Anno | 1986 |
Genere | Commedia |
Produzione | Italia |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Mario Monicelli |
Attori | Catherine Deneuve, Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Bernard Blier, Philippe Noiret Giuliana De Sio, Liv Ullmann, Lucrezia Lante Della Rovere, Athina Cenci, Nicola Di Pinto, Nuccia Fumo, Mario Cecchi, Carlo Monni, Paolo Hendel, Adalberto Maria Merli, Paul Müller, Francesca Calò, Simona Cera, Enio Drovandi, Rosalino Cellamare, Riccardo Diana. |
Tag | Da vedere 1986 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,35 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Nel bel casale di campagna del conte Leonardo vivono la moglie separata, la figlia minore, il vecchio zio e la nipote, figlia di un'attrice romana. Ha vinto 3 Nastri d'Argento, ha vinto 7 David di Donatello,
CONSIGLIATO SÌ
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Nel bel casale di campagna del conte Leonardo vivono la moglie separata, la figlia minore, il vecchio zio e la nipote, figlia di un'attrice romana. La gestione della proprietà è affidata a un amministratore, teneramente legato all'ex moglie del conte. Un bel giorno Leonardo torna a casa per chiedere un prestito alla sua già dissanguata famiglia, ma muore in un incidente dopo aver assistito anche al ritorno della figlia maggiore. Dopo varie peripezie, nella fattoria rimarranno soltanto le donne; una delle quali è incinta.
Elena è la proprietaria di una cascina in Toscana nella quale abita insieme alle due figlie, Franca e Malvina, alla governante Fosca e al vecchio zio Gugo; il suo ex-marito, Leonardo, è un uomo avventato e poco affidabile, in cerca di finanziamenti per un progetto che si preannuncia fallimentare, mentre sua sorella Martina è una famosa attrice completamente assorbita dalla propria carriera.
Uscito nel 1986 ed accolto da un ampio successo presso critica e pubblico, Speriamo che sia femmina è uno dei più importanti titoli del cinema italiano del decennio, oltre che una delle migliori opere nella cinquantennale carriera di Mario Monicelli, regista per eccellenza della grande commedia all'italiana. Sceneggiata anche dallo stesso Monicelli, la pellicola racconta la storia e le vite di una famiglia di latifondisti della campagna di Grosseto, oberata dai debiti e diretta verso un lento declino, espressione di una cultura contadina che appare destinata ad un'inevitabile disgregazione.
Con una perfetta miscela di comicità e dramma, leggerezza e malinconia, il film ci regala un disincantato ritratto della società italiana vista attraverso le vicende quotidiane e gli avvenimenti privati dei vari protagonisti; e come spesso accade nelle opere di Monicelli, il riso suscitato nello spettatore è accompagnato da un indefinibile senso di amarezza, sintomo della partecipazione del regista nei confronti dei suoi personaggi. E così l'ironia, anche quando si fa più acuta e pungente, risulta sempre stemperata da un'istintiva tenerezza, unita al nostalgico rimpianto verso un'epoca e un modo di vivere ormai giunti al tramonto. Ma come evidenziato dal titolo stesso, Speriamo che sia femmina è anche e soprattutto un film sulle donne: in questa pellicola, infatti, sono le donne ad occuparsi del lavoro e ad assumersi la responsabilità di portare avanti la famiglia, dimostrando una forza, una determinazione ed una capacità di sopravvivenza che si contrappongono all'immaturità e alla debolezza dei personaggi maschili, primo fra tutti quello di Leonardo (un impagabile Philippe Noiret), marito infedele e padre assente al quale verrà riservata una grottesca uscita di scena.
E non è un caso che, alla fine, le protagoniste si ritrovino sedute tutte insieme intorno allo stesso tavolo, in un emblematico inno alla solidarietà femminile. Magistrale l'intero cast, in particolare la norvegese Liv Ullmann (musa di Ingmar Bergman), che dà una straordinaria interpretazione nella parte di Elena, la saggia e benevola matriarca sulle cui spalle è appoggiato il peso dell'intera famiglia; ma vanno ricordate anche Catherine Deneuve nel ruolo di Martina, la sofisticata sorella di Elena, e la bravissima Athina Cenci in quello di Fosca, la schietta e volitiva governante del casale.
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Davvero un bel film, la contrapposizione tra donne (più o meno argute) e uomini (sempre inetti o quasi) ne fa un "Maschi contro femmine" e "Femmine contro maschi" ante litteram. Ovviamente il prodotto monicelliano è mille volte superiore ai suddetti filmettini di Brizzi. Il sarcasmo senza pietà di Monicelli raggiunge la sua apoteosi con la scena della morte del conte Leonardo (Philippe Noiret), [...] Vai alla recensione »
A più di trent’anni dalla sua uscita, il film mantiene una certa freschezza di fondo ed una sua coerenza narrativa rispetto all’enunciato del titolo. Dove l’auspicio è sostanzialmente relazionato alle deboli, quando non ridicole, figure maschili che intersecano le vite del gruppo di donne protagonista della vicenda.
Dopo il film su Mattia Pascal, nel 1985 Monicelli tornò alla regia con un'opera dalla portata ben minore, "Speriamo che sia femmina". Guardando il film esso sembra però un parto stanco, un po' malriuscito, ben lontano sia dalla squisitezza comica dei "Soliti ignoti" sia dall'impeccabile eleganza della "Grande guerra"; siamo di fronte ad un prodotto [...] Vai alla recensione »
Monicelli è un ammirevole pittore, e questo è un suo delizioso acquerello. Mai noioso, alterna momenti seri a scene divertenti, mischiate in modo delicato e sapiente. Anche i camei, come quello disegnato da Enio Drovandi, sono azzeccati. Le interpreti femminili sono magistrali.
Dopo averlo rivisto per l'ennesima volta, per l'ennesima volta mi è piaciuto ancor di più di quella precedente. Per me è un film perfetto: divertente, drammatico, triste, allegro. Vero come la vita. E con uno zio Gugo a far fronte ad una banda di bellissime e bravissime femmine. Capolavoro.
Un bellissimo film che potrebbe anche essere un bellissimo romanzo. Scritto, del resto, insieme con Mario Monicelli cui si deve la regia, da alcuni fra i più prestigiosi scrittori del nostro cinema, Tullio Pinelli, Suso Cecchi d’Amico, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi. Una storia di donne. Come a volte anche in Bergman, come a volte anche in Strindberg, ma con quel “tocco” alla Monicelli che, con [...] Vai alla recensione »