Titolo originale | Jianghu ernü |
Titolo internazionale | Ash is Purest White |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Cina, Francia, Giappone |
Durata | 141 minuti |
Regia di | Jia Zhangke |
Attori | Zhao Tao, Liao Fan, Zheng Xu, Casper Liang, Feng Xiaogang, Yi'nan Diao Yibai Zhang. |
Uscita | giovedì 9 maggio 2019 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Cinema |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,77 su 33 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 11 giugno 2019
L'amore appassionato tra una ballerina e un gangster di una povera città industriale cinese. Il film ha ottenuto 1 candidatura a NSFC Awards, In Italia al Box Office I figli del fiume giallo ha incassato 203 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Datong, 2001. Qiao e Bin gestiscono una bisca, finché un agguato attenta alla vita di Bin. Per salvarlo Qiao spara in aria e viene arrestata. Uscirà di prigione cinque anni dopo, ma Bin ha cambiato vita a Fengjie e non vuole più vederla.
L'autoreferenzialità è parte integrante del cinema d'autore. Spesso costituisce una cifra stilistica o una chiave interpretativa, anziché un difetto.
Nel cinema di Jia Zhang-ke l'elemento ricorsivo-riflessivo ha guadagnato sempre maggiore importanza, fino a un film in cui è possibile leggere in tralice l'intero suo percorso di cineasta, come I figli del fiume giallo.
Tre segmenti ambientati in tre anni (2001, 2006 e 2018) e in due luoghi (Datong nello Shanxi e Fengjie nella regione di Chongqing e delle Tre Gole), che rappresentano altrettanti rimandi a momenti precedenti della filmografia di Jia. Al 2001 di Unknown Pleasures - ambientato a Datong - segue il 2006 di Still Life - ambientato a Fengjie - con situazioni e personaggi che ritornano sotto vesti solo lievemente differenti.
Ma I figli del fiume giallo non si limita a una semplice riproposizioni di tempi e luoghi, è come se rivisitasse quelle opere e quelle sensazioni, forse - ma non è dato sapersi con certezza - recuperando anche del girato inedito. Anche dal punto di vista tecnico e stilistico, infatti, il regista alterna pellicola e digitale, dando la sensazione anche visiva di attraversare l'arco temporale della narrazione. La peregrinazione di Qiao nel segmento centrale di Fengjie ricorda da vicino il percorso della stessa interprete - sempre Zhao Tao, musa e moglie del regista - in Still Life, oggi come allora in cerca di un uomo che non si presenta a un appuntamento. Come se I figli del fiume giallo rappresentasse una raccolta di "non detti", il completamento di fili mai riannodati in passato. Un arco temporale di 17 anni in cui sono cambiati irreversibilmente la Cina, il cinema, Jia e la sua musa: e di cui il film diviene una sorta di testimonianza, benché fittizia, romanzata e alterata nel contenuto, che traspone il tutto in una vicenda di jianghu, come da titolo originale (che traslitterato significa Jianghu Er Nv, "Figli e figlie del jianghu").
Il codice d'onore e il senso di fratellanza che, semplificando, costituiscono il significato più prossimo di jianghu - termine mutuato dalle arti marziali e trasferito al sottobosco criminale delle Triadi cinesi - innervano la relazione di dominio e possesso che unisce e divide Bin e Qiao. Conosciamo i due uniti indissolubilmente in un primo segmento, che richiama con parossistica evidenza il cinema noir di Hong Kong: le immagini e le canzoni che caratterizzavano i film con Chow Yun-fat di fine anni Ottanta fanno da sfondo a storie di mahjong, lame e denaro, che culminano in una straordinaria sequenza di agguato in una strada affollata.
La separazione dei due amanti si traduce in una biforcazione di senso e di stili del film, che muta pelle come il paesaggio cinese che fa da sfondo alla vicenda. Le parole ormai vuote di un padre che si scaglia contro le "tigri di carta" hanno ormai lasciato spazio all'incedere del capitalismo di Stato, quello che costruisce dighe e che viola la natura umana, mettendola al servizio del denaro e dell'ambizione. Qiao non è un'idealista, ma crede in valori che non appassiscono. Il jianghu, per lei, continua ad avere un senso, fino a un parossistico terzo segmento, in cui attraverso l'incursione dell'irrazionale - UFO, agopuntura - la donna sembra rimettere in scena il mondo che conosceva, le coordinate in cui si muoveva con agio. Ma la Datong che chiude il film assomiglia solamente alla Datong che lo apre. Tornare indietro rispetto agli errori commessi, da una donna o da una nazione, rimane un atto impossibile, velleitario. Fino a rivelare la sua inevitabile natura di finzione "digitale".
Un'opera complessa e ricca di riferimenti interni alla propria poetica, che conferma la statura di un autore capace di leggere i mutamenti della contemporaneità in un Paese che procede a una velocità pari a quella dei suoi treni, quando attraversano senza ritorno le lande desertiche dello Xinjiang.
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Figlia di un ex minatore disoccupato e compagna di un boss locale di piccolo cabotaggio, la bella Zhao Qiao si barcamena tra un locale da ballo che funge da copertura ed una bisca clandestina che fornisce sostentamento.La fedeltà al suo uomo le costerà 5 anni di carcere e 15 anni di solitudine che la condurranno, attraverso un intero continente in perpetua trasformazione, al punto di partenza delle [...] Vai alla recensione »
Gli ultimi vent'anni di una Cina vista dal di dentro. Storia di una donna mai sposata ma legata anima e corpo ad un uomo di potere, certo non un pezzo grosso semmai un mandarino locale attorniato dalla sua corte di uomini ubbidienti e rispettosi dove il motto principale è lealtà e correttezza. Questo concetto quasi romantico di una mafia buona e giusta mal si addice ai tempi rapidi [...] Vai alla recensione »
ma non v'è traccia del Celeste Impero. Ripensandoci e ripensandosi Jia Zhangke confeziona un lavoro che, come tutte le belle scritture orientali, si presta a così tante letture fino a stimolare le esegesi più esoteriche. Tentando anch'io un'intellettualizione, lo paragonerei ad un fugato a due voci con corale. Questo, in realtà, fittizio in quanto il monolito [...] Vai alla recensione »
Tralasciando commenti sociologici e filosofici, visto che si tratta di un film mi concentro sull'aspetto cinematrografico. Il film è discreto, niente di eccezionale o imperdibile; la sceneggiatura ha alcune scene poco verosimili, al limite del ridicolo; la prima parte non è sviluppata nel modo giusto perchè non mette in evidenza il rapporto tra i due protagonisti e il ruolo [...] Vai alla recensione »
L'ho visto ieri sera, e l'ho trovato interessante, la personalità di lei - forte, determinata e generosa: notevole. Lontano dal mio gusto cinefilo, ma ci ha donato l'incontro con una civiltà complessa, la conclusione inevitabile ha lasciato il pubblico perplesso.
The last Jia Zhangke’s film was selected at Cannes 2018, won the Best Performance by Actress at Asia Pacific Screen Awards 2018 and Best Screenplay at Asian Film Festival 2019. «Ash Is Purest White» is an emblem of Jia’s vision of cinema and Art. Full of auto-references, the noir-gangster story talks about a love across the years stocked in [...] Vai alla recensione »
il racconto sembra basato sul rapporto di coppia, una fortuna, però credo sia piu facile vincere la lotteria, personalmente ho trovato il film lineare, però poteva essere meglio, si tirava fuori dal solito stile orientale, pensavo che si salvasse almeno il finale, invece niente.
Premetto che non sono affatto prevenuta nei confronti del cinema cinese, che al contrario apprezzo molto. Mio marito ed io siamo andati a vedere questo film ieri sera con belle aspettative e siamo usciti annoiati e pentiti di aver perso due ore per tanta banalità. Unica nota positiva la bravura disarmante dell'interprete femminile, Zhao Tao.
Premesso che non sono un fan del cinema orientale, ma forse le mie aspettative erano troppo alte e sono rimasto deluso. L'inizio era molto promettente belle inquadrature, bella storia d'amore che porta lei a finire in galera pur di proteggere il suo uomo e quindi belle emozioni. Ma poi le emozioni per me si spengono e il film diventa una specie di noiosa triste agonia che si trascina fino [...] Vai alla recensione »
I figli del fiume giallo è un film sulla mancanza, a partire dal titolo. Ben prima del "fiume giallo" italiano, del valore poetico dell'Ash is Purest White internazionale, e prima ancora del valore letterale cinese - Jianghu Er Nv, ovvero "I figli dei fiumi e dei laghi". Un significato ulteriore confonde l'elemento spaziale con quello temporale, visto che "Jianghu" è un concetto che rimanda al codice d'onore di una criminalità antica, una controcultura di fratellanza. Più di tutto, però, questa parola evoca un tempo andato, degli ideali che si possono catturare solo in modo nostalgico, e dunque una frattura insanabile tra presente e passato; come nel brindisi celebrativo che apre il film, con Bin che alza il bicchiere all'idea di "lealtà e correttezza" per poi trascorrere il resto dei 135 minuti di film a eludere i medesimi valori.
Più di una semplice opera autoriflessiva, più di un autore che cita il suo passato, gli stacchi bruschi e le contaminazioni tra i diversi momenti temporali fanno de I figli del fiume giallo un film insolitamente intenso, naturalmente ricco di un pathos sempre meritato laddove qualunque altro regista, in una situazione simile, dovrebbe lavorare da zero per costruirlo.
Spazio e tempo entrano in gioco immediatamente con le due sequenze iniziali, in dialogo tra loro. Nella prima, del materiale documentaristico, girato in 4:3 con una telecamera digitale piena di grana "d'epoca", si aggira tra i volti dei passeggeri di un autobus per poi soffermarsi sugli occhi di un bambino. Nella seconda, ambientata in un 2001 diegetico, Qiao fa il suo ingresso nel locale dove Bin e la sua banda giocano a ricreare una mitologia eroico-criminale alimentata dai gangster movie di Hong Kong.
L'uso di quel prologo, che Jia stesso girò anni fa, parla del passato (e della sensibilità artistica) del regista quanto di quello del personaggio interpretato da Zhao Tao, sua musa e compagna. In esso c'è una transizione sociale, di classe e di genere, ma le due sequenze non sono legate direttamente: c'è qualcosa di straniante in mezzo, un'inquadratura aerea del complesso urbano, nitida e moderna, che separa il video dal 35mm e incarica un presente astratto e verticale di vegliare su due passati, uno vero e l'altro inventato. Con due sequenze, Jia Zhangke ha già posto le basi per un film ibrido, che non solo mescola epoche e formati, come spesso accade, ma ne complica il reciproco rapporto esistenziale sfuggendo alle semplici logiche binarie.
Lo stesso vale per l'assoluto centro gravitazionale del film, un folgorante minuto action, breve, senza parole, improvviso. Da outsider, Qiao si è fatta strada all'interno della banda, e dal sedile posteriore di una berlina scura brandisce un sigaro e indica la strada. Una voglia di ravioli, anzi forse no. Poi l'arrivo dei motociclisti di una gang rivale. Molto contribuisce a rendere la scena speciale: la fluidità del movimento di macchina tra i pugni che volano, la platealità del gesto con cui Qiao decide di intervenire per salvare Bin, mostrando la pistola e sparando due colpi come in un sacrificio cerimoniale.
Il cinema di Hong Kong è spesso rimasto come sottotesto, presente ma quasi invisibile, nei film di Jia Zhang-ke. Talora - tramite il lavoro del suo direttore di fotografia hongkonghese Yu Li-kwai, autore di pregevoli e poco conosciuti lavori come regista - il sottotesto emerge in maniera compiuta, per divenire qualcosa di più. Fino a I figli del fiume giallo (in originale Jiang hu er nü, nel titolo internazionale Ash is the Purest White), in cui l'influenza diviene omaggio esplicito, voluto e conclamato. Per la sua opera-mondo, dalla complessità stratificata, Jia sceglie di aprire su quelle impressioni lontane, su quelle sensazioni mediate dalla settima arte, che ha contribuito a creare una Hong Kong virtuale, non esistente sul piano reale ma presente nell'immaginario collettivo. Fatta di colpi di pistola, luci al neon, musica cantopop.
In ogni intervista Jia ribadisce come fonti di ispirazione per il film John Woo e Johnnie To e i loro iconici noir calati nel mondo delle Triadi. Soprattutto i doppi capitoli di A Better Tomorrow per il primo e di Election per il secondo. To è infatti il primo, in Election 2, ad affrontare sul piano politico il mutato ruolo della Cina, utilizzando il gangster movie come allegoria per rappresentare la trasformazione in corso.
Jia adotta un procedimento simile: pone al centro il jiang hu e le sue regole dell'onore, che la Triade ha ereditato dall'antichità e dal mondo delle arti marziali, così da rendere il sottobosco criminale un punto di vista privilegiato per guardare alla nazione nel suo complesso, storico e geopolitico. E alla storia della sua cinematografia, che passa anche attraverso il cameo riservato a tre registi dell'ultima generazione: Diao Yinan, Zhang Yibai e Feng Xiaogang (ma la parte recitata da quest'ultimo è stata rimossa dalla versione uscita in sala, come conseguenza dei problemi occorsi tra Feng e il governo di Pechino).
Ma il globale procede di pari passo con il particulare, la dimensione pubblica con quella intima. In I figli del fiume giallo si alternano infatti cinque formati differenti, dal DV al Digibeta fino all'alta definizione e alla pellicola 35mm, per raccontare un excursus che riguarda la carriera precedente del regista e la sua stessa vita, in un intreccio inscindibile, degno di Truffaut.
La prima scena del film è costituita da un girato risalente al lontano 2001 e realizzato nei luoghi da cui Jia proviene, da Fenyang nello Shanxi. È l'inizio di un viaggio a ritroso che utilizza la filmografia del regista per ricostruire quel che oggi sono diventati lui, lei e la Cina. Dove "lei" è Zhao Tao, moglie, musa e protagonista di molti film del regista. Spesso nel ruolo di una insegnante di ballo, la professione che Zhao svolgeva prima di conoscere Jia e di essere convinta da lui a diventare attrice professionista.
Sublime noir contagiato progressivamente dallo slancio fluido di un mèlo, I figli del fiume giallo, come ogni film di Jia Zhang-ke porta le stimmate delle evoluzioni della Cina nel corso degli anni. La sua storia, compresa tra il 2001 e i primi giorni del 2018, si svolge a Shanxi, dove le miniere chiudono destabilizzando e delocalizzando i suoi abitanti attorno alla più grande centrale idroelettrica del mondo sulle rive del fiume Yang-Tze. Tutto, i legami come i luoghi, sono condannati a subire una violenta trasformazione se non addirittura una distruzione senza appello. Di nuovo, il cinema di Jia Zhang-ke abbraccia il destino dei suoi personaggi e quello della Cina contemporanea. La mutazione accelerata del (suo) mondo è l'oggetto ideale del suo cinema. Registrare una realtà che evolve sotto gli occhi con tale velocità e tali proporzioni è la sua vocazione e in un certo senso quella del cinema (delle origini).
Dopo il gigantismo del cantiere di Still Life, che conduceva a conseguenze enormi, dopo la relazione d'amore di Al di là delle montagne attraverso gli anni e le trasformazioni economiche del suo Paese, l'autore affina di più la sua arte in un film noir che comincia nel 2001 con l'idillio di Qiao, figlia di un minatore.
È il tempo dell'apertura all'Ovest, delle discoteche improvvisate, del deflusso dell'attività mineraria e di tutte le tradizioni dell'era maoista. Il primo capitolo del film si arresta quando la giovane donna, innamorata di un boss locale, deve impugnare la pistola e usarla per difenderlo. Inghiottita da un'ellissi, seguiranno per lei cinque anni di prigione. E dal carcere Qiao uscirà per constatare che ha mancato una vita possibile con l'amato e mille altre senza di lui. Ma lei è più forte di lui, più ingegnosa, più brillante e avrà l'ultima parola in un mondo di uomini e dentro un film che comincia come un film di Scorsese. Un giro di gangster governato da padrini, alleanze, codici d'onore, rivalità, machismo, rituali, affari, esplosioni di violenza.
I figli del fiume giallo è il ritratto magnifico e complesso di una donna interpretata da Zhao Tao, musa e compagna del regista, nata sullo schermo con Platform. La presenza costante dell'attrice in tutti i film di Jia Zhang-ke a partire dal 2001 racconta un percorso, quello di una società intera, e un aspetto del cinema, quello di documentare la storia mentre la storia è in corso. Eroina imperiosa e attrice incomparabile di rigore e grazia, incarna la disillusione del suo personaggio e quella di una nazione intera, la cui volontà ossessiva di cambiamento non porta a niente di buono. A prestargli la replica è Liao Fan, boss e roccia che vacilla in una storia di amore assoluto, prima condiviso e poi a senso unico. Il film avanza in un movimento (sentimentale) di bilanciamento perpetuo.
A colpi di ellissi, il tempo passa sugli amanti e su quel loro amore che conosce il tradimento, il sacrificio, la fuga, il ritorno. Perché il ritorno a casa è inevitabile malgrado quella boccata d'aria e quella fuga (im)possibile offerta da uno sconosciuto sul treno. Bisogna affrontare il proprio destino anche se quel destino assomiglia a un paesaggio dopo l'uragano.
Presentato al festival di Cannes dell'anno scorso, I figli del Fiume Giallo è il nuovo grande film di uno dei grandi registi contemporanei. Attraverso le sue opere negli ultimi vent'anni Jia Zhangke ha raccontato la mutazione della Cina (come a dire: il cuore della nostra storia globale) attraverso drammi personali, sfiorando i vari generi in opere di grande respiro.
Ci sono storie interrotte che tornano nei film di Jia Zhang-ke, qualcosa sospeso nello scorrere del tempo, travolto dalla realtà del mondo il cui battito non si accorda quasi mai con chi lo percorre. Questione di ritmo, o di desiderio, a volte sbagliare il passo, troppo avanti o troppo indietro, può essere una scelta di vita. Un uomo e una donna, la Cina tra l'inizio del nuovo millennio e oggi.
La crescita esponenziale di Jia Zhangke non accenna alcuna battuta d'arresto. Un magnifico anti melodramma, contrappuntato dal tema di The Killer cantato da Sally Yeh, per una riflessione sulle sorti magnifiche e progressive del capitalismo di stato cinese. Nella parabola di una donna, lsua musa e compagna del regista Zhao Tao, si intravede in controluce non solo la fine delle mitologie ma anche la [...] Vai alla recensione »
Dalla Cina con dolore. Un dolore sordo, sottotraccia, senza cura. Accompagna gli anni lungo i quali si struttura il film, dall'inizio del millennio fino ai giorni nostri. Una donna e un uomo, Qiao e Bin, gestiscono una bisca. Vita oltre i margini della legge, tollerata dalle autorità. Ma quando Qiao spara alcuni colpi in aria per difendere il suo compagno aggredito da una banda rivale, tutto sembra [...] Vai alla recensione »
Al di là delle infatuazioni cinefile è notorio quanto sia eloquente e accurato il cinema dei registi cinesi d'inizio millennio. Il più rinomato tra di loro, lo Jia Zhangke di "Still Life" (Leone d'oro a Venezia 2006) e "Il tocco del peccato" (migliore sceneggiatura a Cannes 2013), conferma le sue notevoli doti col suo ultimo film che non è tuttavia immune da difetti e cedimenti: "I figli del fiume [...] Vai alla recensione »
"Tutto ciò che è sottoposto al fuoco diventa puro". A parlare è un gangster dagli occhi a mandorla ma dal sentire universale quanto lo è il cinema del cinese Jia Zhang-ke. Doveroso è dunque invitare subito il pubblico a fugare dubbi o timori davanti al bellissimo I figli del fiume giallo, il nuovo lavoro del regista dello Shanxi nelle sale da ieri. Il motivo è semplice: Zhang-ke è un poeta del racconto [...] Vai alla recensione »
Qiao finisce in prigione per salvare la vita di Bin, un piccolo gangster di cui è innamorata. Quando anni dopo torna in libertà, rimane profondamente delusa dalla codardia dell'uomo che non ha mai smesso di amare e che ora la evita. Scopre così le trasformazioni radicali di un paese alle prese con la nuova barbarie del capitalismo, lontanissime dal codice d'onore della malavita su cui aveva ruotato [...] Vai alla recensione »
Qiao è innamorata di Bin, un gangster locale. Nel corso di una rissa tra bande rivali, la donna apre il fuoco per difenderlo e questo gesto di lealtà le costerà cinque anni in carcere. Quando viene rilasciata, si rimette sulle tracce di Bin per riallacciare i rapporti con lui, ma tutto intorno a lei è cambiato. Il nuovo film di Jia Zhangke, I figli del Fiume Giallo conferma la passione del regista [...] Vai alla recensione »
Superando lo scoglio del film d'autore orientale (ah, un cinese!), con Jia Zhang-ke (Leone d'oro 2006 per Still Life) c'è modo di sollevare il velo della Cina dei mercati globali e delle vie della seta. Oltre l'impero comunista, oltre la violazione dei diritti umani, che i cineasti non possono tematizzare, c'è un malessere esistenziale alimentato da una crisi sociale permanente, di cui si sente, nei [...] Vai alla recensione »
Nel sottobosco criminale di una città di provincia, Qiao, figlia di un minatore sindacalizzato, si è legata a un gangster molto rispettato e adulato, Bin ("Lui è un pesce troppo grosso per questo piccolo stagno"). È un amore potente, tanto che per difendere il compagno minacciato da una gang emergente di teppisti, Qiao impugna una pistola e spara. Sarà condannata a 5 anni in carcere.
Il cinema del regista cinese Jia Zhangke (Leone d'oro a Venezia con "Still life") da sempre è innervato dalla necessità di raccontare la trasformazione epocale della Cina negli ultimi decenni, dove il passaggio da una realtà rurale a quella di una modernizzazione estrema ha assalito paesaggi e culture. In questo Jia Zhangke esprime una ciclicità dei racconti e dei personaggi, spesso colti in fasi storiche [...] Vai alla recensione »
Jia Zhang-ke continua a parlare della Cina, e di come si stia trasformando la società, l'economia e di conseguenza la moralità dei propri abitanti. Di una migrazione, intima e più concreta nello spazio, come vana soluzione a una perenne situazione di sottomissione dell'individuo. Mentre, come sempre, il fascino di questa sua visione nasce da un connubio fra il documento più reale e la finzione a tratti [...] Vai alla recensione »
Non ingannino né la targa (Cina), né la vetrina (Festival di Cannes), che bastano alla critica colta per eleggerlo capolavoro. Questa storia d'amore, che si snoda dal 2001 al 2018, ha le carte in regola per piacere a tutti. La ballerina Quiao usa la pistola per salvare il fidanzato gangster Bin da un'aggressione e si becca cinque anni. Esce e lui si è rifatto una vita.
Meno ambizioso, ma forse più riuscito del travagliato Mountains May Depart presentato in concorso a Cannes tre anni fa, Ash Is Purest White è l'ottavo film di finzione di uno dei due massimi autori cinesi intorno ai 50 anni, Jia Zhangke (l'altro è Wang Bing). Da quando ha preso in mano per la prima volta la macchina da presa, Zhangke ci ha tenuti informati, insieme a un folto gruppo di artisti contemporanei [...] Vai alla recensione »
Nel 2001 a Datong, città mineraria della Cina del Nord, la bella e giovanissima Qiao (Zhao Tao) - magnifica protagonista di I figli del Fiume Giallo, il nuovo film di Jia Zhangke gestisce una bisca insieme al suo amante, Bin (Liao Fan), un gangster in apparenza baciato dal successo e temuto da tutti. In realtà qualcuno ha deciso di liberarsi di lui, assaltando l'auto su cui viaggia.
Un volto di minatore, dietro al quale se ne intravedono altri due, sussulta su un bus; una bimba dorme avvolta nel suo maglioncino e si sveglia di soprassalto non appena l'automezzo si ferma; seguono altri volti ancora di uomini, per lo più vissuti, intensi, autentici. La camera si arresta infine sul volto di una bella e giovane donna, inquadrata di profilo, che pare dormire anch'essa.
Ci sono almeno tre storie in I figli del fiume giallo. La prima, letterale, è la storia d'amore tra Qiao e Bin, che si incontrano nello jianghu, nel mondo fumoso del milieu criminale di una cittadina di provincia, e si inseguono, tra alterne fortune, per oltre quindici anni, tra abbandoni, distanze e disperati ritorni. Ma non si tratta di un amore equilibrato, almeno sul piano strettamente narrativo. [...] Vai alla recensione »
Qiao e Bin si amano: lui è un boss della malavita locale, lei gli sta accanto con lo sguardo innamorato e una naturale grazia che diffonde attorno a sé. Attorno a loro la Cina sta cambiando - siamo nel 2001 - e le nuove generazioni vogliono sostituire le precedenti, anche nel mondo criminale. Bin viene assalito e picchiato selvaggiamente da una banda e, per fermare il pestaggio, Qiao spara un colpo [...] Vai alla recensione »
«Ho sempre ritenuto che i cambiamenti nella società cinese avvengano in maniera graduale, non che siano qualcosa di improvviso». Jia Zhangke dice una cosa abbastanza ovvia, parlando di I figli del Fiume giallo e in fondo una frase come questa può valere per ogni paese, ogni cultura e ogni società in tutto il mondo. Eppure per quanto semplice possa essere, la considerazione riveste una grande importanza [...] Vai alla recensione »
Qiao è innamorata di Bin, rampante gangster di provincia. Durante l'imboscata di una gang rivale, Qiao spara un colpo in aria per salvare il compagno: un atto d'amore che le costerà cinque anni di carcere. Uscita, attraversa il paese per cercarlo e riprendere da dove erano rimasti. Ma tutto è cambiato: lei, lui, la Cina. E tutto continuerà a cambiare.
Giù il cappello per Jia Zhangke. Se ancora non fosse stato incensato abbastanza, Jia è probabilmente il più grande poeta cinematografico del cinema cinese odierno. L'uscita in Italia de I figli del fiume giallo (9 maggio) ne è la rigorosa conferma. In concorso a Cannes 2018, un passaggio a Torino Film Festival 2018 per la prima italiana e poi, per fortuna, in qualche sala.
Quando le cose bruciano ad altissime temperature sono più pure, ma durano? È la calcinazione la cifra poetico-ideologica di Ash Is Purest White, da noi tradotto sbagliando corso d'acqua - è l'Azzurro... - in I figli del Fiume Giallo, del talentuoso Jia Zhang-ke, già Leone d'Oro nel 2006 con Still Life. Dal precedente Mountains May Depart, mutua le dimensioni d'affresco, la ripartizione in tre epoche, [...] Vai alla recensione »
All'inizio del nuovo millennio, a Datong, Qiao (Zhao Tao), una ballerina innamorata di un gangster (Fan Liao) difende il suo uomo durante uno scontro tra bande sparando un colpo di pistola. Sconterà al suo posto cinque anni di prigione e, una volta uscita dal carcere, cercherà di riannodare i fili del suo amore. Ma tutto intorno a lei, nel frattempo, è cambiato.
Qiao is a coalminer's daughter from Shanxi, northern China (played, in a riveting performance, by Zhao Tao, director Jia Zhangke's wife and muse). A gangster's moll, she holds court among the men in the back room of a mahjong parlour, spending five years in prison after taking the fall for boyfriend Bin (Liao Fan). Yet upon her release, she finds herself unceremoniously dumped.
It's hard to remember the last time an actress aged as convincingly on screen as Zhao Tao does in the melancholic, gently epic Ash Is Purest White. This luminous star, the wife and constant muse of Chinese voice-of-his-generation Jia Zhangke, begins the film as a gangster's moll, Qiao, whose boyfriend Bin (Liao Fan) holds sway in a fast-declining mining town called Datong.
In "Ash Is Purest White," Chinese writer-director Jia Zhangke tells a gangster story that seems, at first, to hold out the promise of slow-burning revenge. But despite the volcanic metaphor of the film's title, it's a tale characterized not by violent release, but by a steady - and ultimately compassionate - spirit of resolve. Set in China, the action of "Ash" spans 17 years and covers three distinct [...] Vai alla recensione »
Back at the turn of the millennium, in the northern Chinese industrial city of Datong, Qiao and Bin are an underworld power couple. Not quite Bonnie and Clyde - too disciplined, too businesslike - but with more than a hint of old Hollywood gangster style. In the provincial dance halls and gambling parlors where Bin holds court in the first chapter of "Ash Is Purest White," he and Qiao carry themselves [...] Vai alla recensione »
After a slow start, the 71st Cannes Film Festival has found its footing with two early Palme d'Or contenders, "Ash Is Purest White" and "Cold War" ("Zimna Wojna"). Although these films could scarcely be more different in form and feel - one is sprawling and expansive, the other taut and precise - each is a story of thwarted yet oddly resilient love, as well as a beautiful marriage of the political [...] Vai alla recensione »
Nel 2001, nell'impoverita città mineraria cinese di Datong, vive una ex ballerina di nome Qiao che è innamorata di Bin, un gangster locale. Durante un combattimento con gang rivali Qiao spara per proteggere Bin e viene condannata a cinque anni di prigione. Al termine della detenzione si mette alla ricerca di Bin per provare a cominciare tutto da capo.
Jia Zhang-ke was never going to make a conventional jianghu underworld movie, and even if genre elements and hard-edged character details are woven into Ash Is Purest White, this typically unhurried, long-span drama is very much of a piece with the Chinese auteur's contemplative body of work. Starting in 2001 and ending on a melancholy New Year's Eve that ushers in 2018, the film provides a transfixing [...] Vai alla recensione »
"Ash Is Purest White," Chinese auteur Jia Zhangke's most serious foray into the gangster genre since "A Touch of Sin," is a winding tale of love, disillusionment and survival that again represents his vision of his country's spiritual trajectory. More expository and down-to-earth than usual, Jia delves deep into the protagonists' most vulnerable feelings as they pay dearly for both sin and honor.
With Ash is Purest White, the always surprising, habitually envelope-pushing film-maker Jia Zhang-ke gives us a complex romantic tragedy from China's aspirational gangster-classes. And there's an eerie futurist sheen: a miasma of visionary strangeness that gives a distinct glow to the social-realist grit. As so often with this director, the turn of the century is the key moment - when China began [...] Vai alla recensione »