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Il padrino, un unicum che trascende lo spettacolo e si colloca in una dimensione alta, inarrivabile

Torna al cinema per festeggiare i suoi primi cinquant'anni l'opera cult di Francis Ford Coppola. Contesto temporale e personaggi di alto profilo: una “massa critica”, nucleare, che parte e arriva, a noi, mezzo secolo dopo, senza aver perso quasi niente della sua esplosività.
di Pino Farinotti

lunedì 28 febbraio 2022 - Focus

In uno degli episodi della Signora in giallo Jessica Fletcher si trova coinvolta in una situazione che la vede rapita da una certa “famiglia”. Il capo non si chiama Corleone, ma Palermo. I figli si chiamano Sonny, irascibile, violento, irrazionale, e Michael, intelligente, controllato, leader. C’è anche un avvocato “consigliori” e c’è un tappeto musicale che ricorda sospettosamente il tema di Rota. È uno dei tanti figli degeneri del Padrino, che compie cinquant’anni.

Non c’è film che abbia generato una massa critica, chiamiamola così, come Il padrino. Neppure monumenti accreditati dalla storia, non solo del cinema, come Via col vento, Quarto potere, Vertigo, Ben Hur e – non molti - altri.

Il film ha accorpato tutto il possibile, per significati, linguaggio estetica, rapporti complessi che tutto abbracciano: il legame fra criminalità e politica, l’istantanea di un’America e di una Hollywood che si evolvevano, una visione ambigua del bene e del male, la rappresentazione di una violenza che però veniva attenuata, se non giustifica dall’appeal degli attori.

E poi la morale: Vito/Brando Corleone, responsabile di tutto ciò che è mafia, diventa un modello “buono”, gestisce lavoro e famiglia con una sua morale parallela che seduce tutti. Lo stesso presidente Clinton si dichiarava un “innamorato” di quel film. Puzo scrittore, Coppola regista, Rota musicista e poi Brando e Pacino attori hanno realizzato un unicum, che trascende lo spettacolo e si colloca in una dimensione alta e grande, accettata universalmente. Per quel film, riconoscimenti, infiniti. Per cominciare 3 Oscar (Film, Brando, Coppola). E poi tutti i possibili “podi”. Prevale nelle cento classifiche di genere, di influenza, di emulazioni, di linguaggio e “compagnia bella”. Inoltre è presente nel gergo quotidiano. Un esempio: la battuta “Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare” è al secondo posto delle battute di tutti i tempi. E chissà quante volte l’abbiamo sentita, e non era detta da don Vito.

In sintesi fulminea, dato al padrino ciò che è del padrino, il focus può andare sul suo contesto, sulla sua genesi. Quel 1972.

Il Moma di New York dedica un’imponente mostra al design italiano. Fra i “nomi”: Ettore Sottsass, Gae Aulenti e Superstudio. David Bowie perfeziona il suo personaggio di alieno venuto dal futuro e si consacra grande rock star. In teatro irrompe “Grease”, che esploderà di popolarità 6 anni dopo al cinema. Esce Ultimo tango a Parigi, provocatorio, censurato. A Bertolucci si affiancano due giganti come Buñuel (Il fascino discreto della borghesia) e Bergman (Sussurri e grida). Italo Calvino pubblica "Le città invisibili", Fruttero e Lucentini, "La donna della domenica".

I “creatori” detti sopra. Francis Ford non è ancora “Coppola”. Tre anni prima ha firmato Non torno a casa stasera, non particolarmente ricordabile. Mario Puzo nel 1965 ha scritto "Mamma Lucia", storia di immigrati siciliani. Argomento che conosceva bene: la sua era una famiglia di immigrati. Il padrino data 1969.

Nino Rota, che era già “Rota” autore di centinaia di colonne, ha composto la musica di Roma, e sta lavorando ad Amarcord, tutta roba di Fellini. Brando è già il principe del cinema, nessuno come lui. Anche se ha avuto momenti di… pausa. Dopo don Vito, modello vecchio e statico, in quello stesso anno darà corpo e volto al Paul di Ultimo tango, che le solite classifiche giudicano il personaggio più sexy mai visto nei film.

Anche Al non è ancora “Pacino”. L’anno prima è stato protagonista di Panico a Needle Park, di Jerry Schatzberg. Niente di sensazionale. Ma Al, l’anno dopo cambierà registro. Rinnovandosi continuamente. Ponendosi come uno dei maggiori divi di questa epoca.

Contesto temporale, personaggi di quel profilo.  Dunque ecco quella “massa critica”, nucleare, che parte e arriva, a noi, mezzo secolo dopo, avendo perso quasi niente della sua esplosività.


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