pepito1948
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venerdì 21 ottobre 2011
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la maschera ed il suo trolley
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Cheyenne, un cinquantenne straboccante di soldi guadagnati quando era una famosa rockstar, srotola lentamente la sua vita portandosi appresso un carrello pieno di un glorioso vissuto (o carico del suo vuoto presente). Nascondendosi dietro la maschera di cerone, rossetto e parrucca, passa il tempo pigramente, vive in una splendida casa con la moglie che è il contrario di lui ma è felice di condividere le loro diversità, va a fare la spesa per rendersi utile, offre agli scettici così come agli amici comprensivi la sua ambigua eccentricità, in attesa di nuovi stimoli che lo spingano ad uscire da una dimensione di infantile ingenuità e da una galoppante depressione da carenza motivazionale.
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Cheyenne, un cinquantenne straboccante di soldi guadagnati quando era una famosa rockstar, srotola lentamente la sua vita portandosi appresso un carrello pieno di un glorioso vissuto (o carico del suo vuoto presente). Nascondendosi dietro la maschera di cerone, rossetto e parrucca, passa il tempo pigramente, vive in una splendida casa con la moglie che è il contrario di lui ma è felice di condividere le loro diversità, va a fare la spesa per rendersi utile, offre agli scettici così come agli amici comprensivi la sua ambigua eccentricità, in attesa di nuovi stimoli che lo spingano ad uscire da una dimensione di infantile ingenuità e da una galoppante depressione da carenza motivazionale. Li trova casualmente nella ricerca di una persona con cui scopre di aver un conto in sospeso, ed inizia così un viaggio fisico e mentale che, attraverso tappe impreviste ed incontri occasionali utili ad arricchire la sua conoscenza ed ad affinare la percezione del mondo, lo porterà ormai pronto e motivato alla meta dove compirà la missione a modo suo. Il nostos si conclude con l’epifania di un uomo ristrutturato che si è finalmente spogliato degli orpelli clowneschi legati ad un passato finalmente lontano e deciso a riprendere, dopo il lungo black out, il cammino verso nuovi orizzonti. Il carrello non è più necessario.
Questo in estrema sintesi il percorso narrativo seguito da Sorrentino, regista e co-autore di un film che sventaglia molti temi (“penso che il film sia un’occasione per mettere più carne al fuoco possibile”): la crisi di un uomo che ha perso il successo, la ricerca di un obiettivo e di una nuova identità attraverso un viaggio nel mondo fisico e nel microcosmo interiore, la vendetta, ma soprattutto l’assenza di un rapporto affettivo padre-figlio, che in America è una specie di ossessione e che costituisce il vero leit-motiv della storia.
Poi c’è la Shoà, che però fa da sfondo ed è vista “dal punto di vista di un uomo di oggi”, che dell’argomento sa poco o nulla e vi viene coinvolto da qualcuno che invece a quell’infamia ha dedicato la vita.
L’aspetto narrativo non è di per sé rilevante, ma consente di mettere in luce l’evoluzione del protagonista attraverso l’interazione con l’ambiente e con personaggi vari, ciascuno portatore di un pezzo di realtà, che arricchiscono via via il portato del viaggio. Sono divagazioni apparentemente slegate, bozzetti, incontri casuali secondo lo schema del puzzle progressivo. Ecco uno scialbo uomo qualunque nel bar di un paesino sperduto che rivela sommessamente di essere l’autore della più grande rivoluzione dell’umanità viaggiante, cioè il trolley, che richiama in qualche modo il carrello di Cheyenne. Ecco l’autostoppista attempato che scende in luogo deserto e si inoltra verso il nulla in mezzo ad una folta vegetazione color oro accecante (obbligato il riferimento a Van Gogh e forse alla sua follia), e così via.
Da sottolineare l’attenzione premurosa di Sorrentino verso il paesaggio americano, non tanto quello urbano e ampiamente noto, ma soprattutto quello dei piccoli centri fuori dai grandi circuiti, della campagna senza fine, delle case e delle architetture periferiche, che costituiscono l’”altra” America.
Realismo e surrealismo, ironia e dramma, creatività e descrizione sono gli ossimori che connotano senza stonature l’intero dipanarsi della vicenda umana del bambino che si fa uomo, che come tale si ripresenta nel suo ambiente con l’aspetto quasi irriconoscibile di chi in poche settimane, attraverso una metamorfosi rigeneratrice, ha compiuto un balzo evolutivo di diversi anni.
Forse c’è troppa carne al fuoco, ma l’ultima opera di Sorrentino (tutta italiana giura il regista, visto anche il cartello di finanziatori integralmente europeo; ma il rimarcare temi fortemente sentiti negli USA, come la difficoltà di rapporto genitori-figli e l’Olocausto, giustifica qualche dubbio) affascina e coinvolge fin dall’inizio, e il primo impatto di istintiva non familiarità verso la maschera grottesca di Penn (grande come al solito) si stempera grazie alla capacità del regista di trasmetterne la profonda umanità a dispetto delle apparenze.
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katamovies
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venerdì 21 ottobre 2011
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sorrentino non ci tradire!!!
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Sorrentino, non ci tradire!!! dopo aver infilato quattro titoli uno meglio dell'altro ("L'uomo in più", "L'amico di famiglia", "Le conseguenze dell'amore", "Il Divo") Paolo Sorrentino ha diretto un film negli USA. Che dire? Spero non faccia la fine si quei campioni di basket italiani, che appena entrano nella NBA cominciano a giocare come pivelli..
Intendiamoci, il rischio che pavento è ben lontano, a giudicare da questo film.
Sorrentino si confronta con gli Stati Uniti d'America: con i suoi paesaggi (il cielo basso sulle infinite highways), con i suoi prototipi (la rockstar cinquantenne che mi ha ricordato Ozzy o Alice Cooper, o i Kiss), con i suoi fantasmi (la caccia al criminale nazista da parte della suddetta rockstar, di famiglia ebraica).
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Sorrentino, non ci tradire!!! dopo aver infilato quattro titoli uno meglio dell'altro ("L'uomo in più", "L'amico di famiglia", "Le conseguenze dell'amore", "Il Divo") Paolo Sorrentino ha diretto un film negli USA. Che dire? Spero non faccia la fine si quei campioni di basket italiani, che appena entrano nella NBA cominciano a giocare come pivelli..
Intendiamoci, il rischio che pavento è ben lontano, a giudicare da questo film.
Sorrentino si confronta con gli Stati Uniti d'America: con i suoi paesaggi (il cielo basso sulle infinite highways), con i suoi prototipi (la rockstar cinquantenne che mi ha ricordato Ozzy o Alice Cooper, o i Kiss), con i suoi fantasmi (la caccia al criminale nazista da parte della suddetta rockstar, di famiglia ebraica).
Ora, Sorrentino conosce la poesia, gli attori sono meravigliosi e non c'è nemmeno da dirlo, lo stile con cui sorrentino gira è stupendo, elegante, asciutto allo stesso tempo (il personaggio principale entra in campo sempre alla fine). L'unica cosa che mi ha lasciato perplessa è la vicenda, che rispetto a tutto il resto (attori, sceneggiatura, personaggi, stile etc) ho trovato esile. Cioè questa storia della rockstar di mezza età che, alla morte del padre, parte alla ricerca del nazista che maltrattò questi in un campo di concentramento boh.. Mi sembra poco plausibile, esile, ripeto, rispetto al film, alle potenzialità che aveva. Però, che dire, con Sorrentino le aspettive sono alte, dopo "Il Divo": quello era un film in cui si affrontava un personaggio (Andreotti) difficile, complesso, controverso. Certo, il soggetto non aveva il respiro internazionale di questo, né l'intera produzione ne aveva l'appeal (Servillo è bravissimo ma Sean penn è una star di ollivùd), ma il fatto che Il Divo fosse un film tratto daun soggetto di respiro nazionale non ne limita la grandiosità. Comunque, Sorrentino è il migliore regista italiano di questi anni, per cui sono molto felice che abbia avuto questa visibilità.
Una nota su Sean Penn: forse ha ripreso qualcosa dal suo lavoro in "Io sono Sam": è divertente, ma a tratti macchiettistico. comunque, un grandissimo niente da dire.
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henry90
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giovedì 20 ottobre 2011
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ottimo
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Il percorso di presa di coscenza di una ex-rockstar che alla morte del suo padre intraprende un percorso alla scoperta del suo rancore covato per anni verso un individuo sconosciuto.
Il tutto incontrando individui nuovi e con dialoghi profondi, senza dimenticare la splendida colonna sonora, assolutamente da riascoltare a casa propria!
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26watt
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giovedì 20 ottobre 2011
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svegliatevi!
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Sorrentino sembra riprendere in questo film il filo del discorso di The Three of Life, soprattutto nell'uso magistrale dei molteplici livelli linguistici del mezzo cinematografico, facendolo srotolare a Sean Penn che plana dal quel paradiso in questo purgatorio.
Una scatola accattivante piena di "cose" belle e inutili che fanno da contorno al vuoto interiore di chi ci vive dentro (broker, giovani rampanti, presunti Don Giovanni e commessi), ciascuno in attesa di Cheyenne che con la sua ingenua spontaneità li sveglia e li riporta alla realtà, nel bene e nel male.
Purtroppo sembra che nessuno riesca a svegliare lui, non la amatissima moglie, non la piccola amica che funge da figlia, non la morte del padre che comunque ha il merito di spingerlo fuori dal suo dorato isolamento.
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Sorrentino sembra riprendere in questo film il filo del discorso di The Three of Life, soprattutto nell'uso magistrale dei molteplici livelli linguistici del mezzo cinematografico, facendolo srotolare a Sean Penn che plana dal quel paradiso in questo purgatorio.
Una scatola accattivante piena di "cose" belle e inutili che fanno da contorno al vuoto interiore di chi ci vive dentro (broker, giovani rampanti, presunti Don Giovanni e commessi), ciascuno in attesa di Cheyenne che con la sua ingenua spontaneità li sveglia e li riporta alla realtà, nel bene e nel male.
Purtroppo sembra che nessuno riesca a svegliare lui, non la amatissima moglie, non la piccola amica che funge da figlia, non la morte del padre che comunque ha il merito di spingerlo fuori dal suo dorato isolamento.
Solo così, con il pretesto di rintracciare l'aguzzino del padre ebreo, riesce ad uscire dalla sua condizione di vecchio bambino e a riguadagnare un'identità che non sia più quella della rock star.
Perchè ci si dovrebbe interessare alla sorte di questo privilegiato, annoiato e depresso?
Perchè è la rappresentazione della nostra quotidianità, vite piene di cose inutili e vuote di contenuti, non ci fermiamo mai a capire cosa ci ha disturbato e perchè!
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gianluca333
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giovedì 20 ottobre 2011
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splendido
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Sono andato a vedere il film senza nessuna pretesa ,volevo vedere il risultato di questo incesto europeo - americano e il risultato è pienamente soddisfacente sotto ogni punto di vista ,una fotografia da grande cinema americano ma concettualmente molto europeo .Film esistenziale ,grottesco e molto ironico.Una storia impossibile ma allo stesso tempo verosimile .Non adatto ad un pubblico di dementi .In sala i commenti idioti si sprecavano ,soprattutto dalla femmina alla mia destra .Dal cinema si esce puliti ,senza frustrazioni ,leggeri ma riflessivi .
Amo questo Film e non mi capita spesso....!!!!!
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marezia
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giovedì 20 ottobre 2011
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a clavius e a tutti
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Non parlate di limiti del film perché i limiti sono i vostri. Ci sono teste per film come questi e teste per altri... Basta scegliere in base alla PROPRIA, chiaro?
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aldo ricci
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giovedì 20 ottobre 2011
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real great movie
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Straordinario film che, oltre all'impeccabile performance di Sean Penn, rivela la grandezza di Paolo Sorrentino, un regista finalmente italiano! Un film che è forse inutile recensire, perché anche la recensione più favorevole non renderebbe la bellezza e la profondità di una delle migliori pellicole mai viste nella mia vita, della quale non mi rimane che caldeggiare la visione nel senso più letterale del termine.
Impeccabili anche le gli altri interpreti come Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stenton, Joyce Van Patten e un David Byrne ottimo interprete di se medesimo, mentre il titolo è tratto da una canzone dei Talking Heads.
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clavius
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giovedì 20 ottobre 2011
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un pasticcio
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Per essere antinarrattivi occorre essere poeti. A uno como Tarkovskij si concedeva tutto, perchè era audace. Ma questa operazione ibrida firmata Sorrentino mi sento di rispedirla al mittente. Per me è doloroso ammettere i limiti di un film realizzato da un regista di cui ho amato in toto tutta la produzione precedente. La storia dell'inebetita rock star che deve fare i conti con la sua vita noiosa ed agiata sta in bilico tra il film intimista(?) e un classico road movie. Fin qui poco male. Ma l'approssimazione della storia che avanza tentennante e farraginosa lascia molte perplessità. L'inverosimile protagonista è ridotto a insopportabile macchietta.
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Per essere antinarrattivi occorre essere poeti. A uno como Tarkovskij si concedeva tutto, perchè era audace. Ma questa operazione ibrida firmata Sorrentino mi sento di rispedirla al mittente. Per me è doloroso ammettere i limiti di un film realizzato da un regista di cui ho amato in toto tutta la produzione precedente. La storia dell'inebetita rock star che deve fare i conti con la sua vita noiosa ed agiata sta in bilico tra il film intimista(?) e un classico road movie. Fin qui poco male. Ma l'approssimazione della storia che avanza tentennante e farraginosa lascia molte perplessità. L'inverosimile protagonista è ridotto a insopportabile macchietta. Pensando al grande Peter Sellers in "Oltre il giardino" ritorna alla mente un personaggio che riusciva ad essere credibile nell'assurdità della storia. Qui si resta basiti per il misto di colpevole ingenuità e di ironica stupidità che costellano tutte le svolte narrative. Svolte che ci sarebbero anche ma che cadono tutte tristemente nel nulla. Non basta l'elegante fotografia firmata da Bigazzi (il miglior direttore della luce che abbiamo in Italia) a salvare una sceneggiatura tanto maldestra. Avrei evitato di ammiccare ad un film come "Una storia vera" di Lynch (quello sì riuscito dall'inizio alla fine), avrei evitato le suggestioni da videoclip, e se si chiama uno dei migliori attori americani lo si fa lavorare su uno script che abbia una qualche consistenza. Oppure si realizza un film di pure suggesioni lasciandosi alle spalle la tradizionale forma racconto, ma in questo caso occorre molto coraggio e una gamma di registri espressivi che sono a mio avviso fuori dalle corde del nostro regista. Nella sostanza mi è parso un film insipido, a tratti irritante dove si incrociano riflessioni infantili sull'autenticità nella vita moderna con considerazioni di nessuna utilità sull'orrore dei campi di concentramento. Un pasticcio.
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lalli
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giovedì 20 ottobre 2011
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incredibile penn
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4 stelle e mezzo (con l' occasione pregherei Mymovies di dare la possibilità di mettere le mezze stelle) x un film che mi risulta difficile commentare. E' belissimo, particolare, ironico, drammatico, lento: speciale. Senza esagerare, secondo la mia opinione, è una delle migliori interpretazioni di un attore che abbia mai visto, Penn mi ha fatto rimanere davvero a bocca aperta: sono pochi gli attori che parlano con gli occhi come lui. Spettacolare in ogni sua movenza, espressione, azione...e complimenti anche al suo doppiatore:bravissimo! La sua risata mi rimarrà impressa per molto tempo. Bravissimi tutti gli attori..ma lui è davvero incredibile.Sorpendenti le ultime scene.
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4 stelle e mezzo (con l' occasione pregherei Mymovies di dare la possibilità di mettere le mezze stelle) x un film che mi risulta difficile commentare. E' belissimo, particolare, ironico, drammatico, lento: speciale. Senza esagerare, secondo la mia opinione, è una delle migliori interpretazioni di un attore che abbia mai visto, Penn mi ha fatto rimanere davvero a bocca aperta: sono pochi gli attori che parlano con gli occhi come lui. Spettacolare in ogni sua movenza, espressione, azione...e complimenti anche al suo doppiatore:bravissimo! La sua risata mi rimarrà impressa per molto tempo. Bravissimi tutti gli attori..ma lui è davvero incredibile.Sorpendenti le ultime scene. GRAZIE SORRENTINO, MIGLIORI SEMPRE PIù..e anche in questo film abbiamo visto le conseguenze dell'amore...anzi di tanti amori...
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(di sirio)
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