Laureato in Giurisprudenza, nel decennio 1930-40 cominciò a dedicare la propria attenzione al teatro, scrivendo numerose commedie che attirarono su di lui l'attenzione della critica e del pubblico. Divenne così ben uno dei giovani commediografi italiani più quotati e interessanti di quegli anni, tanto che, nel 1943, la sua attività ottenne il riconoscimento di un premio dell'Accademia d'Italia. Durante la guerra cominciò ad occuparsi di cinema, lavorandovi saltuariamente, come sceneggiatore e soggettista; tale attività, dapprima marginale, si fece poi sempre più frequente e continuativa, tanto che, negli anni del dopoguerra, divenne il principale lavoro di Pinelli, che, in collaborazione, cominciò a scrivere soggetti e sceneggiature per film di notevole impegno artistico, realizzati dai migliori registi italiani. Pinelli lavorò per Pietro Germi, per Alberto Lattuada e, soprattutto, per Federico Fellini, per il quale scrisse, spesso insieme a Ennio Flajano, i soggetti e le sceneggiature di tutti i film fino a Otto e mezzo (1963). Fra le sceneggiature degli anni Quaranta e Cinquanta meritano di essere ricordate, per il loro particolare valore artistico, quelle di Senza pietà (1948) e de Il mulino del Po, (1949) diretti da Lattuada; quelle de In nome della legge (1949) e de Il cammino della speranza (1950) diretti da Germi; e ancora quelle di Europa '51 (1952 Roberto Rossellini) e di Adua e le compagne (1960, Antonio Pietrangeli): in esse Pinelli si dimostrò un autore caratterizzato da una notevole forza drammatica, da impegno morale e sociale, oltre che fornito di un ottimo mestiere. Nelle sceneggiature per i film di Fellini egli diede il meglio di sé, fin da Luci del varietà (1951), una storia in cui il mondo felliniano già prendeva consistenza attraverso un tessuto di immagini, di situazioni, di dialoghi, al quale lo sceneggiatore seppe conferire il necessario risalto, utilizzando anche la sua esperienza di commediografo. Nell'ambito della filmografia felliniana Pinelli ottenne i migliori risultati ne La strada (1954), ne Le notti di Cabiria (1957), ne La dolce vita (1960) e in Otto e mezzo (1963), le cui sceneggiature furono scritte tutte in collaborazione con lo stesso Fellini e con Ennio Flaiano, con i quali Pinelli aveva stabilito una perfetta e rara comunione di intenti. Degno di essere considerato uno degli sceneggiatori più geniali e vivaci del dopoguerra, Pinelli contribuì efficacemente all'affermazione di un cinema di alto livello artistico, ricco d'idee e sostenuto da un autentico impegno umano e sociale, giungendo a risultati estetici che rimangono tra i più significativi della nostra cinematografia.