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filippo catani
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domenica 26 gennaio 2014
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l'orgia del denaro
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Jordan Belfort è un giovane ragazzo che vuole sfondare a Wall Street. Dopo un periodo di gavetta, il ragazzo saprà farsi strada e inizierà a collezionare milioni di dollari. Ispirato a una storia vera.
Tratto dall'omonimo romanzo dello stesso protagonista, The Wolf of Wall Street ci porta all'interno della parte più malata del capitalismo e del capitalismo a stelle e strisce in particolare e cioè il mondo della finanza. Dagli anni '80 a oggi nulla è quasi mai cambiato: pochi uomini attraverso mezzi tutt'altro che leciti riescono a mettere insieme una fortuna esorbitante e ne diventano vittime ma il lato più inquietante è che proprio il fatto di essere degli squali pronti a tutto pur di fare soldi li rende degli idoli incontrastati.
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Jordan Belfort è un giovane ragazzo che vuole sfondare a Wall Street. Dopo un periodo di gavetta, il ragazzo saprà farsi strada e inizierà a collezionare milioni di dollari. Ispirato a una storia vera.
Tratto dall'omonimo romanzo dello stesso protagonista, The Wolf of Wall Street ci porta all'interno della parte più malata del capitalismo e del capitalismo a stelle e strisce in particolare e cioè il mondo della finanza. Dagli anni '80 a oggi nulla è quasi mai cambiato: pochi uomini attraverso mezzi tutt'altro che leciti riescono a mettere insieme una fortuna esorbitante e ne diventano vittime ma il lato più inquietante è che proprio il fatto di essere degli squali pronti a tutto pur di fare soldi li rende degli idoli incontrastati. Così il nostro "eroe" inizierà a cercare sempre nuovi eccessi per soddisfare le sue brame e nulla gli basterà mai: soldi, donne, alcolici, droghe, yacht ed elicotteri. Tutto però è lecito nella patria del Sogno a meno di vistosi eccessi che ovviamente richiamano l'attenzione dell'FBI. Inquietanti le scene in cui al giovane non ancora broker viene insegnato come la cosa importante sia fare arricchire i clienti sulla carta ma portarsi a casa subito le laute parcelle. Altrettanto terribile tra le tante la scena in cui la masnada scatenata che popola l'ufficio di Belfort si scaglia famelica per acciuffare un Rolex d'oro che il broker getta loro in pasto. E proprio qui stanno le critiche devastanti. Non solo il protagonista è completamente alienato da se stesso e vive ormai solo grazie all'ausilio di un mix di pillole e droghe ma ciò che sconvolge di più è la voglia matta dei suoi seguaci di essere come lui che è un po' il sogno nascosto di (troppe) persone. La finanza che crea soldi dal nulla ha creato questi mostri che non si fanno nessuno scrupolo nello scaricare poi sulla comunità tutte le loro perdite (inutile dire che il cestino pieno di banconote appallottolate è veramente un pugno nello stomaco sapendo delle miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno). Questo diciamo anche per chiudere la bocca a chi ha voluto vedere nel film una sorta di esaltazione di personaggi del genere. Ecco è assolutamente il contrario: sarebbe poi così bello vivere con donne che non sanno di nulla e completamente disintegrati dalle droghe?. Grande Scorsese nell'allestire un film che per la prima ora e mezzo tiene un ritmo adrenalinico poi fatalmente deve cedere un po' il passo ma lo spettatore non cede mai alla tentazione di guardare l'orologio. Di Caprio è assolutamente fantastico nell'interpretare un personaggio sopra le righe e anche lui deve di conseguenza esserlo. Diciamo la verità; sarebbe finalmente il momento di premiare un attore che negli ultimi dieci anni non ha sbagliato un film anche se a mio parere l'Oscar lo avrebbe meritato per Shutter Island. Un film da vedere e che deve fare assolutamente riflettere perché ormai in confronto a questi personaggi il diabolico Gekko pare un Boyscout.
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(di diabulina)
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oberdan
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domenica 26 gennaio 2014
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un film esagerato
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The Wolf of Wall Street narra le vicende di Jordan Belfort (Di Caprio) che da nullità, come gli viene fatto ben presente appena assunto, ottiene la qualifica di Broker e truffando gli investitori, o con altri illeciti, ascende a idolo di tutti gli yuppie; a capo di un'importante azienda di brokeraggio e ormai miliardario vive ogni genere di smoderatezza fino al declino. Il film è ottimo, dopo averlo visto lasci la sala appagato da cotanta tracotanza di immagini, dialoghi, cinema. L:eonardo Di Caprio è mattatore dall'inizio alla fine e offre un'interpretazione eccellente del personaggio; degnissimo di nota anche Jonah Hill(Donnie Azoff) e in generale bravi tutti, con particolare menzione per Matthew McConaughey (Mark Hanna), di aspetto quasi irriconoscibile.
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The Wolf of Wall Street narra le vicende di Jordan Belfort (Di Caprio) che da nullità, come gli viene fatto ben presente appena assunto, ottiene la qualifica di Broker e truffando gli investitori, o con altri illeciti, ascende a idolo di tutti gli yuppie; a capo di un'importante azienda di brokeraggio e ormai miliardario vive ogni genere di smoderatezza fino al declino. Il film è ottimo, dopo averlo visto lasci la sala appagato da cotanta tracotanza di immagini, dialoghi, cinema. L:eonardo Di Caprio è mattatore dall'inizio alla fine e offre un'interpretazione eccellente del personaggio; degnissimo di nota anche Jonah Hill(Donnie Azoff) e in generale bravi tutti, con particolare menzione per Matthew McConaughey (Mark Hanna), di aspetto quasi irriconoscibile. Dunque 4 stelle meritate per questa produzione, esagerata in tutto: nella lunghezza, nello stile, nel turpiloquio, negli stessi eccessi: droghe, alcool, sesso e soprattutto soldi. Lo stile narrativo è eccellente, sfocia a tratti nell'humor e trasporta di peso in un mondo dove non esiste morale, in cui tutti i giudizi sono sospesi, soprattutto quello del regista, ed è lo spettatore che deve accorgersi che si è andati oltre già all'acquisito del biglietto; d'altra parte attenzione a non confondere il distacco entusiastico, con l'ammirazione per un personaggio che si deve odiare. Ma allora perché non attribuire il massimo?Semplicemente perché la seconda parte non è all'altezza della prima! Alla fine ci si perde nelle 3 ore di durata, le quali non stancano, ma si sentono; si arriva alla conclusione in un turbinio di libidine cinematografica che risolve, per esempio, troppo velocemente le questioni legali di Belfort saltando dei passaggi che per tutto lo spettacolo sono stati sovrabbondanti; come già detto non era intenzione di nessuno, tantomeno mia, porre attenzione sul giudizio o sulla punizione del "Lupo", però si nota la stonatura dell'accelerazione finale, rispetto alla dilatazione antecedente: a parer mio è il difetto maggiore . In conclusione se voi volete passare una serata di paura e delirio a Wall Street e trovarvi infine con la pancia piena di un ottimo film, The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese è la scelta giusta per voi.
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luca scial�
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venerdì 31 gennaio 2014
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la borsa e i suoi mostri
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Jordan Belfort studia per diventare Broker finanziario. Da neolaureato entra subito in un'importante società finanziaria, la Rothshild, il 19 ottobre 1987. Apprende subito il linguaggio, le movenze, le ambizioni e i valori dei broker. Autentici venditori al telefono di illusioni quotate in borsa, enfatizzati dalla cocaina. Ma ha la sfortuna di entrarci proprio nel giorno più buio per la Borsa americana, secondo solo alla Grande depressione del 1929. Così la Rothshild fallisce e John è costretto a cercarsi un nuovo lavoro. Riesce a trovarlo in una piccola e sgangherata società finanziaria e lì ha la conferma di essere portato per quel lavoro, percependo di avere grandi doti comunicative e grandi ambizioni.
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Jordan Belfort studia per diventare Broker finanziario. Da neolaureato entra subito in un'importante società finanziaria, la Rothshild, il 19 ottobre 1987. Apprende subito il linguaggio, le movenze, le ambizioni e i valori dei broker. Autentici venditori al telefono di illusioni quotate in borsa, enfatizzati dalla cocaina. Ma ha la sfortuna di entrarci proprio nel giorno più buio per la Borsa americana, secondo solo alla Grande depressione del 1929. Così la Rothshild fallisce e John è costretto a cercarsi un nuovo lavoro. Riesce a trovarlo in una piccola e sgangherata società finanziaria e lì ha la conferma di essere portato per quel lavoro, percependo di avere grandi doti comunicative e grandi ambizioni. Spinto anche dall'incoraggiamento della moglie. Dopo essersi fatto un pò le ossa e aver venduto improbabili azioni patacche, fonda una società tutta sua: la Stratton Oakmon, reclutando alcune persone del quartiere. Le quali hanno l'unica dote di aver bisogno di soldi. Inizia così la sua scalata finanziaria, la costruzione del suo Impero, fatto di droghe varie ed eventuali, donne bellissime, finti amici. La moglie divorzierà da lui avendo scoperto un tradimento con la stupenda Naomi, che gli darà due figli. Ma il suo regno si basa anche su brogli, che non tarderanno a finire sotto la lente dell'Fbi...
Prendete Casino, pompatelo con un pò di demenzialità e ritmi serrati, sostituite De Niro con DiCaprio (le due muse passate e presenti del regista) e il pittoresto Joe Pesci col paffuto Jonah Hill come spalle, sostituite fortune fatte a colpi di roulette e poker con quelle fatte a colpi di "pacchi" sulla pelle altrui, e otterrete The Wolf of Wall street. Il maestro Scorsese si è adeguato al Cinema moderno, fatto di scene stucchevoli e demenziali, alternate a brusche frenate e momenti di riflessione; di scene di sesso più o meno esplicite; di biografie romanzate in eccesso; di film mostruosamente lunghi, quasi si fosse persa la capacità di sintesi.
Il paragone con Casino uscito quasi vent'anni fa è improprio: anch'esso già sapeva di modernità ma aveva il senso della misura. Martin Scorsese seppe modulare, o forse proprio fondere, le sequenze ironiche a quelle tipiche di una commedia. Ma a parte questi peccati, la storia viene comunque raccontata bene. Ha una morale e nel finale ci fa capire che il virus dell'imbroglio rigermoglia sempre. Come ci ha dimostrato la recente crisi finanziaria. Ma lo fa anche grazie all'ormai fido DiCaprio che soprende film dopo film. Sempre più caratterista e lontano da quel visino d'angelo finito sotto l'acqua congelata in Titanic. E sempre più vicino a un altro attore che pure ha lavorato col maestro Martin: Jack Nicholson. Forse ci si ispira, ma non lo dice. Di sicuro lo dimostra e anche bene. Non a caso è ufficialmente l'erede dell'ormai smarrito De Niro nelle grazie del regista.
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parieaa
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domenica 16 marzo 2014
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che film! e che attore!
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Devo ammettere che ero uno di quelli che pensavano che Di caprio fosse sopravvalutato...mi sono dovuto ricredere. Cominciando da Shutter Island in poi ha infilato una grande serie di performance da grandissimo attore ( in realtà già in The Aviator, che però personalmente non ho apprezzato come film). In quest' ultima sua fatica riesce a rendere praticamante credibile ogni espressione e ogni sentimento di un megalomane, drogato, arrivista, malato di sesso e abituato ad ottenere qualsiasi cosa voglia: ci sono scene in cui è un simpaticone da cui compreresti qualsiasi cosa, altre in cui è un pazzo schizzato e violento, altre in cui è un bambino capricciosoe altre ancora in cui è un grande leader, e tutte rese con la stessa efficacia.
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Devo ammettere che ero uno di quelli che pensavano che Di caprio fosse sopravvalutato...mi sono dovuto ricredere. Cominciando da Shutter Island in poi ha infilato una grande serie di performance da grandissimo attore ( in realtà già in The Aviator, che però personalmente non ho apprezzato come film). In quest' ultima sua fatica riesce a rendere praticamante credibile ogni espressione e ogni sentimento di un megalomane, drogato, arrivista, malato di sesso e abituato ad ottenere qualsiasi cosa voglia: ci sono scene in cui è un simpaticone da cui compreresti qualsiasi cosa, altre in cui è un pazzo schizzato e violento, altre in cui è un bambino capricciosoe altre ancora in cui è un grande leader, e tutte rese con la stessa efficacia...insomma se riesce a rendere credibile anche una paralisi non c'è più niente da aggiungere. Anche il resto del cast è più che all'altezza, a partire da un Hill simpaticissimo e al tempo stesso agghiacciante. La sceneggiatura è di uno Scorsese in grande forma e la sua regia è come al solito tra le migliori (non è facile tenere alta l'attenzione per tre ore in un film del genere). Certo forse ci sono un po' troppe parolacce, ma non sono affatto gratuite, come sostengono i benpensanti, sono invece funzionali nel dipingere un mondo fatto esattamente così: scurrulità, sesso, droga, alcool, soldi,soldi e ancora soldi. Il regista voleva far vedere come stanno realmete certe cose, senza indorare la pillola, senza scendere a compromessi e senza fare il Moralizzatore, che va tanto di moda.... Proprio per questa sua scelta apprezzo questo film ancora di più: Martin racconta una storia, sta poi allo spettatore trarre le sue conclusioni, che siano di invidia, di condivisione o di ribrezzo nei confronti di Jordan Belfort, che per inciso, l'oscar se lo meritava...
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silence dogood
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lunedì 17 marzo 2014
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prova a vendermi questo film
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Martin Scorsese gioca d' azzardo mettendo in scena l' ascesa e il declino di Jordan Belfort (Leonardo Di Caprio), giovane promessa della finanza spinto da un' iniziale integrità morale che nel tempo svanirà per ospitare un' ingordigia caratteristica di una Wall Street avida e sleale. Qual' è il risultato della scommessa? Il piatto della vincita è povero: l' errore più percepibile è quello di idolatrare il lupo, mancante è la condanna di un atteggiamento sconnesso.
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Martin Scorsese gioca d' azzardo mettendo in scena l' ascesa e il declino di Jordan Belfort (Leonardo Di Caprio), giovane promessa della finanza spinto da un' iniziale integrità morale che nel tempo svanirà per ospitare un' ingordigia caratteristica di una Wall Street avida e sleale. Qual' è il risultato della scommessa? Il piatto della vincita è povero: l' errore più percepibile è quello di idolatrare il lupo, mancante è la condanna di un atteggiamento sconnesso.
Facciamo un passo indietro. Siamo a New York e il protagonista della pellicola, appena ventunenne, decide di recarsi nell' unico posto (a suo dire) all' altezza delle sue aspettative. È spinto, ahimè, da buoni propositi e questa sua predisposizione lo porterà a scontrarsi con Mark Hanna (il premio Oscar Matthew McConaughey) , broker scaltro e vivace, che lo inizierà a un autoerotismo mentale nel truffare coloro che credono nel sogno americano. A Jordan si presenta, dunque, uno scenario corrotto e assetato di soldi che ben presto lo ingoierà per poi risputarlo nelle vesti di mentore spalleggiato dalla cocaina, dal sesso, da colleghi inesperti, da spogliarelliste esperte e ancora dalla cocaina. Troppa di quest' ultima e poca considerazione per gli agnelli, ovvero le vittime di questa corsa agli armamenti destinata a schiantarsi, perché la locuzione latina "melius abundare quam deficere" la traducono gli agenti dell' FBI recidendo la sua assuefazione da vizi in modo definitivo.
Non ci rimane che goderci un susseguirsi di eventi bizzarri che non mancano di divertire lo spettatore la cui vista viene eccitata da una scenografia chiassosa e squillante. Le situazioni surreali vengono portate all' estremo da un Di Caprio poliedrico e impeccabile, tanto che attraverso la sua interpretazione è da considerarsi l' unica ancora di salvataggio; oltre che alla cocaina l' attore “tira” il suo corpo fino all' estremo passando da stati di assoluta lucidità a vertiginosi crolli emotivi in cui l' ululato dell' animale ti fa dubitare della sua umana natura
Insomma l' orgia di Scorsese non colpisce, te la godi quanto un orgasmo repentino senza essere soddisfatto della prestazione.
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video-r
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mercoledì 29 gennaio 2014
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lo zoo della finanza
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Jordan Belfort è un ragazzo ambizioso che aspira a un futuro da broker e, come esige il sogno americano, lo diventa. Purtroppo per lui arriva però a Wall Street nel momento peggiore: è infatti il “lunedì nero” del 1987 e la sua carriera, appena iniziata, viene bruciata sul nascere. Il giovane è comunque destinato a grandi cose e la sua caparbietà è tale da riuscire a guadagnare milioni di dollari vendendo anche azioni di pochi centesimi; ben presto, grazie al sostegno di alcuni amici non proprio raccomandabili, riesce addirittura a creare un impero finanziario basato sulle penny stock: la Stratton Oakmont Incorporated. Inizia così l'ascesa finanziaria di Belfort, cui corrisponde un inevitabile declino psico-fisico accelerato da orge, droghe e denaro sporco; assistiamo a un vero e proprio delirio di onnipotenza che sembra arrestarsi solo in rari momenti di lucidità, così sgraditi a un uomo che, per sua stessa ammissione, non vuole morire sobrio.
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Jordan Belfort è un ragazzo ambizioso che aspira a un futuro da broker e, come esige il sogno americano, lo diventa. Purtroppo per lui arriva però a Wall Street nel momento peggiore: è infatti il “lunedì nero” del 1987 e la sua carriera, appena iniziata, viene bruciata sul nascere. Il giovane è comunque destinato a grandi cose e la sua caparbietà è tale da riuscire a guadagnare milioni di dollari vendendo anche azioni di pochi centesimi; ben presto, grazie al sostegno di alcuni amici non proprio raccomandabili, riesce addirittura a creare un impero finanziario basato sulle penny stock: la Stratton Oakmont Incorporated. Inizia così l'ascesa finanziaria di Belfort, cui corrisponde un inevitabile declino psico-fisico accelerato da orge, droghe e denaro sporco; assistiamo a un vero e proprio delirio di onnipotenza che sembra arrestarsi solo in rari momenti di lucidità, così sgraditi a un uomo che, per sua stessa ammissione, non vuole morire sobrio. Sarebbe infatti difficile per lui ammettere che, pur vivendo circondato da lusso e belle donne, la sua vita è quella di un miserabile: quando ciò gli viene sbattuto in faccia, non può quindi far altro che stordirsi. Così fa anche dopo il divorzio, evento che apre a una lunga serie di sventure: di lì a poco viene infatti arrestato in seguito a una soffiata del banchiere svizzero che lo aiutava nel riciclaggio; Belfort viene dunque incriminato, decidendo di collaborare con l'F.B.I. in cambio di una riduzione della pena. Uscito di prigione lo ritroviamo, ormai mentore nel settore marketing, in una trasmissione televisiva, ripreso nell'atto di istruire una massa avida e idolatrante sui mezzi migliori per ingannare i propri clienti.
Scorsese si muove con la consueta abilità nel campo della malavita, di cui sviscera con maestria gli aspetti più rivoltanti e spregevoli. Qualcosa è però cambiato dai tempi di “Goodfellas” e “The departed”: ciò che il regista guadagna in visionarietà, lo perde in empatia. La metamorfosi di Jordan Belfort viene infatti presentata come semplice conseguenza a uno stile di vita eccessivo, indugiando sulla perversione in maniera talmente compiaciuta da renderla quasi appetibile. L'ambiguità si sostituisce dunque alla complessità, facendo del protagonista non una vittima delle proprie debolezze ma un idolo per folle di perdenti, un criminale che riceve premi invece di sanzioni. I nodi, nonostante quello che insinua il protagonista, non vengono al pettine e anzi l'impunità è proprio ciò impedisce a Belfort di fare un bilancio della propria condotta, sempre attento com'è a trasformare ogni opportunità in opportunismo. La provocazione rischia perciò di tramutarsi in un'elegia dell'irresponsabilità e Di Caprio finisce per interpretare non un ridicolo farabutto ma un simpatico mascalzone, una specie di Popeye che invece di mangiare spinaci sniffa cocaina; spetta dunque allo spettatore non lasciarsi abbindolare dai continui ammiccamenti e non gioire dei successi del protagonista, evitando piuttosto che fatti del genere avvengano nella vita reale. Solo allora il film avrà avuto un senso, quando cominceremo a considerare questi arrivisti per quello che sono veramente: non persone di successo ma soltanto un branco di famelici lupi.
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jean remi
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lunedì 20 gennaio 2014
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negli states oggi vincono avidita’ e cinismo.
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La pellicola è la riproposizione cinematografica della storia di Jordan Belfort, il broker che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, giovanissimo, accumulò una enorme fortuna truffando risparmiatori ed investitori.
Scorsese, attraverso un insuperabile Leonardo Di Caprio, ci rappresenta questa vita dissipata tra denaro, abiti, case, auto, elicotteri e barche favolose, alcol e droga di ogni tipo a palate, sesso con mogli, amanti e prostitute, in un ripetersi quasi parossistico di esaltazione del suo agire spensieratamente cinico e amorale con un crescendo che quasi spiazza lo spettatore. Ma alla fine contrariamente all’opinione di qualche critico che contesta a Scorsese l’esaltazione di Belfort (arrivando a dire che il film beatifica un criminale), a mio avviso questo bombardamento di onnipotenza ti porta alla condanna del modello proposto quasi per repulsione indotta.
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La pellicola è la riproposizione cinematografica della storia di Jordan Belfort, il broker che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, giovanissimo, accumulò una enorme fortuna truffando risparmiatori ed investitori.
Scorsese, attraverso un insuperabile Leonardo Di Caprio, ci rappresenta questa vita dissipata tra denaro, abiti, case, auto, elicotteri e barche favolose, alcol e droga di ogni tipo a palate, sesso con mogli, amanti e prostitute, in un ripetersi quasi parossistico di esaltazione del suo agire spensieratamente cinico e amorale con un crescendo che quasi spiazza lo spettatore. Ma alla fine contrariamente all’opinione di qualche critico che contesta a Scorsese l’esaltazione di Belfort (arrivando a dire che il film beatifica un criminale), a mio avviso questo bombardamento di onnipotenza ti porta alla condanna del modello proposto quasi per repulsione indotta. Non si scambi la bravura e la simpatia che Di Caprio ispira, con la negatività che il suo personaggio esprime.
Questo concetto è per altro ben puntualizzato da una dichiarazione di Scorsese che afferma: “C’è un tizio di cui voi vi fidate che vi ruba tutto quello che avete; se non si parla di queste cose, queste cose continueranno ad accadere”.
Assieme alla storia, anch’essa tratta da fatti reali, raccontata in American Hustle concorrente di The Wolf of Wall Street per l’Oscar, questo film ci fa capire come negli States possano verificarsi nascosti stravolgimenti finanziari come quelli che hanno determinato l’attuale crisi economica che poi si è estesa a tutto il mondo occidentale.
Sempre Scorsese a proposito dei temi trattati in questo buon film ha affermato: “Negli anni 50 il mio era un paese più solidale. Oggi vincono avidità e cinismo.
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peer gynt
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martedì 3 giugno 2014
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l'eccesso che annoia
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Esasperazione isterico-nevrotica del mito americano del self-made man, il film di Scorsese mostra, adottando il punto di vista del protagonista, un insieme di animali da giungla fatti di soli istinti compulsivi e del tutto privi di razionalità: fare soldi, fare sesso, drogarsi sono attività per nulla diversificate, perché tutto è e dev'essere sballo, perdita del controllo, vita urlata nell'ottundimento di qualsiasi facoltà razionale. Il nero protagonista di questa storia non vive di perfide strategie, di sottili macchinazioni, di crudele spirito di vendetta. Vive solo di sballo, continuo, privo di qualsiasi finalità, autoreferenziale. Si è detto che Scorsese non giudica.
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Esasperazione isterico-nevrotica del mito americano del self-made man, il film di Scorsese mostra, adottando il punto di vista del protagonista, un insieme di animali da giungla fatti di soli istinti compulsivi e del tutto privi di razionalità: fare soldi, fare sesso, drogarsi sono attività per nulla diversificate, perché tutto è e dev'essere sballo, perdita del controllo, vita urlata nell'ottundimento di qualsiasi facoltà razionale. Il nero protagonista di questa storia non vive di perfide strategie, di sottili macchinazioni, di crudele spirito di vendetta. Vive solo di sballo, continuo, privo di qualsiasi finalità, autoreferenziale. Si è detto che Scorsese non giudica. Non è del tutto vero. Il giudizio sul personaggio è assolutamente impietoso. Icona della dipendenza, Jordan Belfort è un drogato di successo e di denaro. Sa che arriverà all'autodistruzione, ma continua anche quando potrebbe fermarsi. È un'umanità penosa e pericolosa quella che ci mostra Scorsese, che lascia che il protagonista ci investa con il suo fiume di parole, perché è il modo migliore per mostrarne la demenziale subumanita'. A questo punto risulta naturale, alla fine di un simile racconto, chiedersi perché dovremmo dedicare tre ore a seguire le vicende di questo animale autodistruttivo. Tecnicamente ineccepibile, con recitazione e sceneggiatura sicuramente ottime, il film alla lunga annoia. Forse perché manca qualche personaggio normale che si contrapponga a questi onanisti del successo, forse proprio perché un film così potrebbe andare avanti in eterno, sempre uguale a se stesso, sempre parossistico, sempre eccessivo: ma di un eccesso quotidiano, mi si passi l'ossimoro, che alla fine sembra quasi la normalità. La normalità di un genere umano che punta a cancellarsi dalla faccia della terra. E se questa fetta di genere umano riuscisse ad autodistruggersi, chi resta vivrebbe meglio!
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[+] grande recensione
(di trefilatrici)
[ - ] grande recensione
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giacomino
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venerdì 11 novembre 2016
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superpolpettone anfetaminico
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Quando un film crea le aspettative che hanno preceduto questo il risultato è molto spesso una delusione. Non faccio un riassunto del film ma mi limito a definirne in poche righe pregi e difetti.
Il film è molto ricco di tutto, belle case, belle macchine, belle donne, alcuni bei monologhi (come quello di Leo ai dipendenti quando vuole lasciare o il dialogo con McConaughey), ma nel complesso risulta abbastanza noioso, tutta questa bella vita diventa una prigione anche per lo spettatore.
Molte scene sono IRREALI e non credibili, e non parlo di nani e scimmiette impasticcate, che se pago vengono anche a casa mia, ma di altre, vedi quella del socio e del trafficante ispanico con la valigetta dei soldi così come la pseudo-rissa appena precedente tra i due.
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Quando un film crea le aspettative che hanno preceduto questo il risultato è molto spesso una delusione. Non faccio un riassunto del film ma mi limito a definirne in poche righe pregi e difetti.
Il film è molto ricco di tutto, belle case, belle macchine, belle donne, alcuni bei monologhi (come quello di Leo ai dipendenti quando vuole lasciare o il dialogo con McConaughey), ma nel complesso risulta abbastanza noioso, tutta questa bella vita diventa una prigione anche per lo spettatore.
Molte scene sono IRREALI e non credibili, e non parlo di nani e scimmiette impasticcate, che se pago vengono anche a casa mia, ma di altre, vedi quella del socio e del trafficante ispanico con la valigetta dei soldi così come la pseudo-rissa appena precedente tra i due. La tempesta che li coglie su uno Yacht da 50mt tra Portofino e Montecarlo che mmmanco a Cape Horn...Gli effetti delle droghe sono di pura fantasia, e se assunte veramente in tale quantità, la storia si serebbe interrotta alla seconda scena. Se dovessi dare un nome alla DROGA che viene assunta da Leo e la Sua banda per tutto il film la chiamerei LA PILLOLA DELLA STUPIDITA'. Persino Di Caprio (che considero un grande) in questo film, complice quella tinta posticcia, non mi piace.
Con questo non voglio dire che al film manchi tutto e per carità di Dio, stiamo parlando di Scorsese..Certo che, da un regista che ha firmato capolavori tipo TORO SCATENATO, GOODFELLAS, GANGS OF NEW YORK come il semisconosciuto e recente SHUTTER ISLAND mi sarei aspettato moolto di piu'!!
Due stelline e 1/2 e via andare...
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simone magli
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venerdì 24 gennaio 2014
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esagerato nell'esagerazione
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Il film parte in modo serio con Matthew McConaughey dimagrito venti chili e invecchiato per impersonare un Gordon Gekko, ma dopo poco si sdraia sul grottesco e comincia a mostrare di tutto e di più in un abisso dove Di Caprio dirige molto bene la danza degli eccessi. Scorsese ha davvero esagerato: il film si regge solo sulla bravura e il magnetismo di Di Caprio. I registi di oggi mirano a sconvolgere lo spettatore e purtroppo a rimetterci è la sostanza.
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(di antonio montefalcone)
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