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Un altro Ferragosto... dove eravamo rimasti?

Paolo Virzì torna a raccontare i personaggi del film Ferie d'agosto (1996). Un altro Ferragosto, dal 7 marzo al cinema.
di Giovanni Bogani

Un altro ferragosto

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Sabrina Ferilli (59 anni) 28 giugno 1964, Fiano Romano (Italia) - Cancro. Interpreta Marisa nel film di Paolo Virzì Un altro ferragosto.
lunedì 4 marzo 2024 - Focus

Rivedi Ferie d’agosto di Paolo Virzì, il film del 1996. E scopri delle cose che, quando lo hai visto ventotto anni fa, non avevi notato. Forse, non potevi notare. 

La storia la ricordavi vagamente: due gruppi di amici prendono due case in affitto, l’una vicina all’altra, nell’isola di Ventotene. Un gruppo di amici – Silvio Orlando, la sua compagna Laura Morante, il naturista anarchico Gigio Alberti, Antonella Ponziani, Raffaella Lebboroni e altri – sono democratici, progressisti, intellettuali. Insomma, “di sinistra”. I vicini – Ennio Fantastichini, Piero Natoli, Sabrina Ferilli, Paola Tiziana Cruciani – sono burini, qualunquisti, volgari. Disinteressati alla politica, in quel modo che è già un prendere posizione. 

Ovviamente, sono scintille, dissapori, tensioni, provocazioni. Ci scapperanno anche un colpo di Beretta calibro 9 e un paio di amori incrociati, con incroci al chiaro di luna fra Capuleti e Montecchi balneari. Perché l’insoddisfazione, personale e sentimentale, regna, equamente distribuita fra i due campi.  

 Beh, che cos’è che noti, che appare visibile adesso, come le cose che ti colpiscono in una vecchia fotografia? Beh, ti rendi conto che Ferie d’agosto era una delle ultime commedie all’italiana, e forse ne era anche un po’ un riassunto. Già da quel titolo, che evoca il film di Luciano Emmer, Una domenica d’agosto, che nel 1950 raccontava gli italiani che andavano al mare, cercando di ritagliarsi un metro quadro di felicità sulla sabbia popolare del lido di Ostia. E si scrollava di dosso, cinematograficamente, la miseria della guerra, la corsa della Magnani, il volto triste di Lamberto Maggiorani e della sua bicicletta, il neorealismo.  
 


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In foto una scena di Ferie d'agosto (1996).

In Ferie d’agosto c’è un po’ un riassunto accelerato del cinema venuto dopo, fin dalla sequenza iniziale, con una sgangherata banda di paese sui titoli di testa, che fa tanto Fellini. E sono felliniani i personaggi di Virzì, come i fumetti che lui ama disegnare. C’è Fellini, c’è Virzì con il suo gusto quasi ottocentesco per la comédie humaine, per l’affresco che mostra il ridicolo e il tragico di ciascuno. Ma c’è, se lo guardi oggi, anche una sorta di riassunto del miglior cinema di quegli anni. 
C’è profumo di Nanni Moretti. C’è un’isola, come nel capitolo girato alle Eolie di Caro diario, di tre anni prima. E fra gli attori, c’è un’icona del cinema di Nanni Moretti: Laura Morante, che aveva girato con Nanni Sogni d’oro e Bianca. C’è un dialogo iniziale, con Silvio Orlando che rimprovera Laura Morante per il suo uso delle parole: “geniale” per un’insalata, “scomodo” per un film, con Orlando che si infervora, e ricorda il Moretti di Palombella rossa, il suo grido: “Le parole sono importanti!”. E c’è Gigio Alberti che, quando gli chiedi che cosa fa, butta lì un po’ di  parole vaghe sulle organizzazioni non governative, dice che viaggia, va in giro, e manca poco che non dica “Faccio cose, vedo gente”…

Gigio Alberti, che ci rimanda, invece, ad un altro punto focale del cinema italiano degli anni ’80-’90: Gabriele Salvatores. Sembra uscito, Gigio Alberti, dal Marocco di Marrakech Express, o dall’isola greca di Kastellòrizo in “Mediterraneo” e essere approdato direttamente lì, a Ventotene: da una fuga all’altra. E c’è anche un po’ di Verdone: nel modo in cui Gigio Alberti si vanta, al bar, della sua esperienza di vita vissuta, come l’Oscar Pettinari di Troppo forte. E sono “verdoniani” i modi della famiglia dei burini, quella di Ennio Fantastichini. E quella casa dai muri rosa, in cui si rifugia il giornalista Silvio Orlando, ricorda un po’ anche la casa di Salina – anche se nella finzione è Capri – dove si rifugia il poeta Pablo Neruda nel Postino con Troisi. C’è il profumo del cinema più intelligente, più democratico e progressista di quegli anni. All’epoca non te ne accorgevi: ma i film, in quegli anni, si parlavano fra loro. 
 


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In foto una scena di Ferie d'agosto (1996).

E poi c’è l’Italia. 

L’Italia di quegli anni. Senza telefonini, senza l’euro, senza Instagram, senza le app. Come social di condivisione più popolare, la spaghettata con chitarra dopocena. Ma a parte quello, è un’Italia identica. E non solo per il discorso politico, che tornerà, ancora più nitido, in Caterina va in città, sempre scritto da Francesco Bruni e Paolo Virzì, e diretto da quest’ultimo, sette anni dopo Ferie d’agosto. L’Italia di Ferie d’agosto è la stessa di oggi. Ci sono già i qualunquisti, ottusi, razzisti, maschilisti. Ma c’è anche la mortale vacuità della sinistra. Lo snobismo odioso degli amici “progressisti”, quando si presenta da loro Piero Natoli, e viene deriso, con un’ironia sottile che non può capire. C’è tutto quello che avremmo visto negli anni seguenti. L’accartocciarsi della sinistra sulle parole, su un moralismo sterile, perché non sostanziale. E l’emergere di una destra aggressiva, sicura di sé, prepotente. 

C’è quella scena chiave. Quando i due clan si affrontano, un duello verbale a colpi di luoghi comuni. Fantastichini contro Orlando, come duellanti in ottava rima, o rapper che si affrontano in freestyle. “Ci tocca lavorare per riparare ai danni che avete fatto voi, in quarant’anni di consociativismo!” urla Fantastichini a Orlando, e via di slogan. Potrebbe essere uno spaccato dell’Italia di oggi. 

C’è, però, anche un ritratto più sottile. Dove il politico sfuma, come si diceva una volta, nel personale. Perché entrambi i gruppi scoprono di avere tormenti, insoddisfazioni, rimpianti. Anche quelli con i soldi, il motoscafo a noleggio, i fucili subacquei e la Beretta calibro 9. Scoprono di avere, anche loro, problemi “da borghesi”. Un po’ come lo scoprivano Gessica e Ivano di “famolo strano”, in Viaggi di nozze di Verdone, che è solo dell’anno prima. 

In ognuno dei due gruppi c’è almeno una donna che soffre: la Ferilli da una parte e Laura Morante dall’altra. Sia detto per inciso, in questo film entrambe belle come non mai. Il sole di quel set, di quelle settimane passate a girare a Ventotene, se lo portano tutto addosso, ne risplendono anche al buio. 

Ma entrambe disegnano spose infelici, tentate dal buttare tutto all’aria. E allora, si parla di politica, ma soprattutto di crisi coniugali, di rimpianti per le vite non vissute. Come in un Grande freddo all’italiana, è un affresco di quarantenni in crisi. La foto di gruppo di tante vite che hanno ripiegato le ali. Vite che hanno preso una direzione che non era quella sognata: ma ormai è la vita che ognuno ha scritto sulla sua pelle, che si è tatuata addosso. E, alla fine, Ferie d’agosto è un film sull’accettare la vita che abbiamo. Forse non la migliore possibile, ma con ancora qualche goccia di felicità da spremere. Sotto la patina di una commedia politica, c’è un film intimo, sui mille modi in cui si può mandare a fondo un amore, e sugli altri mille con cui lo si riesce, miracolosamente, a recuperare. Come quell’ancora che Piero Natoli recupera, immergendosi nel fondale di Ventotene.  


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