Birdman |
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Un film di Alejandro G. Iñárritu.
Con Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Andrea Riseborough.
continua»
Titolo originale Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance).
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 119 min.
- USA 2014.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 5 febbraio 2015.
MYMONETRO
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Birdman
di catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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martedì 17 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il piano sequenza (quasi) unico con i diversi momenti temporali che sfumano uno nell’altro, i movimenti degli attori coreografati in maniera maniacale per riprese lunghissime, il realismo magico, i versi di Shakespeare in chiaro aggiunti alle eco di Macbeth in filigrana nonché un diluvio di citazioni accompagnate da virtuosistici movimenti di macchina: decidendo di riunire tutto questo in un solo lavoro, Iñárritu si espone a un coefficiente di difficoltà altissimo che porta l’esercizio a moltiplicare i rischi di sfracellarsi al suolo. Invece, il regista di origine messicana conclude l’evoluzione in piedi, anche se l’impegno per riuscirci gli fa perdere di vista alcuni particolari, come i personaggi che di punto in bianco spariscono (anche uno importante come Mike) o un finale senza dubbio debole, ben al disotto del livello complessivo. Però è indubbio che si tratti di una scommessa vinta, anche se chi va al cinema solo per farsi raccontare una solida storia magari scapperà a gambe levate: il film cattura gli occhi a partire dalle perfette sequenze iniziali per poi proseguire unendo la sempre affascinante parte visiva con una maiuscola prova di attori complessiva. Inevitabile che la parte del leone la faccia Michael Keaton nei panni di Riggan, un passato da star grazie al ruolo di supereroe (di cui al titolo) ma al presente impegnato a rifarsi una dignità d’interprete con un dramma teatrale che lui stesso ha tratto da Raymond Carver. Un egocentrico che non vede a una spanna dal proprio naso con un ovvio passato di pessimo marito e padre inesistente a testimonianza di un rapporto a senso unico con il prossimo, come conferma anche la relazione, solo abbozzata e troppo presto passata solo silenzio, con Laura (Andrea Riseborough). A questo si aggiunge una personalità bipolare che lo spinge a trovare la forza (della disperazione?) per rimettersi in gioco o forse per andarsi a schiantare mentre cerca di appiccicare di nuovo i cocci della sua vita. A dir la verità, non si capisce bene perché la figlia ex tossica Sam (Emma Stone) stia con lui anziché con la madre Sylvia (Amy Ryan), ma la relazione che li lega va a rappresentare uno dei rapporti interpersonali il cui studio si evidenzia fra gli aspetti fondamentali del lavoro. Un altro è sicuramente lo scontro di personalità con Mike (Edward Norton), l’attore teatrale con cui gli capita di lavorare: un figlio di buona donna pieno di sé sul palco (dove l’interprete riversa la propria ruvidezza sul lavoro) e soprattutto fuori che però, assieme ai preconcetti della critica teatrale Tabitha (Lindsay Duncan), finirà per spronare l’orgoglio di Riggan portandolo a scrollarsi di dosso qualche fantasma. Come si vede, la narrazione – a firma del regista assieme ad altri tre sceneggiatori – è abbastanza esile e allora a essere importante è davvero il modo in cui viene messa in scena, a partire dalla totale partecipazione di Keaton al progetto: l’attore, che condivide con il suo personaggio il passato da supereroe essendo stato Batman, dà corpo a quella che è, con ogni probabilità, l’interpretazione della vita, riuscendo a rendere con profondità anche inattesa i mille tormenti che attraversano l’anima di Riggan. Gli altri componenti del cast si mantengono alla sua altezza con una recitazione che sottolinea la teatralità di tutta l’operazione: il film si svolge per gran parte all’interno del St. James Theatre di Broadway nei cui corrodoi si muove sinuosa la macchina da presa di Emmanuel Lubezki con una predominanza di sature luci notturne che nelle scene diurne (largamente minoritarie) lasciano spazio a un’illuminazione mai diretta o piena. Tutte scelte che aiutano a caratterizzare il clima surreale che avvolge l’intera narrazione, reso inequivocabile dal realismo magico di cui sopra, ma aiutato anche dalla musica originale realizzata da Antonio Sanchez per la colonna sonora con la sola batteria: un ritmo ossessivo che accresce la tensione dei momenti topici ed è alleggerito in qualche modo solo dalla comparsa (ingiustificata) di un batterista in alcune scene. Del resto, l’ironia, spesso acre, è sovente utilizzata da Iñárritu per indirizzare su binari diversi l’atmosfera, partendo dalla scena iniziale che vede Riggan meditare levitando a un metro da terra e culminando nella passeggiata dello stesso in mutande lungo una Broadway affollata dal passeggio serale.
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