This Must Be the Place |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Irlanda 2011.
- Medusa
uscita venerdì 14 ottobre 2011.
MYMONETRO
This Must Be the Place
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Visto da una prospettiva differente .....di Stefano BFeedback: 100 |
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venerdì 11 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La trama di this must be the place, è nota. Cheyenne, rockstar mai cresciuta, in un viaggio alla ricerca di se stesso nell’America dei grandi spazi e delle grandi scene stereotipate. Mi è molto piaciuto questo film , che ho visto un po’ per caso e senza leggere trama ne critiche. Ho impiegato qualche giorno a metabolizzarlo, a cercare di risolvere un racconto, in se estremamente semplice e dissociato. Ma poi non ho capito che il film non andava visto dall’angolazione di Cheyenne, ma da un altro punto di vista. Così, ho finalmente apprezzato il film per quello che realmente è: non il racconto di un rocker in viaggio, non è la storia di Cheyenne, ma invece una profonda parodia dell’America, o meglio dei resti di quell’America degli anni ’60, che abbiamo tutti amato in Kerouac e Antonioni. Solo che qui, al posto della maestosità dei paesaggi si è sostituita la desolazione dei Motel abbandonati, dei parcheggi distrutti. La strada americana, il simbolo dell’avventura, della voglia e delle opportunità offerte a ognuno, è ora una strada che collega piccoli paesi stanchi e disperati, persone ancorate al passato che non hanno più speranza nel sogno americano. Sembra che Sorrentino abbiamo voluto riprendere il discorso di JKF sulla New Frontier ..(” the frontier of the 1960's, the frontier of unknown opportunities and perils, the frontier of unfilled hopes and unfilled threats. ... Beyond that frontier are uncharted areas of science and space, unsolved problems of peace and war, unconquered problems of ignorance and prejudice, unanswered questions of poverty and surplus) ”) per dimostrare come gran parte di ciò si è infranto contro un muro di nulla, di ignoranza, di desolazione e di mancanza di passione , un popolo di personaggi nelle loro situazioni: la ragazza che non si vuole fidanzare, la madre che aspetta il figlio scappato.. un popolo di anime terrorizzate. Non può mancare, in questo film sul sogno americano ormai andato, oltre all’immobilismo, il senso del denaro, che invade e spiega ogni situazione: La sfruttamento da parte di sua moglie, l’amico, il padrone del costoso Pick up, il ragazzo che vuol farsi produrre il disco, l’inventore del trolley…una critica feroce al modello Usa, a una società in declino che viene battuta sul suo stesso campo dai nuovi padroni, i cinesi. Non a caso, nel film non c’è alcuna citazione della Cina, esorcizzata e nascosta sotto la sabbia, da una cultura ancorata e bloccata nel passato. Come Cheyenne, che è rimasto in un riquadro immobile di un mondo fotografato. Cheyenne rappresenta non solo l’America che non c’è più, ma ognuno di noi, quando restiamo ingessati nel nostro personaggio, quando sorridiamo scioccamente e dovremmo piangere, quando non vogliamo accettare le situazione e non sappiamo guardarci dentro. Invece solo l’accettare il rischio, il metterci a nudo e affrontare i cambiamento, l’aprirsi al mondo e alle opportunità, ci farà vivere. Ma Cheyenne, ed è questo il messaggio vero del film, ce la fa. Rischia, si perde, si lancia nelle situazioni improbabili, brucia i legami (il pick up), esorcizza le paure (il nazista) e alla fine esce, positivo vincitore. Un bel messaggio un incitamento ad andare avanti, a rimettersi in gioco.
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