This Must Be the Place |
||||||||||||||
Un film di Paolo Sorrentino.
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Irlanda 2011.
- Medusa
uscita venerdì 14 ottobre 2011.
MYMONETRO
This Must Be the Place
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
|
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
This IS the Place: For Some Wonderful Winners!di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
martedì 16 dicembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
THIS MUST BE THE PLACE (IT/FR/IRL, 2011) diretto da PAOLO SORRENTINO. Interpretato da SEAN PENN, JUDD HIRSCH, FRANCES MCDORMAND, EVE HEWSON, KERRY CONDON, HARRY DEAN STANTON, DAVID BYRNE, JOYCE VAN PATTEN
Un giorno S. Penn ti si presenta dinanzi e ti dice: voglio girare un film con te. È come se Diego Armando Maradona si rivolgesse a un allenatore e gli chiedesse di entrare nella sua squadra. Ovvio che in un caso del genere gli costruisci la squadra attorno, in fondo i tuoi schemi di gioco possono passare in secondo piano. E la trovata geniale del quinto film di Sorrentino, il primo girato in lingua inglese, è il travestimento del protagonista: rossetto, volto imbiancato, occhi bistrati, capelli neri lunghi e scarmigliati, unghie laccate. Il personaggio principale (cinquantenne ebreo) di questo film arguto e intelligente vive alla periferia di Dublino, è di origini americane, in passato fu una famosa popstar che cantava canzoni deprimenti e tristi, e ora, anche se i suoi amici e conoscenti lo idolatrano ancora, lui, depresso e ansioso, vive nel ricordo demoralizzante e devastante di due ragazzi che si suicidarono dopo aver ascoltato un suo brano dai contenuti particolarmente mesti. Neanche la presenza della moglie Jane, concreta e spiritosa, con cui è sposato da trentacinque anni, riesce a scuoterlo dalla sua persistente apatia. La morte del padre con il quale non parlava da trent’anni lo fa tornare a New York allo scopo di intraprendere un’indagine che lo dovrebbe condurre al criminale nazista che, durante la guerra, al campo di concentramento di Auschwitz, seviziò il suo genitore. Quindi, con estrema lentezza, e senza possedere alcuna dote da investigatore, Cheyenne (così si chiama il protagonista) parte alla ricerca del delinquente novantenne, arrivando a scovarlo presso una casa isolata su un ghiacciaio. Il film risulta piuttosto lento, ondivago e ricco di immagini inverosimili, che però centrano il bersaglio e funzionano a dovere, e il tutto è condito dalla splendida colonna sonora che rivisita vecchi classici rock e pop poco conosciuti, attribuendo alla vicenda (una road-story già vista, ma reinventata con sguardo creativo e originale) un sapore tutt’altro che anacronistico, ma piuttosto sanguigno, vitale, reattivo e molto interessante a guardarsi anche per i non cultori del cinema drammatico e dei generi musicali alla portata del pubblico popolare. Sorprendente la recitazione di Penn, la vera carta vincente di un piccolo capolavoro che sa fondere la tenerezza con l’ironia e il pathos con la vivacità, benché anche gli altri interpreti, meno relegati nei bassifondi di quanto possa sembrare ad un primo acchito, gli tengano testa assai bene, vitalizzando un cast alquanto variegato in cui uomini e donne sono in bilico su una vita che cerca disperatamente di dare un senso a sé stessa, proprio come fa Cheyenne partendo alla ricerca dell’aguzzino del padre: il suo viaggio ha come obiettivo fondamentale anche il ritrovamento della sua identità, e il finale stupefacente è esemplificativo, in tal senso. Scritto dal regista con Umberto Contarello, prodotto da Indigo/Lucky Red/Medusa al costo di ventotto milioni di dollari, conta fra i suoi personaggi più rilevanti anche Mordecai Midler, un sistematico e capacissimo cacciatore di mascalzoni nazisti. La musica di D. Byrne (che compare velocemente in una scena a circa metà film) assume la sua cruciale importanza in modo molto evidente: il titolo del film prende spunto dalla canzone (1982) del leader dei Talking Heads, e la presenza del cantautore nella parte di sé stesso ha indubbiamente contribuito al successo della pellicola. Vincitore di sei David di Donatello: sceneggiatura (P. Sorrentino, U. Contarello), fotografia (Luca Bigazzi, davvero meravigliosa e puntigliosa), musiche (D. Byrne), canzone (“If it falls, it falls” – D. Byrne & Will Oldham), truccatore (Luisa Abel) e acconciatore (Kim Santantonio). I premi si rivelano pienamente meritati grazie anche alla regia intellettiva e abile di Sorrentino, che dirige tutti gli attori lasciando a ciascuno il giusto spazio espressivo e senza nessun maldestro tentativo di emulazione, il che sarebbe potuto succedere, dal momento che i road movie sono da sempre una costante ricorrente del cinema di nicchia fin da quando esiste, e il bravo Paolo ha saputo schivare con saggia esperienza questo traballante rischio, e il suo merito sta soprattutto nell’aver dato ad una vicenda un tono discorsivamente scorrevole e tetramente luminoso.
[+] lascia un commento a great steven »
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ultimi commenti e recensioni di Great Steven :
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||