lorline
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mercoledì 11 febbraio 2015
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la storia di tutti
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Questo film parla delle debolezze dell'essere umano e del loro superamento: parla della difficoltà a rapportarsi con se stessi e con le persone a noi più vicine, dell'amore e della fine dell'amore, dell'amore non corrisposto, del rapporto genitori-figli negli aspetti più crudeli e più dolci, del perdersi e ritrovarsi. È impossibile non esserne coinvolti
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jean remi
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mercoledì 11 febbraio 2015
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quando si aggancia il teatro è un successo
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Sicuramente un buon film, interpretato da grandi attori che meritano le Nomination all'Oscar, così come per la fotografia ed il sonoro. La sceneggiatura e la regia mi lasciano invece perplesso con una storia che alla fine porta a strade diverse rispetto a quanto seminato nel percorso. Qualche effetto speciale è sconvolgente, ed il passare dalla notte al giorno, più volte ripetuta nei panorami cittadini, è di un coinvolgimento totale. Quello che più piace è sicuramente l'aggancio con il teatro dove Michael Keaton, Edward Norton danno il meglio di se stessi. Il suono della batteria che accompagna ogni fase importante della vita di Keaton-Birdman è geniale.
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Sicuramente un buon film, interpretato da grandi attori che meritano le Nomination all'Oscar, così come per la fotografia ed il sonoro. La sceneggiatura e la regia mi lasciano invece perplesso con una storia che alla fine porta a strade diverse rispetto a quanto seminato nel percorso. Qualche effetto speciale è sconvolgente, ed il passare dalla notte al giorno, più volte ripetuta nei panorami cittadini, è di un coinvolgimento totale. Quello che più piace è sicuramente l'aggancio con il teatro dove Michael Keaton, Edward Norton danno il meglio di se stessi. Il suono della batteria che accompagna ogni fase importante della vita di Keaton-Birdman è geniale. Da vedere
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[+] osservazione corretta
(di gambardella )
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taxidriver
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mercoledì 11 febbraio 2015
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un birdman che vola a mezz'altezza
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Insomma, così. Brutto non è, ma manco un capolavoro dai.
I capolavori so' altri, questo è un buon film.
E poi quel povero naso che aveva fatto di male per meritare quella fine?
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lanco
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martedì 10 febbraio 2015
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lasciar perdere
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Realtà-finzione, finzione-realtà: con questa alternanza il film sembra decollare, ma non decolla, lascia lo spettatore in costante attesa di un colpo di scena chiarificatore, ma poi non viene nulla. All'accensione delle luci il pubblico si interroga del perchè sia andato a vedere questa pellicola e soprattutto perchè abbia dovuto resistere sulla poltrona oltre due ore.
Di nota è l'utilizzo della camera con ininterrotti piani sequenza, che dal lato tecnico sono pregievoli, come l'interpretazione degli attori. Peccato che non si sa mai se stiano recitando, siano in un mondo fantastico oppure nella realtà, cosicchè quello che dicono e recitano non può mai essere verificato sulla base dell'aderenza alla parte che interpretano.
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Realtà-finzione, finzione-realtà: con questa alternanza il film sembra decollare, ma non decolla, lascia lo spettatore in costante attesa di un colpo di scena chiarificatore, ma poi non viene nulla. All'accensione delle luci il pubblico si interroga del perchè sia andato a vedere questa pellicola e soprattutto perchè abbia dovuto resistere sulla poltrona oltre due ore.
Di nota è l'utilizzo della camera con ininterrotti piani sequenza, che dal lato tecnico sono pregievoli, come l'interpretazione degli attori. Peccato che non si sa mai se stiano recitando, siano in un mondo fantastico oppure nella realtà, cosicchè quello che dicono e recitano non può mai essere verificato sulla base dell'aderenza alla parte che interpretano.
In sintesi non ci si capisce niente.
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mardou_
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martedì 10 febbraio 2015
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un genio fin troppo compreso
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“Chi non riesce a diventare un artista diventa un critico come chi non può fare il soldato diventa un traditore”. Inarritu, allontanandosi dalla strada consueta del racconto di vite parallele che si incrociano per tragiche coincidenze, completa il pensiero Flaubert con questa sua ultima pellicola che sembra urlare in tutti i modi che chi non può essere un grande uomo diventa un bravo attore. [+]
“Chi non riesce a diventare un artista diventa un critico come chi non può fare il soldato diventa un traditore”. Inarritu, allontanandosi dalla strada consueta del racconto di vite parallele che si incrociano per tragiche coincidenze, completa il pensiero Flaubert con questa sua ultima pellicola che sembra urlare in tutti i modi che chi non può essere un grande uomo diventa un bravo attore.
Sì perchè i personaggi messi in scena dal regista messicano nascono o sperano in una nuova rinascita soltanto sul palcoscenico, mentre ormai si sono arresi ai fallimenti delle loro vite, delle loro relazioni sentimentali e del loro equilibrio interiore.
Ciò che rende il tutto così interessante poi, è il gioco di specchi tra il film che lo spettatore segue, il teatro di Broadway in cui gli attori si lanciano in un (pessimo) adattamento di “ Di Cosa Parliamo Quando Parliamo D’Amore”, racconto che dà il titolo alla raccolta di short stories più famosa di Raymond Carver e gli attori stessi, Michael Keaton ed Edward Norton su tutti, che sembrano prestare alla scena le loro vite reali.
Se il primo infatti deve ancora oggi la fama al Batman di Tim Burton degli anni’90, mentre la sua carriera è bruscamente deragliata dopo aver rifiutato di girare il terzo capitolo sull’eroe alato, il secondo ci ha regalato personaggi da Oscar sin dagli esordi e questa interpretazione ne è l’ennesima conferma, ma si ha come l’impressione che questo recitare così sofferto, rabbioso e di puro talento sia tutto ciò che si possa avere di lui come uomo anche fuori dal grande schermo.
E’ il motivo principale, forse l’unico, per cui si segue con un certo pruriginoso interesse lo svolgersi delle vicende in questa pellicola che per il resto risulta fastidiosa nel suo malcelato obiettivo di posizionarsi come outsider alla prossima corsa per gli Academy Awards nonché come cult movie dei cinefili versione 2.0.
L’utilizzo (quasi) ininterrotto del piano sequenza, la scasione del tempo a ritmo di jazz alternato a pezzi “facili” di musica classica ( vedi alla voce Mahler, Rachmaninoff e Tchaicovsky), visioni oniriche e un paio di dialoghi taglienti e battute scontate, giocano la facile carta della geniale originalità fra giovani ignoranti o semplici neofiti che cercheranno così di decostruire in poche mosse il cinema “tradizionale” e il mondo dell’arte e degli artisti.
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pepito1948
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martedì 10 febbraio 2015
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i voli di riggan
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Un teatro formicolante a Broadway. Lì fervono i preparativi per l’allestimento di un lavoro di Carver intitolato “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Tutto gira intorno a Riggan, che, dopo una trionfale carriera come Birdman, supereroe con forma di uccello dotato di superpoteri ed adorato da un pubblico che non si fa troppe domande, intende organizzare uno spettacolo dal vivo per dimostrare al mondo di essere se stesso e non solo una maschera volante ed un prodotto digitale, di recitare esponendo le proprie rughe di sessantenne e mettendo il gioco le proprie capacità di vero attore; ma soprattutto, davanti ad un pubblico presente in sala, di essere meritevole di apprezzamento ed amore, quell’amore sulla cui essenza si sviluppano le prove della recita in fase di messa in scena.
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Un teatro formicolante a Broadway. Lì fervono i preparativi per l’allestimento di un lavoro di Carver intitolato “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Tutto gira intorno a Riggan, che, dopo una trionfale carriera come Birdman, supereroe con forma di uccello dotato di superpoteri ed adorato da un pubblico che non si fa troppe domande, intende organizzare uno spettacolo dal vivo per dimostrare al mondo di essere se stesso e non solo una maschera volante ed un prodotto digitale, di recitare esponendo le proprie rughe di sessantenne e mettendo il gioco le proprie capacità di vero attore; ma soprattutto, davanti ad un pubblico presente in sala, di essere meritevole di apprezzamento ed amore, quell’amore sulla cui essenza si sviluppano le prove della recita in fase di messa in scena.
Riggan è duale, ma la sua dualità è dicotomica, il prima e l’adesso sono in conflitto continuo. La voce del personaggio che fu lo tormenta, richiamandolo ai vecchi e gloriosi trionfi che gli diedero fama e che lui ha rifiutato per essere finalmente, e non più per apparire. I suoi immaginari poteri magici, residuo del suo alter ego, sono il ricordo vischioso di un passato che è duro da cancellare e che alimenta la scissione e rende turbolento il passaggio alla nuova identità.
Il teatro è il luogo in cui si incrociano vite, in un turbinio di storie, rapporti, esplosioni emotive, motivazioni, liti; attori, produttori, amanti, ex mogli, figli convivono o si intersecano negli spazi articolati, angusti, in un caotico susseguirsi di “gesta” personali o relazionali, per tutto convergere verso la rappresentazione corale sul palco in vista delle anteprime, che costituiscono il banco di prova degli umori del pubblico, e poi del grande esordio.
Ma il teatro è anche il luogo della mente: corridoi stretti, camerini arredati in modo eterogeneo come le diverse celle dell’io, luci artificiali dei riflettori ed ombre o semiombre, terrazze ariose, il tutto tra marosi e bonacce di un divenire sregolato che riflette la irrazionalità e il disordine del pensiero frastagliato in mille tonalità espressive.
Riggan si dibatte tra le sue ossessioni in una dimensione di realtà/visioni/sogno che lo spinge a navigare a vista, e le anteprime sono le tappe attraverso cui –in una sorta di identificazione tra vita e rappresentazione- cerca disperatamente di vincere la sua guerra interiore, di dare un senso alla sua pluridentità ancora sgangherata, di fluidificare i rapporti con coloro con cui, nello spazio limitato del teatro, è costretto ad interagire mettendo in gioco il proprio essere in fieri, di districare e ricomporre i fili annodati da un vissuto complicato, di trovare una soluzione, costi quel che costi, che lo orienti a diventare artefice consapevole e libero delle proprie scelte.
Durante questo percorso di purificazione da un passato opprimente, Riggan si confronta in relazioni che contano, in particolare con un attore ai suoi antipodi quanto a visione di vita ed a modo di recitare: freddo, distaccato, disincantato nella vita, sanguigno, impetuoso, incontrollato sul palco. Lezione che Riggan, nonostante il rapporto conflittuale, in qualche modo fa sua affinando e poi estremizzando il suo ruolo nella prima rappresentazione. Dopo il ritrovato successo, ed aver domato ed umiliato l’avversario piumato ormai senza reazione, si appresta a volare di nuovo, senza più remore, senza tentazioni isteriche, senza vincoli che non siano la libera volontà di risolversi. Senza più sogni.
Il messicano Inarritu, che già aveva sperimentato lo schema narrativo dell’incrocio o del parallelismo di storie diverse, lo riprende comprimendolo in uno spazio come il teatro, simbolo di fantasia, finzione, visionarietà oltre che di offerta e domanda di arte, spingendo i personaggi a interagire –a differenza che in Babel- in distanze ridotte, il che stimola prossemicamente reazioni talvolta imprevedibili e comunque estemporanee e spinge saltuariamente i personaggi ad uscire dallo spazio chiuso (in strada o in terrazza) per ritrovare l’aria ed i suoni di una normale quotidianità. Il regista riprende le vite in teatro da tutte le angolazioni, utilizzando la colonna sonora di una batteria, dove tempi e cadenze, rullanti e piatti sottolineano in perfetta alternanza umori e stati d’animo. Il tempo, scandito elasticamente tra vorticosi conflitti e lunghi fermi di azione (come il prolungato piano sequenza del corridoio, in attesa delle reazioni sonore del pubblico dopo la fine della prima), è una dimensione percettivamente variabile, ma scorre inesorabilmente (come i tic tac che talora insinuandosi nel sonoro, sembrano ricordare) spingendo verso una definizione finale dell’irrisolto.
Il film è una potente denuncia dello scontro di culture abissalmente lontane e di poteri inarrestabili: quello della produzione hollywoodiana dei film “virtuali”usa e getta che non lasciano scia, ma di cui il sistema di propaganda costruisce una sterile memoria: quello dei social network, che ti misurano in base al numero di visualizzazioni (“Che ti piaccia o no, questo è potere” dice la figlia mostrando il video della maratona di Riggan, costretto suo malgrado ad una maratona in mutande per le strade della città), il potere dei guru della critica cinematografica spocchiosi e narcisisti, capaci di stroncare un’opera senza averla prima visionata. Ma è anche la conferma del leit-motiv caro a Inarritu, cioè il senso di difficoltà della esistenza nel rapporto con se stessi e con gli altri, perennemente impegnata nella ricerca dell’essere che spesso ha a che fare con la (o il senso della) morte in un incontro-scontro senza fine.
Dopo alcuni lungometraggi, Inarritu arriva alla (quasi) perfezione, in quanto tutte le componenti del film sono al top: sceneggiatura sfavillante, dialoghi serrati quanto acuti, scenografia esemplare per fantasia, regia magistrale, cast di altissimo livello, a cominciare da un maturo M. Keaton, che per una strana coincidenza indossò nel1989 i panni visionari di Batman nell’omonimo film di Tim Burton. Imperdibile
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alex2044
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martedì 10 febbraio 2015
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tu sei una celebrità non un attore
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Ci sono film che sono bellissimi anche dei capolavori ma rimangono film .Poi ci sono film che vanno oltre e diventano , seduta psicanalitica, teatro filmato ed anche fantasy . Bene , Birdman è uno di questi . Più che gli attori ,tutti bravissimi che meriterebbero un Oscar se esistesse la sezione coralità , quello che colpisce è l'idea che Inarritu ha sviluppato con fantasia ed estro ed anche le tecniche cinematografiche che ha adoperato . Tutto questo ti porta a viaggiare in un mondo surreale che è invece molto reale e quotidiano .D'altra parte la battuta più fulminante del film la pronuncia la critica teatrale che al protagonista dice :" Tu sei una celebrità non un attore ".
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Ci sono film che sono bellissimi anche dei capolavori ma rimangono film .Poi ci sono film che vanno oltre e diventano , seduta psicanalitica, teatro filmato ed anche fantasy . Bene , Birdman è uno di questi . Più che gli attori ,tutti bravissimi che meriterebbero un Oscar se esistesse la sezione coralità , quello che colpisce è l'idea che Inarritu ha sviluppato con fantasia ed estro ed anche le tecniche cinematografiche che ha adoperato . Tutto questo ti porta a viaggiare in un mondo surreale che è invece molto reale e quotidiano .D'altra parte la battuta più fulminante del film la pronuncia la critica teatrale che al protagonista dice :" Tu sei una celebrità non un attore ". Per rimarcare che il teatro sembra finzione ma è una finzione funzionale alla realtà e che lui quindi ,in quanto celebrità , è solo finzione . Insomma Inarritu ha fatto un bel film che ,sfrondato di qualche eccesso , avrebbe potuto essere un capolavoro . Ma forse è meglio così ed è forse proprio la sua forza .
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alexander 1986
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lunedì 9 febbraio 2015
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thomson/keaton contro birdman/batman
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Riggan Thomson (un redivivo Michael Keaton) è un attore in declino e sull'orlo della depressione. La sua fama è indissolubilmente legata a Birdman, il supereroe cinematografico da lui interpretato in passato ma che continua a seguirlo come un'ombra. Vuole però dimostrare al mondo di essere un vero artista e si cimenta nella stesura di un'opera a Broadway. L'adattamento di un testo di Raymond Carver. Affronterà una miriade di difficoltà, tra primedonne capricciose, imprevisti e momenti di scoramento.
Difficile spiegare in poche righe cosa sia questo film nel complesso. Un po' commedia satirica sulle storture dell'industria dello spettacolo statunitense, un po' tragedia sulla solitudine individuale di fronte ai propri demoni.
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Riggan Thomson (un redivivo Michael Keaton) è un attore in declino e sull'orlo della depressione. La sua fama è indissolubilmente legata a Birdman, il supereroe cinematografico da lui interpretato in passato ma che continua a seguirlo come un'ombra. Vuole però dimostrare al mondo di essere un vero artista e si cimenta nella stesura di un'opera a Broadway. L'adattamento di un testo di Raymond Carver. Affronterà una miriade di difficoltà, tra primedonne capricciose, imprevisti e momenti di scoramento.
Difficile spiegare in poche righe cosa sia questo film nel complesso. Un po' commedia satirica sulle storture dell'industria dello spettacolo statunitense, un po' tragedia sulla solitudine individuale di fronte ai propri demoni. E un po', bisogna dirlo, gioco citazionistico per palati fini. Quello di Iñárritu è un grande omaggio a Robert Altman, di cui imita lo stile (piani sequenza e montaggio invisibile) e a cui si ispira per una pellicola nostalgica verso un'idea di cinema e teatro ritenuta legata a un tempo che non c'è più. E forse questa mimesi pressoché perfetta potrebbe essere l'unico elemento di disturbo in una pellicola egregia sotto tutti gli aspetti. Non ultimo, quello delle prove attoriali: Keaton, attore demodé diventato famoso per aver interpretato 'Batman' (la coincidenza non è casuale), sfodera un'interpretazione intensa che gli vale la candidatura agli Oscar. 'Birdman' si presenterà alla serata Academy con 9 candidature: difficile che vinca i titoli principali ma questa massiccia presenza appare giustificata.
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antonietta dambrosio
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lunedì 9 febbraio 2015
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l'esistenza vista da un genio
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Birdman - recensione
Magnifico nella sua essenza, un capolavoro dal suono incessante che è ritmo del pensiero, ogni battito è vibrazione cerebrale che incalza o rallenta mentre una scena ingoia l'altra, senza respiro in una costante apnea dell'essere. Antonio Sanchez firma il battito inarrestabile del pensiero di Riggan Thomson (Michael Keaton), un attore nella fase calante della sua carriera che lo ha imprigionato nell'immagine di un supereroe travestito da uccello, e pur di liberarsi dal ruolo che lo associa inevitabilmente a film mediocri, investe tutto se stesso per la realizzazione di uno spettacolo teatrale a Broadway. Tutto si svolge nel cuore del teatro e nelle strade che lo avvolgono, viste in orizzontale ed in verticale, lo spazio è vertigine che risucchia verso l'alto fino a farci volare ma è anche richiamo del vuoto che trascina negli abissi del delirio.
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Birdman - recensione
Magnifico nella sua essenza, un capolavoro dal suono incessante che è ritmo del pensiero, ogni battito è vibrazione cerebrale che incalza o rallenta mentre una scena ingoia l'altra, senza respiro in una costante apnea dell'essere. Antonio Sanchez firma il battito inarrestabile del pensiero di Riggan Thomson (Michael Keaton), un attore nella fase calante della sua carriera che lo ha imprigionato nell'immagine di un supereroe travestito da uccello, e pur di liberarsi dal ruolo che lo associa inevitabilmente a film mediocri, investe tutto se stesso per la realizzazione di uno spettacolo teatrale a Broadway. Tutto si svolge nel cuore del teatro e nelle strade che lo avvolgono, viste in orizzontale ed in verticale, lo spazio è vertigine che risucchia verso l'alto fino a farci volare ma è anche richiamo del vuoto che trascina negli abissi del delirio. Attorno a Thomson ruota Sam, la figlia dell'attore (una Emma Stone dallo sguardo liquido), appena uscita da un centro di disintossicazione da droga, che oscilla dal sarcasmo al disperato bisogno di amore, la fidanzata Laura (Andrea Riseborough) che ha un ruolo secondario nella vita di Thomson e nella pièce teatrale, Lesley (Naomi Watt) che vive nel disperato desiderio di avere successo a Brodway ed ha una relazione complicata con il noto attore Mike Shiner (un Edward Norton sublime) così vivo sul palcoscenico ma privo di identità nella vita reale, il produttore Jake (Zach Galifianakis) cinico e distaccato, e fuori dal coro della follia appare la ex moglie (Amy Ryan). La commedia che Thomson dirige ed interpreta è tratta dal racconto Di cosa parliamo quando parliamo d'amore di Raymond Carvel ed è il nucleo da cui si irradia il senso dell'opera del grande Alejandro Gonzales Inárritu, è il bisogno sempre vivo nell'uomo di sentirsi amato ed accettato, fino al punto di costruire su misura intorno a sé un palcoscenico virtuale dove ognuno può vivere l'illusione di esistere attraverso un profilo nel quale la gente fa finta di esistere grazie ai "mi piace". Ed è Sam che crea un profilo Twitter per il padre a cui dice "ti rendi conto, non sei su Facebook, non sei su Twitter...tu non esisti!", è Thomson ormai soggiogato dal delirio che veste la maschera di Birdman, la voce nera, subdolo richiamo al facile successo dei blockbuster ed unica maschera capace di vestire i panni della popolarità e della gloria a dispetto di tutti i critici a cui Thomson avrà modo di dire che il loro potere è direttamente proporzionale all'incapacità di affermarsi alla regia, ed è ancora l'eterno conflitto tra Hollywood e Brodway. Tutto si mescola e la realtà entra nella finzione così come Keaton entra nella sua parte dopo aver vestito i panni di Batman, uomo e attore protagonisti dello stesso dramma, ogni scena entra nell'altra senza concedersi spazio di tempo e di luogo, il ritmo è il palpito del delirio fino all'ultimo volo che finisce sul sorriso sognante di Sam. Alejandro Gonzales Inárritu mette in scena un capolavoro dai toni taglienti, talvolta intelligentemente divertenti, dove l'esistenza è solo sinonimo di amore.
Antonietta D'Ambrosio
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[+] antonietta d'ambrosio
(di alessandra urciuoli)
[ - ] antonietta d'ambrosio
[+] ".....scena che ingoia l'altra"
(di grazia miccoli)
[ - ] ".....scena che ingoia l'altra"
[+] un'altro film...
(di faber28)
[ - ] un'altro film...
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amy88
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lunedì 9 febbraio 2015
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è un abominio questo film
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E' orribile, un abominio ed un insulto alla moralità. Voto 0
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