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Commentare le opere di questo regista diventa un esercizio sempre più complicato, la padronanza con cui sviluppa le sue storie è diventata oramai un mestiere che clint conosce alla perfezione. Semmai ci aggiunge almeno in questo film una vena di malinconia. E'intrisa di malinconia in effetti la vita del protagonista: manager,allenatore,talentscout del mondo della box, ha tutto per diventare un nome importante nell'ambiente, eppure aleggia in lui la paura del dramma, del qualcosa che manca ancora per far diventare campioni i suoi ragazzi. La sua palestra del resto è un caleidoscopio di carriere fallite, di speranze represse, di giovani che saltano sul quadrato si allenano ma più spesso si azzuffano, e quando gli capita tra le mani una ragazza che vuole diventare campione di uno sport praticato esclusivamente dai maschi, gli sembra di aver toccato il fondo. Ma il vecchio custode nero, rovinato pure lui dal male della box capisce che c'è del buono e se ne accorge un pò alla volta anche il manager.Il film a questo punto procede come un treno sul classico ma collaudato percorso della carriera fulminea fino alla soglia del campionato del mondo. E quì Eastwood cala la sua impronta, direi anzi un macigno, perchè fa virare il film da un quasi sport-movie in una parabola introspettiva sulla morte. L'agghiacciante vita a cui è costretta la ragazza dopo il tragico epilogo dell'ultimo incontro, quello più importante, rivela all'uomo l'incapacità di gestire una nuova tremenda situazione quello della vita e della morte e decide quasi inaspettatamente per quest'ultima.La ragazza bloccata sul letto per il resto dei suoi giorni decide di suicidarsi ma più ancora, fallito il tentativo, chiede al suo allenatore l'ultima volontà per chiudere quel combattimento e iberarla definitivamente dall'angoscia di una non-vita. Epilogo amaro ma attraversato dalla certezza di aver fatto finalmente una scelta giusta.
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recensioni di critica, pubblico e dizionari.
