Speriamo che sia femmina

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Un film di Mario Monicelli. Con Catherine Deneuve, Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Bernard Blier, Philippe Noiret.
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Commedia, Ratings: Kids+16, durata 120 min. - Italia 1986. MYMONETRO Speriamo che sia femmina * * * - - valutazione media: 3,40 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Speriamo che sia femmina. Valutazione 3 stelle su cinque

di Nicolas Bilchi


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sabato 4 giugno 2011

Dopo il film su Mattia Pascal, nel 1985 Monicelli tornò alla regia con un'opera dalla portata ben minore, "Speriamo che sia femmina". Guardando il film esso sembra però un parto stanco, un po' malriuscito, ben lontano sia dalla squisitezza comica dei "Soliti ignoti" sia dall'impeccabile eleganza della "Grande guerra"; siamo di fronte ad un prodotto medio-borghese, in cui le caratteristiche portanti del cinema di Monicelli risplendono soltanto in rare occasioni, lasciando posto ad una piattezza generale che rischia a tratti di annoiare. Non che il regista abbia compiuto degli errori, anzi egli persegue il proprio scopo con sicurezza e fermezza di mano e di testa, ma l'handicap (che poi handicap non è perchè tutto deve essere subordinato, valutando oggettivamente, all'intento che ci si è prefissati e che quindi influenzerà fortemente il prodotto) è che la tematica stessa si presenta ostica e non assimilabile immediatamente in piena serenità. Monicelli, sempre pronto a sbeffeggiare con satira più o meno marcata i vizi e i difetti della nostra Italia prendendo a modello personaggi, o nuclei familiari come in questo caso, che divengono figure emblematiche, in "Speriamo che sia femmina" incentra la riflessione su una famiglia di piccoli imprenditori borghesi benestanti, toscani, che vivono, come tutti, i propri guai e tragedie, che all'interno del sistema capitalistico vanno alla ricerca del soddisfacimento dei consumi che la loro posizione richiede aprioristicamente (dunque neanche per colpa loro, in fin dei conti): ecco dunque che il marito, che a casa non c'è mai per lavoro e ovviamente a Roma si è fatto l'amante (una giovanissima Stefania Sandrelli nella parte di semi-comprimaria), è pronto a mettere tutto sotto ipoteca per concludere un affare che potrebbe renderlo miliardario, ecco che la moglie, anch'essa consolatasi con le attenzioni del fattore del podere, decide di vendere tutto per andare a vivere nella Capitale dove, pur non facendo la gran signora, "potrà togliersi qualche soddisfazione". Monicelli critica questa mentalità precostituita nella nostra società moderna con la forma di ironia più forte che c'è, cioè mostrando in modo realistico e molto meno "comico" rispetto a suoi film precedenti la degenerazione morale e culturale che da questa condizione deriva. Ugualmente sbeffeggiati, ma su registri più tradizionalmente monicelliani, sono gli uomini, falsi ed ipocriti, capaci solo di far soffrire le figure femminili (o, come lo zio che impara a cucire calze per cavalli, ridotte a macchiette quasi effeminate), le quali quindi stravincono il confronto/scontro, sempre presente ma mai marcato verso l'inverosimiglianza, con gli esponenti dell'altro sesso. Ed infatti il finale, nonostante la negatività di fondo dell'opera, celata solo superficialmente dal clima da commedia, o al massimo da melodramma, che il regista non può fare a meno di impostare, lascia trasparire un barlume di speranza; le donne della famiglia, pacificatesi dopo litigi e contrasti reciproci, si siedono tutte a tavola, alla stessa tavola in cui il film era iniziato, ma epurate da tutte le fastidiose ed ingombranti figure maschili, anzi accompagnate da un nascituro che ancora non si fa sentire ma che è presente, dando quasi l'idea che quella tavola, salva con tutta la baracca quando l'affare della vendita dei poderi viene mandato a monte dalla padrona di casa, non resterà vuota, e l'augurio finale, che è anche il culmine della riflessione monicelliano su tutto ciò che ci è stato fatto vedere nella pellicola, è che il bambino sia un'altra femmina la quale, simbolicamente, è ciò che dovrà portare un miglioramento, un riscatto del mondo secondo principi nuovi, che sono in realtà principi antichi, valori comuni ormai dimenticati a vantaggio del profitto e dell'arricchimento, quali la famiglia, l'amicizia, la solidarietà gli uni verso gli altri.

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