo minuto poi ho tolto il dvd, tipico film da radical chic newyorchese di quelli che ma sì dai diamogli un oscar così pure noi di hollywood vi facciamo vedere che non siamo dei caproni. se la parabola dell'uomo uccello ha un senso mi viene in mente quella di icaro, l'uomo volante che avvicinandosi al sole si bruciò le ali, questa è la storia di inarritu, regista dalle grandi promesse, vedetevi amoresperros, che giunto alle grandi major, ai budget illimitati e alle star strapagate perse completamente la sua ispirazione finendo a fare film intellettualoidi, presuntuosi e a dir poco pallosi
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aristoteles
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lunedì 27 luglio 2015
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birdman o riggan ???
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Un bel film davvero ben girato e diretto ,un cast eccellente e con recitazioni convincenti.
Riggan sfida sè stesso ,perchè è celebre grazie a un blockbuster ,a un personaggio Birdman, che lo ha reso immortale in un cinema di basso livello.
Allora l'attore sceglia la strada più difficile,quella di una vecchia opera teatrale, per dimostrare che lui c'è ,esiste ed è un grande attore .
Il tutto condito da una trama mai banale,da inquadrature soddisfacenti che sono quasi "incollate" ai protagonisti e da un ritmo frenetico ma mai snervante.
L'ambientazione si limita al palco e al backstage : camerini, balconata, ingresso etc.
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Un bel film davvero ben girato e diretto ,un cast eccellente e con recitazioni convincenti.
Riggan sfida sè stesso ,perchè è celebre grazie a un blockbuster ,a un personaggio Birdman, che lo ha reso immortale in un cinema di basso livello.
Allora l'attore sceglia la strada più difficile,quella di una vecchia opera teatrale, per dimostrare che lui c'è ,esiste ed è un grande attore .
Il tutto condito da una trama mai banale,da inquadrature soddisfacenti che sono quasi "incollate" ai protagonisti e da un ritmo frenetico ma mai snervante.
L'ambientazione si limita al palco e al backstage : camerini, balconata, ingresso etc. ,ma non risulta un limite, anzi rafforza l'ossessione e la complicità di Riggan verso l'opera che egli ritiene definitiva e verso l'unico luogo in cui essa si possa svolgere ,il Teatro.
Ed anche la vita reale di tutti i protagonisti viene descritta come un'unica opera teatrale.
Il protagonista vive un duro conflitto verso sè stesso e si mette in gioco completamente rischiando tutto ,con sacrificio e immenso coraggio.
Durente lo scorrere della pellicola ,ad un certo punto , mi sono immaginato il finale ed effettivamente,purtroppo, non mi ha sorpreso.
Solo per questo motivo non lo premio con 4 stelle.
Da vedere almeno una volta.
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folgore94
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martedì 30 giugno 2015
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cinema o teatro?
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Fin dalle prime battute si capisce che questo nn e' un film di facile assimilazione. inizialmente ci si trova un po' spaesati cercando di capire la logica della pellicola. Lentamente pero' inizia a catturarti, e tra la fantastica recitazione degli attori e le sublimi riprese piano sequenza ti porta ad entrare nella psiche del protagonista fino ad arrivare ad un finale quasi allucinogeno. complimenti ad inarritu , ottima prova di maturita',oscar piu' che meritati
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extreme81
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domenica 21 giugno 2015
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era meglio se era un film di supereroi
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Nonostante gli oscar vinti, io l'ho visto prima e sono rimasto veramente deluso. So di essere fuori dal coro, ma ho trovato davvero patetica la storia di un attore che ha fatto fortuna venti anni prima con una saga di supereroi per poi andare nel dimenticatoio, andare a Broadway e cimentarsi in uno spettacolo nel quale non crede nemmeno lui. Difatti l'unica parte interessante del film è quella in cui la critica lo stronca ancora prima di sapere come andrà lo spettacolo, perchè da esperta ha capito che non vale niente. Io tutta questa autocritica su hollywood non l'ho vista, semmai mi è sembrato di vedere Riggan che sputa sul mondo che lo ha reso famoso ma che dopo un suo rifiuto per il sequel n.
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Nonostante gli oscar vinti, io l'ho visto prima e sono rimasto veramente deluso. So di essere fuori dal coro, ma ho trovato davvero patetica la storia di un attore che ha fatto fortuna venti anni prima con una saga di supereroi per poi andare nel dimenticatoio, andare a Broadway e cimentarsi in uno spettacolo nel quale non crede nemmeno lui. Difatti l'unica parte interessante del film è quella in cui la critica lo stronca ancora prima di sapere come andrà lo spettacolo, perchè da esperta ha capito che non vale niente. Io tutta questa autocritica su hollywood non l'ho vista, semmai mi è sembrato di vedere Riggan che sputa sul mondo che lo ha reso famoso ma che dopo un suo rifiuto per il sequel n. 4 di Birdman lo ha dimenticato, e dopo 20 anni si accorge che forse ci si può improvvisare attori di teatro.
Anche la parte della figlia l'ho trovata inutile e mal recitata da parte di Emma Stone, guarda caso altro personaggio famoso per aver interpretato film di supereroi (come Norton e Keaton), quasi che il regista ce l'avesse con l'ondata Marvel e DC comics di questi ultimi anni. Almeno a me il dubbio lo ha dato. Comunque, Riggan ha a che fare (o meglio non ha a che fare) con una figlia che gli sta accollata solo per farsi mantenere, che lo sopporta a malapena e che si intuisce sia stata trascurata già dall'infanzia. Ma ai fini del film è stato un personaggio inutile.
Ho provato anche a rivederlo, a distanza di qualche giorno, per altre due volte. Giudizio finale? molto, ma molto, ma molto deluso.
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